La medaglia qui illustrata è tra le
prime del Regno delle Due Sicilie durante il periodo borbonico
(1734-1861), venne fusa per immortalare Giuseppe Carillo de Albornoz
y Montiel duca di Montemar che ebbe un ruolo fondamentale nella
storia dell’Antico Regno.
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Il bando del Duca di Montemar, 1735 |
Verso il terzo decennio del ‘700
Filippo V di Spagna era alleato della Francia, tramite la
quadruplice alleanza. Tra i suoi obbiettivi, vi era quello di
rientrare in possesso del Sud Italia, strappato alla Spagna dagli
Austriaci nel 1707. Per la riconquista e conseguente spedizione
d’Italia, fu incaricato il generale Giuseppe Carillo de Albornoz y
Montiel conte di Montemar (1671-1747), capitano generale degli
eserciti di Sua Maestà il Re di Spagna, in qualità di viceré e
capitano generale del Regno di Sicilia, per conto di Carlo, duca di
parma e figlio di Filippo V e della regina Elisabetta Farnese.
L’esercito spagnolo sbarcò prima a Genova e successivamente si unì
in Toscana alle truppe del giovane Carlo.
Questo poderoso esercito (composto
da 40.000 uomini) attraversò lo Stato Pontificio e poi il Regno di
Napoli, senza trovare opposizione, ed entrò il 10 maggio
1734 a Napoli. Il 3 luglio del 1735 fu incoronato nella cattedrale
di Palermo re di entrambe (utriusque) le Sicilie.
Gli Austriaci, dopo aver
abbandonato la città di Napoli, si erano diretti verso Bari dove si
erano congiunti con l’armata imperiale guidata dal conte Taun, che
dalla Sicilia era sbarcata a Taranto. Nel consiglio di guerra
tenutosi nel Castello di Bari, gli Austriaci avevano in un primo
momento progettato di preparare la difesa davanti alle mura della
città, ma l’idea era stata accantonata poiché, in caso di sconfitta,
non ci sarebbe stato spazio per la ritirata. Fu deciso pertanto di
affrontare gli Spagnoli presso Bitonto, che disponeva di difese
naturali; l’esercito si era quindi attestato a nove miglia dalla
città, verso Terlizzi. La città di Bitonto si era schierata con gli
Austriaci, concedendo la basilica di San Francesco della Scarpa come
ospedale. I primi scontri si ebbero nella notte del 24 maggio ma
subito interrotti da un violento temporale. All’alba del 25 maggio
gli eserciti erano schierati e pronti per la battaglia: 14.000
Spagnoli contro 10.000 Austriaci.
La battaglia,
dopo un inizio incerto, fu favorevole agli Spagnoli, che
conquistarono 15 bandiere, 24 stendardi, 23 cannoni, armi, munizioni
ed equipaggiamenti e fecero migliaia di prigionieri (non a caso,
infatti, troviamo raffigurati questi ultimi raffigurati sul rovescio
della medaglia in questione, ai piedi della vittoria alata, stanti,
quasi sicuramente, a simboleggiare il bottino di guerra di quella
battaglia). Il giorno successivo, i soldati austriaci
asserragliati a Bitonto si arresero e si consegnarono come
prigionieri agli Spagnoli. Il duca di Montemar, per punire la città
di Bitonto dell'aiuto dato al nemico, avrebbe inteso darla al
saccheggio, ma desistette a seguito della visione della Vergine
Maria, miracolosamente apparsa ai suoi occhi. La città fu così
risparmiata. I bitontini, a ricordo dell’evento ritenuto miracoloso,
eressero un arco di trionfo dedicato all’Immacolata.
Anche il Consiglio cittadino di
Bari decise di consegnare la città agli Spagnoli. In rapida
successione tutte le guarnigioni austriache di stanza nelle altre
città del sud Italia si arresero all’esercito spagnolo.
Dopo la conquista, Carlo divenne
sovrano di due stati formalmente tra di loro indipendenti ed il suo
titolo dinastico era quello di re delle due Sicilie, o meglio come
si legge nei decreti legislativi, re dell’una e dell’altra Sicilia,
della “Sicilia al di qua e della Sicilia al di la del Faro”, in
virtù della cessione fattagli dei diritti della casa di Spagna sui
regni di Napoli e di Sicilia.
