La leggenda
Le fonti antiche (Polibio, Strabone e Conone)
riferiscono il primo insediamento nella valle del Sarno
ai mitici Pelasgi, originari del Peloponneso, che
avrebbero dato il nome al fiume, riprendendolo dal fiume
"Saron" della loro terra di origine. I Pelasgi stanziati
nella valle avrebbero preso il nome di Sarrasti e
avrebbero in seguito fondato la città di Nocera. La
fondazione leggendaria della città di Sarno viene
attribuita al 1503 a.C., ossia 294 anni prima della
caduta di Troia e ben 750 anni prima della fondazione di
Roma.
Nel VII libro dell'Eneide di Virgilio, nel quale si
racconta della guerra fra Enea e Turno, tra gli eroi e i
popoli che si erano uniti ai Rutuli viene citato Ebalo,
re di molte genti, tra cui "Sarrastes populos et quae
rigat aequora Sarnus" ("i Sarrasti e delle genti che
Sarno irriga").
I dati
archeologici
Presso le sorgenti dei torrenti che danno origine al
fiume Sarno, esistono tracce riferibili ad un villaggio
neolitico, datato alla metà del IV millennio a.C.,
abbandonato nella prima età del bronzo (inizi del II
millennio a.C. e di una frequentazione nel XIV secolo
a.C.
Nel IX secolo a.C. una serie di necropoli attestano la
presenza di diversi insediamenti lungo la via naturale
di comunicazione tra i territori nolano e nocerino. Le
popolazioni locali entrarono quindi a contatto con i
coloni greci e con gli Etruschi e sembra che il nome
Sarno sia un termine etrusco, con il significato di
"fiume dalle molte sorgenti". Nel VI secolo a.C. il
popolamento della valle diminuì, probabilmente per
l'attrazione esercitata dalle civilizzate città sorte
verso la costa, tra cui Nocera e Pompei.
La valle fu tuttavia ancora abitata da Osci e Sanniti ed
esistono indizi dell'esistenza di un centro indigeno e
di un santuario, forse identificabile con l'antica "Urbula".
L'antico culto delle sorgenti si sviluppò nel culto del
dio Sarno, raffigurato su monete degli inizi del III
secolo a.C. (con la legenda "Sarnsneis").
L'età romana
Le genti del Sarno sono citate tra i partecipanti alla
battaglia di Canne del 216 a.C., durante la seconda
guerra punica, come alleati dei Romani contro i
Cartaginesi. La notizia è riportata da Silio Italico
nell'VIII libro del De bello punico ("Sarrastes etiam
populos, totasque videres Sarni miti opes", ovvero "e
inoltre si mostrarono i popoli sarrasti, armi del mite
Sarno").
Al II secolo a.C. risalgono i resti di un teatro,
scoperto sempre in prossimità delle sorgenti, indizio
della presenza di un piccolo centro, forse
identificabile con il sito di "ad Teglanum", citato
sulla Tabula Peutingeriana.
Alla metà del I secolo d.C. si riferiscono i resti di un
acquedotto, che captava le sorgenti del fiume Serino per
portare l'acqua al porto di Miseno, dove era stanziata
la flotta imperiale. Dai resti dell'acquedotto ha preso
il nome la località di "Mura d'Arce".
La catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che
distrusse Pompei, portò anche all'abbandono di parte
della valle.
L'età medievale
Per tutto il medioevo, il fiume Sarno assunse il nome di
"Dragone", con numerose varianti e storpiature, dovuto
probabilmente all'andamento serpeggiante delle sue
acque. Nel 553 d.C. sulle rive del fiume, chiamato dallo
storico bizantino Procopio "Draconteo", il generale
Narsete sconfisse definitivamente i Goti e ne uccise
l'ultimo re, Teia ponendo fine alla guerra greco-gotica
all'abbandono di parte della valle.
I Longobardi
Nel 601 il duca longobardo di Benevento, Arechi, si
spinse fino a Sarno per imporre il proprio dominio e i
primi nuclei di Longobardi si stanziarono nella valle.
Nella seconda metà dell'VIII secolo venne costruito il
castello di Sarno, sulle pendici del monte Saretto.
