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La Torre Templare di Ruvo di Puglia

Scoperto insediamento templare a Ruvo di Puglia

a cura di Pina Catino

 

Comitato d’onore: dott. Antonio Fenicia, dott. Andrea Traversa

Idea e progetto di Pina Catino, artista-fotoreporter, per la Tutela, Salvaguardia, Conservazione, promozione Ambiente e Territorio. 

Comitato scientifico: arch. Antonio Carissimo, ing. Giuseppe Dammacco.

Si ringrazia il dott. Antonio Fenicia e il dott. Andrea Traversa, per aver autorizzato la sottoscritta a fotografare i luoghi e darne diffusione per motivi di studio. Rivolgo agli stessi un encomio particolare per lo stato di conservazione ottimo della Torre, dovuto alla cura e all’amore per il patrimonio ambientale e architettonico, che ha bisogno di essere salvaguardato e custodito.

Le ricerche rientreranno nella mostra fotografica di Pina Catino: “Architettura sacra dei Templari. I poveri cavalieri di Cristo”: la storia, i porti, le strade. In mostra a Malta dal 24 al 28 luglio 2009.

La città di Ruvo di Puglia è posta lungo la via Traiana, sul percorso obbligato per la Terra Santa. In un documento del 1292 si ricorda che, a Ruvo di Puglia, i Templari possedevano una domus ricca ed importante (cfr. Monaci in armi).

La Torre- bussola- osservatorio fa parte della masseria fortificata della nobile famiglia Fenicia di Ravello. La masseria fortificata potrebbe essere la domus ricca di cui si parla nel documento?


La Torre- bussola- osservatorio, sec.XI-XII, della masseria fortificata dei Fenicia di Ravello.

La masseria fortificata dei Fenicia di Ravello (cfr. la famiglia Fenicia)

La Torre–bussola, perfetto osservatorio, sovrastante la Piana dei Templari, sede dei leggendari monaci-guerrieri (cfr. Monaci in armi), ancora, dopo mille secoli, permea di sacralità tutto il territorio. Oltre alla sua importante funzione di avvistamento e salvaguardia, serviva per studi astronomici.

Eretta in un punto strategico, apparentemente isolato, ai piedi dell’altopiano delle Murge, contrada Gigliano di Ruvo di Puglia, fa parte della masseria fortificata dei Fenicia di Ravello.

La Torre controllava tutta la costa dal Golfo di Manfredonia (le case daunie per i templari erano vitali centri di produzione di derrate cerealicole, le precettorie dei centri adriatici pugliesi diverranno gangli amministrativi in grado di assicurare gli imbarchi per la Terra Santa e la spedizione di tutto ciò che poteva occorrere al sostentamento dei fratelli d’Outremer), ed una parte di territorio della Terra di Bari, ossia i porti che costituivano il naturale punto d’imbarco per le rotte commerciali e per il passaggio dei pellegrini in Terra Santa: Barletta, sede della più importante magione templare del Sud-Italia, ubicata nei pressi della foce dell’Ofanto, per la sua posizione geografica, era stata eletta sede della Casa-madre del Mezzogiorno del Tempio e corrispondeva all’importante provincia d’Apulia-Sicilia (Monografia Ofanto - Contributo, P. Lopane, "La presenza templare nella Valle dell'Ofanto", pag 77) [1]; Trani, era una delle prime Case rosso-crociate della Puglia, qui i templari si erano insediati prima del 1143 [2]; i porti di Bisceglie, Giovinazzo, Molfetta e le città dell’entroterra dei viandanti del sacro, Corato, Ruvo di Puglia e Terlizzi-Sovereto.

Il Mistero della Torre

All’interno della Torre, si nota immediatamente, con grande stupore, una particolarissima e armoniosa scala a chiocciola in pietra (XI-XII sec.), che dall’ingresso del piano terra porta in cima al tetto, passando dal primo piano. Essa ha il montante centrale (o piantone) formato da gradini sovrapposti e intervallati da distanziatori che conferiscono una visione non chiusa della scala. I distanziatori servono per lasciare aperte e ventilate le alzate dei gradini costituiti da un monolite lapideo. Risulta essere questa tipologia, tra le più antiche in quanto anticipa la scala a chiocciola priva del montante centrale: è senz’altro una importante indicazione per individuare la data della costruzione e il primitivo utilizzo della Torre; queste infatti, avevano generalmente il primo piano raggiungibile con una scala a pioli facilmente retrattile dall’alto. (Arch. Antonio Carissimo).

L'interno della Torre

Altra straordinaria particolarità di questa scala è la sagoma dei gradini, veramente unici; in genere sono a forma di triangolo, in questo caso sono rettangolari e il giro di salita è antiorario. Nel vicinissimo e più conosciuto federiciano Castel del Monte troviamo ben otto scale a chiocciola [3]: i gradini però sono formati da conci in pietra sovrapposti con il montante centrale senza distanziatori.

La Torre ha feritoie prive di strombo, identiche a Castel del Monte, che servivano soltanto a far passare la luce e l’aria.

