Le pagine della cultura

L’Icona di Nostra Signora di Damasco

Greek Catholic Churc “Our Lady of Damascus”

Intervista a Papas Vito Borgia

Malta, Valletta martedì 28 luglio 2009

di Pina Catino ©

La sua storia si estende dall’XI secolo al presente, da Damasco, attraverso Rodi, all’isola di Malta.

L’Icona di Nostra Signora di Damasco

Si intreccia nelle vicende del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta. Fu, infatti, questo Ordine che portò l’icona a Malta, quando, sopraffatto dai Turchi, dovette evacuare Rodi nel 1523. Quest’ordine religioso fu fondato intorno al 1070, con lo scopo espresso nel motto: “Tuitio fidei et obsequium pauperum” (Difesa della Fede e sollecitudine per i bisognosi). I suoi membri, detti “I Cavalieri di Malta” provengono dall’aristocrazia europea, ma tendono all’aristocrazia dello spirito. Hanno cura dei pellegrini, dei poveri e degli infermi, come sottolinea Papas Vito, i Cavalieri di Malta, identificano con Gesù stesso, il Gesù di Nazareth, le cui parole: “Tutto quello che avete fatto ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me” (Matteo 25:40), costituiscono l’essenza e l’ornamento della loro attività: essi sono i Buon Samaritani che scendono da cavallo alla vista dell’uomo piagato nel corpo e nello spirito.

Valletta, Co-Cattedrale di San Giovanni, la Madonna di Carafa

Per difendere la fede Cristiana dall’invadenza dell’Islam, diventarono una minuscola, ma intraprendente potenza militare e marinara: monaci-soldati, ma più monaci dediti alla preghiera, che soldati rivestiti di scomode corazze dentro disagiate fortezze.

Essi, continua Papas Borgia, non si ritirarono nella quiete eremitica, non occuparono le cattedre della speculazione teologica, e non abbracciarono l’Ora et Labora dei monasteri, ma cercarono l’Assoluto nel terreno della sofferenza e del conflitto. Il Superiore dell’Ordine, il “Gran Maestro”, eletto a vita, risiedeva nel “Palazzo Magistrale”, mentre gli altri membri occupavano gli “Auberges” che prendevano il nome dalle Langues (paesi d’origine): di Provenza, d’Italia, di Castiglia, d’Aragona, di Bavaria, d’Inghilterra e di Francia.

Il primo Gran Maestro, Raymond de Puy

Dopo la presa di Gerusalemme (1187) da parte di Saladino I, e la caduta di S. Giovanni d’Acri (1291), nel 1293 si stabilirono a Cipro, nel 1306 a Rodi, e nel 1530 a Malta. Lasciarono Malta nel 1798, quando Napoleone Bonaparte, navigando verso l’Egitto, invece di costeggiare l’isola e proseguire, la occupò nei nomi di Liberté, Egalité, Fraternité, parole sacrosante che infiammano la nostra immaginazione, principi necessari come l’aria: in realtà all’insegna di questi esaltanti nomi, campi, già verdi, biancheggiarono di ossa umane.

Pina Catino con Papas Vito Borgia

Papas Vito Borgia, donde deriva alla vostra Icona l’appellativo di “Madonna di Damasco”?

Alcuni Cavalieri, quando la videro a Rodi, non dubitarono che fosse la stessa che avevano venerata a Damasco, in Siria: per cui, la denominazione rispecchia il luogo d’origine.

A Damasco, donde profluì il maestoso fiume dell’Apostolato di San Paolo, nacque San Giovanni, chiamato, appunto, “Damasceno”, il noto teologo che vigorosamente difese la pratica della venerazione delle icone contro la rovente opposizione degl’iconoclasti, che la denunciavano come idolatria. “Come può la materia inerte, senza vita”, dicevano “rappresentare una realtà trascendentale, misteriosa?”. Naturalmente, essi dimenticavano che Cristo, “L’immagine di Dio invisibile” (Colos. I:15), nascose la Sua Gloria sotto i tratti di un uomo (Fil. 2:7), diventando uno di noi, pienamente umano e pienamente divino, nell’unità di una persona: mistero che attinge la sua ragione da un “eccesso di amore senza misura” (Giov. 3:16.)

