Giovanna II (1371-1435 Napoli), dal 1414 regina di Napoli, passata alla storia più per la vita licenziosa che per meriti politici, nel 1386 andò sposa a Guglielmo d'Asburgo e, rimasta vedova, sposò in seconde nozze Giacomo II di Borbone contro il quale, espressione della strapotenza francese nel regno, i baroni si ribellarono. Giovanna elesse allora nel 1417 gran siniscalco il proprio amante, il nobile Giovanni Caracciolo, detto Sergianni, fino ad allora un oscuro notaio. Sergianni divenne il vero detentore del potere a Napoli e ben presto si inimicò anch’egli i baroni, che offrirono nel 1419 la corona del regno a Luigi III d'Angiò (1403-1434), figlio di Luigi II.
Contavano sull’aiuto del papa Martino V. Crederono di avere gioco facile perché Giovanna, nonostante i numerosi amanti, non aveva figli. La regina però scoprì la congiura e invocò l'aiuto del giovane Alfonso d'Aragona, re di Sicilia, Aragona e Catalogna
[1], nominandolo nel 1421 suo erede. Alfonso, che poi sarà detto “il Magnanimo”, ai primi di settembre del 1421 giunse a Napoli. Per due anni egli si prodigò per farsi riconoscere i diritti ereditari dal papa; pazientemente attendeva che la regina abdicasse in suo favore. Non avvenne niente di tutto ciò: anzi la regina si rimangiò la parola data e nel 1423 nominò nuovo erede proprio Luigi III d'Angiò, creandolo duca di Calabria!
Alfonso non accettò di farsi da parte, e nell'ottobre del 1423 assediò militarmente Napoli con l'intenzione di imprigionare la regina e spedirla in Catalogna. La città capitolò: la regina Giovanna riuscì a salvarsi a stento. Alfonso, affidato il governo di Napoli al fratello don Pietro, fece rotta su Ischia, dove resisteva nel Castello una forte guarnigione angioina. Tre soldati si arrampicarono tra le rocce, da un lato ritenuto dagli assediati inattaccabile, e quindi presidiato da poche guardie. Presero così di sorpresa le sentinelle e dall'alto della rupe calarono le corde consentendo l’invasione. Dopo cinque ore di combattimento, la cittadella era espugnata.
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Alfonso Il
Magnanimo
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L'anno dopo Luigi III d'Angiò riuscì a rioccupare Napoli. Nel 1432 Sergianni Caracciolo rimase ucciso in una congiura di palazzo. Giovannetta revocò l'adozione e decise di riadottare Alfonso! Alfonso sfruttò l'occasione per impossessarsi della corona. Giovanna si rivolse nuovamente a Luigi III d'Angiò, che però morì nel 1434, a Cosenza. Neanche un anno dopo, a 64 anni, moriva Giovanna II: prima di spirare, la regina nominò erede Renato d'Angiò (1409-1480), fratello del defunto Luigi III.
Il 12 giugno 1442, dopo altri sette anni di guerra e ripetuti successi militari su Renato, Alfonso entrava trionfalmente a Napoli.
Il re di Sicilia era dotato del maggior parco di artiglieria dell'intera Europa e, nell'ultimo assedio, che iniziò il 10 novembre del 1441, ridusse il
Maschio Angioino ad un ammasso si macerie, poi da lui stesso ricostruito con il nome di
Castelnuovo. Riuscì il 12 giugno del 1442 a penetrare nella città in modo romanzesco attraverso quel pozzo di Santa Sofia, già utilizzato dagli invasori bizantini 900 anni prima. Napoli per quattro ore fu abbandonata alle soldataglie di Alfonso, venendo saccheggiata e subendo atrocità.
Alcuni mesi dopo la
conquista del regno Alfonso, per
impressionare la fantasia popolare e gli ambasciatori degli stati esteri,
volle inscenare un clamoroso e fantasmagorico ingresso nella capitale. La
scenografia dell’evento fu improntata allo stile dei trionfi dell’antica
Roma: fu così eretto l’arco in marmo, ritenuto all’epoca il più insigne
momento civile delle arti rinnovate in Italia, nella facciata principale del
Maschio Angioino.
