È strano come si possano passare ore o interi giorni
ad osservare le proprie monete nell’intento di scorgere un nuovo
particolare involontariamente trascurato a prima vista. In genere ci
soffermiamo ad osservare parti di una moneta che per scontato ci
fanno stabilire lo stato di conservazione o il grado di rarità,
eppure…… quando meno te lo aspetti ti capita di scoprire, talvolta
in maniera fortuita, una variante o un particolare inconsueto per
quel determinato tipo di moneta. In questo articolo studieremo la
presenza delle sigle “A. C.”, iniziali dell’incisore Andrea Cariello,
su alcuni 10 Tornesi napoletani datati 1847 del tipo “Testa Grande”.
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Ritratto di Ferdinando II Re del Regno
delle Due Sicilie (olio su tela, firmato “P. La Monica
F. 1851” cm 80x64). Coll. Salvatore D'Auria |
Eviteremo di riportare in questo articolo la biografia
di Ferdinando II di Borbone e delle varie vicende del regno,
argomenti questi, abbondantemente narrati e commentati in altre
sedi, daremo però brevi spunti a carattere generale sul contesto
storico di questo sovrano per comprendere al meglio una delle
monetazioni più collezionate e stimate dai numismatici.
Durante il periodo di regno di Ferdinando II, nelle
Due Sicilie si vissero anni di prosperità economica e di conquiste
socio-culturali, vi fu un diffuso benessere e si raggiunse una serie
interminabile di primati economici e tecnologici fino ad allora
detenuti esclusivamente da nazioni come Francia e Inghilterra. Nel
1830 il giovane Ferdinando ereditò una situazione difficile ma seppe
essere all’altezza, si impegnò concretamente in primis per il bene
della nazione emanando leggi di indiscutibile utilità e facendo
ricorso in molti casi, alla cassa personale affinché si
affrontassero i problemi reali del suo popolo, fu un sovrano di
carattere forte e deciso e per questo attirò l’odio e le invidie di
coloro che mal sopportavano il suo energico temperamento. Dopo le
prime rotture con l’Inghilterra a causa dei mancati accordi sullo
sfruttamento dello zolfo in Sicilia e le mire espansionistiche del
Piemonte sulla penisola italiana, ebbe inizio oltre confine un
inarrestabile danneggiamento dell’immagine del sovrano e del suo
regno. Il Borbone venne etichettato come despota o peggio ancora. Un
sovrano e un regno vittime di una politica diffamatoria
internazionale, uno dei più noti esponenti di questa politica è
tristemente noto con il nome di William Ewart Gladstone
che nel 1888 ammise di aver fatto simili affermazioni senza mai
averne verificato l’attendibilità, queste menzogne si rivelarono
poi, efficaci strumenti atti a creare malcontento e a preparare il
terreno all’invasione piemontese del 1860.
Attraverso lo studio della numismatica e delle
medaglie è facile smentire a distanza di oltre un secolo e mezzo ciò
che di negativo venne e viene scritto sulle Due Sicilie. Al momento
dell’annessione al Piemonte, nel meridione vi erano gli oltre due
terzi delle riserve auree italiane e di numerose strutture
industriali che fecero di questo regno una potenza mondiale.
L’abbondante coniazione di monete nei tre metalli che
vi fu nei 127 anni di autonomia dinastica meridionale (1734 – 1861),
testimonia tale ricchezza e tutto ciò che venne prodotto nella zecca
di Napoli e Palermo fu espressione di una arte superiore incentivata
e seguita personalmente dai sovrani borbonici. Documenti d’epoca
narrano, ad esempio, che Ferdinando II stabilì a lavoro ultimato che
alcuni incisori di medaglie percepissero compensi superiori a quelli
stabiliti inizialmente (Cfr. Bollettino del Circolo Numismatico
Napoletano del 1939), una forma questa di incentivazione che non
poteva essere dettata se non da criteri meritocratici tipici del
buongoverno borbonico.
Andrea Cariello
fu uno dei
più validi incisori napoletani del suo tempo ed è il protagonista
principale di questo articolo.