Carlo nominò il duca di Montemar
comandante perpetuo di Castelnuovo in Napoli e duca di Bitonto,
facendo erigere sul luogo del campo di battaglia un obelisco in
memoria dell’evento.
L'Obelisco Carolino a Bitonto
Le due Sicilie ritornarono ad
essere terre libere ed indipendenti dopo 230 anni di spietato
sfruttamento coloniale. Il possesso dei sopraccennati regni,
inoltre, fu riconosciuto al giovane sovrano nel trattato di pace che
pose fine alla Guerra di Successione Polacca nel 1738.
Questa eccezionale medaglia fu un
omaggio al duca di Montemar, conduttore dell’impresa, come
ringraziamento per il regno “recuperato”.
Essa venne creata con la tecnica
della “fusione a conchiglia” che consisteva nel colare il bronzo
fuso nello stampo (luto o sabbie refrattarie). Si procedeva poi al
comprimere il modello fra due valve ripiene di materiali refrattari
con l’aggiunta di due canali, uno per la colta del bronzo e l’altro
per lo sfiato dell’aria. Va aggiunto poi che questa conchiglia
sospesa a delle corde veniva fatta girare vertiginosamente come una
centrifuga per allontanare l’aria nello stampo dopo la colata. Una
volta raffreddatasi la medaglia si procedeva nell’aprire le due
valve ed estrarre la medaglia fusa in bronzo e si passava alla
seconda operazione di cesello e di bulino e quindi alla patina che
veniva generalmente data con procedimenti strettamente segreti e
personali. Ecco alla luce una vera opera d’arte del diametro di ben
91 mm e, in questo caso, del peso di 218,00 grammi (le medaglie
borboniche infatti, non sempre avevano lo stesso peso, in quanto non
venivano seguite regole prefissate).
Al dritto
IOS .
CARILLO . DE . ALBORNOZ . DUX . DE . MONTEMAR
Busto del duca a destra, indossa,
la parrucca, il manto e la corazza con Egida, sul petto campeggia
l’insegna dell’ordine del Toson d’Oro.
Sotto la troncatura del busto:
AN . MDCCXXXV
Al rovescio
RECUPERATIS
la vittoria alata con la corona di
Spagna e delle Due Sicilie nella mano destra e quella di Milano
nella sinistra, stante sopra un trofeo di armi dove sono raffigurati
il cavallo rampante di Napoli e l’aquila di Palermo.
La medaglia, data la straordinaria
bellezza, è stata attribuita al grande artista toscano Massimiliano
Soldani-Benzi (1656-1740) già “ufficialmente” autore di tante altre
medaglie barocche di grande pregio presenti oggi nel medagliere del
museo del Bargello di Firenze (queste ultime sono tipologicamente e
stilisticamente molto simili alla medaglia in questione). Salvatore
D’Auria però, nella sua nuovissima opera “Il Medagliere”
sulle medaglie del Regno delle Due Sicilie, non avendo trovato,
documenti ufficiali della zecca che attribuiscono la paternità alla
medaglia sub judice, ha ritenuto opportuno non attribuirla. Essa è
di grande fascino e di estrema rarità, così rara che era sconosciuta
ad Eduardo Ricciardi nella sua omonima opera del 1930 ma scoperta ed
inserita di seguito nel supplemento della stessa al numero 276 (1A).
Gli esemplari che si conoscono sono pochissimi, conosco
personalmente infatti, oltre all’esemplare fotografato su “Il
Medagliere” al numero 4, un esemplare presente nel museo “Làzaro
Galdiano” in Spagna, uno venduto nel 1992 nell’asta Christie’s ed
uno presente nel museo del Bargello a Firenze inventariato al numero
7520 ed elencato nel Vannel Toderi al numero 73.
Aggiungo che al numero 63 di
sopra-citata opera troviamo una medaglia datata 1711 del diametro di
89 mm. dedicata a Cosimo Serristori (Patrizio fiorentino, amante
dello studio delle arti, devoto di S. Filippo Neri di cui in
vecchiaia vestì l'abito talare), attribuita sempre al Soldani. Essa
è di stile molto simile e con il rovescio in parte uguale a quella
del Duca di Montemar (vedi immagine sottostante).
Francesco di Rauso
maggio 2008
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L'autore ringrazia per la
gentilissima collaborazione il dr. Salvatore D’Auria.
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Questa medaglia sarà esposta nel
2009 a Lecce, nella mostra intitolata “L’Arte in Puglia dal
Medioevo al Settecento”
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