Sotto il castello nacque un centro abitato, oggi
conosciuto come "Terravecchia"-"Borgo San Matteo", che
costituì il primo nucleo della città di Sarno. La città
adottò come patrono san Michele Arcangelo, protettore
dei Longobardi.
Quando nel 787 il ducato di Benevento, sotto il duca
Arechi II, assurse al rango di principato, Sarno fu uno
dei 33 gastaldati in cui venne diviso il territorio,
affidato ad un feudatario temporaneo (senza diritto di
trasmissione ereditaria). La posizione, ai confini tra
il principato di Benevento e i ducati di Salerno e di
Napoli, era di grande importanza strategica. In località
Fauces (l'odierna frazione di Foce di Sarno) il duca
Bono di Napoli sconfisse in battaglia il principe Sicone
di Benevento. Con un capitolare dell'847 fu sancita la
divisione dei territori della cosiddetta Longobardia
minor e il gastaldato di Sarno venne assegnato al
principato di Salerno. Nell'866 il principe di Salerno
Guaiferio giunse a Sarno e qui fece atto di
sottomissione a Ludovico II il Germanico.
La contea e il vescovato
di Sarno
Fondata nel 970 dal longobardo Gisulfo I, principe di
Salerno, la contea di Sarno ebbe come primo conte il
cugino di questi, Indolfo. Il feudo è passato di mano in
mano a molti reggenti per oltre ottocento anni, seguendo
una successione che le fonti storiche a disposizione non
consentono sempre di chiarire al meglio. Fra le famiglie
che ne hanno disposto nei secoli, le più famose e
illustri sono quelle dei d'Aquino, degli Orsini, degli
Alagno
, dei Tuttavilla
, dei Colonna, dei Barberini e dei
Medici, oltre alle case regnanti che l'hanno avuta nei
propri domini diretti. Dal 1693 ha assunto la dignità di
ducato, mantenuta fino al 1810, anno dell'abolizione del
feudalesimo nel Regno delle Due Sicilie. Il titolo
ducale è ancora oggi formalmente detenuto da un ramo
della famiglia de' Medici di Ottaiano. Nel 970 il
gastaldato di Sarno fu elevato al rango di contea dal
principe Gisulfo I, che la assegnò al cugino Indolfo,
nominato anche erede al trono di Salerno. A lui si deve
la fondazione della chiesa di San Matteo, la più antica
fra quelle tuttora conservate.
Al 1041 risale la prima attestazione di un'espansione
dell'abitato verso la pianura e nel 1066 l'arcivescovo
Alfano di Salerno, con bolla convalidata da papa
Alessandro II, istituì il vescovato di Sarno. Primo
vescovo fu un certo Riso, salernitano, che prese dimora
nella zona allora detta Casamabile: diventata sede
vescovile, la zona assunse presto la nuova denominazione
di Episcopio, ossia "casa del vescovo", rimasta
invariata fino ad oggi.
I Normanni
 |
Stemma della famiglia Altavilla |
Durante la conquista
normanna
dell'Italia meridionale, nel 1077
Roberto il Guiscardo conquistò il principato di
Salerno e stipulò a Sarno una pace provvisoria con
Giordano, principe di Benevento, la cui capitolazione
avvenne poco più tardi. Il principe longobardo Gisulfo
II, cacciato da Salerno, si rifugiò presso papa Gregorio
VII. A Sarno, presso il vescovo Riso, sostò anche poco
dopo lo stesso papa, che aveva riconosciuto le conquiste
normanne ed era stato per questo posto sotto assedio a
Roma dall'imperatore Enrico IV. Gisulfo II rimase a
Sarno, ospitato dalla sorella Gaitelgrima, e sembra vi
sia morto e vi sia stato quindi sepolto intorno al 1091.
Poco dopo, Sarno ospitò ancora un papa, Urbano II,
impegnato nell'organizzazione della prima crociata.
La città venne depredata nel 1134, nelle ultime fasi
dello scontro fra
Ruggero
II d'Altavilla e gli altri signori della regione
coalizzati contro di lui. Ruggero si impadronì del
ducato di Napoli, costringendo alla sottomissione
l'ultimo
duca
Sergio VII.
