Le Pagine di Storia


La Disfida di Barletta

a cura di Pina Catino

Tommaso Minardi (1787-1871), una delle 15 tavole su episodi della Disfida di Barletta conservati nella Pinacoteca Civica di Faenza

Durante le lotte con la Francia per il dominio dell’italia meridionale, gli Spagnoli fecero di Barletta un centro della loro resistenza, e proprio qui furono definite le condizioni della storica Disfida, combattuta il 13 febbraio 1503, in campo neutrale tra Andria e Corato. Narrata dal Guicciardini, fu da Massimo Taparelli D’Azeglio il soggetto del suo noto romanzo, pubblicato per consiglio e incitamento del suocero Alessandro Manzoni.

Assediata per sette mesi dai francesi, Barletta visse una pagina di storia indimenticabile. Come tutti sanno, un’infelice e offensiva frase di Charles La Motte, toccò l’orgoglio nazionale italiano. Avvenne una sfida fra 13 cavalieri francesi capitanati dallo stesso La Motte e 13 cavalieri italiani capitanati da Ettore Fieramosca; questi riuscirono vincitori.

Barletta ne celebra il ricordo nel fossato del castello normanno-svevo ogni anno.

Epitaffio centrale dell'epoca, in Latino. A fianco, 2° epitaffio del 13 febbraio 1903, nel IV Centenario della Disfida. Trascrizione: XIII Febbraio 1503, in equo certame contro tredici francesi qui tredici d'ogni Terra italiana, nell'unità dell'onore antico e tra due invasori, provarono che dove l'animo sovrasti la fortuna, gli individui e le Nazioni risorgono. Clicca sull'immagine per ingrandire.

Francesi e Spagnoli ambivano al possesso della Capitanata (provincia di Foggia); scoppiò allora la guerra tra i due pretendenti. I primi fatti di armi si ebbero ad Avellino, ma l’azione principale si svolse in Puglia.

L’accordo che intervenne tra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII, ai danni di Federico d’Aragona, fu firmato a Granata l’11 novembre 1500. Essi, d’accordo con il papa, stabilirono che Napoli fosse con Terra di Lavoro e Abruzzi, devoluta al re di Francia col titolo di re di Gerusalemme e di Napoli; il ducato di Calabria e tutta la Puglia, al re di Spagna, col titolo di duca di Calabria e di Puglia.

Questa fraudolenta divisione fu legittimata con l’accusa fatta al re Federico d’Aragona d’essersi diretto spesso al principe Turco per aiuti con lettere e ambascerie: “Regem Fridericum saepeTurcarum Principem Christiani nominis hostemacerrimum, Literis, Nunciis ac Legalis ad arma contra pupulum Christianum capesseuda sollicitasse”.

Tommaso Minardi (1787-1871), Episodio della Disfida di Barletta, Pinacoteca Civica di Faenza

Così il regno fu diviso e governato, alla partenza di Federico d’Aragona, dal viceré Luigi d’Aurignac, duca di Nemours, per il re di Francia, e dal gran capitano Consalvo di Cordova per Ferdinando di Spagna.

Intanto l’esazione della dogana di Puglia, da dividersi in parti uguali, fu il primo seme della discordia che doveva nascere fra Francia e Spagna; gli Spagnoli si spinsero fino ad Atripalda, occupata dai francesi, e ciò dette l’appiglio ad aprire le ostilità, 12 giugno 1501.

Tommaso Minardi (1787-1871), episodio c.s., particolare

Molti Italiani servivano e simpatizzavano per la Spagna, tra i francesi e gli italiani non correvano buoni rapporti, e di fatto le ingiurie atroci prepararono quel clima di rancore nel quale nacque la famosa Disfida di Barletta.

Narra l’illustre storico e uomo politico Francesco Guicciardini: Barletta, fu il quartiere generale delle forze Spagnole. Consalvo di Cordova, comandante supremo degli spagnoli, interrogati i migliori suoi ufficiali, questi concordemente dichiararono doversi scegliere Barletta, posta all’inizio della zona contesa, con una formidabile rocca ed altri fortilizi minori, cinta di mura, con porto, ove potevano sbarcare vettovaglie e uomini: nessun’altra città della regione offriva garanzie migliori. Qui dunque, si chiuse Consalvo, senza denaro, con poca vettovaglia e carestia di munizioni.

Il Duca di Nemours, Viceré di Luigi XII, e comandante supremo dell’esercito francese, aprì le ostilità, si portò sotto le mura di Barletta e l’assediò. Siamo nel settembre 1502. L’assedio durò sette mesi, sino all’aprile 1503. Durante l’assedio non mancarono sortite da parte degli assediati, in una di queste, gli Spagnoli uniti alle bande Colonnesi attaccarono i Francesi, li sbaragliarono e fecero parecchi prigionieri.

Tra i prigionieri vi era un tale Charles La Motte, “sanguinario, facinoroso, capace di scelleratezza”, il quale in un banchetto dato ai prigionieri, il 20 gennaio 1503, scattò a sentire gli elogi che gli Spagnoli facevano degli Italiani, e disse: che gli italiani trattavano le armi senz’arte e senza fede, ch’erano vili, poltroni, e noi francesi in ogni scontro li abbiamo vinti e dispersi.

