Le Pagine di Storia

Michele Arcangelo Pezza

Fra Diavolo

a cura del Portale del Sud

 

Michele Arcangelo Pezza (è il nome all’anagrafe di Fra Diavolo) era nato a Itri il 7 aprile 1771. Il suo soprannome ha una curiosa origine. La madre, durante una grave malattia del figlio ancora bambino, aveva fatto voto a San Francesco di Paola di farlo fraticello, se gli avesse salvato la vita. Una volta guarito, in ottemperanza al voto materno, Michele venne rapato a zero e vestito con un saio da frate. Le donne lo benedicevano come un bambinello santo e lo chiamavano Fra Michele Arcangelo. Ma con l’avanzare dell’età il “fraticello” divenne sempre più vivace, manesco e belloccio tanto che il suo maestro canonico gli affibbiò il soprannome di Fra Diavolo.

Le gesta di Fra Diavolo iniziano nel 1796, quando durante una rissa il giovane Michele, che aveva un debole per il gioco e per le belle donne, ammazza il maestro dove andava a bottega per imparare il mestiere di sellaio ed il fratello di lui che minacciava vendetta. E’ quindi costretto a rifugiarsi sui monti di Itri dove inizia la sua vita di bandito; all'età di 25 anni, Fra Diavolo è già un pluriomicida ricercato dalla polizia del Regno. Per sopravvivere si dà al brigantaggio unendosi ad altri latitanti.

Quando, nel 1798 l’esercito francese inizia la sua avanzata verso Roma e Re Ferdinando IV di Borbone si convince ad aprire le patrie galere per rimpolpare l’esercito, la famiglia Pezza coglie la palla al balzo e supplica il Re di commutare la condanna per duplice omicidio che pendeva sul capo di Michele in 13 anni di servizio militare. I reclutatori regi, che necessitavano disperatamente di soldati in quanto l’esercito napoletano era in gran parte costituito da ufficiali mercenari svizzeri, austriaci e inglesi, accettarono e l’ex latitante Pezza viene assegnato in origine al Corpo dei Fucilieri di Montagna ed in seguito al reggimento della fanteria borbonica. Nel febbraio 1798 i Francesi entrano in Roma e viene proclamata la Repubblica Romana. Il Papa è costretto a lasciare la città e Ferdinando IV ordina al suo esercito di marciare su Roma per cacciare i Francesi. Michele Pezza fa parte di questo esercito e partecipa attivamente al tentativo. Si racconta che durante l’operazione militare gli uomini al comando di Fra Diavolo compissero saccheggi e razzie nel paesi dei Castelli romani. Il 29 novembre Re Ferdinando riesce a entrare in Roma, vittorioso. Ma dieci giorni dopo i giacobini francesi lo ricacciano via. E Re Ferdinando da Caserta invita i suoi sudditi a sollevarsi in armi per difendere il Papa e la Fede.

L’esercito borbonico però è allo sbando: Civitella del Tronto e Pescara vengono prese dai francesi quasi senza sparare un colpo mentre in Abruzzo gli abitanti insorgono, formando bande armate e contrastando seriamente il cammino dei francesi.

Ma non passa molto tempo e le truppe francesi del generale Jean Étienne Championnet sbaragliano l'esercito borbonico e Napoli cade, dopo giorni di disperata ed eroica resistenza da parte dei Lazzari. Re Ferdinando e la sua corte si rifugiano a Palermo mentre a Napoli viene costituita la Repubblica Napoletana.

La conquista di Napoli non garantisce però all'esercito francese la conquista di tutto il territorio del Regno, e le zone “libere” dai Francesi diventano "proprietà" di bande armate di ogni sorta, impegnate sia in scorrerie criminali, sia in azioni di resistenza all'invasore francese. Tale miscela di delinquenza comune e di resistenza all’invasore spesso operate da una stessa banda, vuoi per necessità, vuoi per avidità, vuoi per difesa della propria terra (oggi lo chiameremmo patriottismo), ha reso facile ai futuri conquistatori piemontesi etichettare come “brigantaggio” nudo e crudo qualsiasi azione di resistenza, successiva all’annessione, allo sciamare nel territorio di uomini che parlavano una lingua straniera e che si comportavano da padroni.

