Quando si parla dei Florio il pensiero corre subito alle feste, ai
ricevimenti, al lusso, alle corse automobilistiche e soprattutto
alla decadenza di questa Famiglia, ma l’epopea dei Florio non è solo
la cronaca degli ultimi ruggenti ma disastrosi anni ma è soprattutto
la storia della crescita costante delle fortune di una famiglia di
imprenditori che ha inizio a fine settecento e che copre più di un
secolo di successi prima di conoscere il tracollo finanziario e la
fine della dinastia. Ma a noi meridionali piace ricordare
soprattutto le sconfitte, amiamo molto il rimpianto e tendiamo a
dimenticare le storie belle e costruttive che per quasi un secolo e
mezzo hanno segnato il successo di una famiglia che ha dato lavoro e
benessere a tante altre famiglie.
Tutto ha inizio con Tommaso Florio a metà Seicento in Calabria, a
Melicuccà, e poi a Bagnara, dove il figlio Domenico e il nipote
Vincenzo, qui trasferitisi, esercitano il mestiere di fabbro.
L'ascesa comincia con Paolo e Ignazio, figli di Vincenzo. A spingere
i Florio sul mare fu probabilmente Paolo Barbaro, genero di Vincenzo
Florio, che strappò Paolo al destino di “scalco” accogliendolo come
socio nella sua attività di “ambulante” del mare che girava per i
porti del Tirreno commerciando. Tra il 1800 e 1801 Paolo però,
chiamato a sé il fratello Ignazio, si stabilisce definitivamente a
Palermo: i due aprono un piccolo negozio in via dei Materazzai e si
dedicano per alcuni decenni al redditizio commercio delle spezie e
merci rare, all’affitto e successivo acquisto di qualche tonnara sul
litorale palermitano ed al prestito al “cambio marittimo”
.
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Vincenzo Florio |
Il salto di qualità avvenne con Vincenzo, figlio di Paolo. Ormai la
famiglia si era notevolmente arricchita e Vincenzo ebbe la
possibilità di acquistare alcune quote dello “Brick-Schooner”
Santa
Rosalia e, approfittando dei trattati di pace e di commercio tra
il governo borbonico ed i governi algerini, tunisini e di Tripoli,
estremamente vantaggiosi dal punto di vista doganale, cominciarono
ad incrementare gli introiti e ad acquistare altre imbarcazioni, che
già negli anni trenta dell’Ottocento formavano una discreta flotta
che toccava i porti di New York, Boston, Londra, Liverpool,
Marsiglia e Genova da dove per conto della Casa Florio importavano a
Palermo manifatture, zucchero, cera, pellame, droghe, rum, catrame,
ecc. ecc. Tutto ciò, insomma, che poteva trovare un mercato in
Sicilia. La destinazione finale erano tuttavia i mercati orientali
da cui importavano le "droghe", cioè le spezie, da ridistribuire nel
mercato italiano. In pochi anni la ditta si trasforma in una
holding: dal commercio all'attività finanziaria, dalla pesca del
tonno alla produzione vinicola e zolfifera. Il talento economico di
Vincenzo è notevole e numerosissime sono le attività di cui è
promotore o compartecipe. E’ un tycoon e si caratterizza per
avere, oltre che un’innata indole imprenditoriale, i connotati
dell’uomo sensibile alla cultura, all’estetica e una condotta
imprenditoriale che, assieme al ritorno economico, giovi ad un
miglioramento della comunità. Moderno ed al passo con i tempi,
intravede grandi potenzialità nel settore tessile investendo in
cotonifici. Ed ancora, investe ed ottiene successo co-fondando la
compagnia di navigazione "Società dei battelli a vapore
siciliani"
insieme a numerosi altri esponenti dell'aristocrazia siciliana.
