La
presenza dei Reggimenti Svizzeri dal 1734 al 1861, salvo alcuni
periodi di interruzioni, al servizio dei Borbone delle Due Sicilie,
la si può considerare come l’ultima milizia ingaggiata a difesa di
uno Stato e protagonista degli episodi cruciali della storia
napoletana in cui furono coinvolti, e nei quali non passarono
indenni: del 1820, del 1848, del 1859 e dell’estrema difesa del
Regno delle Due Sicilie nella campagna del 1860/61. La loro memoria,
per chi si interessa di storia meridionale ed ha care le proprie
radici, è ancora viva, perché non solo è quasi contemporanea ma
anche perché è stata la milizia più preparata e fedele al giuramento
prestato alla Nazione in cui servivano, come hanno dimostrato
nell’estrema difesa del Regno delle Due Sicilie capitolando con
l’intera guarnigione il 14 febbraio 1861 nelle mani dei soldati
piemontesi. Furono cari ai Napoletani, nonostante i vari accadimenti
che li hanno visti contrapporsi nel 1848 ai rivoltosi, tanto da
meritarsi l’appellativo di Titò dal nome onomatopeico del
suono che creavano con i tacchi quando marciavano, e quello di “Sguizzeri".
Partiamo
dall’inizio: quando
Carlo di Borbone partì alla conquista dei Regni di Napoli e di
Sicilia, nel 1734, erano presenti nei suoi contingenti militari
anche dei Battaglioni del Reggimento Svizzero “Niederist”, dal nome
del suo comandante (prassi utilizzata per tutti i Reggimenti
Svizzeri), offertigli dal padre Filippo V, re di Spagna. In essi
militavano Giuseppe Antonio Tschudy ed suo fratello Luigi Leonardo,
comandante del 3° Battaglione, che poi concorsero a costituire i
Reggimenti “Besler” e “Niederist” (con il nuovo nome “Wirz”) del
nuovo esercito del Regno. Per costituire gli ulteriori reggimenti
“Tschudy” e “Jauch” furono quindi stipulate delle capitolazioni
in data 7 ottobre 1734: i comandanti venivano ingaggiati per
vent’anni ed i soldati per quattro, con possibilità di chiedere la
rafferma per un pari periodo di tempo o il congedo. Ogni reggimento
aveva una bandiera con l’emblema di casa Borbone al rovescio e al
dritto l’insegna della Confederazione Elvetica, sulla quale era
disegnato lo stemma del Cantone d’origine del reggimento. Le
capitolazioni erano intese come trattati e convenzioni
d’arruolamento. Erano divise infatti in capitoli, che
regolavano tra l'altro anche il trattamento economico.
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Bandiera del 4° Reggimento Svizzero |
Con la
riforma attuata da John Acton sul finire del XVIII secolo venne
creato per i soldati non italici la “Brigata Estera”, trasformata
poi in “Reggimento Estero” ed infine in “Real Alemagna”. Nel 1815,
col riassetto del Regno dopo il periodo napoleonico, vennero
ricostituiti i reggimenti Esteri al comando dello Tschudy, poi di
nuovo sciolti nel 1820 per i noti eventi costituzionali e come già
espresso nel
precedente articolo si pensò di ricostituirli in seguito.
Il 5
maggio 1825 vennero stipulate delle nuove capitolazioni con
alcuni Cantoni Svizzeri, dando vita a quattro Reggimenti Svizzeri
che si formarono in anni seguenti: il “1° Reggimento Svizzero” il 5
maggio 1825, il “2° Reggimento Svizzero” il 6 luglio 1826, il “3°
Reggimento Svizzero” nel dicembre del 1827, il “4° Reggimento
Svizzero” il 1° settembre 1829. Ogni reggimento era composto un
terzo da stranieri non svizzeri, ad esclusione di italici o
austriaci, e da due terzi da svizzeri. Per i musicanti dei
quattro reggimenti non era previsto il requisito della nazionalità
ed infatti vi erano anche dei napoletani (una curiosità al
riguardo: per l’approvazione al passaggio nelle bande musicali del
personale bisognava essere esaminati dal cavaliere Saverio
Mercadante, direttore e ispettore, dal 1852, di tutte le bande e
fanfare dell’Esercito).