 

Valletta, il Palazzo del Gran Maestro

Chi ha dipinto l’Icona della Madonna di Damasco?

La voce della tradizione e le pagine della storia tacciono il nome dell’autore, quando e dove sia nato. Tuttavia, noi ci sentiamo propensi di riverirlo come un uomo radicato nella preghiera, illuminato nella Parola, immerso nella vita liturgica della Chiesa. Tutta questa ricchezza interiore egli l’ha trasfusa nell’Icona, che splende di ultraterrena bellezza, ed invita ad un’umile contemplazione.”Chi vuol dipingere Cristo, deve vivere in Lui” diceva il Beato Angelico (1387-1445), seguendo la scia dell’iconografo bizantino.

Quando è stata dipinta?

L’anonimato dell’artista rende difficile datarla con precisione, ma il giudizio di vari studiosi suggerisce una considerevole antichità, un’antichità, nella quale la raffinatezza dell’arte bizantina, pervasa dalla Rivelazione e dalla Resurrezione, ci eleva dal mondo transitorio al soffio dell’Eterno.

 

Gran Maestro Alof de Wignacourt(1601-1622) e la sua armatura

Sintesi del libro di Papas Vito Borgia

“L’Icona di Nostra Signora di Damasco”

a cura di Pina Catino

La città di Damasco e la leggenda dell’Icona

Al margine del deserto siriano, ad est dell’Antilibano sorge Damasco. Grazie ad una sapiente irrigazione del fiume Barada, Damasco diventò una vasta ed incantevole oasi di palmeti, di frutteti, di fontane. Gestendo un attivo e prospero commercio con la Mesopotamia, L’Arabia, la Babilonide, l’Egitto ed il Mediterraneo, divenne un centro opulentissimo.

Mentre Damasco si crogiolava nella spensieratezza, negli affari, nei vizi, le orde di Tamerlano (1336-1405) piombarono sulle fertili pianure della Siria, con la rapidità e l’impeto di un’uragano. Damasco, “la Perla dell’Oriente”, vide scene orripilanti di saccheggio, violenza e di profanazione, perfino i bimbi lattanti strappati dalle madri e rovesciati dalla culla… Gli abitanti più fortunati cercarono scampo nella fuga, vite spente, rondini senza nido, come gli Albanesi fuggiaschi del Kosovo (1999).

Spesso le loro livide e riarse labbra mormoravano quella giaculatoria tanto cara a Dostoievski: “In Te ripongo la mia speranza: o Madre di Dio, custodiscimi sotto il tuo manto”.

Ignoriamo la loro sorte, ma seguiamo quella dell’Icona, col supporto della storia, della tradizione e della leggenda.

 

Co-Cattedrale di San Giovanni, navata sinistra, monumento del Gran Maestro Gregorio Carafa

 

Arazzo della Co-Cattedrale di San Giovanni

La leggendaci rivela che la Sacra Immagine si mise in viaggio da sola sui flutti del mare, preceduta da una luce di insolito splendore, indisturbata dai marosi e dalle bufere. Stupefatti alla vista di questo straordinario fenomeno, alcuni pescatori abbandonarono le reti e, incuriositi, la seguirono all’approdo ad una spiaggia dell’isola di Rodi”.

Appena la vide il Gran Maestro Giovanni Battista degli Orsini (1462-1476) ebbe l’impressione di sentire una voce famigliare e la riconobbe come la Madonna di Damasco.