Nell’ottocento furono pochissimi i tipi di monete
napoletane ad avere la firma dell’incisore, uno di questi è il 40
Franchi in oro del 1810, qui le iniziali del Morghen sono in
rilievo nel taglio del collo di Gioacchino Murat. Si dovranno
poi attendere gli ultimi anni di regno per trovare la firma in
incuso dell’incisore Luigi Arnaud sui due nominali (di grande
modulo) di Francesco II di Borbone (datati 1859).
Ritengo doveroso evidenziare la difficoltà tecnica per
la battitura delle due piccole lettere in incuso su un tondello di
una moneta; per rendere possibile tale operazione, il conio avrebbe
dovuto avere le stesse ma in rilievo, in modo tale da poterle
battere in negativo e non in rilievo. Infatti, proprio per questa
situazione anomala, si è inizialmente portati a mettere in dubbio
l’autenticità di tutto ciò che è in incuso su una moneta. Anche su
questo 10 Tornesi vi furono inizialmente dei dubbi ma svaniti subito
nel momento in cui, per pura combinazione, si è scoperto che anche
su altri esemplari del 1847 “Testa grande” vi sono le stesse sigle….
e per giunta……. ubicate perfettamente nello stesso punto del dritto,
una particolarità quest’ultima che ci fa escludere l’apposizione di
queste con metodi artigianali. Ipotizzando che fossero state poste
successivamente alla coniazione; quale fu il motivo che spinse
chicchessia a fare una simile operazione? Con che tipo di
attrezzatura fu possibile incudere con precisione maniacale delle
lettere così piccole senza lasciar tracce marginali di tale
operazione maldestra e senza cambiare posizione da un esemplare
all’altro? Se vi sono dubbi sull’autenticità di queste sigle,
allora si dovranno mettere in discussione tutte le sigle in incuso
presenti nelle migliaia di monete di Francesco II di Borbone. I
nominali in argento da 120 Grana e quelli in rame da 10 Tornesi
napoletani di Francesco II di Borbone del 1859 hanno in comune lo
stesso ritratto e presentano in entrambi i casi le sigle in
carattere corsivo “L. A.”, iniziali dell’incisore Luigi Arnaud,
altro grande incisore di medaglie napoletane, rimasto in carica a
Napoli fino al 1871
e figlio
dell’incisore Achille Arnaud.
Opus: Luigi Arnaud
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Monete
da 120 Grana e da 10 Tornesi del 1859 con l’effigie di
Francesco II di Borbone (solo dritto). Clicca sulle
immagini per ingrandirle |
Andrea Cariello è senza ombra di dubbio l’incisore
siglatosi sui 10 Tornesi presi in esame (immagini 2, 3 e 4) e fu un
artista di ineccepibile bravura (cfr. biografia in nota 3), alcune
documentazioni narrano di un Cariello scultore, decoratore e
incisore, sono documentati inoltre, alcuni suoi lavori di precisione
su pietre dure. Vengono riportate qui di seguito alcune lettere di
archivio riguardanti una sua opera in particolare. Leggendo ciò
siamo portati a pensare che la difficoltà sopraggiunta alla
coniazione di due semplici lettere in incuso su tondelli da 10
Tornesi fu sicuramente cosa da poco se viene paragonata alle sue
opere di inusitata precisione e per le quali vennero affrontate ben
più grandi difficoltà tecniche. Con la scoperta di queste lettere
in incuso, il Cariello e l’Arnaud, risultano al momento come unici
incisori ad aver apposto, arbitrariamente o meno, le loro iniziali
su monete napoletane (nell’800 borbonico). Se si prende in
considerazione il corpus delle loro medaglie è chiaro che entrambi
ebbero in comune qualità artistiche insuperabili. Nel decreto del 20
Aprile 1818 si stabilirono regole ben precise riguardanti
caratteristiche e bontà dei metalli per le monete in oro, argento e
rame. Nel titolo V di questo decreto, e precisamente nell’articolo
18, vennero stabilite (regnando Ferdinando I) anche le leggende dei
dritti, rovesci e dei tagli delle diverse monete, è sottinteso
quindi che, in base a quanto decretato, non vennero ammessi
ulteriori simboli o scritte. Il motivo della presenza di due sigle
misteriose solo su alcuni esemplari e non su tutti è da attribuire
forse ad un’iniziativa personale del Cariello e fatta con l’intento
di suggellare il suo nome a dispetto delle regole e farle passare
inosservate agli occhi della Commissione, se queste fossero state autorizzate
dalla direzione sarebbero state apposte su tutte le monete di quel
millesimo o di quella tipologia e certamente non misteriosamente
piccole. A ragion del vero, le iniziali dell’Arnaud sulla
monetazione di Francesco II del 1859 furono senza ombra di dubbio
autorizzate dal giovane sovrano delle Due Sicilie, diversamente, non
sarebbero state apposte su tutti gli esemplari da 120 Grana e 10
Tornesi napoletani.