Il periodo svevo
e i conti d'Aquino
La contea di Sarno passò nei domini diretti della corona
e successivamente fu attribuita a Riccardo, figlio di
Ruggero II. Con l'ascesa degli
Svevi,
assurti al trono di Sicilia grazie al matrimonio di
Costanza d'Altavilla con l'imperatore Enrico VI, la
contea fu affidata a Diopoldo von Hohenburg.
Il conte nel 1198 difese con le armi i diritti del
re Federico, posto dalla madre sotto la tutela del
papa Innocenzo III, contro il conte Gualtieri III di
Brienne, fratello del re Giovanni di Gerusalemme e
marito di Albina (o Elvira o Maria) figlia di
Tancredi d'Altavilla che reclamava i feudi di Lecce
e di Taranto. Messo sotto assedio nel castello di Sarno,
il conte Diopoldo riuscì a ferire e imprigionare
l'avversario, che morì all'interno della fortezza e fu
sepolto nell'antica chiesa di Foce: il sepolcro tornò
alla luce nel corso del ‘600, quando fu edificato
l'attuale santuario della Madonna della Foce. Della
spedizione del conte Gualtieri sembra avesse fatto
inizialmente parte san Francesco, prima della sua
conversione: il santo rimase colpito dalla disfatta e
morte del conte, tanto da recarsi in seguito a rendere
omaggio sulla sua tomba.
Durante l'epoca sveva la contea di Sarno passò ai conti
d'Aquino della Ratta, della stessa famiglia di san
Tommaso. Strenui sostenitori della causa sveva e di re
Manfredi, più volte ospitato nel castello di Sarno, i
d'Aquino combatterono al fianco del sovrano: Corrado
morì nel 1260 nella battaglia di Montaperti, lasciando
vedova la moglie Margherita di Sanseverino, mentre il
figlio Landolfo, sopravvissuto alla battaglia di
Benevento (1266) che costò la vita a Manfredi, morì nel
1268 nella battaglia di Tagliacozzo. Entrambi furono
sepolti nel castello di Sarno.
Carlo
d'Angiò assediò e saccheggiò il castello, ma il
figlio di Landolfo, anch'egli di nome Corrado, fu fatto
fuggire a Barcellona.
Il dominio angioino
 |
Carlo I d'Angiò |
La contea di Sarno rientrò nuovamente nei domini diretti
della corona e il titolo comitale fu assunto dall'erede
al trono di Napoli, il futuro Carlo II. Di fatto, a
reggere le sorti della città e del castello, restava
Margherita di Sanseverino, nonna di Corrado d'Aquino.
Quest'ultimo era cresciuto alla corte di Pietro III
d'Aragona, dal quale fu nominato ambasciatore a Napoli.
Qui fu molto apprezzato da Carlo d'Angiò, dal quale
ottenne la possibilità di rientrare al castello di
Sarno. Caduto in seguito nuovamente in disgrazia per
aver ucciso Raoul de Villars, responsabile della morte
di suo padre, Corrado fu costretto a rientrare in
Aragona. Fece ritorno in Italia nel 1282, allo scoppio
dei vespri siciliani. In battaglia si scontrò con Folco
de Villars, figlio di Raoul, che lo ferì gravemente.
Rinchiuso in Castel dell'Ovo, Corrado morì fra le
braccia di Ricciarda Sanseverino, sua cugina e promessa
sposa. Anch'egli fu sepolto nel castello di Sarno.
Estintasi la linea dei conti di Sarno, alla morte di
Margherita Sanseverino la contea tornò alla corona e il
re Carlo II, nel frattempo succeduto al padre, assegnò
il feudo di Sarno al figlio Filippo, principe di Taranto
e d'Acaia e Imperatore titolare di Costantinopoli. Si
ignora quale linea ereditaria abbia seguito il titolo
durante i regni di Roberto I e di Giovanna I,
quest'ultima spesso ospite presso il castello di Sarno.
Nel 1382, al principio del regno di Carlo di Durazzo, la
contea di Sarno fu affidata a Villanuzzo di Brunnfort,
capitano generale della Compagnia dell'Uncino e
maresciallo del Regno, che aveva combattuto per il re
nel sacco di Arezzo del 1382 e nell'assedio di Barletta
del 1384. Gli successe il figlio Antonio, detto Ungaro
di Sant'Angelo, che sembra avesse rapito e sposato
contro il volere della famiglia Francesca (o Citella)
della Ratta, figlia del conte di Caserta.