Pieni di gioia i Cavalieri la portarono nella loro Chiesa Conventuale. Ma un bel giorno, scomparve. Dopo una premurosa ricerca, la ritrovarono dentro la Cappella Greca della Madonna dell’Eleimonitria, di fronte al quartiere della “Langue” d’Inghilterra. Leggendo in questo evento, la volontà del cielo, i Cavalieri trasformarono la semplice cappella in una chiesa.

Queste leggende non sono uniche: esse fanno pensare ad analoghe traslazioni miracolose, come per es.: della Madonna di Montenero dall’isola Eubea nel santuario omonimo, presso Livorno, nel 1345; della Vergine di Tikhvine da Costantinopoli alle rive del fiume tikhvinka, presso Novgorod, nel 1395, e della Madonna del Buon Consiglio da Scutari d’Albania all’amena cittadina di Genazzano, a 75 km a sud di Roma, nel 1462.

Le leggende, sostiene Papas Borgia, comuni nello scenario medioevale, sono aliene alla sensibilità e mentalità dell’uomo moderno, figlio dell’illuminismo, cioè del dubbio e dell’incredulità, ma il fedele, che sente la presenza di Dio come il calore del sole e la fragranza dei fiori, vi scorge un riposto significato.

Valletta, il Palazzo del Gran Maestro

L’Icona a Rodi

Rodi, la nuova dimora della leggendaria Icona, è un’isola dove i Cavalieri vi hanno apportato le attrazioni di pregevoli opere architettoniche: natura ed arte raramente hanno concentrato tante meraviglie in un territorio così piccolo.

“Bella come il sole” la definì Luciano di Samosata (Siria), scrittore greco del II sec. d.C. Venerata, dapprima nella chiesa dell’Eleimonitria, l’Icona, ebbe la propria chiesa nel quartiere della Langue d’Aragona, venerata dai Cavalieri e dal popolo di Rodi.

La sua posizione strategica e la presenza dell’Ordine, erano un pruno nell’occhio del sultano. Spinto dalla sua passione egemonica, Solimano I (1494-1566) allestì un’armata e mosse alla conquista di Rodi e all’annientamento dell’Ordine Gerosolimitano.

I Cavalieri capitolarono, ma non persero la dignità e l’onore militare. La lealtà ed il coraggio dei Cavalieri suscitarono l’ammirazione e benevolenza di Solimano I che permise loro di imbarcare, lasciando l’isola, archivi, reliquie, e fra i tesori del carico, figurarono le tre icone della Madonna del Fileremo, dell’Eleimonitria e della Madonna di Damasco.

L’icona, nonostante le grandi dimensioni, fu portata a bordo della caracca “Santa Maria” dicono gli atti. La caracca era un bastimento di alto bordo, da carico e da guerra, munito di castello a poppa e a prora.

I Cavalieri, soverchiati ma non debellati, salparono da Rodi il 1° gennaio 1523. Per sfuggire al giogo turco, 4000 Rodioti, lasciarono con l’Ordine l’isola.

Con l’icona - astro nelle tenebre - i Cavalieri peregrinarono per sette anni da porto a porto, da città a città: Candia (Creta), Messina, Baia, Civitavecchia, Viterbo, Villafranca, Nizza… fino a quando Carlo V (1501-1558), offrì loro, come sede definitiva, l’isola di Malta. Malta faceva parte della Corona della Sicilia, amministrata da un viceré spagnuolo.

Valletta, Sala presidenziale del Palazzo del Gran Maestro

L’Icona a Malta

Dopo sette anni di peregrinazioni, i Cavalieri il 26 ottobre del 1530 approdarono finalmente a Malta. Le prime impressioni del nuovo territorio furono deludenti alla vista di una terra brulla, povera d’acqua e di vegetazione. Nella loro memoria persistevano le visioni di Rodi, bella come il sole.

