Numismatica

Reimpresse Napoletane:

due monete in una

a cura di Francesco Di Rauso

fig. 1 Grano in rame del 1622, regnante Filippo IV di Spagna

 

Il Regno di Napoli, come molti sapranno, è stato il reame più conteso nella storia d’Italia. La sua posizione strategica nel centro del Mediterraneo è stata per diversi secoli nel mirino dei più grandi sovrani europei.

Dopo la caduta di un re o con la restaurazione del sovrano spodestato precedentemente, si procedeva al ritiro delle monete coniate dagli “usurpatori”. Cosa fare dunque, di migliaia e migliaia di monete in argento, rame e oro che restavano in circolazione? Semplice, mentre per quelle in oro non c’era altra alternativa che la fusione, per quelle in argento e in rame veniva reimpressa su di esse una nuova immagine.

Ferdinando IV di Borbone, rifugiatosi per ben due volte in Sicilia, nel 1799 con l’avvento della Repubblica Napoletana e nel 1806 con la discesa in Italia di Giuseppe Napoleone, ordinò al suo ritorno (1815), il ritiro dalla circolazione di quasi tutte le piastre battute precedentemente dagli “usurpatori” e così per evitare di farle fondere e far rifare un nuovo tondello d’argento, si pensò di apporre su di esse una nuova immagine.

Resta di fatto che la storia non si può cancellare e così ogni tanto fa capolino sotto il busto dei sovrani borbonici, la folta capigliatura di Gioacchino Murat, le sirene marine di Giuseppe Napoleone o le foglie di alloro repubblicane.

C’è da dire però, che anche Gioacchino Murat, fece ritirare dalla circolazione alcuni 120 Grana d’argento di Ferdinando IV, facendo reimprimere su di esse il celeberrimo e introvabile 12 Carlini 1810 - con testa a destra. Anche per quanto riguarda il rame furono ritirate alcune monete da 6 Tornesi, Publiche (3 Tornesi) e 9 Cavalli, furono reimpresse su di esse rispettivamente monete da 10 Centesimi, 5 Centesimi e 3 Centesimi, riportanti il millesimo 1813. Fortunatamente per i Borbone il popolo non apprezzò assolutamente una simile riforma monetaria del rame, per cui gli sfortunati centesimi del 1813, oggi di grande rarità, furono ritirati dalla circolazione.

Ritornando indietro nel tempo di circa due secoli possiamo trovare anche monete in rame, coniate sempre a Napoli, durante il periodo vicereale di Filippo IV di Spagna, dove al di sotto di esse è facile intravedere l’impronta di monete in rame coniate sotto il periodo vicereale del nonno di quest’ultimo, Filippo II.

Molti collezionisti oggi, comprano monete reimpresse anche come doppioni, solo per il gusto e la curiosità di osservare chi c’è sotto l’effige di uno dei Borbone.

Se ad esempio, in collezione si ha una piastra del 1818 “reimpressa” (sigla “R” al dritto), dove al di sotto di essa fa capolino Gioacchino Murat, perché non comprarne un’altra dove al di sotto di essa c’è Giuseppe Napoleone? Potrebbe essere un modo nuovo di collezionare questo, del tutto rivoluzionario, poiché sono varianti interessantissime.

Ma descriviamo ora la procedura tecnica utilizzata per ribattere: si posizionava la moneta in un’apposita pressa, adeguatamente riscaldata per rendere l’argento più malleabile, e facendo leva su di essa con forza, si andava a coprire il vecchio conio con il nuovo. Ma ahimé, non sempre la procedura riusciva perfettamente, perché il coniatore non aveva fatto leva con la forza necessaria, oppureperché la pressa non era riscaldata sufficientemente, tanto che le monete ne uscivano nella quasi totalità dell’emissione difettose. Il 95% delle monete reimpresse che oggi collezioniamo infatti, presentano la superficie rugosa e screpolata, inoltre non mancano su di esse schiacciature di conio, debolezze, lesioni e mancanze di metallo.

fig. 1 Grano in rame del 1622, regnante Filippo IV di Spagna

La fig. 1 qui riportata ci mostra un Grano in rame da 2 Tornesi del 1622 coniato durante il periodo vicereale di Filippo IV di Spagna e ribattuta a martello su un Tornese in rame di Filippo II, è chiaro che la moneta venne spacciata nel 1622 per 2 Tornesi anziché 1, come lo era 50 anni prima. La leggenda al dritto ci mostra una parte della leggenda del rovescio del tornese di Filippo II, “PUBLICE COMMODITATI”, mentre al rovescio, (dove è posizionata la croce potenziata), è ben leggibile la dicitura “PHILIPP.D.G.”, inoltre c’è da dire che il peso ufficiale di un Grano nell’anno 1622 doveva essere di grammi 7,61, mentre l’esemplare “truffaldino” pesa grammi 6,9.

fig. 2 Piastra da 120 Grana d’argento “ribattuta” nel 1817, regnante Ferdinando I. Clicca sull'immagine per ingrandire

 

fig. 3 Piastra da 120 Grana d’argento “ribattuta” nel 1818, regnante Ferdinando I. Clicca sull'immagine per ingrandire

 

La fig. 2, riporta una Piastra da 120 Grana d’argento “ribattuta” nel 1817: al di sotto del taglio del collo di Ferdinando I è evidente la capigliatura di Giuseppe Napoleone. La fig. 3, riporta una Piastra “ribattuta” nel 1818: davanti al profilo di Ferdinando I è situato il profilo (fronte, naso, bocca, e mento) di Gioacchino Murat.

fig. 4 Piastre da 120 Grana d’argento “ribattute” nel 1818, regnante Ferdinando I. Clicca sull'immagine per ingrandire

 

fig. 5 Piastra da 120 Grana d’argento “ribattuta” nel 1832, regnante Ferdinando II. Clicca sull'immagine per ingrandire

La fig. 4 riporta una Piastra “ribattuta”, anch’essa nel 1818: sul taglio del collo del sovrano è evidente la sagoma di una delle due sirene marine del rovescio delle Piastre di Giuseppe Napoleone. La fig. 5 riporta infine una Piastra “ribattuta” nel 1832: affianco al lobo dell’orecchio di Ferdinando II si leggono chiaramente alcune lettere della dicitura “CARLINI DODICI” del rovescio delle Piastre repubblicane.


Articolo pubblicato nel Maggio 2001


Pubblicazione on-line del Maggio 2008

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