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Ignazio Florio senior |
Fra le iniziative destinate ad aver maggior fortuna vi sarà la
costruzione di uno stabilimento per la produzione di vino
"Marsala", in concorrenza con le famiglie inglesi che già
operavano nel settore, come i Woodhouse e gli Ingham. L’inserimento
di Vincenzo Florio nel mercato del vino, nel 1834, è un momento
importante sia per la storia della famiglia sia per la storia del
vino Marsala; intanto rispetto agli altri mercanti inglesi,
la scelta di Vincenzo Florio è di rivolgersi soprattutto al mercato
nazionale più che fare la concorrenza, che sarebbe stata persa già
dal nascere, a Ingham che aveva il predominio del mercato americano
o ai Woodhouse che avevano il predominio del mercato del Nord
Europa. Le cose cominciano a cambiare sensibilmente nella seconda
metà dell’Ottocento quando Vincenzo Florio e il figlio Ignazio
investono sempre di più nell’azienda per modernizzarla. Nelle loro
cantine si realizzerà il primo impianto di imbottigliamento
meccanico ben prima che non alla Ingham o alla Woodehouse.
L'attività intrapresa si rivelò un ottimo affare ed il prodotto si
assicurò un vasto mercato.
Altra
iniziativa proficua si rivelò l’affare delle tonnare. Nell’ottobre
del 1841 i Florio legano il loro nome alle isole Egadi, prendendo in
gabella dai Pallavicino e Rusconi le antiche tonnare di Favignana e
Formica per un periodo di diciannove anni.
I Florio, come molti altri imprenditori, meridionali e
settentrionali, ebbero una forte spinta dopo il 1860, non a caso la
borghesia e l’imprenditoria dettero una mano, non solo metaforica,
all’impresa garibaldina, confidando nella nascita e nello sviluppo
di una moderna industria.
Nel 1874 il figlio Ignazio senior acquisterà interamente le isole
Egadi pagando la cifra di 2 milioni 750.000 lire alla famiglia
Pallavicino. I Florio trasformarono l’industria conserviera del
pesce in un’impresa mondiale. Con la costruzione dello stabilimento
Florio a Favignana realizzarono il più moderno e importante
complesso industriale di lavorazione e conservazione del tonno
esistente nel Mediterraneo.
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Targa Florio, locandina |
Ignazio interviene inoltre, a partire dagli anni Settanta, in
provincia di Caltanissetta con alcune attività di lavorazione dello
zolfo e dà l’avvio a tante altre attività nel campo dell’industria
chimica, della produzione di porcellane e ad un corollario di
attività minori correlate. Ma l’attività dei Florio non si ferma
qui. Banche, alberghi, editoria
, una gara
automobilistica: la Targa Florio
che fa conoscere all’Europa intera i paesaggi selvaggi e dolci delle
Madonie.
I Florio
ed i trasporti marittimi |
La svolta vincente per i Florio, come abbiamo già detto, è legata
allo sviluppo della navigazione a vapore: Vincenzo e il figlio
Ignazio colgono l'onda della modernizzazione e creano una flotta,
che consente a Ignazio di collocarsi ai vertici dell'high-society
internazionale. Importante fu l’incontro fra Benjamin Ingham ed il
giovane Vincenzo Florio, che favorì la realizzazione di alcune
iniziative sul piano commerciale ma anche su quello industriale, tra
le quali ricordiamo la già citata costituzione della Società dei
Battelli a Vapore siciliani. La società assicurava il
collegamento tra Napoli, Palermo e Marsiglia e tra i diversi porti
della Sicilia.
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Villa Florio, Viale Regina Margherita
alla Ziza Palermo (Arch. E. Basile) |
L’incontro con Ingham ebbe notevole importanza anche per l’economia
siciliana in generale. Con l'Italia unitaria nasceva anche
l'esigenza di una rete di collegamenti adeguati alla nuova realtà.
Ciò spinse Vincenzo Florio a costituire la "Società in
Accomandita Piroscafi Postali", che godeva di una convenzione in
denaro con il governo nazionale, che gli affidò i servizi attorno
alla Sicilia, verso Genova, verso Napoli e verso Malta. Le navi,
inizialmente 6, già nel 1877 erano diventate diventate 41.
