Gli effetti della Rivoluzione Francese |
Negli anni immediatamente successivi alla
Rivoluzione francese del 1789, in Italia molti uomini di cultura, intellettuali e
borghesi si lasciarono sedurre dall’idea rivoluzionaria,
tralasciando quella riformista. Pensarono che si potessero
esportare dalla Francia non solo gli ideali della democrazia, ma
anche le forme istituzionali, e che lo si potesse fare con l’uso
della forza. Forse è il caso di guardare con indulgenza a questi pionieri,
visto che l’idea di poter esportare la democrazia con la forza è
perseguita ancora ai nostri giorni!
D’altro canto, gli eventi francesi misero in allarme i governi
assoluti. Trono e altare si allearono per la difesa dei comuni
interessi e privilegi, facendo leva sulla tradizione italiana e
contando sulla religiosità e credulità di una popolazione ancora
ignara dei diritti e doveri di cittadinanza.
Nel Regno siculo-partenopeo, il maggiore Stato italiano dell'epoca,
la guerra civile del 1799 tra rivoluzionari e restauratori assunse
dimensioni tali da lasciare una traccia indelebile. I rivoluzionari
meridionali furono degli idealisti: alla prova dei fatti
dimostrarono scarso senso dalla realtà, collaborando con dei
"liberatori", che invece si mostravano interessati a portare via tutto il possibile. Nell’800 furono i liberali a
impossessarsi in chiave anti-borbonica del loro mito, sicché si può
affermare che i giacobini napoletani furono
martiri due volte!
Anche il popolo meridionale uscì male dal 1799. Il
sanfedismo lo
screditò per la carica di barbarie e superstizione che portava. I
liberali dell’800 alimentarono tale propaganda negativa,
asservendola ai propri fini
politici, ben diversi sia da quelli dei rivoluzionari. sia dei contro
rivoluzionari del 1799, allo scopo di destabilizzare il Regno e
determinarne la caduta
. Il
discredito pesò tanto da contribuire a generare quel comune
preconcetto antimeridionale che ancora oggi serpeggia in Italia.
Ferdinando e Maria Carolina a Palermo |
La rivoluzione a Napoli fu vissuta come un’offesa personale dai due
sovrani, Ferdinando e Maria Carolina. Specie quest’ultima era “poco
illuminata”, ed ancorata alla concezione patrimoniale dello stato.
Di ciò pensarono di approfittar i baroni siciliani, che videro
l’opportunità di ripristinare gli antichi fasti di Palermo capitale.
Accolsero i sovrani, che non avevano mai messo piede in Sicilia a
braccia aperte e si adoperarono a costruire per Ferdinando parchi e
casine di caccia in terreni magnanimamente offerte dalla nobiltà.
Sorsero in un batter d’occhio la Palazzina Cinese alla Favorita e il
Casino di Caccia della Ficuzza
.
L’offerta che i baroni fecero di una Sicilia quale Vandea del
Mezzogiorno non ebbe tuttavia i risultati sperati. I sovrani vennero
convinti a fare entrare nel governo almeno due siciliani.
Furono
ripristinate le cariche di corte e fu anche fatta balenare l’ipotesi
di un trasferimento definitivo del re nella capitale siciliana. La
direzione ministeriale rimase però nelle mani di Acton. Come osserva
Rosario Romeo, la corte, invece di accattivarsene le simpatie che
inizialmente erano addirittura entusiastiche, “considerò la
Sicilia solo come una sorgente di imposte, i cui proventi erano
dedicati in gran parte alla guerra per la riconquista del
Napoletano, cioè ad un fine che il particolarismo siciliano,
considerava estraneo, anzi dannoso alla Sicilia”
[3], infatti di lì a poco scoppiò una violenta
insurrezione i cui contorni e le cui motivazioni sono tuttora
nebulosi. L’unica cosa certa è che ad impugnare le armi furono i
militari di basso grado arruolati dal maresciallo Jauch ed a loro si
affiancarono le corporazioni artigiane dell’interno dell’Isola. Si
astennero dal partecipare alla rivolta gli alti gradi militari e le
corporazioni artigiane di Palermo, Messina e Catania. Le conseguenze
della rivolta del ’99, prontamente sedata, furono innanzitutto la
diminuzione della fiducia nel baronaggio perché dimostrò di non
avere il controllo della situazione e la diffidenza perché parve
impossibile alla corte che di una rivolta così estesa la classe
baronale fosse completamente all’oscuro ! Si tornò quindi alla
freddezza e alla diffidenza reciproca.
Disposta la spedizione del cardinale Ruffo e travolta la repubblica
giacobina di Napoli i sovrani si affrettarono, con l’aiuto, non
disinteressato, di Nelson
[4], a ritornare a Napoli. Non solo, ma compensarono i
loro paladini sottraendo sostanziosi patrimoni al Regno di Sicilia.
