Le pagine della cultura

 

 

I casati del Sud

di Ciro La Rosa

La Rosa

A-AM AN-AZ

 B-BI BL-BU

 C-CA  CE-CO  CR-CU

 D  

 E  

 F-FE  FI-FU

 G-GA GE-GI  GO-GU

H-I-J

 L-LE LI-LU

 M-MA  ME-MI  MO-MU

 N 

 O

 P-PA  PE-PI  PL-PU

 Q

R-RI  RO-RU

S-SA  SC-SI  SL-SY

T-TE  TI-TU

 U

 V-VE  VI-VU  W-X-Y-Z

PL-PU

PLANELLI

Titoli: nobili di Bitonto

Dimora: Bitonto

Motto: “Inter bella fides”

Antica famiglia nobile di Bitonto, compresa tra i casati feudatari sin dal tempo dei Normanni nel XII secolo; ricevuta per “giustizia” nel S. M. O. di Malta dal 1616 in persona del cavaliere GIACOMO e passata poi nel 1767 al Priorato in persona del cavaliere ANTONIO.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: di rosso con una lupa passante d’oro accompagnata in capo da un giglio del medesimo e in punta di una rosa d’argento;

alias: di rosso con una lupa passante d’oro alla destra un giglio dello stesso e alla sinistra una rosa d’argento.

PLANETA

Titoli: barone di Santa Cecilia

Dimora: Sambuca, Palermo

Originaria della città di Sambuca e per successione femminile ottenne il titolo di barone di Santa Cecilia ( tale tipo di successione venne concessa da Federico II di Svevia che chiamò “prava consuetudine” l’esclusione delle donne da tale privilegio). GIOVAN BATTISTA barone di Santa Cecilia nella prima metà del XX secolo.

Arma: troncato 1° d’argento col sole in capo accostato a sinistra di una mezzaluna crescente accompagnata da una cometa accostata da due stelle e a sinistra un leoncino il tutto d’oro, nel 2° di rosso alla fascia d’azzurro, con un leoncino d’oro alla punta.

PLATAMONE

Vedi rubrica "Le Famiglie Greco-Albanesi del Sud Italia"

 

PLATANIA

Titoli: nobile del S.R.I. (Sacro Romano Impero)

Dimora: Acireale

GIOVANNI con privilegio dato in Toledo il 18 novembre 1528 esecutoriato in Messina il 12 dicembre 1530 ottenne la concessione del titolo di nobile del S. R. I. ; PIETRO con privilegio del 3 novembre 1682 ottenne la concessione del titolo di barone di Santa Lucia (passato in seguito alla famiglia Costarelli); ENRICO patrizio di Acireale 1743/4; ANTONINO catapano nobile 1757/8; PIETRO capitano di giustizia 1757/8 e patrizio di Acireale 1762/3; PAOLO il 22 giugno 1759 ottenne il privilegio della riconferma del titolo di nobile del S. R. I. del suo antenato GIOVANNI nel 1528; VINCENZO capitano di giustizia di Acireale 1790/1; IGNAZIO stessa carica 1800/1.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare anno 1922.

Arma: d’azzurro al ponte d’oro di tre archi, con un fiume d’argento corrente, tre platani di verde sul ponte, quello di mezzo sostenuto da due leoni coronati d’oro controrampanti.

PLUTINO

Titoli: conte

Dimora: Napoli, Reggio Calabria

Famiglia appartenente al primo ordine civico di Reggio Calabria dal XV secolo, possedette numerosi feudi ed ebbe alte cariche civiche e magistrali; furono sindaci nobili TUCCIO nel 1474, FABRIZIO 1645/6, CARLO nel 1743; AGOSTINO fu uno dei 14 nobili fondatori della “Congregazione di San Domenico” in Reggio Calabria nel 1664; AGOSTINO venne creato senatore del Regno d’Italia da re Umberto I nel XIX secolo; FABRIZIO prefetto e senatore del Regno d’Italia, ottenne nel 1910 la concessione del titolo di conte trasmissibile anche ai figli maschi primogeniti.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro alla fascia accompagnata da un leone illeopardito linguato di rosso, in punta da tre bande il tutto d’oro.

POERIO

Titoli: nobili di Taverna

Dimora: Napoli, Calabria

Famiglia originaria del feudo di Poerio in Calabria da cui trassero il cognome, nota dal XIII secolo; possedette feudi dal 1391 Taverna, Rocca e Poerio, Belcastro, Cardito e Ferolito; CESARE signore di Rocca e Poerio nel 1447; ricevuta nel S. M. O. di Malta e nel suo Priorato nell’anno 1588 in persona del cavaliere ORAZIO, nel 1719 con i cavalieri GIUSEPPE e CARLO, passò di nuovo nel Priorato nel 1741. ALESSANDRO (1802-1848) letterato e poeta, partecipò alla guerra d’indipendenza del 1848 morendo in battaglia a Mestre; CARLO (1803-1865) ministro del Regno delle Due Sicilie, di re Ferdinando II, nel periodo costituzionale, fu perseguitato politico ed esiliato, divenne in seguito con l’unità d’Italia senatore del Regno d’Italia.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro allo scaglione d’argento accompagnato nel capo da due stelle d’oro, in punta da una rosa rossa.

POLIZZI

Titoli: barone del Pizzuto, di Treare, marchese di Motta Camastra

Dimora: Enna, Randazzo

Venuta in Italia al seguito degli Aragonesi, FILIPPO “prefetto di casa” di re Martino e castellano di Castrogiovanni (odierna Enna) nel 1398; il casato godette nobiltà in Palermo, Castrogiovanni, Messina e Randazzo. SIMONE possedette il feudo di Burrana; FILIPPO capitano di giustizia di Traina nel 1501; GIOVANNI ANTONIO senatore 1546/53; GILIBERTO giudice del tribunale del concistoro 1643 e della gran corte civile 1646/7; BARTOLOMEO senatore in Palermo 1690/1 e 1694/5; GIROLAMO per “maritali nomine”, avendo sposato un’appartenente di casa Paternò, acquisì il titolo di marchese di Motta Camastra e barone di Treare in data 29 aprile 1746; VINCENZO ottenne attestato di nobiltà dal senato di Palermo il 4 giugno 1778; PAOLO capitano di giustizia di Troina 1786/7, GASPARE cavaliere dell’Ordine di Malta, investito dei titoli su nominati ilo 26 agosto 1785, capitano di giustizia in Randazzo 1797/8; GIUSEPPE proconservatore di Randazzo nel 1799; ANTONINO barone del Pizzuto con nomina del 29 novembre 1793, capitano di giustizia di Castrogiovanni 1799/1801.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: di verde al castello di tre torri, sormontate da tre stelle il tutto d’oro;

alias d’oro a tre pali di rosso verso la punta, sormontati nel capo da una stella dello stesso.

 

 

 

POMA

Titoli: Barone di San Saverio

Dimora: Sicilia.