Attorno al 1880 i Florio iniziarono il servizio verso il Nord
America e iniziò anche il trasporto degli emigranti; questo servizio
fu visto molto bene dalle autorità americane e il prestigio
internazionale dei Florio aumentò sempre più.
Il problema dei trasporti marittimi era cruciale all'epoca ed il
potere politico favorirà nel 1877 l'acquisizione da parte della "Società
Piroscafi Postali", a prezzi di bancarotta, tutto il materiale
della "Trinacria", altra grande compagnia di navigazione. A concorrere con la compagnia dei Florio rimaneva dunque solo la "Rubattino"
di Genova; ma nel 1881 queste due società, si fonderanno dando vita
alla compagnia della "Navigazione Generale Italiana" (Ngi)
che ebbe il monopolio dei collegamenti marittimi. Dalla fusione di
questa società con la Citra nascerà ai primi del '900 la
compagnia Tirrenia.
La nascita della Navigazione Generale rispondeva ad un'esigenza
avvertita in tutti gli ambienti, dal nord al sud della Penisola:
creare una sorta di monopolio che potesse competere con le grandi
compagnie straniere di navigazione già presenti nel Mediterraneo. In verità, all’appuntamento dell’81 Florio è molto più pronto e
potente di Rubattino, ed attorno alla Navigazione Generale Italiana
Ignazio Florio riesce a costruire un sistema imprenditoriale diffuso
che fa capo soprattutto alla grande produzione enologica, ai vini e
alla realizzazione delle tonnare delle Egadi. Questa sarà l’azienda
che fino alla fine costituirà un cespite attivo.
Sempre sotto il patrocinio di Vincenzo Florio sorse a Palermo la
"Fonderia Oretea"
, moderna
industria metallurgica che doveva essere complementare alle esigenze
della sua flotta. A coronamento delle imprese produttive non gli
mancarono conferimenti di cariche istituzionali sia nel Regno delle
Due Sicilie che, successivamente, nel Regno d'Italia. Riuscì inoltre
a far parte del Consiglio Superiore della Banca Nazionale del Regno,
la più importante autorità economica del tempo. La fortuna che alla sua morte, avvenuta nel 1868, lasciò a suo
figlio Ignazio (senior) fu valutata nell'astronomica cifra di L.
300.000.000.
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Ignazio Florio junior |
Ignazio senior sposò la baronessa Giovanna D'Ondes
, da cui
ebbe 4 figli: Vincenzo (morto a meno di un anno dalla nascita),
Ignazio junior, Giulia e Vincenzo destinato ad essere l'ultimo
esponente dei Florio. Il raggio d'azione e il volume di affari della
famiglia Florio era destinato ad allargarsi così come divenne sempre
più profonda la loro impronta sul costume, sulla cultura e
l'economia del tempo. Ignazio (senior) creava industrie dotate di
moderni servizi per gli operai, costituiva un assistenziale Istituto
per ciechi, iniziava la costruzione del futuro teatro Massimo.
L'interesse per l'arte e la cultura |
La famiglia Florio lasciò una impronta di sé anche nel mondo
dell’arte. Essi avevano capito che la Sicilia possedeva da secoli
una grande capacità artigianale e manuale e pensarono di farla
rivivere. Naturalmente hanno avuto la fortuna di incontrare
architetti come Damiani Almeyda e Ernesto Basile ed è con questo
architetto che il legame si concretizza con realizzazioni
architettoniche all’unisono con l’art nouveau europea (le più
importanti sono il villino Basile, committenza di Vincenzo Florio, e
Villa Igea). E' proprio nella villa Igea e nel villino Florio, che
si realizza una formidabile convergenza fra architetti, maestranze,
decoratori, pittori, scultori, che parla il linguaggio
internazionale del modernismo. E poiché in quel periodo Palermo era
ancora una città in cui ci si curava per il clima loro ospitarono la
crema della buona società europea e anche famiglie regnanti come i
reali d’Austria e di Russia e, naturalmente quelli d’Italia. Ignazio
junior e la sua bellissima consorte Franca, figlia del barone di San
Giuliano Pietro Jacona e di Costanza Notarbartolo vivono infatti da
protagonisti il periodo della Bella Epoque.