Gli Orsini di
Sarno e il periodo aragonese
 |
Stemma della famiglia Orsini |
Agli inizi del XV secolo il conte di Nola, Pirro Orsini,
cedette al papa Martino V i castelli di Nettuno e Astura,
ottenendo in cambio le contee di Sarno e di Palma dalla
regina Giovanna II. Solo il figlio di Pirro, Raimondo
Orsini, riuscì tuttavia a prendere effettivamente
possesso del castello di Sarno nel 1424.
Nel 1443
Alfonso d'Aragona assegnò il titolo di conte di
Sarno a Nicola d'Alagno o d'Alagna, amalfitano, che era
stato al servizio di re Ladislao e della regina
Giovanna. La figlia,
Lucrezia
d'Alagno, fu a lungo amante del re, ma alla morte di
questi, nel 1458, il successore Ferdinando I restituì la
contea a Raimondo Orsini. Gli successe il figlio
naturale Felice, a cui la contea fu confiscata a causa
dell'appoggio dato agli angioini. Il feudo, dopo una
breve reggenza di Roberto Sanseverino, fu infine
assegnato a Daniele Orsini, figlio legittimo di
Raimondo.
Il duca Giovanni II di Lorena, figlio di Renato d'Angiò
rivendicava il trono di Napoli con l'appoggio del
principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo.
Stabilì il suo quartier generale al castello di Sarno e
il 7 luglio 1460 a Foce di Sarno sconfisse il re
Ferdinando I. Pare che la regina, Isabella di
Chiaromonte, avesse ottenuto dallo zio principe di
Taranto l'abbandono della causa angioina. Giovanni
d'Angiò fu in seguito definitivamente sconfitto presso
Troia.
Daniele Orsini aveva ampliato il castello con nuove
fortificazioni (tuttora una delle torri di vedetta ha il
nome di "Torre Orsini", o "Torre dell'Orso"), ma il
feudo passò nuovamente in possesso alla corona nel 1480
e il re ne affidò l'amministrazione a Galeramo de
Requesens, catalano.
Durante il regno di
Ferdinando
I, i sindaci della comunità cittadina ("università")
di Sarno, Abignente e Normandia, avevano ricevuto dal re
un "Privilegio" costituito da 14 articoli, che stabiliva
per la città alcune esenzioni.
Francesco Coppola conte
di Sarno
Nel 1485 il re concesse Sarno in feudo a Francesco
Coppola, che aveva già una posizione di notevole
prestigio. Il conte tuttavia promosse con altri nobili,
tra i quali Antonello Sanseverino, principe di Salerno,
la congiura dei baroni, che aveva l'appoggio del papa
Innocenzo VIII. Nel 1486 i congiurati vennero arrestati
e l'anno successivo messi a morte. I beni del conte
furono confiscati e il castello di Sarno svuotato.
Nel 1497
Federico IV, appena divenuto re dopo la morte del
nipote, fu costretto a rifugiarsi a Sarno in quanto i
baroni gli sbarravano la via di Napoli. Nel 1501 il
sovrano fu deposto con l'accordo di Granada tra il re
Luigi XII di Francia e
Ferdinando II d'Aragona e il regno di Napoli venne
annesso come vicereame al trono di Spagna. Filippo
Coppola, figlio dell'antico conte di Sarno, Francesco,
tentò la liberazione di Ferrandino, l'erede di Federico
fatto prigioniero in Spagna, ma fu arrestato e messo a
morte.
L'età moderna
Durante il conflitto tra Francia e Spagna per il
possesso del regno di Napoli, avvenne l'episodio della
Disfida di
Barletta (13 febbraio 1503), alla quale partecipò
Mariano Abignente patrizio della città di Sarno, di cui
il Cantalicio, nel Consalvia, scrive: "Ibat, et ante
omnes, Marianus gloria Sarni." ("Procedeva, davanti a
tutti gli altri, Mariano, gloria di Sarno).