A Nelson fu concesso, ad esempio, il titolo di duca e la ducea di
Bronte, il cui patrimonio non era demanio dello stato, ma dei
cittadini e del comune di Bronte
[5]ed al Duca
d’Ascoli i beni dell’Archidiocesi di Messina, tra le vivaci proteste
dell’arcivescovo di Messina. I siciliani pertanto si sentirono
traditi e truffati.
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Horatio Nelson |
Come vedremo, la rottura tra Napoletani e Siciliani divenne
irreversibile dopo che in seguito alla battaglia di Austerliz
(1805), il regno di “Napoli” fu nuovamente occupato dai francesi
[6] e si rese necessario un nuovo trasferimento della
corte borbonica a Palermo. Tale soggiorno durerà fino al giugno 1815
e fu più gravoso e meno gradito.
Ma facciamo un passo indietro per seguire gli avvenimenti di Napoli,
successivi alla partenza del re alla volta di Palermo.
Non appena si sparse a Napoli la notizia della
tregua chiesta dal Vicario ai Francesi, iniziarono tumulti ed il
Sedile
del Popolo, riunito in San Domenico Maggiore, non riconobbe
l'armistizio. I
"lazzari" si impossessarono con la forza delle armi,
assaltando i depositi militari, e liberarono i carcerati. Esautorato
il generale austriaco
Mack,
il 16 gennaio 1799 fu creata la milizia popolare.
Il Vicario fuggì in Sicilia, dove fu messo agli arresti. Il 19 e 20
gennaio iniziarono gli scontri tra i lazzari
ed i francesi del gen.
Championnet, che dovettero
conquistare la città palmo a palmo
. Alcuni di aristocratici,
considerati filofrancesi, vennero giustiziati, altri fuggirono.
Mentre i lazzaroni si battevano, i giacobini napoletani si
impossessarono di Castel Sant'Elmo
.
Issarono la bandiera francese e cominciando a cannoneggiare le
postazioni dei lazzari. Il 21 gennaio lo Championnet ordinò
l’attacco
: i popolani continuarono a battersi per tre giorni. Gli scontri
più sanguinosi avvennero a Porta Capuana e verso il Ponte della
Maddalena. Intanto, il 22 gennaio i giacobini di Castel Sant'Elmo
proclamavano la Repubblica Napoletana.
Lo stesso gen. Championnet, nella relazione al Direttorio, riconobbe il valore dei
napoletani. Viste le bandiere francesi
sventolare su tutte le fortezze, il 23 gennaio 1799 i lazzari posero fine alla resistenza. Nei
combattimenti, i francesi ebbero circa 1.000 morti, mentre il
numero dei caduti napoletani non fu accertato.
Il gen. Championnet ordinò al clero di aprire le
chiese e di predicare pace e ordine. Il 24 gennaio istituì il governo provvisorio,
scegliendone personalmente i membri
e
sottolineando l'esigenza di fedeltà alla Francia
. Il
giorno dopo sciolse i
Sedili. Si recò quindi in Duomo, dove avvenne il miracolo della
liquefazione del sangue di San Gennaro, come sollecitato dal
generale.
Quello stesso giorno a Palermo Ferdinando nominò Vicario il
Cardinale Fabrizio Ruffo,
affidandogli il compito di liberare le province del Regno invase
dai Francesi.
Il gen.
Championnet assiste al Miracolo della Liquefazione. Anonimo,
olio su tela, Museo del Tesoro di San Gennaro
(v. nota) |
Nella Repubblica, tutti i decreti e le deliberazioni dovevano
ricevere il placet di Championnet, che impose alla città di
Napoli una “contribuzione” immediata di 2,5 milioni di ducati, ed
una di 15 milioni di ducati alle Province. La Repubblica fu così
costretta a subissare di tasse le popolazioni, e le condizioni del
popolo si immiserirono. Incominciò, spontaneo, un movimento di
guerriglia antifrancese, che gli occupanti chiamarono "brigantaggio".
La Repubblica non fu riconosciuta da nessuna potenza, Francia
compresa!
Venne preparata la Comitato legislativo la
Costituzione. Furono
piantati alberi della libertà, aboliti i titoli nobiliari,
proclamata la libertà di stampa, adottato il calendario
rivoluzionario (pratile, pomodoro ecc.), cambiati i nomi dei
quartieri (Umanità, Monte Libero, ecc.), delle piazze e dei teatri
... Ma i napoletani furono esasperati dal brutale comportamento e
dalle continue spoliazioni dei francesi.
La situazione si aggravò con l’arrivo, il 29 gennaio del commissario
politico, Faypult, munito di pieni poteri. Questi prese possesso in
nome della Francia dei beni ecclesiastici, di quelli della Corona,
del Demanio, degli ordini cavallereschi, di coloro che avevano
seguito il Re, dei cittadini di nazioni in guerra con la Francia.
Divennero beni di proprietà della Francia: la Tesoreria, la Zecca, le
regge, i castelli e le fortezze, i porti, gli arsenali, i monti di
pietà, le banche, le industrie, i musei, le biblioteche, la
dogana, le saline di Barletta, le abbazie, gli scavi
di Pompei, le porcellane di Capodimonte ecc.