All’interno della torre vi è una cisterna interrata, profonda quanto è alta la Torre, dove, attraverso un pluviale interno, confluisce la naturale raccolta di acqua piovana dal lastricato solare.

Le dimensioni ed il posizionamento

L'ingresso della torre è posto nel lato Sud (vedi foto in testa).

Misure Torre

  • altezza 8 m (lato scala, 7 m)

  • larghezza: lato Sud 9 m; lato Nord 10 m; lato Ovest 5,85 m; lato Est 6,20 m

Misure Scala a chiocciola

  • 24 gradini, 2 rampe da 12

  • diametro interno scala 2 m

  • altezza scala 7 m

Orientamento

  • perfettamente a Nord, si staglia il Duomo di Molfetta

  • perfettamente a Est, si staglia Terlizzi, Torre dell'Orologio (Castello dei Ranieri di Monaco), sulla stessa direttrice il Santuario Madonna di Sovereto, sede Templare

  • a W-Sud-W, Castel Del Monte (Andria)

  • a Sud Ruvo Di Puglia

Gradini rettangolari

Gradino in unico blocco con il pilastro

Conclusioni

Le torri, che una volta erano capillari ed efficaci apparati difensivi e di avvistamento, oggi costituiscono complessi monumentali degni di attenzione sul piano del recupero come bene culturale e di studi particolari, che vanno da quello puro e semplice dell’architettura fortificata a quello dell’indagine storica, implicante motivazioni specifiche del loro inserimento in un dato contesto ambientale e del territorio, che allora dovettero guardare e difendere.

Particolari scala e spessore mura


Note

[1] L’Ordine aveva suddiviso amministrativamente la penisola italiana in due provincie: la Lombardia che abbracciava il centro nord; l’Apulia-Sicilia, comprendeva le regioni meridionali.

[2] “Historia translationis Sancti Nicolai Peregrini” di Amando, vescovo di Bisceglie

[3] Nella seconda metà del 1400, come raffinatezza tecnica, si introduce la scala a chiocciola priva di montante centrale, un esempio lo troviamo a Senigallia (An) ed a Rocca del Ravaldino (Forlì).

Camera per archibugio


Bibliografia

  • P. Lopane, I Templari. Storia e Leggenda, Besa ed., 2004

  • Ofanto, Progetto integrato per la salvaguardia e la valorizzazione ambientale della foce del Fiume Ofanto, fra i contributi (P. Lopane, P. Catino,... ), Coordinamento Editoriale di Antonio Ruggiero, BIC Puglia - Sprind, Comune di Barletta, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, aprile 2004.

  • B. Capone, Vestigia templari in Italia, Ed. I Templari, Roma, 1979.

  • Alan Demurger, Vita e morte dell’Ordine dei Templari,trad. it., Garzanti, Milano, 1992.

  • P. Partner, I Templari, trad. it., Einaudi, Torino, 1991.

  • R. De Vita (a cura di), Castelli, torri e opere fortificate di Puglia, Ed. Adda, 1974.


Accesso dalla scala al primo piano

Pagine correlate

Lato Sud

Feritoia

Libricino rilievi misure, Pina Catino


Pina Catino, luglio 2009

I Bozzetti

Arch. Antonio Carissimo

Torretta

 
 

Fenicia di Ravello

Della nobile famiglia Fenicia, casato patrizio di Ravello, troviamo le seguenti notizie in una pubblicazione di Matteo Camera, con la consulenza del dott. Antonio Fenicia.

a cura di Pina Catino

 

Le antiche memorie Ravellesi attestano che tra i più illustri giureconsulti che ebbero a trarre i natali in quella amena città vi fu tra gli altri il Regio Consigliere Carlo Fenice, e che nel 1453 un uomo d’arme, Agostino Fenice ebbe a servire in guerra Alfonso I d’Aragona, che con speciali diplomi lo nominò Signore di Mentana e Mazzicella in provincia di principato Citeriore. Questo Agostino Fenice è ricordato da una lapide nella Chiesa dei Frati Minori di Santa Maria la Nuova in Napoli.

Discendente di questo illustre cavaliere è un Pietro Giacomo, Capitano presso l’Imperatore Carlo V. Costui ebbe a sposare la nobile donna Lucrezia d’Afflitto. Altri componenti della famiglia furono i Prelati Don Giovanni e Don Fabiano, Don Simone, Don Leonardo, Don Matteo, Don Marco, che furono Canonici ed Arcidiaconi della Cattedrale di Ravello. Si ha anche memoria di un Sebastiano Fenice, benefattore, che lasciò il suo ricco patrimonio alla Real Casa per la Redenzione dei cattivi di Napoli.