Motto:Si Deus Vult”

Antica e ragguardevole casata originaria di Francia portata in Sicilia da un GOTTIERO La Poma, sotto Carlo I d’Angiò. Il ramo stanziatosi in Monte San Giuliano fa capo a PIETRO, ascritto al patriziato cittadino nel 1420. Il Viceré del Regno di Sicilia, regnante Filippo V di Spagna, con privilegio del 28 novembre 1702, insignì don FILIPPO di Trapani del titolo di barone con predicato di San Saverio, (“Conservatoria di Registro volume 454 anno 1702/1703. c.c. 40 V 41 r Palermo, Archivio di Stato di Palermo”) concesso con la formula “eredibus et successoribus ad infinitum”.

Vanta comunità di ceppo con la nobile stirpe Zaccaria di Genova, celebre nei fasti della Repubblica per aver esercitato per lungo tempo il dominio delle isole Sporadi, e sulla città di Focea nel Dodecaneso.

Arma: D’azzurro all’albero fruttifero di pomo; alias: Inquartato di rosso e d’argento.

N.d.A.: si ringrazia il dr. Antonino Poma Zaccaria, nobile dei baroni di San Saverio, principe di Taso, per le utilissime notizie sul casato e la concessione delle immagini dei blasoni

Immagine proprietà Antonino Poma

 

Immagine proprietà Antonino Poma, clicca per ingrandire

POMARICI

Titoli: marchese di Castrovalva

Dimora: Matera

Il casato venne investito nel 1552 del feudo di Zangarone, inserito nel primo ordine civico della città di Matera; la famiglia venne decorata del titolo di marchese di Castrovalva con anzianità dal 1724 in base al riconoscimento dovuto per successione di casa De Roberto con R. R. del 6 gennaio 1856; ammessa nelle Regie Guardie del Corpo dell’Esercito delle Due Sicilie con NICOLA, guardia a cavallo nel 1836, e con CESARE nel 1853 in seguito alfiere (sottotenente) del “14° Reggimento Fanteria di Linea Sannio” che insieme a al cugino CARLO capitano del “8° Battaglione Cacciatori” parteciparono alla campagna del 1860/61 per la difesa del Regno dall’invasione piemontese.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro al melo al naturale fruttato d’oro, sopra un monte di tre cime di verde movente dalla punta e sinistrato sostenuto da un leone d’oro.

POPOLO

Titolo: Barone di Santa Giusta, Nobiltà del Regno di Napoli - Patrizi dei Sedili di Napoli - Cavalieri Ereditari 

Motto: Per Aspera Ad Astra

Dimora: San Severo (Puglia) 

Nobile famiglia del Regno di Napoli e Capitanata, fiorente come da documentazione scientificamente comprovata, la famiglia ebbe ampi possedimenti terrieri sin almeno dal secolo decimo sesto quando già risulta tra le nobili della città di Napoli e della Aristocrazia Sanseverese. Gli esponenti del casato della famiglia Popolo, molto fedele alla corona aragonese, accrebbero la propria fortuna grazie alle ricompense per l’essersi distinti in battaglia ed in trattative diplomatiche. Entrando in possesso di feudi anche oltre i confini campani, la casata ha così diramato dal Regno di Napoli anche in Puglia (San Severo), Calabria e Sicilia. A partire dal XVIII secolo però la maggior parte dei Popolo o Puopolo si dedicarono all’esercizio delle professioni giuridiche, addottorandosi in entrambe le leggi. Oggi l’importante Casato della Famiglia Popolo è rappresentato da Marco Popolo Barone di Santa Giusta, titolo baronale ricevuto con decreto Nr. IV in Data 25.03.2023 (dalla Dinastia Agricola) nonché Cavaliere del Sacro Militare Ordine del Santissimo Sacramento dell’Annunciazione di Nazareth (S.M.O.S.S.A.N.) decreto Nr. XVIII in Data 01.10.2022 (Agricola).

La Famiglia Popolo riceve così decreto di Nobiltà del Regno di Napoli e Patrizi da Carlo V cioè il 7 gennaio 1536” e avrebbe quindi confermato i suddetti privilegi, che “furono sottoscritti, e firmati coll’Imperial Suggello in detta Chiesa di (Sanseverino) ad istanza del Popolo, ove Sua Maestà Cattolica assisteva alli Vesperi solenni”. Pur non risultando del tutto chiaro, a voler so fisticare, se la cerimonia di conferma sia avvenuta la sera del 7 o dell’8 gennaio, i fatti e la relativa cronologia è indicata con precisione. Immediatamente con l’annotazione dell’annuo tributo di cento libbre di cera “al glorioso S. Protettore […]; onde per tali grazie confirmate, diventò San Severo il giardino della nobiltà, delle virtù e delle ricchezze a tal segno che vi si costituì il Tribunale della Regia Udienza, e il seggio de’ più nobili Patrizi, che lo governassero, oggi ridotto al numero di ventiquattro Graduati”.

(Fonte: Un imperatore a San Severo L’itinerario di Carlo V tra mito e politica - Corteo storico Carlo V a San Severo 1536 a cura di Rosa Nicoletta Tomasone).

Arma: Troncato d’oro e di rosso caricato sulla partizione di una lettera maiuscola “P” di nero

Fonte

- Crollalanza

- Istituto Nobiliare Araldico Genealogico Italiano (I.N.A.G.I.)

- Libro d'oro delle famiglie Nobili e Notabili con Annesso    Armoriale Storico generale Italiano (Modulo Morosini);

- Enciclopedia Nobiliare Italiana (E.N.I.);

- Archivio Storico Diocesi di San Severo;

- Archivio Corder Modulo Morosini - Venezia 1878

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PORCINARI

Titoli: duca di Gagliati, marchese, patrizio di Aquila

Dimora: Napoli

Originaria della città di Aquila ed iscritta nel suo Patriziato dal XIII secolo, ricevuta nel S. M. O. di Malta e nel Priorato in persona del commendatore GIOVAN BATTISTA, per la prova sul primo stipite DOMENICO nell’anno 1471, decorata del titolo di marchese nel 1781; duca di Gagliati per successione famiglia Sanchez de Luna con anzianità dal 1727; titoli riconosciuti con R. D. del 18 settembre 1849; ascritta nel Registro Famiglie dei Cavalieri di Malta per “giustizia”.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: troncato: 1° d’azzurro al maiale di nero guardante un sole d’oro orizzontale a destra, 2° tutto di verde.

LA PORTA o DELLA PORTA

Titoli: nobile

Dimora: Monte San Giuliano, Palermo

Originaria di Chiavenna, nobile in Sicilia, nell’Ordine di Malta nel 1623. GIOVANNI giurato in Siracusa 1424/5; NICCOLO’ tesoriere di Monte San Giuliano nel 1718; LUIGI, dottore in legge, giudice capitanale 1740/3; GERARDO con privilegio del 30 settembre 1767 ottenne la concessione del titolo di barone di San Gerardo, giurato in Monte San Giuliano 1794/5, tesoriere 1798/9; VINCENZO giurato Monte San Giuliano 1799/1800. La famiglia riconosciuta con deliberazione del 10 dicembre 1834 della Regia Commissione del Regno delle Due Sicilie del titolo di nobile.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: di rosso alla torre d’oro, sormontata da un’aquila di spiegata di nero, bordata di rosso, argento, oro e di nero;

alias d’azzurro a due leoni d’oro controrampanti ed una porta di città d’argento marcata dello stesso, il tutto sostenuto dalla campagna scaccata d’argento e d’azzurro.