Michele, che non era stato soldato neppure un anno, frastornato, non ci sta a questo sfacelo. «Davanti a Gaeta ceduta – scrive Bargellini –, visto l’esercito correre spedito verso Capua, pensò di sollevargli alle spalle la Terra di Lavoro. La viltà altrui lo esasperava; la indolenza altrui lo rendeva frenetico. Corse come un forsennato in tutti i paesi, minacciò il sacco a quelli che non insorgevano, non davano uomini e non mescevano ducati». Riprende il suo soprannome di Fra Diavolo, riesce a raccogliere una “massa” di un migliaio di uomini e si installa nei pressi di Itri. La sua "zona d'azione" è sulla Via Appia Antica, più precisamente nelle zone dei monti Ausoni e Aurunci. In questo territorio si trova anche un fortino borbonico costruito nel XVI secolo sui resti di antichi templi romani che diventerà la sua roccaforte, il luogo da cui far partire le scorrerie contro i soldati francesi ma anche contro le carrozze di passaggio. E’ in questa fase che Michele Pezza dimostrò le sue doti militari, di anticipatore delle “tecniche della guerriglia” che gli permisero di fermare, sia pure per breve tempo, nella gola di Sant’Andrea, tra Fondi ed Itri, l’avanzata dell’esercito repubblicano. Ma, il 28 dicembre 1798, la resistenza delle “masse” di Pezza fu spezzata ed iniziarono massacri e saccheggi. Dopo due settimane, ci fu un’altra spedizione punitiva ad Itri, mentre Fra Diavolo stava riorganizzandosi. La rappresaglia francese fu terribile le case furono incendiate e vennero uccisi soprattutto civili, donne, bambini e anziani. Tra questi trovò la morte anche il padre di Michele, Francesco Pezza.

L’episodio rafforzò la volontà di lotta di Fra Diavolo che iniziò una serie di operazioni militari, tra alterne vicende, che lo resero sempre più popolare. Fu tutto inutile. Nel gennaio 1799 anche Capua, ultima difesa del Regno, viene presa dai Francesi. Allora Fra Diavolo «viene risucchiato dalla sua terra, si rimescola con la sua gente; partecipa alla cronaca di tutte le insurrezioni, le scorribande, i saccheggi, gli agguati, gli assassini, i rubamenti, gli eroismi, gli intrighi, i ricatti».

Tutto questo impegno militare e banditesco insieme alla notevole prestanza fisica gli fruttano la simpatia della regina Maria Carolina, che intanto con re Ferdinando IV si era rifugiata a Palermo. E quando il cardinale Fabrizio Ruffo, con il beneplacito del Re, parte da Palermo nel febbraio del 1799 per la riconquista del Regno di Napoli, punto di riferimento sulla terra ferma diventerà Fra Diavolo.

Per stringere d’assedio Gaeta, che era in mano ai Francesi, Fra Diavolo fu nominato generale e la sua “massa”, di ormai oltre mille uomini, fu riconosciuta come un esercito regolare. Ma quando dopo tre mesi d’assedio Gaeta si arrese, il generale francese Girardon si rifiutò di trattare con Fra Diavolo, considerandolo soltanto un brigante, e la capitolazione di Gaeta fu firmata dal generale Acton per conto del Re e dall’ammiraglio Nelson per conto degli alleati inglesi. Fu la prima grande delusione per Fra Diavolo, che molte altre dovette subirne successivamente dato che fra lui e il cardinale Ruffo non corse mai buon sangue.

Riconquistata Napoli nel giugno del 1799, re Ferdinando pensò ad una spedizione su Roma, per liberarla dai francesi e riconsegnarla al Papa. Anche Fra Diavolo, divenuto ormai un eroe popolare, fu chiamato per l’operazione e il Re lo nominò colonnello di fanteria. Fra Diavolo prese sul serio l’incarico e con il suo esercito di briganti mosse su Roma e ci sarebbe entrato da vincitore, se il cardinal Ruffo non l’avesse fatto fermare dalla cavalleria borbonica, arrestare e rinchiudere in Castel Sant’Angelo.

Michele non era però un tipo facile da bloccare, riuscì a fuggire e a imbarcarsi per Palermo, dove dopo aver conferito con Sua Maestà, fu da questi nominato Comandante Generale del dipartimento di Itri e colmato di doni da parte di Carolina, non insensibile al fascino del Pezza.

Finita la guerra Fra Diavolo comincia a darsi da fare per reperire i fondi per pagare, come aveva promesso, i suoi soldati. Ma in questo non lo assecondò nessuno, nemmeno il Re. Ed il colonnello Pezza li ricompensò, per quanto poté, di tasca propria finendo col vivere in una squallida pensione a Napoli.