Championnet, accusato di debolezza, venne sostituito dal gen.
Macdonald, che dichiarò Napoli terra di conquista.
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Mario Pagano |
Ed il governo napoletano? Elogiò la condotta del MacDonald presso il
Direttorio! Un atteggiamento che non lo salvò dallo scioglimento, decretato dai francesi il 15
aprile, a causa della scarsa raccolta delle
“contribuzioni”. Il 15 pratile (3 giugno) la commissione legislativa
di
Mario Pagano attivò il Tribunale Rivoluzionario. che "procedeva
secondo l'intelaiatura processuale del terribile Robespierre"
.
Il 13 giugno furono condannati a morte i fratelli Gennaro e Gerardo
de Gasero Baccher ed i fratelli Ferdinando e Giovanni La Rossa,
arrestati per aver tentato un colpo di mano lealista
.
Il 7 febbraio, Fabrizio Ruffo era sbarcato nella “sua”
Calabria. In pochi giorni riunì migliaia di uomini. Il
cardinale possedeva carisma: issò un
vessillo bianco, con il motto In hoc signo vinces, i gigli
borbonici e la Croce, simbolo della Santa Fede
.
Indossò egli stesso un cappello con una croce bianca e partì da
Pizzo il 13 febbraio, lanciando un
proclama
per sollevare le popolazioni in difesa della religione e della
monarchia. In breve si unirono al Ruffo decine di migliaia di
uomini, ovviamente di tutte le risme. Confiscò i terreni dei nobili,
fra i quali suo fratello Vincenzo, che avevano aderito alla
Repubblica. Il 25 marzo arrivò a Crotone, che era stata messa al
sacco dalle bande sanfediste irregolari. Man mano che avanzava, si
univano a Ruffo anche città e personalità che avevano aderito alla
Repubblica
.
Il 5 maggio era a Matera. I repubblicani contrattaccarono in Puglia
[21], dove avvennero
forse i fatti più sanguinari.
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Francesco Caracciolo |
Il 7 maggio 1799 l’evento decisivo: a seguito della sconfitta del
gen. Chérer in Lombardia, l'esercito francese fu richiamato nel
nord. A Napoli rimase una guarnigione di 5.400 uomini, comandati dal
gen. Méjan. I sanfedisti strinsero d’assedio Napoli. A difesa della
città intervenne
anche l'ammiraglio Francesco Caracciolo, passato nel febbraio precedente
alla Repubblica, cannoneggiando dal mare i sanfedisti con la piccola
flotta repubblicana. Il 13 giugno, festa di Sant’Antonio
[22], il Cardinale
Ruffo entrava in Napoli, ed offrì al generale francese onorevoli
condizioni di resa, che vennero accettate. Offrì un
patto anche ai rivoluzionari napoletani affinché fossero liberi "di restare
nel Regno sicuri di ogni persecuzione, o di partire, se questa sia
la loro volontà, su navi provvedute dal governo del Re"
[23]. I repubblicani
chiesero a Ruffo il previo riconoscimento della Repubblica, ed il
Cardinale acconsentì: l'unico che riconobbe la Repubblica
Napoletana, alla fine risultò essere proprio il Cardinale Fabrizio
Ruffo!
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Fabrizio Ruffo |
I
repubblicani si prepararono ad imbarcarsi, ma nel frattempo, il 24
giugno, giunse nel porto di Napoli l’ammiraglio Nelson con la flotta
inglese.
Da vero padrone della situazione, dichiarò "infame" il patto
sottoscritto da Ruffo. Fece impiccare l'ammiraglio Caracciolo,
prigioniero di guerra, al pennone della nave inglese. Il cadavere fu
buttato in mare [24].
Ruffo protestò per il mancato riconoscimento del
trattato di capitolazione, ma Nelson gli fece rispondere dalla sua
amante lady Hamilton che non era dignitoso per un ammiraglio inglese
parlare troppo a lungo con un prete cattolico.
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Anonimo, 1799, la presa di Ischia
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Eleonora Fonseca Pimentel
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Secondo le valutazioni del generale francese Paul Thiébault,
riportate nelle "Memorie", perirono circa 60 mila uomini nella
guerra civile del 1799.
Il Cardinale Ruffo venne emarginato appena possibile. La
storiografia è stata tutt'altro che benevola verso la sua figura,
sottolineando gli aspetti deteriori e gli eccessi del sanfedismo.
Fara Misuraca, Alfonso Grasso
dicembre 2006
Bibliografia -
Gleijeses Vittorio, La Storia di Napoli, Società Editrice
Napoletana, 1977
-
De Nicola Carlo, Diario Napoletano. 1798 – 1825, Napoli, Società
Napoletana di Storia Patria, 1906
-
Cuoco Vincenzo, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del
1799, Editore Laterza, 1980
-
Spellanzon Cesare, Storia del Risorgimento e dell'Unità
d'Italia, Rizzoli, 1965
-
Romeo Rosario, Il Risorgimento in Sicilia, Laterza, 1950
-
Correnti Santi, Storia di Sicilia, Editori Riuniti
|