 

POSITANI

Titoli: duca, marchese di Marescotti, nobili dei duchi e dei marchesi

Dimora: Napoli, Reggio Calabria

Nobile in Amalfi e in Reggio Calabria, decorata del titolo di duca nel 1722 e di marchese di Marescotti con anzianità dal 1729; riconosciuta di “nobiltà generosa” per la prova di ammissione alle Regie Guardie del Corpo del Regno delle Due Sicilie nel 1844 in persona di GIUSEPPE guardia del corpo a cavallo.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano 1922.

Arma: d’argento alla fascia di rosso in capo da un braccio sinistrochero di rosso, tenente con la mano di carnagione un uccello di nero, in punta da un cane d’azzurro passante sulla campagna di verde.

DELLA POSTA di Roccatramonti e di Vulgano

Titoli: duca di Civitella Alfadena, col predicato di Roccatramonti e di Vulgano

Dimora: Napoli, Capri

Motto: “Posui ori meo custodiam ut non delinquam inter coetera vivens”

Originaria di Foggia, nobile in Napoli; ricevuta nell’Ordine Costantiniano e in quello del S. M. O. di Malta dal 1734; duchi di Civitella Alfadena, predicato di Roccatramonti e di Vulgano o di Schirara; riconosciuta di “antica nobiltà nelle prove di ammissione nel Corpo delle Regie Guardie del Corpo dell’Esercito delle Due Sicilie nel 1858.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro alla fascia cucita di rosso, sormontata da un cavallo corrente sormontato a sinistra da una cornetta da caccia, il tutto d’argento, in punta un cane d’argento su di un monte di tre cime di verde guardante una stella d’argento nel cantone destro.

POTENZA

Titoli: marchese, nobile dei marchesi

Dimora: Napoli

Originaria di Marsiconuovo in Basilicata, decorata del titolo di marchese il 26 luglio 1797 in persona di DOMENICO presidente della regia Camera della Sommaria. Il titolo venne riconfermato con D. P. del 16 dicembre 1925.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: partito: 1° d’azzurro alla mano di carnagione in palo al polso un’aquila di nero, 2° d’azzurro al monte di tre cime d’oro sostenenti un leone al naturale coronato all’antica di tre stelle il tutto d’oro.

POTTINO

Titoli: marchese di Eschifaldo, barone di Capuano, di Raulica, di Cacchiamo, di Buongiorno, di Camporotondo, della Celsa, di Terranova, marchese di Irosa, cavaliere, don, nobile dei marchesi, nobile dei baroni.

Dimora: Petralia Soprana, Palermo

Con Regio Assenso del 14 maggio 1891 e D. M. NICCOLO’ ANTONIO venne riconosciuto del titolo di barone di Torrenova per eredità materna , Francesca De Marco, e fu autorizzato con RR. LL. PP. Del 24 febbraio 1899 ad assumere il titolo di marchese di Irosa; con D. R. del 5 agosto 1901 e con RR. LL. PP. Del 26 dicembre 1901 venne concesso a FRANCESCO il titolo di barone trasmissibile ai discendenti maschi ed in mancanza al fratello GAETANO il cui figli ottenne i titolo di barone di Terranova e di marchese nella prima metà del XX secolo.

Nel 1913 vennero riconosciuti i titoli su indicati.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: partito a destra 1° di rosso al levriere d’oro ritto, 2° d’azzurro al castello d’argento, nel 3° d’azzurro all’albero nodrito sopra una pianura di verde al naturale, 4° di rosso al serpente d’oro in cerchio (Pottino) a sinistra troncato di rosso e d’argento 1° di tre stelle d’argento, 2° tre ferri di lancia al naturale legati di rosso con la terza d’oro (De Marco Irosa) - alias: partito a destra (Pottino) 1° di rosso al serpe d’oro attorcigliato a forma di P, 2° d’azzurro alla fontana al naturale zampillante sostenuta a destra da un leone d’oro, sormontato a destra da un sole d’oro e a sinistra di un braccio armato di una spada (Sgadari) troncato d’argento all’aquila di nero, d’azzurro al sole d’oro accompagnato da due stelle dello stesso (Bongiorno).

 

 

 

DEL POZZO

Titoli: patrizio di Lucera

Dimora: Napoli, Lucera

Antica famiglia di Lucera, possedette i feudi di Belvedere e Francavilla; FRANCESCO “regio familiare” del duca d Calabria Carlo l’Illustre; PARIDE consigliere della Regia Camera di Santa Chiara uditore e inquisitore generale del Regno di Napoli e consigliere del re Ferrante I d’Aragona; SAVERIO capitano delle milizie di Lucera; il casato ha dato vari uomini di chiesa: CLEMENTE vescovo di Aquila nel 1654, ANTONIO arcivescovo di Sorrento nel 1652, OTTAVIO vescovo di Catanzaro nel 1749. LORENZO balio dell’Ordine Gerosolimitano in Napoli nel 1419; i cavalieri GIACOMO nel 1528 e NICOLO’ Nel 1565 combatterono valorosamente contro i “saraceni”. La famiglia riconosciuta di “nobiltà generosa” nelle prove di ammissione nelle Regie Guardie del Corpo dell’Esercito delle Due Sicilie sia nel 1838 che nel 1856 con SALVATORE e MASSIMINO guardie a cavallo presenti nei ruoli attivi del 1860.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: partito 1° d’argento al pozzo di rosso a tre bande d’argento.

PRATO

Titoli: nobile

Dimora: Lecce

Famiglia leccese conosciuta nella sua nobiltà dal XV secolo, ricevuta nel S. M. O. di Malta dal 1594, ritenuta un ramo discendente da LEONARDO, balì di Venosa, che per le sue doti militari, quale capitano d’arme al servizio di Venezia, venne eretta una sua statua equestre in detta città. GIUSEPPE 1° tenente del “3° Reggimento Fanteria di Linea Principe” e VITTORIO capitano del “6° Reggimento Fanteria di Linea Farnese” hanno partecipato alla difesa del Regno delle Due Sicilie dall’invasione piemontese nella campagna del 1860/61.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro a cinque gigli d’oro posti tre a due.

PRENCIPE

Titoli: nobile

Dimora: Napoli, Genova, Roma

Famiglia di Laureana nel Cilento (Salerno); MARIO vescovo di Ariano nel 1698. Il casato iscritto in Napoli nella “Augustissima Compagnia della Disciplina della Santa Croce” fondata nel 1366, disciolta da re Ferrante d’Aragona perché molti appartenenti alla confraternita presero parte alla Congiura dei Baroni, avvenuta il 13 agosto 1486; la stessa venne ripristinata nel 1551. Con Decreto del Capo del Governo del 6 maggio 1934 venne riconosciuto ad ALBERTO il titolo trasmissibile di nobile.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro al leone d’argento tenente una corona d’oro e poggiante con la zampa sinistra sulla cima maggiore di un monte di tre vette al naturale, movente alla punta.