A Malta, benché la natura non abbia fatto sfoggio di prodigalità, racconta Papas Vito Borgia, tuttavia, ha configurato un porto meraviglioso, quasi sceso dal regno delle fate. E che dire delle molte baie, nelle cui acque, serene e cristalline, è una gioia immergersi in piena distensione?

L’Ordine si insediò a Borgo di Castello, sulla riva orientale del Porto Grande, a sinistra di chi entra dal mare aperto. Oggi, questa cittadina è chiamata Vittoriosa, per essere stata campo di eroismi nella tenace resistenza all’assedio dei Turchi nel 1565. In una cappella della chiesa di Santa Caterina, il Gran Maestro Filippo Villiers de l’Isle Adam (1522-1534), con sollievo e devozione, diede santa dimora all’Icona della Madonna di Damasco.

Tra il 1963 e il 1966, l’Icona fu sottoposta - auspice il Governo italiano – ad un meticoloso restauro nell’Istituto Centrale del Restauro di Roma del Ministero della Pubblica Istruzione. Ora è venerata nella piccola chiesa Greco-Cattolica in Archibishop street, 132°, Valletta.

Jean Parisot de La Valette e la Madonna di Damasco

Gran Maestro Jean Parisot de La Valette

L’icona della Madonna, scampata dall’invasione dei Mongoli a Damasco e dagli assedi Turchi a Rodi, illesa dalle insidie di mare e di terra, nel vasto scenario di secoli, trovando il suo definitivo santuario a Malta, fu protagonista dell’assedio e nella vita di Jean Parisot de La Valette, 49° Gran Maestro (1557 - 1568) che splende di una sua luce propria tra le figure dell’Ordine.

 

 

34° Gran Maestro Pietro D'Aubussone

 

43° Gran Maestro Philippe Villers Lisleadamo

 

44° Gran MaestroPierino Del Ponte

clicca sulle immagini per ingrandire

 

 

46° Gran Maestro Giovanni D'Omedes

 

47° Gran Maestro Claudio Della Sengle

 

48° Gran Maestro Giovanni Valletta

Jean Parisot de La Valette

Nacque in Provenza, nel Castello di Labro, presso Parisot nel 1495. Sedotto dalla bellezza di una vita sgombra dalle vanità e le ambizioni umane, a vent’anni, lasciò e non rivide mai più, il famoso castello, i parenti, e le vaste tenute, per possedere quella perla di infinito valore, di cui parla il Vangelo (Matteo 13:46): decisione incomprensibile alla ragione umana, sublime follia per gli indaffarati di questa terra, sciupìo di tempo per il bel mondo (Papas Borgia).

Il cronista francese, Pierre de Bourdeille, Signore di Brantôme, che venne a Malta subito dopo l’assedio, lo descrive con queste parole: Era un bell’uomo, alto, calmo, non emotivo, parlava molte lingue senza alcun interprete…

Raccolse dal suo predecessore, Claude de la Sengle, lo scettro del comando con l’impegno di consolidare l’Ordine e di difendere la Cristianità dalla minaccia dell’Islam.

Benché le sue aspirazioni fossero trascendentali, (Papas Borgia: rivolte ai problemi dell’anima e dell’oltre-tomba-secondo i migliori lumi e contingenze del secolo), Jean Parisotte de La Valette indossò con agio tanto l’armatura del soldato quanto l’abito del religioso: devoto nel tempio tra l’incenso e la salmodia, prode in guerra tra la polvere ed il fragore, visse l’ideale tra cielo e terra, servitore dell’uno e dell’altra.

Con termini greci fu chiamato Demoprovolos e Etheropolmios (Difensore del suo popolo e sterminatore dei nemici). Egli si rivelò un grande condottiero, con il necessario fuoco nelle vene, con un coraggio grande quanto la sua fede, né impigrito nè incurvato dagli anni. Ils ne marchéront s’ils n’ont un chef de guerre (Non marceranno senza un condottiero), diceva S. Giovanna d’Arco (1412 - 1432), eroina che incarna la Fede e l’amore per la Patria. Pierre de Bourdeille l’ha incluso nelle “Vite degli Uomini Illustri e Grandi Capitani Francesi”. Il suo nome è legato al grande assedio, di cui fu l’eroe, e alla capitale dell’isola di Malta, Valletta, di cui fu il fondatore [1].