I
reggimenti erano formati ciascuno da 2 battaglioni con 6 compagnie:
una di granatieri, una di cacciatori, quattro da fucilieri, con una
sezione o batteria di artiglieria e per ultimo una banda musicale
composta dodici elementi e otto musicanti. Gli ufficiali dovevano
essere svizzeri e ricevevano la patente di ufficiale dal proprio
Governo Cantonale; i comandi erano impartiti in Tedesco;
l’amministrazione della giustizia militare era quella in uso in
Svizzera o dei Reggimenti Svizzeri al servizio dei Francesi e svolta
da un “Capitano Gran Giudice”. La prassi per l’arruolamento non era
delle più semplici: nel 1825 venne stipulato un accordo con il Regno
di Sardegna per la formazione in Genova di un “deposito” di reclute
provenienti dalla Confederazione Elvetica, affidato ad un ufficiale
“napoletano” ivi distaccato. Da lì le reclute venivano inviate via
mare a Napoli ed incorporate nei reggimenti di destinazione.
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Granatieri Svizzeri, 1827 |
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Fuciliere e Cacciatore dei Reggimenti Svizzeri, 1827 |
Il 1848
fu un anno infausto e doloroso per Napoli, che colpì
così profondamente il sentimento popolare tanto che ancor oggi
quando si vuol rimarcare un avvenimento aggressivo e violento che
porta scompiglio, si dice che stà succerenne ‘o quarantotto.
Fu l’anno della costituzione concessa il 29 gennaio, e del suo
repentino ritiro: tutto ebbe inizio col rifiuto da parte di
Ferdinando II di ratificare le modifiche alla costituzione pretese
dai liberali rivoluzionari (borghesi ed intellettuali, fomentati e
finanziati da agenti dell'internazionale liberale e
dall'Inghilterra). La
rivolta durò solo un giorno, il 15 maggio,
senza coinvolgimento di popolo. Seguì una repressione sanguinosa, a
cui parteciparono il “1° e 4° Reggimento Svizzero”, i cui elementi
furono molto duri e ligi agli ordini, oltre ad essere i bersagli
preferiti dai rivoltosi, subendo notevoli perdite. La partecipazione
alla repressione da parte dei reparti svizzeri, diede l’occasione a
Francia ed Inghilterra di scagliarsi contro la Confederazione
Elvetica, che nel 1815 aveva sottoscritto un trattato con cui
garantita la propria neutralità, ma che non veniva di fatto
rispettato dai singoli Cantoni che continuavano a fornire
“mercenari” ad alcuni eserciti europei. La Confederazione fu
costretta ad un più rigido controllo sui Cantoni per far cessare
l’arruolamento.
Da qui,
nel 1849 il governo della Confederazione Elvetica rifiutò di
riconoscere la validità della capitolazioni e chiuse i centri
di reclutamento svizzeri. Anche il Regno di Sardegna aderì alla
politica ostativa al passaggio dei mercenari sul suo territorio ed
chiuse il deposito di Genova. Ma in pratica non si ebbero
interruzioni negli arruolamenti, poiché vennero aperti centri nei
pressi della frontiera austriaca (1852, in Bregenz e Lecco),
francese (1853, Besançon), e di quella con il Granducato di Baden
(Costanza). L’assetto definitivo dei Reggimenti Svizzeri si ebbe nel
1850 col Decreto Reale n. 1733 del 20 marzo con: “1°, 2°, 3°, 4°
Reggimento Svizzero” e la costituzione del “13° Battaglione
Cacciatori”, in pari data, per un totale di 7.500 effettivi.
Nell’agosto del 1859 vennero costituite tre compagnie di ”Veterani
Svizzeri” (formate da anziani militari meritevoli che altrimenti
sarebbero stati licenziati dal servizio attivo), ed una quarta nel
settembre dello stesso anno.
Nel
settembre 1859, per le pressioni del Piemonte, intento a minare
dall’interno il Regno delle Due Sicilie, la Svizzera non rinnovò la
capitolazioni con il Regno delle Due Sicilie. Il 7 settembre
scoppiò, inaspettata, “la rivolta delle bandiere”, che portò allo
scioglimento dei reparti: agenti al soldo dei piemontesi e dei
liberali napoletani, avevano diffuso la falsa notizia della
soppressione degli stemmi Cantonali sulle bandiere.
