Numismatica

La frode della “tosatura” delle monete

a cura di Francesco di Rauso

Nell'antichità e nel medioevo le monete furono vittime dei tosatori che con i loro strumenti "sacrileghi" toglievano indiscriminatamente del metallo prezioso dal bordo delle monete fino a fare assumere loro le forme più strane e bizzarre. Nel '600 in particolare, quando la crisi economica era ormai a livello europeo, notiamo come le monete di quel periodo furono deturpate in maniera eccessiva.

3 Carlini del 1647, regnante Filippo IV. Clicca sull'immagine per ingrandire


3 Carlini del 1647, regnante Filippo IV. Clicca sull'immagine per ingrandire

Gli esemplari napoletani di Filippo III e Filippo IV di Spagna riportati in questo Portale sono l'esempio più lampante di questa frode. Verso il 1620 si propose al vicerè di Spagna di coniare un ingegnosa moneta "antitosatura". Quest'ultima aveva oltre la leggenda al dritto due cerchi concentrici con i valori indicati di 5 Grana e  10 Grana, se si provava a tosare il bordo eliminando la parte con il valore di 10 Grana la moneta avrebbe indicato il valore di 5 e quindi per uno o due grammi al massimo si rischiava di perdere il 50% del valore nominale della moneta.

I tosatori, però, ne sapevano una più del diavolo e, tosavano solo un angolo, lasciarono intatto il resto per poterla spacciare senza problemi ingannando magari qualche ingenuo non molto pignolo. Questa moneta è la testimonianza più tangibile della volontà da parte delle autorità di limitare il fenomeno della tosatura, reato, quest'ultimo, punito con carcere duro, torture ed in alcuni casi con la morte.

Carlino con accorgimento anti-tosatura, regnante Filippo IV.


Carlino del 1624 con accorgimento anti-tosatura, regnante Filippo IV.

Il fenomeno della tosatura fu una piaga per l'economia del Regno e fu causa di fallimenti di numerose banche oltre che causa di sollevazioni popolari che in alcuni periodi ben precisi del vicereame erano obbligati dalle autorità, che emetteva leggi da un giorno all'altro, ad accettare e a pagare con monete a peso e non più con il loro valore nominale, subendo in alcuni casi grosse perdite di danaro.

Va detto però che il Regno di Napoli fu tra i primi nel mondo ad eliminare questa frode. Infatti nel 1680, durante il governo del Viceré Don Ferdinando Zunica Marchese di Los Velez, la zecca partenopea diretta dal maestro di zecca Antonio Caputo e dal maestro di prova Antonio Ariani, venne munita di ben cinque bilancieri fatti venire dalla Germania e si iniziarono a coniare le prime monete di rame. In questo modo le monete, oltre che ad essere di una qualità superiore, avevano una forma quasi perfetta ed il loro peso non variava, se non di pochi milligrammi, tra un esemplare e l'altro. Va detto infatti che i tosatori erano agevolati nel loro operato dalla decentratura e dalla rotondità non molto precisa delle monete che uscivano dalla zecca già difettose.

Francesco di Rauso

Maggio 2008

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