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Franca Florio ritratta da Giovanni
Boldini, 1903 |
Donna Franca è il prototipo di donna che coniuga l’ideale estetico
di eleganza con il gusto della famiglia. E’ un punto di riferimento
nei salotti della mondanità mittleuropea. Si divide tra i salotti
delle palazzine del periodo liberty palermitano, attirando su di
sé,
per il suo fascino e bellezza, gli apprezzamenti del Kaiser Gugliemo
II, spesso ospite alla loro villa dell’Olivuzza, e di Vittorio
Emanuele III.
1895 Ignazio e Franca Florio con i figli
Giovanna e Ignazio (baby Boy) |
I Florio fondarono alcuni dei più importanti teatri lirici del mondo
come il teatro Massimo e il teatro Politeama. Questi teatri ebbero
il merito di convogliare nella nostra città turisti colti che
andavano alla ricerca delle novità liriche che a quei tempi, grazie
ai Florio, si facevano a Palermo.
Sostiene Cristina Alaimo (storica dell’arte): “La cosa
interessante per Palermo in quegli anni è che si sviluppò un sistema
dell’arte. I Florio contribuirono in maniera significativa a
innestare e coadiuvare questo sistema. In città si svilupparono dei
circoli di conversazione in cui l’intellighenzia, gli imprenditori,
i borghesi e anche gli uomini dell’amministrazione che ne facevano
parte cercavano di promuovere il dialogo fra arte e industria e arte
e istituzioni pubbliche”.
L’Esposizione Nazionale del 1891 fu
uno dei grandi motori dello sviluppo urbanistico della Palermo
borghese, moderna. L’Esposizione ebbe altresì l’ambizione di qualificare
definitivamente l’immagine imprenditoriale e moderna della Sicilia.
I Florio erano molto attivi nella promozione, nella discussione, ma
anche nel far circolare queste idee e nel farle entrare in maniera
produttiva nel loro sistema.
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Ignazio e Franca Florio con la Piccola
Igiea 1906 |
Sostiene lo storico Lupo: “I Florio
nella Palermo di fine Ottocento, inizio Novecento erano di gran
lunga il potentato economico più importante, erano un po’ i padroni
della città perché erano i più ricchi, i più potenti per relazioni
politiche e anche i più moderni”. Ignazio già negli anni Ottanta
aveva già puntato molto su una banca e su un uomo politico. La banca
era il Credito mobiliare italiano e il Banco Florio diventò la
Filiale del Credito Mobiliare. L’uomo politico era Francesco Crispi
che sicuramente si legò alla fortuna dei Florio negli anni Ottanta
quando la Navigazione Generale poté utilizzare le convenzioni
marittime e dunque le laute sovvenzioni dello Stato per espandere le
linee di navigazione”.
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Manifesto dell'Esposizione del 1908 |
I Florio avevano la grande capacità di
rappresentare i loro interessi e li rappresentavano come gli
interessi della Sicilia e con questo godevano anche di grande
prestigio perché sostenevano che se loro andavano bene andava bene
la Sicilia.
Nel 1896,
con le dimissioni di Crispi, il commissariamento della Sicilia e il
successivo avvento di Giolitti cominciarono anche i guai per i
Florio. Nella città di Palermo all’incertezza ed alle inquietudini
di una massa artigiana che si impoveriva sempre più, si aggiunse il
problema della disoccupazione. Da questa necessità nacque il
progetto, caldeggiato da Ignazio Florio, di costruire un cantiere
navale e non soltanto di ampliare il bacino di carenaggio. L’alto
commissario Codronchi ne coglie immediatamente l’importanza per le
conseguenze sociali e politiche di cui può essere foriera. Ma, come
vedremo, questo grande progetto non riuscirà a risollevare le sorti
della Sicilia, quasi l’isola soffrisse di un deficit politico e
morale che, come un cancro, rodesse (e che ancora oggi corrode) la
dirigenza politica municipale e provinciale. [cfr.