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13° Cacciatori Svizzeri, anno 1859 |
I reparti
vennero quindi ricostituiti ad opera del colonnello Von Mechel, e
denominati “1°, 2°, 3° Battaglione Carabinieri Esteri”, con Decreto
Reale del 12 febbraio 1860, composti con l’arruolamento volontario
degli Svizzeri che non avevano lasciato il servizio, o provenienti
dai centri di reclutamento vicini alla Baviera: non a caso molti dei
“Carabinieri Esteri” erano bavaresi, che dai luoghi di reclutamento
si portavano a Trieste, territorio asburgico, ed imbarcati per i
porti pugliesi. Nota curiosa: molti dei subalterni erano degli
svizzero-napoletani, ossia figli di padre svizzero e di madre
napoletana, che conoscevano benissimo l’Italiano, il Napoletano e il
Francese, ma poco il Tedesco, lingua in cui erano impartiti gli
ordini militari.
Nel 1860
era in perfetto assetto di guerra il “3° Carabinieri Estero” (che
in effetti era interamente costituito dall’ex “13°
Battaglione Cacciatori”), al comando del colonnello Von Mechel che,
insieme agli altri due battaglioni, entrò in azione contro i garibaldini sul
Volturno e sul Garigliano, sconfinando poi nello Stato Pontificio e
infine sciolto nel dicembre del 1860. Gran parte
degli elementi decisero però di partecipare fino all'ultima difesa,
nella piazza di Gaeta, confluendo nel Battaglione ”Veterani
Svizzeri” appositamente creato, comandato dal maggiore Eduardo Aufdermauer (21.9.1819 – Nocera 29.12.1883).
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Cacciatori Esteri Bavaresi, anno 1860 |
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Cacciatori Esteri Svizzeri, anno 1860 |
Il
tenente colonnello Francesco Saverio Goldlin (21.1.1806 –
13.3.1878), comandante del “1° Battaglione Carabinieri Esteri”, decorato di vari ordini cavallereschi, partecipò alla difesa di Gaeta.
Nel 1865 ritornò in Svizzera. Il tenente colonnello Aloisio Migy
(27.7.1813 – 21.11.1860), comandante del “2° Battaglione Carabinieri
Esteri”, decorato di vari ordini
cavallereschi, cadde in combattimento sul Piano dell’istmo di Montesecco; il comando passò al maggiore Francesco Antonio de Werra
(6.7.1809 – 10.7.1871) che partecipò alla campagna del Volturno,
meritandosi una decorazione sul campo. Il figlio Eugenio (Napoli
20.7.1831- Napoli 21.11.1909) partecipò anch’egli alla difesa di
Gaeta, a fine campagna rientrò in Svizzera, ma nel 1882 si stabilì
in Napoli dove vivono ancora suoi discendenti.
Il “3°
Battaglione Cacciatori”, che come abbiamo accennato prima, non era
altro che l’intero “13° Cacciatori” sciolto nel 1859, sempre al
comando del tenente colonnello Von Mechel, divenuto poi generale di
brigata, il quale con i suoi uomini combatté eroicamente, subendo un
alto numero di perdite, tra cui lo stesso figlio,
Carlo Emilio caduto presso i Ponti della Valle il 1° ottobre 1860.
Infine
ricordiamo la “Batteria d’artiglieria Estera”, detta “Batteria da quattro
leggera”, comandata dal capitano Errico Fevot (24.5.1816 – Gaeta
4.11.1860) che cadde in combattimento, per difendere la ritirata
delle truppe napoletane verso Gaeta, insieme al suo secondo, il
capitano Casimiro Bruner (9.11.1829 – Gaeta 4.11.1860): il comando
passò al capitano Roberto De Sury (7.3.1821 – 8.5.1868) che si
comportò con gran valore durante l’assedio.
In
conclusione i reparti esteri soffrirono gravi perdite,
scrivendo una splendida pagina di storia. Subirono, invece, dai
Piemontesi (nelle cui file militavano moltissimo stranieri) un comportamento discriminatorio, non
venendo considerati
nelle trattative di resa come truppe combattenti e degne di onore e
rispetto.
Molti a
fine conflitto decisero di trasferirsi definitivamente a Napoli
arricchendo la popolazione napoletana di cognomi stranieri.
Ciro La
Rosa
luglio
2008 |