Lettera dell'Archeologo Mons. Galante.
“Vi sono tenutissimo pel piacere datomi di avermi fatto osservare
questo prezioso cimelio del Salvatore, che spezza il pane; lavoro
veramente ammirabile, di cui non ricordo di aver veduto mai altro
simile. Non solamente è meraviglioso per la rara grandezza della
pietra, in cui è lavorato, ma per la squisitezza dell'arte, con cui
è condotto. Con sentimento di stima mi riaffermo. Dev.mo Mons.
Galante.” Lettera di Boucheron, uno dei principali
gioiellieri di Francia. “In riscontro alla vostra lettera
del 22 corr. (scriveva nel Gennaio 1900 al figlio dell'artista) il
signor Boucheron m'incarica dirvi, che gli è affatto impossibile
stabilire un valore per la vostra grande gemma mancandogli il
paragone per valutarla.” Per F. Boucheron: A. Radine
(La gemma alla quale si riferisce sopra-citata
documentazione è citata nella nota 3 di questo articolo riguardo la
biografia del Cariello).
Fig.1: 10 Tornesi del II tipo. Coniato a Napoli. Diam.
38mm. Gr. 31,18. Al dr./ FERDINANDVS II . D. G. REGNI
VTR. SIC. ET HIER. REX *. Testa del Re a destra. Al rov./
Corona reale / TORNESI / DIECI. All’esergo 1847.
(Pannuti Riccio 192. Gigante 194)
Opus: Andrea Cariello |
Clicca sulle immagini per ingrandirle |
Fig.2: 10 Tornesi del III tipo (testa grande). Coniato
a Napoli. Diam. 38mm. Gr. 31,15. Al dr./ FERDINANDVS II
. D. G. REGNI VTR. SIC. ET HIER. REX *. Testa del Re a
destra. Nel taglio del collo. A. C. (in incuso). Al rov./
Corona reale / TORNESI / DIECI. All’esergo 1847. (Pannuti
Riccio 198bis. Gigante 201) |
Clicca sulle immagini per ingrandirle |
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Fig. 2a: 10 tornesi 1847 testa grande
particolare obliquo |
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Fig. 2b: 10 tornesi 1847 testa grande
particolare obliquo |
I 10 Tornesi di Ferdinando II del II e III tipo si
differenziano tra loro per l’espressione e le dimensioni del
ritratto del sovrano, queste ultime più evidenti nelle superficie
delle guance (dette differenze sono riscontrabili anche nei 120
Grana in argento del IV e V tipo del 1841). Nel III tipo le
dimensioni dell’effigie sono lievemente maggiori rispetto a quelle
del secondo tipo e l’espressione del viso è più colorita. Esistono
poi delle varianti per quanto concerne la grandezza dei caratteri al
rovescio della scritta TORNESI DIECI ma queste ultime, essendo delle
semplici varianti, non influiscono in alcun modo nella distinzione
tra i due tipi. Sia nel Pannuti - Riccio che nel Gigante si fa
distinzione dei due tipi in base ai criteri sopra-citati e non in
base alla grandezza delle lettere al rovescio.