L’attacco a Malta e il significato dell’assedio

Il primo attacco a Birgu

Il temuto attacco a Malta divenne una realtà, quando il 18 maggio la flotta ottomana apparve nelle acque dell’isola.

In una funzione religiosa nella Chiesa Conventuale di S. Lorenzo, I Cavalieri, si comunicarono, rinnovarono i voti, e scambiarono il bacio di pace, perdonando, l’un l’altro, le offese. Poi presero i posti assegnati per difendere la Croce fino alla morte: (Papas Borgia) esempio ammirevole di coerenza al cristiano di oggi, in cui, sfortunatamente, sono germogliati i semi di un pacifismo insensato e di una tolleranza senza reciprocità.: I Cavalieri attivarono tutte le loro risorse morali e materiali per fronteggiare questo Golia della guerra.

Non si trattava di pirati, che a quel tempo molestavano il Mediterraneo, le coste dell’Italia, della Francia e della Spagna, ma di un esercito perfettamente equipaggiato ed addestrato: un esercito che travolse la Persia e l’Egitto, sbriciolò le mura di Costantinopoli, e sbaragliò i Balcani, nonostante l’eroismo dei Serbi e degli Albanesi.

L’attacco a Malta, benché incoronato inizialmente dal successo della caduta della fortezza di Sant'Elmo, in cui persero la vita il fiore dei giovani Cavalieri, e benché le altre fortezze vacillassero come un dente pronto a cadere, alla fine, s’infranse sugli scogli di questa roccaforte di valori immortali.

Dopo tre mesi e venti giorni di accanito combattimento, l’8 settembre 1565, Pialì, ammiraglio della flotta, e Mustafà, comandante dell’esercito, diedero ordine di correre alle galere, esacerbati per il crollo della spedizione: spedizione di uomini che partirono da Costantinopoli con l’euforia di chi prevede una vittoria facile e rapida. Malta, invece si rivelò un frutto acerbo, in un giardino buio e scivoloso (Papas Borgia).

Un accesso di gotta impedì a Solimano di condurre lui stesso l’assedio: vittorioso di mille battaglie e fondatore di un impero, ma vittima di dieci molecole d’acido urico! (Papas Borgia).

L'arrivo dei rinforzi agli Ospitalieri assediati, Biblioteca Nazionale, La Valletta.

La Valette, uomo di fede, religiosissimo, era convinto della futilità dello sforzo umano senza Dio, mentre l’avversario, avvilito, remava verso Costantinopoli, La Valette, scortato dai Cavalieri, e da una folla di Greci e di Maltesi, si dirigeva verso la cappella della Madonna di Damasco.

Papas Borgia: “Trim mbi trima” (il più coraggioso dei coraggiosi) come dicono gli Albanesi – con passo di legittima fierezza, ma non tronfio come un generale francese di Saint-Cyr, o come un capitano degli Highlanders scozzesi, accedette all’altare della Theotokos, e lasciò cadere sui gradini, come offerta votiva, il cappello e la spada, mentre i Rodioti proruppero nell’antico inno bizantino dell’ Akathistos: “ti ipermaho stratigo... A te, propugnatrice guida...“.

Il Gran Maestro Emmanuele de Rohan – Polduc affidò ad una lapide di marmo il perpetuo ricordo di questo evento.

 

Arazzi della Sala presidenziale

Il significato dell’assedio

La resistenza di Malta a Solimano, segnò un avvenimento straordinario: sfatò il mito della supremazia turca e chiuse la porta d’accesso al cuore dell’Europa.