DEL PRETE

Titoli: marchese

Dimora: Venafro

Originaria di Castelgulfo (Bologna), trasferitasi nel XIX secolo in Venafro; sua Santità papa Benedetto XV con Breve Pontificio (Decreto) del 12 aprile 1920 concesse a LUIGI ANTONIO il titolo di marchese trasmissibile ai maschi primogeniti, riconosciuto dal Regno d’Italia con R. D. del 25 giugno 1926 e RR. LL. PP. (regie Lettere Patenti) del 13 gennaio 1927.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro a due leoni affrontanti sostenenti il sole raggiante, accompagnato in capo da una mitria con nastri accostata da due stelle il tutto d’oro.

PRIGNANO

Titoli: patrizio di Salerno, di Lucera

Dimora: Lucera, Salerno

Motto: “Flectar non frangar”

Originaria di Pisa, passata nel Regno di Napoli nel XIII secolo; patrizia di Salerno nelle Piazze di Campo e Portaretese, patrizia di Lucera.

Chiesa Santa Maria La Nova, Napoli.Foto Ciro La Rosa, clicca sulle immagini per ingrandirle

 

Chiesa Santa Maria La Nova, Napoli

 

Blasone Prignano

 

Sepolcro di Francesco Prignano

 

Urbano VI, particolare monumento funebre

La famiglia diede alla chiesa il sommo Pontefice URBANO VI (1318-1389), pontificato dal 1378 al 1389, si crede deceduto a causa di un avvelenamento volontario, - al  secolo BARTOLOMEO figlio di NICOLÒ e Margherita Brancaccio -  arcivescovo di Bari che venne eletto benché non fosse cardinale e contestato da tredici cardinali dissidenti i quali gli contrapposero l’antipapa Clemente VII, al secolo cardinale Roberto di Ginevra, nel 1378; Urbano VI  scomunicò l’antipapa costringendolo a fuggire ad Avignone che  fissò qui la sua nuova sede dando così l’inizio per la Chiesa di Roma allo Scisma d’Occidente che durò una quarantina d’anni dal 1378 al 1415. FRANCESCO giureconsulto sepolto nella chiesa di Santa Maria La Nova in Napoli secolo XVI. Il ramo di Salerno ricevuto nel S. M. O. di Malta nel 1578 e nel 1730 nelle prove dello stipite ROBERTO del 1485, il ramo di Sanseverino inserito nello stesso Ordine nel 1598. Iscritta nel Registro delle Piazze Chiuse del Regno di Napoli.

Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

N.d.A.: si ringrazia il prof. Giuseppe Reale, presidente dell'Associazione Culturale "Oltre il Chiostro" di Napoli, per l'autorizzazione delle riprese fotografiche nella chiesa di Santa Maria La Nova.

Arma: d’oro all’aquila spiegata d’azzurro, armata e imbeccata di rosso.

Alias inquartato 1° e 4° d’oro all’aquila d’azzurro, 2° e 3° d’azzurro alla fascia d’oro accompagnata in capo da una stella dello stesso in punta da una ghianda al naturale.

PRIMICILE CARAFA

Titoli: Marchese di Cicerale, patrizio di Salerno,

Dimora: Napoli

Originaria di Trani ed ascritta al suo Patriziato dal 1541; aggregata al Patriziato di Salerno nel 1768, decorata del titolo di marchese di Cicerale nel 1721; ascritta al Registro delle piazze Chiuse; ricevuta per “giustizia” nel S.M.O. di Malta col cavaliere MATTEO nel 1767 ramo di Salerno, quale discendente di LEONARDO patrizio di Trani nel 1541, e nel 1785 per il ramo di Trani; ascritta al Registro di Malta.

Iscritta Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: partito: 1° d’azzurro all’aquila bicipite coronata d’oro posata sulla cima del medio di tre monti di verde accompagnata da tre stelle d’oro (Primicile) 2° di rosso a tre fasce d’argento (Carafa).

PRINCI o PRINZI

Titoli: barone della Salina di Calaci

Dimora: Trapani

PIETRO giurato di Siracusa nel 1401/2 e 1426/7; GIOVANNI stessa carica 1402/3 , 7/8, 10/11, 14/15, 27/28, 34/35, 42/43; MAGGIOTTA nel 1432/41; FRANCESCO 1462/3; messer MANTUANO iscritto nella Mastra Nobile del Mollica lista III anno 1599; ANTONINO acquistò la salina di Calaci e ne divenne barone con investitura del 21 gennaio 1741; ANTONINO, nipote del precedente, investito il 30 settembre 1762 dello stesso titolo: GIOVANNI iscritto nei ruoli dei Donativi nel 1806 come barone di Calaci.

Iscritta nell’elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro al leone d’oro rampante contro una colonna d’argento cimata da un’aquila spiegata dello stesso.

PRIVITERA

Titoli: principe di Mola, marchese di Codagusta, barone di Lando, signore della terra e del castello di Mola, nobile dei principi di Mola

Dimora: Messina, Mazzarà

per successione femminile della famiglia Mannamo e della famiglia Villadicani iscritta coni titoli di principe di Mola, marchese di Codagusta, barone di Lando, signore della terra e del castello di Mola in persona di GIUSEPPE, e col titolo di nobile dei principi di Mola in persona di GIAN BERNARDO, viventi nella prima metà del XX secolo.

Iscritta nel Libro d'Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell'Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d'azzurro alla sbarra d'argento doppio dentata di quattro pezzi di nero.

PROCACCINI

Titoli: marchese di Montone, marchese di Raiano, conte della Saponara, barone di Aversa, Villalago, Campo Giove, Canzano, Rogano, Santa Caterina, San Demetrio, San Cosmo e Macchia.

Dimora: Napoli, Roma

Originaria degli Abruzzi, discendente da antica nobile famiglia bolognese. Si trasferì in Abruzzo da Benevento con VINCENZO e GIAMBATTISTA; possedette vari feudi; PIETRO vescovo di Avellino; GIUSEPPE sposò l’11 maggio 1890 Teresa De Bianchi Dottula e con autorizzazione D. M. 30 agosto 1890 ad assumere “maritali nomine” i titoli su descritti.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro all’albero al naturale addestrato da una spada alta in palo d’argento manicata d’argento, sinistrata da un leone dello stesso accompagnato da tre stelle d’argento, al capo di rosso caricata di una croce patente d’argento.