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Fig. 3 |
Fig. 3a |
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Fig. 4 |
Fig. 4a |
Clicca sulle immagini per ingrandirle |
Le iniziali in questione, come già accennato, sono ben
visibili in altri esemplari da 10 Tornesi del 1847 “Testa grande”
(immagini 3 e 4) e la loro esistenza è stata di recente segnalata da
un simpatico signore milanese di nome Eros Guglielmo in una
determinata sezione numismatica gestita dal sottoscritto sul forum
www.lamoneta.it. In realtà questo signore ammetterà
successivamente che la moneta stava per essere acquistata da lui ma
dopo aver fatto notare al venditore, in fase di trattativa, due
taglietti superficiali al dritto, l’incredibile scoperta sotto la
lente d’ingrandimento è stata inevitabile! Per la stesura di questo
articolo ho ritenuto opportuno contattare il proprietario della
moneta (immagine 2) chiedendogli altre immagini più dettagliate
affinché l’articolo venisse corredato al meglio, fortunatamente c’è
stata molta disponibilità da parte dei due scopritori. L’esemplare
in questione è in buono stato di conservazione e quindi le sigle si
scorgono in maniera molto nitida, un po’ meno nitide ma evidenti
sono quelle sull’esemplare nell’immagine 3 per via dello stato di
conservazione (intorno al BB), nell’immagine 4 invece, a causa della
bassa risoluzione dell’immagine proveniente da un catalogo d’asta,
vi è poca nitidezza, ma quanto basta per scorgere anche qui le
sigle.
Riteniamo impossibile, in caso di mancanza delle sigle
“A. C.” e di documentazione ad esse riferite, attribuire al Cariello
la paternità di questa effigie per tutte le altre monete napoletane
da 120 Grana 1841 (V tipo) e da 10 Tornesi 1841, 1844, 1846 e 1847 (III
tipo). In numismatica c’è bisogno di certezze e al momento l’unica
certezza è presente nelle due sigle …… “A. C.”.
Osservazioni su Andrea Cariello
e sul suo primo lavoro alla zecca di
Napoli
Nel Decreto 2329 del 17 Marzo del 1829 firmato dal Re
Francesco I di Borbone vi è “il regolamento riguardante i lavori
che eseguirsi debbono nel Gabinetto d’incisione dell’Amministrazione
generale delle monete, il metodo del servizio e le attribuzioni di
ciascuno degl’impiegati” . La riforma entrò in vigore il 1°
Gennaio 1830. Secondo l’articolo 6 di questo decreto “Gli alunni
si occuperanno a’bozzi dei disegni sotto l’ispezione del Direttore,
e s’instruiranno nel bollino presso quegl’incisori che crederà di
assegnare loro il Direttore”. In base a quanto decretato è
chiaro che agli alunni verrà difficilmente affidata l’incisione
l’opportunità di firmare conii per medaglie o monete.
Nel rovescio della medaglia dedicata da Cariello a
Francesco I di Borbone, coniata prima del Novembre 1830 (cfr.
immagine 5), il ventitreenne artista volle sottolineare il suo
contributo come Alunno del Gabinetto d’incisione e non come incisore
della zecca. Il Rega e il De Rosa autorizzarono ed approvarono tale
opera, tanto da decretare un quantitativo di metallo prezioso a
disposizione di un alunno per il suo primo personale omaggio
numismatico “all’Ottimo Principe”.
Opus: Andrea Cariello
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Fig. 5:
Medaglia (1830) in argento. Diam. 35 mm. Coniata a
Napoli per omaggio al re Francesco I di Borbone. Al dr./
FRANCESCO I . RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE P. F. A.
Testa a destra del Re. In basso A. CARRIELLO F. / F.
REGA D. Al rov./ Nel campo: ANDREA CARRIELLO / ALUNNO
DEL GABINETTO D’INCISIONE / QUESTO SUO PRIMO LAVORO /
ALL’OTTIMO PRINCIPE / OFFRE E CONSACRA. In basso: P. DE
ROSA M. P. (Ricciardi 157. D’Auria 161) |
Fonte dell’immagine. D’Auria Salvatore.
Il Medagliere, avvenimenti al Regno delle Due Sicilie, già Regno di
Napoli e Regno di Sicilia, 1735-1861.
Ciò che rende questa medaglia interessante, è la
versione del cognome al dritto e al rovescio di Carriello e non
Cariello. Un soprannome? Un errore fatto di proposito? Per quale
motivo? Il cognome vero fu Cariello e a tal proposito basti ammirare
la splendida serie di medaglie napoletane di medio e grande modulo
degli anni successivi. Non basterebbe tempo e spazio sufficiente in
un articolo per illustrarle e commentarle tutte, cito ad esempio
quella datata 1836 per il completamento della basilica di S.