Le province siculo-partenopee nel Regno d’Italia].
Nel 1899
i Florio furono costretti a sottoscrivere un’ipoteca sulle isole Egadi, cominciando a subire i colpi della crisi di tutto il
sistema
industriale. Anche se l’azienda restava sana, anche
se le Tonnare erano due gioielli, l’indebitamento progressivo nei
confronti delle banche impose la dismissione di alcune aziende. Florio
chiede un’apertura di credito alla Banca Commerciale. Sebbene continui a condurre un’intensa vita
mondana, egli è ormai in difficoltà. I debiti si accumulano e la Banca
Commerciale invita Florio a rimborsare il debito o a vendere.
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Villino Florio all'Olivuzza:
il laghetto nel parco della villa |
Scrive
Orazio Cancila: “A fine 1906, la I. e V. Florio di Palermo,
aveva con la Banca Commerciale Italiana una esposizione complessiva
di ben 14.100.000 lire, garantita solo in parte dal capitale di
27.575 azioni della Navigazione Generale Italiana (Ngi). Ormai la
situazione finanziaria dei Florio precipitava di giorno in giorno,
sino a convincere a fine 1908 la banca milanese, del cui CdA
peraltro il commendatore Ignazio faceva parte e continuerà ancora a
far parte almeno sino al 1925, dell’opportunità di intervenire, per
evitare il rischio che le loro azioni finissero ad acquirenti di
scarsa potenzialità finanziaria ed estranei al gruppo ed agli
interessi che fanno capo alla Navigazione Generale Italiana», con
grave turbamento del mercato e della vita stessa della Ngi, che era
tra i suoi principali clienti. Impose perciò a Casa Florio di cedere
«alle Società di navigazione “La Veloce” e “Italia”, affiliate alla
Navigazione Generale Italiana, l’intero lotto di queste azioni, pari
a un valore di circa 12.800.000 lire. Ignazio Florio non poté
rifiutarsi di accettare, conservando il diritto di riscatto da
esercitare entro il
10 maggio
1909 a un prezzo di lire 425 cadauna (lire 13.260.000) oppure entro
il 10 novembre successivo a lire 440 cadauna (lire 13.728.000), ma
il suo entourage considerò l’operazione un vero e proprio colpo di
mano e il suo legale, l’avvocato Giuseppe Marchesano, giudicò
“usuratiche” le condizioni, “ledenti gli interessi morali e
materiali dei Florio”, i quali indebitati com’erano mai avrebbero
avuto la possibilità di riscattarle. Per Webster il comportamento
della Banca Commerciale verso Casa Florio (larghe aperture di
credito e successiva acquisizione delle azioni Ngi di proprietà
Florio) era motivato dalla volontà di «unificare tutte le compagnie
marittime addette al servizio postale sovvenzionate dallo Stato e
controllate dalla Navigazione Generale, onde negoziare nuovi sussidi
con il governo da una posizione di forza corrispondente in pratica
ad una sorta di monopolio».
Il
destino economico della famiglia, che si accompagna a tristi vicende
personali, è già segnato nell’oscuro periodo fra le due guerre.
La cruda verità è che i Florio non riuscirono veramente trasformare
l’economia della Sicilia e a permetterle un decollo competitivo con
il Nord.