PROTO (1)

Titoli: Ramo primogenito: principe di Colubrano, duca di Alvito, nobile dei duchi di Albaneta, nobile col predicato di Morcone, Formicola, Atina, Belmonte, Campoli, Gallinaro, Picinisco, Posta, San Donato, Vicalvi e Settefrati. Ramo secondogenito: duca di Albaneta, barone di Corletto di Grima, nobile dei baroni

Dimora: Napoli, Viareggio

Originaria di Amalfi, passata in Messina ed altre città della Sicilia, ed iscritta nella Mastra Nobile di Messina; ANDREA generale e castellano di Napoli; BENEDETTO “mastro di campo generale” titolato di conte, tramutato poi nel 1723 in duca di Albaneta a favore di GIUSEPPE cavaliere dell’Ordine di Alcantara. Reintegrata nella nobiltà di Messina con diploma del Senato in data 12 ottobre 1757; DONATO duca di Albaneta sposò Clorinda Carafa, principessa di Colubrano, il figlio don FRANCESCO , gran collare dell’Ordine di San Gennaro, ereditò i titoli materni. Il ramo primogenito con RR. LL. PP. (Regie Lettere Patenti) del 23 novembre 1899 assunse i titoli sopra descritti. Il ramo secondogenito venne decorato con RR. LL. PP. del 19 luglio 1899 del titolo di barone di Corleto di Grima e temporaneamente del titolo di duca di Albaneta, rinnovato ad ENRICO con R. D. del 2 novembre 1923 e RR. LL. PP. del 3 gennaio 1924.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro alla testa di Proteo uscente dal mare d’argento fluttuoso d’azzurro.

 

 

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PROTO (2)

Titoli: marchese di Santa Dorotea, barone di Arbore, nobile di Messina

Dimora: Messina

Si crede sia un ramo della precedente famiglia passata in Messina. VINICIO, notaio, giudice in Patti 1400/4; ANTONIO proconsole in Patti nel 1620; BIAGIO arcivescovo di Messina e confratello dell’Ospedale in detta città 1627; un altro BIAGIO proconsole in Patti nel 1683; FRANCESCO capitano di giustizia in Milazzo 1705/6; DOMENICO viceportulano 1713; UGO FRANCESCO MARIA titolato di marchese della Catena con privilegio del 2 giugno 1784, capitano di giustizia in Milazzo 1797/8; PAOLO iscritto nella Mastra Nobile di Messina 1798/1807 col titolo di marchese di Santa Dorotea ( invece di Catena).

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.


Il vescovo, marchese, BIAGIO Proto (1588-1648) fu alla Corte del Re in Madrid “per più anni e tra li cappellani della Cappella Reale (…) huomo di bell’aspetto e presenza (…) l’entrata la fece solenne a cavallo, sotto lo baldacchino…  con le aste sorrette dal senato cittadino” [1], giusto per chiarire i ruoli, affettando pubblico zelo pastorale e palesando i suoi interessi privati. “Sopra la materia dell’interesse ci stava attaccato” e così “tassava per denari” ogni posto, officio, carica, cappellania o quant’altro potesse essere oggetto di contrattazione e ricavo. Dimenticando le cose importanti, per operare “testardo e a capriccio”. Entrò subito in conflitto con il Senato Messinese per una grave iniziativa che procurò “molti incontri e disgusti gravi”: l’istituzione della cassetta delle lettere anonime [2]. L’Arcivescovo é favorevole alla delazione redditizia e pertanto “dava credenza e, quello che era peggio, procedeva e faceva processi con tutto rigore contro l’accusati”. Il suo apostolato fu affollato da processi da Santa Inquisizione, confessioni estorte, patrimoni sequestrati, sempre più dorature nelle chiese e glorie di questo o quel santo affidate a cento chili di colore. Indifferente alle urla dei disperati privati di famiglia, patrimoni e vita di una qualche speranza; finiti protagonisti nell’atroce spettacolo delle pubbliche esecuzioni. Monsignore arcivescovo ebbe bisogno di moltissimo denaro anche per completare il superbo Seminario dei chierici che nel 1630 trasferì nel Teatro Marittimo di S. Gulli [3]. Il suo ingegno contabile da finanza creativa istituì il “Mese del redeundo” a favore degli inquisiti della Santa Inquisizione che, pagando 12 tarì acquistavano il diritto di rinviare per un mese il processo. Così “passavano più mesi per essere sbrigati e provisti: hor fatemi il conto quanti migliaia di scudi importavano ogni mese!” [4]. Il Proto operò per anni, fino a quando il Senato, lo bandì dalla città. Poco male perché prima di partire, sistemò amministrazione e contabilità, piazzando uomini al comando del suo vicario di fiducia, il Canonico D. Luca Cocchiglia “uomo di gran maneggio e tratto singolare”. Dunque Vescovo, seguito e mentalità si trasferirono a Milazzo, sperando di ritornare a Messina, blandendo e promettendo grosse somme salva semper pace. Ma non ritornerà più a Messina, se non da morto (1648). Allora grandi funerali, processione, luminarie e tabuto nella Cattedrale. E tante grazie al Cielo per la liberazione da una simile calamità. La sepoltura fu dentro un monumento che, per disprezzo verso i Messinesi, si era fatto scolpire a Roma e per tempo montato in Cattedrale. Forse per qualche dubbio sul trattamento della sua salma. A detta di G. Grosso Cacopardo (XIX secolo) è carico di ornamenti perché “… si fa ricco ciò che non sa farsi bello”. Invece ha un bel disegno elegante e celebrativo, una sapiente giustapposizione di elementi architettonici sottolineati da un drammatico chiaroscuro e marmi di colori a contrasto. Ricorda Michelangelo. Raddrizzando il giudizio del Grosso, la tomba di Mons. Proto è una delle più belle della cattedrale. Naturalmente nell’epitaffio non c’é quella frase che sarebbe tanto piaciuta ai suoi vessati contemporanei: “La Città è riconoscente ai nipoti Proto che lo hanno avvelenato”. In sostituzione, un ironico vendicativo “olim” Arcivescovo della Città di Messina." (nota storica dell'arch. Giuseppe Provenzale)

[1] G. Cuneo, op. cit., 146/147

[2] Era collocata sul muro dell’Arcivescovado “allo ringo della porta maggiore della chiesa del sudetto” e vicina alla “fontana di David che tiene in mano la testa di Golia”(G. Cuneo, op. cit., 146/7) o, meglio, Mercurio con la testa recisa di Argo custode d’Io, pregevole statua di Martino Montanini.

[3] Sede prestigiosa, tre piani con 66 balconi nella facciata sul porto più quello principale sulla Porta dell’Assunzione. Era fornita di una grande aula magna e di locali suddivisi per classe ed età degli alunni, dei convittori e degli insegnanti. Persino “... un ben grande e spazioso appartamento per abitarvi l’arcivescovo quando gli piace, che fu modernamente ristorato e rinnovato con ispesa di più migliaia di scudi dall’odierno monsignor Moncada; e sopra ogni altro, vi è un bellissimo ed adorno oratorio domestico... ” C.D. Gallo, Apparato…, 226

[4] G. Cuneo, op. cit., 146/147


Arma: d’azzurro alla testa di Proteo uscente dal mare d’argento fluttuoso d’azzurro

alias di nero a tre fasce ondate d’argento al capo d’oro, caricato alla testa umana di carnagione barbuta di nero.