La Riforma intensificò l’insularità degli Stati, frantumando la struttura monolitica del Cattolicesimo, quando il tedesco Alberto Magno, e Tommaso d’Aquino, italiano, erano una gloria dell’Università di Parigi, mentre Erasmo di Rotterdam in Olanda, Lefévre d’Etaple in Francia, e Tommaso Moro in Inghilterra scrivevano nella stessa lingua, il Latino. Perfino due arcivescovi italiani potevano occupare la sede di Canterbury.

L’invasione Islamica avrebbe travolto alberi e cespugli, rami verdi e rami secchi, Cattolici e Protestanti, ossia la Civiltà Europea. Non più pellegrinaggi a Roma, a Gerusalemme, o a Santiago di Compostela, ma alla “Pietra Nera” della Mecca.

La notizia del “Grande Assedio” si sparse in tutte le direzioni. Il Papa ordinò che fosse fatta una processione di ringraziamento da S. Maria Maggiore a S. Giovanni in Laterano, e che i cannoni di Sant’Angelo sparassero a salve nell’occasione della sua incoronazione. I Romani, notoriamente festaioli, parteciparono al giubilo generale, anche se molti di loro ignorassero chi fosse la Valette e dove fosse Malta (Papas Borgia).

La regina Elisabetta d’Inghilterra si associò alla Chiesa Cattolica nel prescrivere funzioni di ringraziamento nelle chiese del suo regno. L’imperatrice Maria, regina d’Ungheria e di Boemia, scrisse una lettera di congratulazione all’eroico Gran Maestro, ed il cattolicissimo Filippo II di Spagna, gli inviò una spada ed una daga risplendenti di perle d’oro, che si trovano, ora nel Palazzo del Louvre, a Parigi. Certamente, La Valette avrebbe preferito il soccorso militare durante l’assedio al ricco dono dopo l’assedio.

Perfino, quasi due secoli più tardi, Voltaire (1604-1778) scriveva, ironicamente, rien n’est plus connu que le siege de Malte (niente è meglio conosciuto dell’assedio di Malta), ed il filosofo ed economista inglese, John Stuart Mill (1806-1875), riporta nella sua biografia che “l’eroica difesa dei Cavalieri di Malta contro i Turchi suscitava in me un interesse intenso e durevole”.

L'assalto finale contro Forte Sant'Elmo di Matteo Perez d'Aleccio, Palazzo Presidenziale Valletta

La storia del “Grande Assedio” ispirò, poeti, scrittori e artisti. Giorgio Klontzas, cretese, (1540-1608) e Matteo Perez D’Aleccio (1547-1600), che avevano assistito Michelangelo negli affreschi della Cappella Sistina, ne dipinsero le fasi salienti. Due poemi epici ne hanno fatto il soggetto, uno in Greco di venti canti del cretese Antonio Achelis, stampato a Venezia nel 1572, e l’altro in Spagnolo, La Marea, di 344 pagine, di Hippolito Sans, stampato a Valencia nel 1582.

La caduta di Forte Sant'Elmo di Matteo Perez D'Aleccio, Biblioteca Nazionale La Valletta

Sir Walter Scott (1771-1832), visitando Malta, raccolse materiale per un romanzo, e Frederck Schiller (1758-1805) sfruttò l’argomento per un dramma, Die Malteser. “Sorella morte”, imparziale tanto verso chi deve fare i conti sulla punta delle dita quanto verso chi conosce il calcolo infinitesimale, sorprese i due illustri scrittori, che lasciarono le loro opere incompiute, con le frasi penzoloni, bloccate a metà guado, (Papas Borgia).

 

Palazzo del Gran Maestro, l'Armeria

Alcuni recenti eventi nella Storia dell’Icona di nostra signora di Damasco

1931 25 ottobre: Incoronata alla floriana, Malta, in occasione del XV centenario del concilio di Efeso (431)

1962 settembre: inclusa nella serie dei francobolli commemorativi del “Grande Assedio”.