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In quest’epoca componenti di questa famiglia contraggono parentele con altri cospicui casati, quali i Frezza, d’Afflitto, Cortese, Gattola,Pitti, Russo, Del Giudice, Staibano, De Signorellis, De Massimo, Campanile, De Lieto. Ricca di beni di fortuna e feconda di prole, questa stirpe, da Ravello, s’irradiò in Napoli, Gragnano, Cerreto, Ruvo di Puglia. Per quest’ultimo ramo possiamo dire che i Fenicia furono importati nella nostra terra nella persona del dott. Giulio Cesare, figliuolo di Don Luigi Antonio Fenice, che lasciò Napoli verso la fine del 1500. Mentre questo ramo  pugliese doveva prosperare, altrove, sia in Napoli che nel Salernitano, in Cerreto, nella stessa Ravello gli altri rami si estinsero.

Affresco casata Fenicia (1600), soffitto ingresso padronale di villa Catino

Molti sono i documenti che testimoniano i privilegi concessi ai componenti di questa famiglia nei primi del 1600 e in un atto della Diocesi del 2 luglio del 1612 si legge che Nicola Matteo Fenice dispone nel suo testamento che il suo corpo debba essere tumulato nella Cappella della sua casa, costruita nella maggiore Chiesa di Ruvo. Simili disposizioni testamentarie lasciano Gregorio Fenice, Giovanni Andrea, Giovanni Angelo; disposizioni che dimostrano l’alto grado di signorilità, cui questa famiglia era pervenuta. Ad importare il casato in Puglia fu dunque il dott. Giulio Cesare Fenice, che fu incaricato dal Governo, Vice Reale di Napoli dal conte De Olivares a regolare alcune questioni di tributi in Castellaneta (1500).

Masseria fortificata Fenicia

Nel 1600 dal Vice Re Conte di Lamos fu deputato a togliere taluni abusi in Terlizzi. Dopo quell’epoca ebbe ancora altri incarichi più onorifici e lusinghieri. Infatti lo troviamo Governatore in molte città della Lucania e della Puglia. Nel 1627 ritornerà in Puglia e questa volta con il grado di Governatore.

La Torre-bussola, ripresa dalla masseria fortificata Fenicia, a sud si staglia Castel del Monte, a Nord il Duomo di Molfetta

Nel 1627 egli contrae matrimonio con Giulia Ciana, da cui nacque un unico figlio, Carlo. Dalle nozze di quest’ultimo con Anna Bonadies, 1652, nacquero 5 figli di cui maschi,  Giulio Cesare che divenne Abate, Antonio Alessandro nato nel 1660 e che sposò nel 1707 donna Isabella Selitti. Nacquero cinque figli maschi, mentre Francesco Saverio, Domenico, Giulio Cesare abbracciavano la vita  ecclesiastica, il primo figlio Carlo , sposava la Marchesa Silvia Tupputi, e Salvatore, nato il 21 gennaio 1726, sposava donna Teodora Codignac. Da questo matrimonio nacquero tre figli di cui un solo maschio Michele, che nel 1791 sposerà donna Anna Maria Siciliani di Rende, che aveva sette figli di cui quattro maschi.

Il Commendatore Salvatore Fenicia, Gran Dignitario e Gran Croce dei Primari Ordini Cavallereschi, nell'età in cui terminò di scrivere i ventotto libri della sua "Politica"

Carlo morì fanciullo, Giovanni sposò Teresa d’Agostino di Giovinazzo, Antonio sposò Rosa Pancrazio di Mola, senza avere alcun figlio, Salvatore, studioso, si distinse per le cariche che gli vennero affidate dal re Ferdinando II, fu anche insignito di alte onorificenze dell’Ordine Costantiniano e nel 1858 ebbe il diploma quale cavaliere di devozione della croce di Malta e anni più tardi, di cavaliere dei santi Maurizio e Lazzaro; dalle nozze con Saveria Azzariti di Corato ebbe sette figli:  Teodora, Teresa, Gaetana, che sposò il nobile Giuseppe Quarto di Palo, Regina sposò don Olindo Incarnati e Anna il cav. Giuseppe Gadaleta, Michele, nato nel 1832.

Il nobile Michele Fenicia di Ruvo di Puglia

Egli nel 1859 sposò donna Anna Cappelluti di Molfetta (cugina di Popa Sciannamea, nonna paterna di Pina Catino). Don Michele fu per molti anni Sindaco di Ruvo, amato e rispettato in tutta la Puglia, ebbe quattro figli: Saveria che sposò Gennaro Pandolfelli, Salvatore che sposò Lucia Silos Labini ed Antonio che sposò la nobile Giulia Nitti Valentini.  Vennero alla luce Michele nel 1903, Mattia nel 1904, Anita il 1905, Salvatore il 1906, Mario il 1908 e deceduto a 5 anni, Nicola il 1909, Lina il 1915 e Mario il 1921.

Stemma Fenicia

Antonio resse cariche importanti della pubblica amministrazione: Consigliere, Assessore, Prosindaco in Ruvo. Amministratore oculato e rigido contribuì alla messa in valore della città natale con costruzioni di edifici pubblici, di acquedotti, del nuovo cimitero … Fu nominato Commendatore Della Corona d’Italia. Nonno del dott. Antonio Fenicia, ramo fiorente di Ruvo di Puglia.

Dott. Fenicia e Traversa con Pina Catino


Pagine correlate


Pina Catino, luglio 2009

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