Sepolcro di Biagio Proto nel duomo di Messina. Foto Giuseppe Provenzale, clicca per ingrandire

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PROVENZALE e PROVENZALE de Bruyeres

Titolo: duca, nobile dei duchi

Dimora: Palermo, Catania, Nicosia

Famiglia dell’Ile de France, arrivata nel VII secolo dalla Baviera al seguito di ALPAIDE de Bruyeres Sax Thurgau und Oeren. Alpäide (nipote di Ragentrude de Neustrie regina d’Austrasie, Bourgogne e Neustrie) sposa in seconde nozze Pipino di Herstal conte palatino di Neustrie e inizia la stirpe Carolingia partorendo Carlo Martello (685-741) vincitore degli Arabi, poi padre di Pipino il Breve, a sua volta padre dell’imperatore Carlo Magno. Alpaide de Bruyeres é dunque bisnonna dell’imperatore Carlo Magno.

L’associazione del cognome Provenzale a quello dei de Bruyeres compare per la prima volta quando nel 1296 Carlo I d’Angiò investe dei feudi di Castelbaronia il cavaliere francese PROVENZALE de Bruveriis (Bruyeres): “Da costui Castelbaronia fu donata al cavaliere francese Provenzale de Bruveriis, a cui seguirono la nobile Ad. de Bruveriis” (Archivi Angioini, Archivio di Stato di Napoli)). Lo stesso per le baronie di S. Nicola, Carife e Trevico. I Provenzale de Bruyeres baroni di Puigvert e Chalabre arrivano in Sicilia “comites” – compagni-di Simone di Monfort omonimo dello zio duca di Leicester con il quale sono imparentati per l’interposizione della discendenza di Guy de Levis, templare (ebreo convertito) signore di Montsegur.

Dopo i Vespri (1282) tutte le “connotazione” francesi della famiglia spariscono a favore del cavaliere templare di Maiorca BERNARD Podioviridi (traduzione latina di Puigvert), egli viene in Sicilia dopo il 1312, allo scioglimento dell’ordine dei Templari e per i suoi servizi alla corona, Federico IV lo nomina castellano e capitano di Sutera, feudatario di Buttiyusu (Sutera) e Gibellinis (Racalmuto, 1355). Si sposa con Beatrice Barresi (figlia di Abbo Barresi, barone di Castelvetrano) ed ha tre figli.

Arma (fonte: Parentadi dei Coppola Duchi di Canzano): fasciata, accompagnata in capo da tre gigli bottonati ed in punta da un levriero.

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Il cognome Provenzale (declinato in “Provenzali”) ricompare un secolo dopo nell’area di Nicosia (CL), insieme a una parte dei feudi dei Podioviridi-de Bruyeres, grazie a don GIOVAN FRANCESCO Provenzali (Catania 1508-Gand 1558), duca sul nome, patrizio della città di Catania, giudice togato della Gran Corte di Giustizia, consigliere dell’imperatore Carlo V, Reggente del Consiglio d’Italia per la Sicilia sotto Carlo V e Filippo II (G.E. Gaetani di Villabianca tomo “Della Sicilia Nobile” - volume V), e Maestro Razionale del Regno, giurista e professore di diritto presso le Università di Catania, Pisa, Bologna, Salamanca e Llerida dal 1556 al 1558 anno della morte;sposa D. Agata Gravina e Gravina dei Baroni di Palagonia da cui nasce don ERASMO (Catania 1539-1590), regio cavaliere nel 1577, protonotario del Regno (reg. 358, fog. 103) senatore in Catania nell’anno 1581/2, capitano di giustizia nel 1582/3 e patrizio nel 1589/90, la sua prima moglie é donna Beatrice Milanese Uberti e Campisano dei baroni della Ganzarie, la seconda nel 1575 donna Olimpia Statella e Caruso figlia di don Antonino conte di Cassaro e barone di Spaccaforno (Ispica), con cui genera sette figli. Il figlio OTTAVIO ritorna nelle terre di Nicosia procreando VINCENZO, GIUSEPPE, CASIMIRO e FRANCESCO da cui il ramo di Palermo. Da GIUSEPPE (1669-1713?) deriva il ramo che con NICOLÒ, capitano di giustizia in Nicosia, é investito del titolo baronale d’Altaluna e Bellarosa (Cons. Reg. Mercedes, reg. 529, fog. 154 ret), il figlio MICHELE secondo barone, nell’anno 1797/8 ottiene la stessa carica in Nicosia; ANTONINO senatore nell’anno 1799/800 (Regia Cancelleria reg. 1039 fog. 192 ret.)

Il ramo dei baroni Provenzale si estingue con la sua unica figlia donna DEJANIRA Provenzale e Rosso dei principi di Cerami (1799-1834) che sposa nel 1826 don Liborio Stazzone e Napoli marchese di Bonfornello.

Arma: dei Provenzale baroni d’Altaluna e Bellarosa (1786): d’argento, a due leoni al naturale, lampassati di rosso, controrampanti e combattenti, uscenti dal mare d’azzurro fluttuoso di nero, movente dalla punta.

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Dal suddetto FRANCESCO deriva il ramo dei Provenzale di Palermo documentati (Liber visitationes, nascite, matrimoni e defunti della Parrocchia di Santa Croce) da cui il figlio D. STEFANO (1695?-1764) il figlio di questi SEBASTIANO (1748-1812) che sposa donna Teresa dei conti di Raccuja (inseriti nel quadro genealogico dei Branciforte principi di Bufera dal tomo di Gaetani di Villabianca “Diari Palermitani”, volume XLVII) da cui GIUSEPPE(1771-1820), giudice e notaio, colui che dal 1793 continua ufficialmente lo stemma dei Provenzale di Catania; dal matrimonio con donna Maria dei baroni Marchese Conti nasce GAETANO (1801-1835) che sposa Maria Rosaria Paneblanco e Giron Tellez d’Osuna. Dalla loro unione nasce VINCENZO (1824-1898) che in terze nozze nel 1875 sposa donna Eleonora dei Baroni di Petro e Bianco. Cinque i figli: Amalia, Laura, EMILIO, GIUSEPPE (1880-1941), GAETANO (1876-1943). Morto il primogenito senza figli, la primogenitura va a GIUSEPPE che sposa nel 1920 Elisabetta Obrenovic di Serbia, da cui VINCENZO, GAETANO (1922-2007), EMILIO e Laura. Morto il primo senza eredi la discendenza continua tramite GAETANO che, sposando nel 1941 Caterina Currò, ha due figli: GIUSEPPE (1944) ed Elisabetta (1948). Giuseppe ha sposato nel 1971 Caterina Cannici, da cui ha avuto Gaetano (1972) sposato con Francileide Silva Santos, e Gabriele (1976) sposato nel 2009 con Maristella Panetta, attuali rappresentanti del casato nel XXI secolo. Ultimi rampolli: MATTIAS, nato l'11 gennaio 2010 da Gaetano e Francileide Silva Santos: ELISA nata il 22 marzo 2011 da Gabriele e Maristella Panetta. Da GAETANO, sposato il 16 agosto 2012 con Marcela Matos nasce GIUSEPPE IV il 5 marzo 2013.