Gli Spagnoli comunicarono queste insolenze agli Italiani; Prospero Colonna mandò subito due cavalieri romani, Capoccio e Brancaleone, perché invitassero il La Motte a ritirare le parole offensive, e nel caso non volesse farlo gli dessero del mentitore e lo sfidassero con quanti altri avessero voluto misurarsi con gli italiani. La Motte in modo spavaldo confermò le ingiurie e aggiunse che avrebbe trovato subito altri francesi pronti a battersi. La Disfida era decisa, la scelta dei cavalieri italiani fu alquanto laboriosa, perché in molti volevano battersi. Furono scelti il capuano Ettore Fieramosca, Giovanni Bracalone da Genazzano, i romani Ettore Giovenale (detto Peraccio) e Giovanni Capoccio, Ludovico Abenavole da Teano, da Sarno Mariano Abignente, barone di Frassello, Ettore de' Pazzis (detto Miale) da Troia, Marco Carellario da Napoli, i siciliani Francesco Salamone e Guglielmo Abbimonte, Romanelli da Forlì, i parmigiani Riccio e Fanfulla.

La cantina della Disfida

Consalvo prima dello scontro, tenne un significativo e conciso discorso. Egli si rendeva conto che era in giuoco l’onore degli italiani, ma anche l’interesse della Spagna; fu dunque abilissimo nel dire: illos meminisse Italiae virtutis, seque sub felici auspicatu Catholicorum regum pugnare, et Italos atque Hispanos gentem esse eiusdem sanguinis, eiusdem linguae; victoriamque gratiorem quam Italis, Hispanis Futuram” (Galateo [1])

Il Guicciardini così scrive sul fatto d’arme del 13 febbraio 1503. “... come fu dato il segnale corsero ferocemente a scontrarsi con lance... Essendosi combattuto per un piccolo spazio, e coperta la terra di molti pezzi di armature, di sangue, di feriti, d’ogni parte, e ambiguo ancora l’evento della battaglia, accade che Francesco Salomone, correndo al pericolo di un compagno, ammazzò con un grandissimo colpo il francese che, intento ad opprimere quello, da lui non si guardava. E poi, insieme con altri italiani, presi in mano spiedi, che a quest’effetto portati avevano, ammazzarono più cavalli degli inimici. Donde i francesi cominciati ad essere inferiori, furono dagli italiani fatti tutti prigionieri…”.

Consalvo nobilitò gli italiani, uomini d’onore e di valore, facendoli cavalieri. Essi avevano attuato quella fusione fra Napoli e la Spagna, auspicata dal re Ferdinando, furono gettate così le basi del Viceregno.

Tre mesi dopo la Disfida, i francesi furono battuti a Traetto. Consalvo, fra grandi dimostrazioni di gioia, entrò in Napoli, 10 maggio 1503.

Comincia qui, un novus ordo.


Note

[1] Ammonio De Ferraris, medico-umanista leccese, detto il Galateo.


Bibliografia essenziale

  • Documenti Storici Storia della Casata Miale

  • Cardassi L., Rutigliano in rapporto agli avvenimenti più notevoli della Provincia e del Regno, Sue Origini e Vicende, II Ed., Officine Grafiche A. De Robertis & F. Spa , Putignano, 1967, pag 136;

  • Villani C., Scrittori ed Artisti Pugliesi antichi, moderni e contemporanei, V. Vecchi Tipografo e Editore, Trani 1904, pag789;

  • Cassandro M., Barletta nella storia e nell’arte, Tip. Rizzi & Del Re, Barletta, pag. 71;

  • Ruocco S., Storia di Sarno e dintorni, Vol. Primo, Arti Grafiche M. Gallo & Figli, Sarno 1946, pag 251;

  • De Crescenzo G., Dizionario Salernitano di Storia e Cultura, pag 454 A;

  • Villani F., La Nuova Arpi, cenni Storici e Biografici riguardanti la Città di Foggia, Premiato Stab. Tip.Migliaccio, Salerno 1876, pag. 86;

  • Scandone F., L’Alta Valle del Calore, Vol III , Il Municipio di Montella, col suo feudo,nei tempi moderni incominciando dal domino della Casa d’Aragona, Libreria Detken & Rocholl di B. Johannowski, Palazzo Prefettura, Napoli 1920 – pag 237;

  • Andreucci T., Una pagina di Storia Patria, Comincia a dirmi del mio bel Paese perché io lo possa amar, Cooperativa Tipografica, Napoli 1910, pag 144,

  • Manzini E., Memorie storiche dei reggiani più illustri nelle Scienze nelle Lettere e nelle Arti, Biblioteca Modenese del Tiraboschi, Tip. Degani & Gasparini, Reggio Nell’Emilia 1878, pag 468.

  • Einaudi, Storia d’Italia, Vol. 14


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Pina Catino, giugno 2009

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