La memoria di questa solenne cerimonia ci
è stata tramandata da cronisti e poeti del tempo, come Gennaro Maria Monti.
Questi racconta fedelmente «come lo re Alfonso
d'Aragona entrò nella città di Napoli col carro trionfale. Alli 1443 alli 26
del mese di Febbraio di Martedì alle 15 hore entrò lo Re Alfonso d'Aragona
col Carro Trionfale, et entrò per la porta del Mercato, e prima lo suo
entrare fece rompere, et abbattere tante canne delle mura della detta Città
di Napoli trionfando come l'antichi Sovrani. Sopra lo detto Carro, Sua
Maestà sedeva con lo scettro …»
Successivamente Alfonso si rivelò un sovrano "illuminato" e generoso,
che seppe fare del regno un centro artistico e culturale. Con lui, dopo circa due secoli e mezzo, la Sicilia e la parte continentale del Regno si ritrovarono sotto lo stesso sovrano, che fu chiamato "Re delle Sicilie". Nel 1446 si impadronì anche della Sardegna, diventando re della principale potenza occidentale nel Mediterraneo.
Il 17 giugno 1458 Alfonso moriva senza coronare il sogno di conquistare anche Genova,
dominata, per conto del re di Francia, da Giovanni d'Angiò figlio di Renato, che s'era fatto incoronare come legittimo re di Napoli.
La Repubblica di Genova aveva costituito il
nemico più prossimo e reale di Alfonso, che perciò si occupò molto poco
dell’espansionismo turco-saraceno. Il settantaduenne monarca, il giorno
prima di morire aveva dettato il suo testamento, nel quale ribadì che
lasciava Napoli a figlio naturale Ferdinando (o
Ferrante) mentre la
Sicilia sarebbe passata al fratello Giovanni.
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Sesquiducato in oro da un ducato e mezzo. Clicca sull'immagine per ingrandire |
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Sesquiducato in oro da un ducato e mezzo, variante. Clicca
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In tal modo Alfonso riconfermò l'esistenza
di due entità sovrane, prima riunite nella sua persona, ma rimaste pur
sempre istituzionalmente separate. Nel testamento raccomandava al figlio di
sostituire i funzionari spagnoli con napoletani, di alleggerire il popolo
dalla pressione fiscale e di cercare la pace con gli stati d'Italia.
Dopo la morte di Alfonso, papa Callisto III,
rimettendo sul tappeto la questione del vassallaggio al papato del regno di
Sicilia, rifiutò la convalida alla successione al trono di
Ferrante.
[1] Nota biografica su Alfonso
d'Aragona
Inserto a cura di Francesco Di Rauso
Nacque nel 1394 e alla morte del padre Ferdinando nel 1416
ereditò l’Aragona, la Sardegna e la Sicilia. Quando nel 1442
conquistò Napoli divenne uno dei sovrani più potenti dell’epoca
grazie anche alle sue qualità guerriere. Fece il suo ingresso
trionfale nel Febbraio del 1443 insieme ad un fastoso corteo ed
elesse Napoli sua residenza ufficiale. Fu incoronato sovrano dal
papa Eugenio IV e donò allo stato pontificio i domini di
Benevento e Terracina, fece legittimare dal pontefice il figlio
naturale Ferrante e fece giurare fedeltà a quest’ultimo dai
baroni che in realtà mal sopportavano l’energico sovrano il
quale aveva attribuito le più importanti cariche dello stato
agli aragonesi. Con l’arrivo di Alfonso e il periodo pacifico
che caratterizzò il suo regno ci fu una notevole ripresa
economica. Questo periodo fu caratterizzato da una forte ripresa
anche nei campi artistici e letterari, il sovrano, amante
dell’arte e della letteratura ospitò a Napoli numerosi artisti
guadagnandosi l’appellativo di “magnanimo”. Alfonso I morì nel
Giugno del 1458 lasciando il regno di Napoli a suo figlio
Ferrante, quello di Sicilia a suo fratello Giovanni.
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Bibliografia -
Giovanni Di Meglio, Storie e Leggende del Castello Aragonese, Valentino Editore
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Vittorio Gleijeses,
La Storia di Napoli, Società Editrice Napoletana, 1977
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