La
Sicilia in linea di massima rimaneva sottosviluppata e priva di
infrastrutture essenziali. Prime tra tutte le ferrovie. La Fonderia
Oretea era certamente l’officina più attrezzata e moderna
dell’isola, ma già in età borbonica non reggeva il confronto con
quelle napoletane e, dopo l’unificazione non lo resse con quelle
italiane. Il suo decollo avvenne non perché trainata dalle richieste
del mercato interno ma perché essa operava come officina delle navi
dei Florio. In Sicilia mancava il mercato e non potevano essere i
Florio a crearlo da soli.
Padiglione Florio (Arch. Ernesto Basile).
Esposizione Internazionale di Milano 1906 |
La caduta dell’impero economico dei Florio fu causato da
speculazioni errate, come, ad esempio, la partecipazione azionaria
al Credito Mobiliare sull’orlo del fallimento, e da una certa
sprovvedutezza dell’ultimo dei Florio, forse troppo impegnato nella
bella vita.
Nonostante tutto i Florio hanno creato a Palermo, direttamente o
indirettamente, un tessuto industriale che dura tuttora, come nel
caso del Cantiere Navale. Hanno posto inoltre Palermo e in parte
anche la Sicilia all’attenzione dell’Europa e il loro tracollo,
purtroppo, ha coinvolto anche la città.
Il ricordo
dell'epopea dei
Florio continua ad esercitare un fascino
irresistibile in Sicilia.
Per l’immaginario collettivo siciliano e meridionale in genere, i
Florio da tempo sono entrati nella leggenda e nel mito.
Rappresentano gli uomini simbolo delle capacità imprenditoriali del
sud, quel tempo, sempre nostalgicamente rievocato, in cui anche al
sud fiorivano iniziative industriali vincenti. E come scrive Maurice Aymard, la vicenda dei Florio è stata identificata “con quella
della Sicilia pre e post-unitaria, cioè la Sicilia delle grandi
speranze, delle attese frustate e delle illusioni perdute… Questo
incontro fra un destino familiare e quello dell’isola dà forza e
durata al mito che essi incarnano o che sono incaricati di
incarnare”.
Fara Misuraca
Alfonso
Grasso
Novembre
2009
Note
Il trasporto marittimo nel Regno di Sicilia era regolato da
una serie di contratti. Non esistendo delle società o banche
specializzate in materia, tutta una serie di attività erano
svolte da privati che offrivano i loro servizi a quelli che
avevano bisogno di denaro sotto forma di prestiti sia per
acquisto di imbarcazioni, sia per armare, noleggiare o
assicurare una nave o il viaggio. Questi rapporti erano
regolati da contratti stipulati davanti a dei notai,
assumendo così forza di legge in qualsiasi controversia.
Si tratta di un
brigantino - goletta così descritto: "Bastimento
con due alberi verticali, il primo a vele quadre, il secondo
a vele auriche e bompresso". Nella parlata comune dei
porti liguri fu chiamato più semplicemente "Scuna", con una
propria riduzione dalla voce inglese "Brik - Schooner ".
La società dei battelli a vapore siciliani nasceva grazie
alle agevolazioni concesse dal governo borbonico nel 1839
(libertà di cabotaggio e premi per i battelli a vapore
costruiti o acquistati all’estero).
Preoccupati per la politica di Roma poco
indulgente nei confronti dei loro interessi, ed attenti alla
modernità, i Florio tentarono una rivolta mediale,
culturale, dando vita ad un giornale che fosse al tempo
stesso espressione delle esigenze di tutto il meridione e
punto di riferimento per gli intellettuali del mezzogiorno.
Il giornale fu la voce del "Progetto Sicilia".Il giornale in
questione fu l’Ora.
La prima edizione della Targa Florio, quella che potrebbe
essere considerata la prima gara automobilistica della
storia, si svolse il 6 maggio del 1906, al suono di due
bande musicali poste sulle tribune appositamente costruite
nei pressi del rettilineo di Buonfornello al confine tra i
Comuni di Campofelice di Roccella e Termini Imerese. Era
stato a Parigi che nel 1905 Vincenzo Florio, chiacchierando
col direttore del giornale sportivo
L’Auto,
Henry Desgranges, aveva avuto l’idea di una gara
automobilistica che attraversasse le strade delle Madonie.