I conti Tuttavilla
Nel 1494, la contea di Sarno era stata assegnata dal re
Ferdinando I a Gerolamo (o Geronimo) Tuttavilla, la cui
famiglia aveva origine dal feudo francese di
Estouteville, da cui era passata in Inghilterra, a Roma,
a Napoli e a Benevento. Il 22 febbraio 1483 Gerolamo
aveva sposato Ippolita Orsini, figlia di Napoleone,
conte di Tagliacozzo. Alla caduta degli Aragonesi, Luigi
XII di Francia aveva nominato conte di Sarno il
cardinale Giorgio de Amboysa, ma nel 1505, sotto
Ferdinando il Cattolico, dopo una prima riconferma
formale dello stesso Amboysa, il feudo fu riconsegnato a
Gerolamo Tuttavilla, che fu in seguito reggente di tutta
la Campania in qualità di Generale Commissario, con
pieni poteri civili, militari, giudiziari e di ordine
pubblico.
Nel 1507 la contea passò al figlio di Gerolamo,
Guglielmo, al quale successe, nel 1516, il figlio
Gerolamo II. Questi, luogotenente generale di Andrea
Doria in terra, comandò le truppe italiane che
combatterono contro i Turchi la battaglia di Corone (21
settembre 1532) sotto le insegne di Carlo V. Il 4 luglio
1535 morì in combattimento nella battaglia di Tunisi.
In questi anni fiorì in città la scuola filosofica di
Vincenzo Colli, detto il Sarnese, che fu maestro di
Giordano Bruno. Il grande pensatore nolano soggiornò più
volte a Sarno, dove visse periodi di studio e
meditazione.
Al conte Gerolamo successe il figlio Vincenzo, delegato
del viceré nell'amministrazione delle Calabrie.
L'amministrazione della contea fu lasciata al fratello,
Guglielmo, creato vescovo di Sarno nel 1548 (succedendo
a Francesco Sfrondato, padre del futuro papa Gregorio
XIV). Nel 1567 vi fu una violenta sommossa popolare, che
provocò l'incendio dell'archivio del sedile dei nobili.
I ribelli vennero scomunicati da Pio V, ma le loro
richieste furono accolte dalla Regia Camera. L'episodio
è stato letto da alcuni storici come un'anticipazione di
oltre un secolo dei famosi
moti di
Masaniello.
Tra il 1569-70 Vincenzo lasciò la contea al figlio
Maurizio o Muzio, che fu anche sindaco di Napoli, fu
artefice di importanti opere di canalizzazione del Sarno
("canale del Conte"), per alimentare i propri mulini nel
territorio di Torre Annunziata. Combatté inoltre nella
battaglia di Lepanto del 1571.
I conti Colonna
e la fine del castello di Sarno
Muzio Tuttavilla morì nel 1604 lasciando una sola
figlia, Lucrezia (o Maria), che andò in sposa nel 1608 a
Pier Francesco Colonna, dei signori di Palestrina e
Zagarolo, che subentrarono ai Tuttavilla come conti di
Sarno. Il ruolo del conte aveva tuttavia perso molto del
suo potere effettivo: le comunità locali conquistavano
una sempre maggiore autonomia e le famiglie
aristocratiche cittadine erano in ascesa (Raimo,
Frecentese, Alteda, Normandia, Sirica, Balzerano,
Amandis e soprattutto i de Filippis). La piccola nobiltà
locale costruiva o restaurava le chiese cittadine ed
edificava in città le proprie residenze. Si sviluppò in
questo periodo l'industria della tessitura della canapa.
Nel 1647, durante la repressione dei moti di Masaniello,
poiché il conte Pompeo Colonna aveva appoggiato gli
insorti, il castello di Sarno fu conquistato e
distrutto.
Il Ducato di
Sarno
Dopo la morte di Pompeo Colonna, scomparso senza eredi,
nel 1661 la contea fu acquistata all'asta pubblica da
Maffeo Barberini, che la resse insieme alla baronia di
Striano e Torre Annunziata. Nel 1690 passò al Principe
Giuseppe de' Medici di Ottaiano. Sotto questo principe,
l'antica contea di Sarno fu elevata a ducato e il titolo
fu trasmesso agli eredi insieme a quello di Ottaiano.
Nel 1806,
Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, decretò
l'abolizione del feudalesimo in tutto il regno ed anche
il ducato di Sarno venne abolito.
Si ringrazia
l'Associazione onlus "Aurora" e il suo presidente
Pasquale Agovino di aver messo a disposizione del
Portale del Sud testo ed immagini.
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