1970 2 aprile – 1 luglio: esposta, in posto preminente, nella XIII Mostra d’Arte del Consiglio d’Europa, in Valletta.

1972 4 dicembre: emessa come francobollo natalizio dal Sovrano Militare Ordine di Malta, Roma.(Il Tempo, 3 dicembre 1972).

1980 Auspice il Patriarca Massimo V, le viene dedicata una chiesa a Kossur, Damasco. La copia (cm 100 x 65) dell’originale (cm 147,5 x 102,5) è opera di suor Etienne del Carmelo di Latkie, Siria.

1987 Celebrazione del IV centenario della traslazione da Vittoriosa a Valletta.

1989 15-31 ottobre: esposta nella mostra “The Order’s Heritage in Malta”, in occasione dell’Assemblea Generale dell’Ordine, nel Museo della Cattedrale, Mdina.

1989 Una medaglia viene coniata per volontà del Gran Maestro Fra’ Andrew Bertie. Sul diritto figura l’iscrizione “Ave Virgo Damascena Omnes Christi Fideles Aduna; nel rovescio in Greco e Latino: “Siamo tutti una cosa sola, ινα παντες εν ωσιν, ut omnes unum sint”.

Il Beato Gerardo, fondatore degli Ospitalieri


Bibliografia

  • Beaufays, La Sainte Vierge Marie a’ Rhode, Malines, 1911.

  • Chetta- Schirò, Memoire su le Chiese di Rito Greco in Malta, Valletta, 1930.

  • D. Cutajar, Icon of the Damascene Madonna, The Times of Malta, 22 May 1978.

  • G. Gumppenberg, Atlas Marianus sive Imaginibus Deiparae per Orben Christianum Miraculosis, Monachii, 1657.

  • G. Porsellas Flores, L’Icona di Nostra Signora di Damasco e la Chiesa di Rito Greco alla Valletta, Il Delfino, nr 92, Torino, 1987.

  • Z. N. Tsirpanlis, “Da Rodi a Malta (1523-1530). I profughi Rodioti e le Icone Bizantine di Nostra Signora di Damasco e dell’Eleimonitria”. Dodoni, vol 17, Università di Ioannina, 1988.


 

Suora ospitaliera con pellegrine

 

Suora ospitaliera Ubaldesca sec. XIII

Nota

[1] La Valette, annunciò il progetto di costruire una nuova città sul desolato sito del Monte Sciberras. Per questo, chiese alle diverse monarchie europee un contributo materiale, a testimonianza della loro riconoscenza per il successo dell’Ordine. E l’appello venne raccolto. La maggior parte delle monarchie cristiane inviarono a Malta fondi e materiali. L’imperatore Massimiliano II fece dono di 300 scudi d’oro. Papa Pio V spedì uno dei suoi architetti, Francesco Laparelli, perché partecipasse alla realizzazione dei progetti, ma fece anche dono di 5000 scudi d’oro. Filippo II di Spagna si spinse fino ad offrire 20.000 scudi, il re del Portogallo, Don Sebastian, donò 30.000 cruzadi, mentre numerosi ducati italiani inviarono munizioni.

Nel 1566, Francesco Laparelli da Cortona fu incaricato di costruire la nuova città, una pianta a scacchiera. La Valette non visse abbastanza per vedere compiuto il progetto. Fu il successore, l’italiano Pietro del Monte, a supervisionare le prime fasi della sua realizzazione… oggi è nelle mani dell’architetto italiano Renzo Piano, il nuovo progetto di ristrutturazione de la Valletta.

 

Valletta, Chiesa Conventuale degli Ospitalieri di San Giovanni - Altare donato dal Gran Maestro Gregorio Carafa

 

Il Gran Maestro Gregorio Carafa

 

Palazzo del Gran Maestro, particolari

 

Pina Catino, 2009 ©

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