Lo spirito guerriero e brigantesco di Fra Diavolo viene risvegliato nel 1806, quando Napoleone Bonaparte fa marciare di il suo esercito verso Napoli, guidato stavolta dal generale Joseph Léopold Sigisbert Hugo (padre dello scrittore Victor Hugo). La resistenza borbonica è facilmente vinta: Re Ferdinando è costretto a fuggire nuovamente e Giuseppe Bonaparte viene incoronato re di Napoli per volere del fratello Napoleone.

Ci si ricordò allora del colonnello Pezza (Fra Diavolo), nella speranza di rinverdire i fasti del 1799. Ma questa volta la fortuna non fu dalla sua parte. Fra Diavolo, abbandonato a se stesso, si recò a Sperlonga, confidando nell'aiuto promesso dagli Inglesi, ma la rivolta che organizzò venne soffocata dalle truppe francesi. Il generale Hugo cominciò così la sua lunga caccia al pericoloso bandito: Fra Diavolo dimostrò di essere un valido avversario, utilizzando spesso l'arte del travestimento e della dissimulazione per sfuggire ai controlli francesi.

Le truppe francesi però riescono a decimare sempre più i suoi seguaci ed a fargli terra bruciata attorno. Alla fine, rimasto praticamente solo, un farmacista di Baronissi lo riconosce e lo denuncia ai Francesi, che lo catturano senza problemi.

A mezzogiorno dell'11 novembre 1806, in Piazza del Mercato a Napoli, Fra Diavolo viene impiccato con l'uniforme di brigadiere dell'esercito borbonico. Aveva solo 35 anni. Il corpo fu lasciato penzolare per ventiquattr’ore bene in vista, come monito alla popolazione, col brevetto di duca di Cassano, grazioso riconoscimento regale per i suoi meriti di fedeltà alla corona, appuntato sul petto.

Fra Diavolo non fu un eroe, ma ebbe tratti di eroismo; non fu un redentore, ma ebbe moti di generosità. Non fu certo un uomo esemplare, ma neppure spregevole.

Fu un uomo, come tanti della sua epoca, costretti alla macchia per sfuggire alla giustizia, spesso ineguale, ma che mise le sue capacità di “guerrigliero” a servizio del suo Re e della sua terra, che fu capace di onorare i debiti di guerra contratti con i suoi uomini anche con i suoi appannaggi personali di Colonnello, vista la indisponibilità di Re Ferdinando IV. Fra Diavolo godette, per le sue capacità militari, della stima del contrammiraglio Nelson e del suo successore Sidney Smith. È innegabile che le sue “truppe a massa” erano costituite, spesso, da delinquenti, sbandati, assassini e che questi, in più occasioni, hanno saccheggiato i centri abitati macchiandosi di molti delitti e compiendo violenze che sono poi ricadute sul loro Comandante. Certamente, Fra Diavolo, è stato sempre un difensore della “sua” terra e del suo Re.

La vita e le gesta di Michele Angelo Pezza hanno ispirato il compositore francese Daniel Auber che usò la storia del brigante per comporre l'opera comica Fra Diavolo, ou L'hôtellerie de Terracine, su libretto di E. Scribe e C. Delavigne i quali si presero molte licenze sulla storia originale, facendone un’opera buffa che venne rappresentata per la prima volta a Parigi il 28 gennaio del 1830.

Anche il cinema si è interessato alla storia di Fra Diavolo ed almeno una decina di film sono stati girati su di lui. Fra i tanti titoli, sicuramente il più famoso è la versione comica del 1933 di Hal Roach, interpretata da Stan Laurel e Oliver Hardy, con Dennis King nel ruolo di Fra Diavolo.

E’ strano come di una vita così ricca di drammi, d’amore, di violenze, di scelleratezze e di eroismi abbiano lasciato traccia solo gli episodi relativi ai travestimenti ed ai tranelli, ispirando opere buffe quasi fosse la “maschera” di Pulicinella. [1]


Note

[1] La maschera di Pulcinella ha un significato storico, artistico, culturale ma soprattutto sociale, o meglio di denuncia sociale. Metaforicamente la maschera simboleggia la plebe napoletana che stanca degli abusi e delle umiliazioni ricevute dalla cinica classe alto–media borghese, si ribella a questi potenti. Pulcinella essendo l’anima del popolo minuto rappresenta la voglia di rivincita di quest’ultimo. Con la sua ironia e con la sua forza si burla del potere sottolineando la sua volontà di vivere e superare gli ostacoli.


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Bibliografia e fonti

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