La famiglia non ha mai riconosciuto come regnante la Casa Savoia cui dunque non ha richiesto conferma dei titoli. Per questo motivo non compare in alcun elenco o nobiliario nazionale.

N.d.A.: si ringrazia l’architetto Giuseppe Provenzale per le notizie e le immagini fornite sul casato.

Arma: inquartato a croce di Sant'Andrea; il capo e la punta di rosso, con due “J” nere, fiancheggiati d’oro con due “J” nere (Concessione Regia del 22 aprile 1793).

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PUCCI

Titoli: ramo di San Giuliano: barone di San Giuliano, Signore delle Terre della Chiesa; ramo dei Benisichi: barone di Benisichi, nobile dei baroni

Dimora: Petralia Sottana, Catania, Palermo.

Proveniente da Firenze con don PIERO, nobile esiliato, verso il 1478 fissando la sua residenza in Petralia Sottana ed è ivi sepolto nella chiesa di San Francesco; ANTONINO giurato in Caltagirone 1526/7; GIOVAN FRANCESCO proconsole in Petralia Soprana nel 1681; EGIDIO acquistò il feudo di Gibiso o Gippiso con investitura del 30 giugno 1680, e quello di Terre della Chiesa che con privilegio del 15 marzo 1681 ne ottenne il titolo di barone; GIUSEPPE barone di San Giuliano il 12 marzo 1692; FRANCESCO LEONE barone di San Giuliano il 14 agosto 1722, capitano di giustizia in Termini 1742/3; EGIDIO ultimo investito del feudo di Gibiso che vendette al canonico Gandolfo Ingaggiato nel XVIII secolo, fu commissario generale di Termini Imprese; VINCENZO giudice della corte pretoriana di Palermo 1795/1804; ANTONIO, come marito della cugina Vincenza Pucci, ottenne il 4 gennaio 1812 l’investitura di barone di Benisichi. Il casato ottenne il seggio tra i “pari del Regno” l’ultimo fu il barone GIUSEPPE EGIDIO. Il casato venne ammesso nella “Compagnia delle Regie Guardie del Corpo” in base alla prova di “nobiltà generosa”; parteciparono alla campagna del 1860 per la difesa del Regno delle Due Sicilie i seguenti appartenenti alla famiglia: ERRICO 2° tenente “Tiragliatori della Guardia Reale” (corpo speciale di fucilieri della Compagnia Guardie del Corpo), LEOPOLDO 1° tenente “Granatieri della Guardia Reale”, SALVATORE capitano del “15° Reggimento Fanteria di Linea Messapia”. Il ramo di San Giuliano con D. M. del 12 ottobre 1899 in persona di GIUSEPPE EGIDIO ottenne il riconoscimento dei titoli di barone di San Giuliano e Signore delle Terre della Chiesa; il ramo di Benisichi il titolo di barone e il ramo secondogenito di nobile dei baroni. Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: partito nel 1° d’oro alla testa di moro al naturale, nel 2° di rosso al pozzo movente dalla partizione sormontato da una stella, sinistrato da un leone coronato che vi attinge il tutto d’oro;

alias: d’azzurro con un pozzo accostato da un leone coronato che tira il secchio, sormontato da tre stelle poste in fascia, il tutto d’oro.

 

 

 

 

PUCCI di Amendolara

Titoli: barone

Dimora: Napoli, Roma, Amendolara

Oriunda della Toscana, si trasferì nel Regno di Napoli, e precisamente in Calabria. Il primo rappresentante della famiglia Pucci ad Amendolara fu Don ANSELMO dei Pucci coniugato con Venuta Formichella. Da questo matrimonio nacquero: DOMENICO che sposerà Isabella Terranova; PIETROANTONIO, medico chirurgo. Alla morte della moglie, Anselmo, nel 1652 sposa Vittoria Toscano, da questo secondo matrimonio nascono diversi figli: GIUSEPPE, sacerdote, VIRGINIA che sposerà Rocco Andreasso, OTTAVIO, Cecilia, Giulia, Margarita. PIETROANTONIO medico chirurgo, figlio di primo letto, sposa in prime nozze Vittoria Morano ma non avranno figli. Dopo la morte della prima moglie, sposa Isabella Persiano Toscano, dal loro matrimonio nasceranno alcuni figli tra cui: FRANCESCO, dottore, “eletto” della Città di Amendolara”; LEONARDO anche lui “eletto”della Città di Amendolara” denominato “Magnifico”, “procuratore legale” del monastero della Madonna del Patire, meglio conosciuto come il Patirion di Corigliano, che si trova oggi nel territorio di Rossano, ed è egli ad annotare i beni posseduti dal monastero nel Catasto Onciario di Amendolara nel 1752 (il Patirion è uno splendido monastero bizantino, poi retto anche dai sacerdoti di rito Greco ortodosso che erano riparati in Calabria al seguito del principe Skanderberg per fuggire dalle orde saracene). LORENZO, prete nobile in Amendolara; NICOLANTONIO giureconsulto di gran fama, “eletto” della città di Amendolara, coniugato con Angela o Agnese Toscano, dall’unione nasceranno numerosi figli, tra questi: DOMENICO (1776- 1834) “Eletto” della città di Napoli, vice prefetto, giudice di pace di Sua Altezza Gioacchino Murat, ed anche poi di S.A.R. Ferdinando I delle Due Sicilie; GIUSEPPE I barone di Trebisacce (1725–1814) giureconsulto di fama, ambasciatore per sette anni di Carlo III di Spagna, giudice della Vicaria, “Capo Ruota” della Regia Camera della Sommarìa, ed infine Presidente della stessa nel 1779. Nel 1770, vive e opera a Napoli, viene chiamato da S.A.R. Ferdinando IV re Napoli, per la sua fama di gran giureconsulto a dirimere una questione grave della città di Napoli con i “Commercianti di Marsiglia” detta “Causa Frumentaria”. Nel 1797 diviene barone feudatario dello “Stato della terra di Trebisaccia”, in seguito all’Assenso Reale del 27 marzo dello stesso anno, sull’acquisto del feudo dal principe “Teodoro Correr di Venezia”, figlio di Giacomo Correr e di Marianna Petagna, baronessa e principessa di Trebisacce, dai restanti eredi Petagna acquista anche i beni allodiali ad essa connessi (Registro del Cedolario di Calabria anno 1767, foglio 448). Dal matrimonio di Giuseppe con Caterina Pagliaro, nacquero sei figli:tra cui NICOLA, DOMENICO "eletto" della città di Napoli, nominato sottointendente e morì nel luglio del 1834. Alla morte di Giuseppe il titolo ed i beni passarono al figlio NICOLA (1774-1846) II barone di Trebisacce, giudice di gran Corte Criminale di Reggio Calabria e da questi al figlio PASQUALE, III barone di Trebisacce, che sposò Luisa de Vincentiis, l’8 novembre del 1822, stabilendosi in Amendolara. Da questo matrimonio nacquero sei figli tra cui : GIUSEPPE (1825-1852), FRANCESCO SAVERIO (1829-1894). GIUSEPPE, IV barone di Trebisacce, il primogenito di Pasquale, erede del titolo di Barone e di tutto l'asse patrimoniale, che morì giovanissimo, istituì erede dei suoi beni il fratello secondogenito, FRANCESCO SAVERIO, V barone di Trebisacce, che sposò donna Teresina Chidichimo; da questo matrimonio nacquero i seguenti figli: PASQUALE (1859-1883), GIUSEPPE (1861-1935); NICOLA (1863-1942); GIOVAN BATTISTA ( 1867-1927); VINCENZO (1870- 1920) che visse ad Amendolara. Dal matrimonio di NICOLA con Donna Rachele Cortese, nacquero i figli Teresa, Antonietta, Maria, Esterina e SAVERIO. Dal matrimonio di VINCENZO con Giuseppina Palermo nacquero i figli: VINCENZO, Luisa, Amalia, FRANCESCO SAVERIO, e PASQUALE.