Francesco di Paola e per la nascita di Francesco Duca di Calabria,
quest’ultima datata 1836 e coniata nel
1842 a causa della bocciatura iniziale da parte del Re del primo
progetto e l’approvazione del modello del Cariello. In tutte queste,
la firma dell’artista è inconfondibile e ben leggibile “Andrea
Cariello” e non “Carriello”.
Note
In Italia Lord Gladstone è tristemente famoso per la lettera
che inviò nel 1851 a Lord Aberdeen, intrisa di concetti
sprezzanti nei confronti dei Borbone, definiti addirittura:
"Negazione di Dio". La lettera ebbe larga eco in tutta
l'Europa, contribuendo in modo sensibile alla campagna
diffamatoria nei confronti della Casa Regnante. In realtà
essa fu concepita ad arte su iniziativa di Palmerston, come
lo stesso Gladstone dichiarò in occasione del suo ritorno a
Napoli, nel 1888. Amante dell'Italia e della sua lingua, a
partire dal 23 dicembre 1893 Lord Gladstone fu socio
corrispondente dell'Accademia della Crusca. Fonte:
Wikipedia
Andrea Cariello (Padula, 1 dicembre 1807 - Napoli, 1870) è
stato uno scultore e incisore italiano. Figlio di un modesto
artigiano, dimostrò molto presto spiccate tendenze
artistiche. A quindici anni era allievo di uno scultore in
legno a Napoli; passò poi alla scuola di glittica di F. Rega
all'Istituto di Belle Arti e si distinse come incisore di
pietre dure e medaglista. Il re delle Due Sicilie Ferdinando
II lo chiamò come incisore alla Zecca Reale dal 1831. In
questo periodo coniò molte medaglie, tutte caratterizzate
dalla classica compostezza dei ritratti. In materia di
scultura si cimentò nei busti marmorei di Ferdinando II e
nel ritratto della Regina Madre. Lavorò inoltre agli stucchi
che decorano le volte del palazzo reale di Napoli,
particolarmente nella sala del trono. Nel 1843 passò a
decorare la Reggia di Caserta insieme con altri artisti.
Divenuto molto noto anche fuori del Regno delle Due Sicilie,
venne invitato dal Primo Ministro C. Moore a Londra per
assumere l'incarico di direttore della Zecca britannica, ma
rifiutò per rimanere a Napoli. Tra le numerose altre opere
di scultura (bronzetti, terrecotte, gessi) ed incisione
(medaglie e monete). Il capolavoro del Cariello consiste in
una incisione su un topazio del peso di 1,591 kg
raffigurante "Il Redentore che spezza il pane eucaristico",
la cui foto compare nella rivista "La Tribuna Illustrata"
del 31 agosto 1902. Di tale inestimabile pietra preziosa,
definita da una commissione francese di esperti "il più
grande gioiello artistico del mondo", dopo il 1914, anno in
cui verosimilmente fu messa in vendita, non si hanno più
notizie. Fonte Wikipedia.
La zecca di Napoli batté la sua ultima moneta nel 1866 (5
Lire argento) ma il gabinetto d’incisione funzionò anche
dopo tale data per la coniazione di sole medaglie. L’ultima
medaglia firmata dall’Arnaud è quella del 1871 per
l’esposizione internazione delle industrie marittime in
Italia. Cfr. asta Varesi 49 – Utriusque Sicilie, Aprile
2007, lotto 366.
La Commissione, come citato nell’articolo 19 del Decreto del
20 Aprile 1818: Le monete fabbricate nella nostra zecca
non potranno essere messe in corso se prima non ne sia stato
verificato il titolo ed il peso, a’ termini della presente
legge. …… Art. 22: I saggi di titolo saranno fatti
con tutte le regole chimiche, e saranno depositati nella
nostra zecca. In caso di frode nella esecuzione dei saggi,
gli autori, fautori e complici saranno puniti come monetari
falsi. ………. Le sigle A.C., in considerazione dei
controlli sul solo titolo e peso passarono sicuramente
inosservate.
Articolo pubblicato nel mese di Marzo 2010
Pubblicazione on-line di Luglio 2010
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