Il mito intoccabile del Risorgimento, fatto di retorica patriottarda con
bandiere al vento e medaglie luccicanti, è ormai messo da tempo in
discussione da una numerosa e a volte molto autorevole pubblicistica
che, quasi per contrasto, non descrive più i vinti come crudelissimi
briganti e spietati tagliagole. Una sorta di revisione, questa, che, al
di là delle contrapposizioni che a distanza di tant’anni ancora
persistono in non pochi ambienti intellettuali, non deve solleticare
affatto antistoriche utopie secessionistiche. D’altronde non si possono
cancellare 150 anni di storia unitaria, di guerre combattute e sofferte
con la stessa divisa e sotto la stessa bandiera...
Certo, in un paese come il nostro, in cui non si riesce ad avere mai una
storia condivisa per i periodi più controversi (insorgenze legittimiste
e “brigantaggio” a Sud dopo l’unità, fascismo, resistenza, profughi
istriani, etc.), in cui il tempo sembra non passare mai e la cronaca non
diviene mai storia, tutto diventa più difficile. A volte noi italiani
siamo veramente impossibili, riusciamo ad andare sulle barricate
ideologiche per fatti accaduti oltre cent’anni fa, con intatti gli
stessi odi e passioni di quel tempo lontano.
Questo libro è stato scritto per ricordare che quella del Regno delle
Due Sicilie è una parte non secondaria della nostra storia nazionale, in
cui confluisce e si amalgama. Di questa storia se ne chiede soltanto il
rispetto, anche in nome delle ragioni e delle sofferenze dei vinti.
Orazio Ferrara "Addio Sud. O briganti o emigranti", introduzione di
Valentino Romano, Capone Editore, 2012 pagine 152, € 12,00 Info:
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