N.d.A.: si ringrazia il dottor Francesco Pucci d’Amendolara per le utilissime notizie sul casato.

Arma: d’azzurro alla palma di verde in palo, all’aquila bicipite d’oro e alla scala di rosso, alla torre d’oro e stella cometa di rosso.

PULCE o PULCI

Titoli: nobile

Dimora: Napoli, Terni

Originaria di Firenze, si trasferì in Napoli verso la fine del XVI secolo; ANDREA per contratto matrimoniale con Maddalena Doria dei marchesi di Cercemaggiore, nel 1680 aggiunse il cognome Doria; GAETANO riconosciuto di “nobiltà generosa” per la sua discendenza dalla stirpe fiorentina dalla Regia Camera di Santa Chiara nel 1780 nell’ammissione quale cadetto dei “Reggimenti Provinciali”; LUIGI MARIA tenente colonnello dell’Esercito delle Due Sicilie riconosciuto di “nobiltà generosa” con Sovrano Rescritto del 16 agosto 1859;il personaggio più illustre del casato fu LUIGI, nato a Firenze, (1432 - 1484) autore del celebre tomo “Il Morgante Maggiore” (una delle prime opere del genere “epico-cavalleresco” in ottava rima). Un ramo della famiglia dal cognome Pulci si stabilì in Terni nella Valnerina nel XVIII secolo col titolo di nobile di Terni avendo immutata l’arma di famiglia.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’argento a tre pali di rosso.

PULEIO o PULEJO

Titoli: nobile

Dimora: Messina, Santa Lucia di Mela

Le prime notizie certe del casato risalgono al XVI secolo, in cui viveva “il magnifico” CESARE Pulejo, della città di Messina, come registrato da scritture pubbliche dell’epoca. Nella Mastra Nobile del Mollica sono annotati GIOVANNI e GIUSEPPE negli anni 1587, 1596 e 1604. ANTONIO nel 1623 ottenne il privilegio di “ Nobile Messinese” dal Senato della città, essendo cittadino di Santa Lucia di Mela; lo stesso privilegio l’ottenne SEBASTIANO nel 1644, quale figlio di ANTONIO e discendente del “magnifico” CESARE; il suddetto Sebastiano, in qualità di nobile messinese , nel 1662 restò “ in berretto” (in carica) per l’ufficio di acatapano dei nobili; ANTONINO e ANTONIO nell’ufficio di capitano nobile delle Furie di Messina nel 1665. Il casato strinse alleanze con le famiglie più nobili e facoltose del territorio: d’Amico, Carrozza, Colonna, Mollica ed altre; noto giurista GIUSEPPE sepolto nella chiese dei Padri Cappuccini in Santa Lucia; un abate di San Basilio di Messina, un regio segretario e tanti altri personaggi decorati di cariche civili ed ecclesiastiche. Iscritta nell’Elenco Nobiliare Ufficiale della regione Siciliana.

N.d.A.: un ringraziamento particolare all’ing. Giovanni Pulejo per le utilissime notizie fornite per il completamento della storia del cassato.

Arma: d’azzurro al leone d’oro impugnante con le branche anteriori un ramo di puleggio di verde fiorito di rosso.

PULLINO

Titoli: nobile

Dimora: Castellammare di Stabia

Originaria di Castellamonte, VITTORIO intendente di finanza di prima classe nel 1840 ebbe la carica di reggente di divisione nella Segreteria Interna delle Finanze del Regno delle Due Sicilie; il figlio GIACINTO fu ispettore generale del genio navale e deputato al parlamento del Regno d’Italia; VITTORIO ammiraglio di Squadra della Regia Marina, insieme al fratello UMBERTO ottennero il titolo di nobili con RR. LL. PP. (Regie Lettere Patenti) del 29 luglio 1906 e R. D. del 22 marzo dello stesso anno.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.

Arma: d’azzurro al leone coronato d’oro, accompagnato nel punto destro da una stella d’argento.

PUOTI

Titoli: marchese, nobili dei marchesi, patrizio di Bari

Dimora: Napoli

Motto: “Nec laeditur”

Il casato ha dato illustri giureconsulti. Il primo nome ad apparire in documenti ufficiali fu ALFONSO Poto “seniore” nel XV secolo; GIAN MARIA magistrato di gran valore, sposò l’unica figlia del marchese Basilio Calmieri ereditandone il titolo nel XVIII secolo. Aggregata nel 1791 al Patriziato di Bari ed iscritta nel Registro delle Piazze Chiuse; famoso ed illustre personaggio del casato fu BASILIO (1782 – 1847), ispettore generale della Pubblica Istruzione del Regno delle Due Sicilie, eccellente letterato e filologo, autore di una celebre “Grammatica” della lingua italiana, e dei seguenti tomi: “Regole elementari della lingua italiana” del 1833, “Dello studio delle scienze e delle lettere” del 1833, “Della maniera di studiare la lingua e l'eloquenza italiana” del 1837, “Vocabolario domestico napoletano-toscano” del 1841, “L'arte di scrivere in prosa per esempii e per teoriche” del 1843, “Dizionario dei francesismi” del 1845; egli era il primogenito del marchese NICOLA di PIETRO; il casato aggregato nel 1791 al Patriziato di Bari; altri figli del marchese: GIOVANNI MARIA consigliere della Suprema Corte di Giustizia, LUCA, ANTONIO e FRANCESCO notevoli scrittori nel XIX secolo.

Con R. D. del 22 maggio 1922 GIOVANNI MARIA venne autorizzato ad usare il titolo di marchese.

Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922

Arma: d’azzurro al leone d’oro rivolto in atto di avventarsi ad un braccio al naturale movente dal lato sinistro dello scudo.

 

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