Le Pagine di Storia

 

La battaglia di Bitonto

di Alfonso Grasso

Straordinaria medaglia del diametro di mm 91 in bronzo del 1735 - omaggio a José Carillo de Albornoz duca di Montemar  (collezione Francesco di Rauso, Caserta) - clicca sull'immagine per ingrandire

Nel 1733 scoppiava la guerra di successione in Polonia, retta da monarchia elettiva: alla morte del re Federico Augusto II, i Grandi Feudatari del Regno si riunirono per nominare il successore. Non trovando l'accordo, finirono per gettare il Paese nella guerra civile, a cui parteciparono anche le potenze straniere: a favore di Federico III, figlio del defunto re, si schierarono la Russia e l'Austria, mentre la Francia e la Spagna (e quindi i Regni di Sicilia e di Napoli) sostennero un parente del re di Francia: il principe Stanislao Leszizynski.

Il trattato d'alleanza franco-spagnola prevedeva l’impegno di affidare a Carlo, duca di Parma e infante di Spagna, figlio del re di Spagna Filippo V di Borbone e di Elisabetta Farnese, i Regni di Napoli e di Sicilia.

La guerra ebbe due teatri: la Polonia e l'Italia. Con Spagna e Francia si alleò anche il Piemonte, il cui re Carlo Emanuele III mirava a togliere all'Austria la Lombardia.

In Italia, le truppe spagnole sbarcarono a Genova, guidate dal generale Josè Carrillo de Albornoz, duca di Montemar. Ad esse si unirono, in Toscana, quelle del Ducato di Parma, e truppe del re di Francia. L’esercito franco-spagnolo, forte di circa 40.000 uomini, invase lo Stato Pontificio e quindi il Regno di Napoli, allora Vicereame Austriaco, senza trovare opposizione. Il grosso dell'esercito austriaco era infatti impegnato sul fronte polacco. Carlo di Borbone entrò in Napoli il 10 maggio 1734, alla testa delle sue truppe, cui si erano unite parte di quelle napoletane.

Il viceré austriaco Guido Visconti si era intanto diretto con le sue truppe nelle Puglie, dove si riunì ai reparti del conte Taun, provenienti dalla Sicilia e sbarcati a Taranto. Gli Austriaci, numericamente inferiori ai contendenti, decisero di tentare la difesa presso Terlizzi e Bitonto, città quest'ultima che per conformazione geografica disponeva di difese naturali. Dopo un primo scontro notturno, subito interrotto da un violento temporale, all’alba del 25 maggio 1734 gli eserciti erano pronti per affrontarsi: 14.000 Spagnoli del duca di Montemar contro i 10.000 soldati austriaci, agli ordini del Vicerè e del principe di Belmonte. All'inizio, l'assalto spagnolo fu respinto dai difensori, che però dovettero poi retrocedere per evitare l'accerchiamento da parte della cavalleria spagnola proveniente da Andria. I combattimenti si spostarono quindi verso il mare e durarono fino all'imbrunire. Alla fine della giornata, alcuni reparti austriaci si rifuggiarono entro le mura di Bitonto, altri ancora si ritirarono verso Bari. Gli Spagnoli avevano conquistato 15 bandiere, 24 stendardi, 23 cannoni, armi, munizioni ed equipaggiamenti ed avevano fatto numerosi prigionieri.

Il giorno successivo, 26 maggio 1734, gli Austriaci asserragliati a Bitonto si arresero di fronte alla minaccia spagnola di abbattere le mura a cannonate. Anche il principe di Belmonte, inseguito dal duca di Montemar, fu costretto a cedere le armi: il Consiglio cittadino di Bari aveva infatti deciso di consegnare la città agli Spagnoli.

Carlo di Borbone

Carlo nominò il Montemar duca di Bitonto e fece erigere sul luogo del campo di battaglia un obelisco in memoria dell’evento.

L'Obelisco Carolino

Dopo la conquista Carlo, anche se comunemente viene inteso come sovrano di Napoli con annessa provincia siciliana, diviene in realtà sovrano di due stati indipendenti ed “il suo titolo dinastico era quello di re delle due Sicilie, o meglio come si legge nei decreti legislativi, re dell’una e dell’altra Sicilia, della Sicilia al di qua e della Sicilia al di la del Faro [1] in virtù della cessione fattagli dei diritti della casa di Spagna sui regni di Napoli e di Sicilia.

Dopo la conquista sul campo dei due regni e nonostante il rifiuto del papa di riconoscergli l’investitura del regno di Napoli [2], Carlo - forte del sostegno del popolo napoletano e del giuramento di fedeltà ed ubbidienza del parlamento siciliano a cui ricambiò giurando a sua volta l’osservanza fedele delle istituzioni - compì l’atto fondante della monarchia meridionale. Approfittando poi del privilegio dell’ “Apostolica legatia” di cui godeva la Sicilia aggirò l’opposizione papale e il 3 luglio del 1735 si fece incoronare, nella cattedrale di Palermo re di entrambe (utriusque) le Sicilie, prima ancora che l’intera isola fosse militarmente conquistata.

Alfonso Grasso

marzo 2008


Bibliografia

  • Montesquieu, Viaggio in Italia, cit. da Giarrizzo in La Sicilia

  • Leonardo Sciascia Il consiglio d’Egitto, Sellerio, Palermo

  • AAVV, Storia di Sicilia , Edizioni, Storia di Napoli e della Sicilia, 1978

  • Renda Francesco, Bernardo Tanucci, Sellerio Palermo

  • P. Calà Ulloa, Considerazioni sullo stato economico e politico della Sicilia, (3.8.1838), citate in E. Pontieri, Il riformismo borbonico nella Sicilia del Sette e dell'Ottocento, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1961, p. 240. [Calà Ulloa era procuratore generale del Re a Trapani].

  • F. Renda, Storia della Sicilia dalle origini ai nostri giorni, Sellerio

  • AAVV Contributi per un bilancio del Regno Borbonico, edito dalla Fondazione Lauro Chiazzese, 1990.

  • Gleijeses Vittorio, La Storia di Napoli, Società Editrice Napoletana, 1977

  • Gleijeses Vittorio, La guida storica, artistica, monumentale, turistica della città di Napoli e dei suoi dintorni, Società Editrice Napoletana, 1979.


Note

[1] Renda, Storia della Sicilia, p. 720

[2] Non dimentichiamo che i regni di Napoli e Sicilia erano rivendicati quali feudi del papa, tanto che il papa rifiutò quell’anno la chinea, simbolo di sudditanza feudale offerta da Carlo e fu accettata quella offerta da Carlo VI d’Austria.

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