148 chilometri da percorrere per tre giri. Un anno dopo,
alle sei del mattino, dieci vetture con piloti di fama
internazionale diedero il via ad un avvenimento mondano
oltre che sportivo. Circa dodicimila persone, giunte anche
grazie a treni speciali, assistettero alla partenza delle
Itala, Fiat, Hotchkiss, Berliet e Bayard Clement
presenti alla gara. Le trazzere delle Madonie furono
cosparse di Fix, una nuova miscela bituminosa e l’Hotel
delle Terme di Termini Imerese, dove fu anche aperto un
banco scommesse, divenne dimora della migliore aristocrazia
siciliana del tempo. Il primo vincitore fu Alessandro Cagno
su Itala, con una media di 46 chilometri orari.
Il 12 dicembre 1840 Vincenzo Florio rilevò “La società per
la fusione di ferro e bronzo” che i fratelli Sgroi avevano
costituito a Palermo appena 3 mesi prima. Nasceva così la
Fonderia Oretea, una significativa acquisizione per
l’industria metallurgica siciliana che fino ad allora era
rappresentata da poche e piccole officine. Nel giro di pochi
anni la Fonderia raggiungeva buoni livelli e buone
affermazioni e ad una mostra del 1846 era in grado di
esporre la prima macchina a vapore interamente costruita in
Sicilia e un’altra macchina capace di azionare tutti i
congegni dello stabilimento. (A. Massafra, Il mezzogiorno
preunitario: Economia, Società e istituzioni)
La borghesia siciliana come la borghesia di tutta Europa ha
un problema di legittimazione. Il rapporto con la nobiltà
non è un tradire le proprie origini, ma il tentativo, nei
Florio riuscitissimo infatti si accasarono con le migliori
casate siciliane, di legittimazione sociale che è importante
non solo in Sicilia ma ovunque perché avevano bisogno di
essere accettati, perché erano portatori di un ordine nuovo.
Orazio Cancila “Giolitti, la Banca d’Italia, la navigazione
generale italiana e il salvataggio di Casa Florio
(1908-1909) Il Cancila comunque non è d’accordo con questa
tesi e continua “ Ignazio Florio – è bene ribadirlo – era
membro autorevole del suo CdA e quindi era parte
fondamentale del monopolio marittimo, allo stesso modo delle
due compagnie La Veloce e l’Italia che ne acquistavano le
azioni. Siamo perciò di fronte a una ridistribuzione del
patrimonio azionario, più che a un rafforzamento del
monopolio, che invece si sarebbe potuto incrinare qualora le
azioni Florio fossero passate in altre mani, «estranei –
appunto – al gruppo e agli interessi che fanno capo alla
Navigazione Generale Italiana». La preoccupazione della
Banca Commerciale in quel momento non era il rafforzamento
del monopolio, bensì l’indebolimento, possibile nel caso di
un eventuale passaggio delle azioni Florio a gruppi
concorrenti della Ngi. E ciò proprio quando – dopo che le
aste per il rinnovo delle convenzioni per i servizi postali
marittimi erano andate deserte con soddisfazione della Ngi e
della Comit – il governo tentava di favorire la nascita di
nuove compagnie che rompessero il monopolio della Ngi.
Bibliografia
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Alaimo Cristina,
Il sistema dell'arte a Palermo 2006,
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della Sicilia tra storia e storiografia, 2003,
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L'economia dei Florio,
1991, Sellerio
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Cancila Orazio
I Florio. Storia di una dinastia
imprenditoriale siciliana 2008, Bompiani
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Giuffrida Romualdo e
Lentini Rosario,
L’Età dei Florio, 1986, Sellerio
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Ingria Lo Piccolo Annamaria,
La Palermo dei Florio 1993,
Herbita
-
Requirez Salvatore,
Storia dei Florio,
2007, Flaccovio
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