L’imponente basilica di San
Domenico Maggiore, nel cuore antico di Napoli, lungo il decumano
inferiore, è pervasa di fascino e mistero.
Nel Cappellone del Crocifisso
della Basilica di San Domenico Maggiore, (già san Michele Arcangelo
a Morfisa), il 24 giugno 2007, dopo due anni chiuso per restauro, è
stato riaperto il sepolcro Carafa, restaurato su progetto della
Soprintendenza di Palazzo Reale, con finanziamento del Ministero
dell’Interno.
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Lapide del 1272 per il
magistero di Tommaso d'Aquino |
Chiesa eletta dalla nobiltà,
Centro di Studi teologici, fu dedicata dal Papa Alessandro III a San
Domenico e all’ordine Mendicante, che si proponeva l’insegnamento e
la predicazione. Eretta dai domenicani (1283-1324), in forme
gotiche, vi insegnò
San Tommaso D’Aquino e, fra i più insigni alunni, si ricordano
l’umanista Gioviano Pontano e il filosofo Giordano Bruno. Voluta da
Carlo II D’Angiò, la struttura è il Pantheon di sepolture
della Famiglia Carafa, vi domina il monumento a Diomede Carafa del
1470, in stile rinascimentale, eseguito da Giacomo della Pila e
Domenico Gagini.
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Il soffitto del Cappellone |
Sul lato sinistro nel Cappellone,
vi è la Cappella dei Carafa, Conti di Ruvo di Puglia, uno scrigno di
scultura napoletana tra il XV e XVI secolo, decorata in marmo dal
Malvito, con il sepolcro del conte di Ruvo Ettore Carafa, (fratello
di Oliviero, detto il Gran Cardinale e dell’Arcivescovo
Alessandro). Il sepolcro di Ferdinando Carafa (morto nel 1593) è
attribuito a Giovanni da Nola. Gli affreschi sulla volta, sono di
Michele Regolia.
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Sepolcro di Ettore Carafa
conte di Ruvo |
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Particolare dell'epigrafe |
All’interno del Cappellone si
trova un piccolo presepe ligneo del 1507, eseguito dal bergamasco
Pietro Belverte, costruito con pietre portate da Betlemme. I
personaggi erano originariamente 28 e l’altezza, a giudicare dalle
figure superstiti, di circa 140 cm. (A. Doratti).
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Il presepe ligneo del 1507 |
Sopra l’altare settecentesco,
entrando a destra, vi è una riproduzione del Crocifisso (metà XIII
sec.) che, secondo la tradizione avrebbe parlato a San Tommaso
d’Aquino, (parente dei Carafa), “Bene scripsisti de me, Thoma;
quam ergo mercedem recipies?” E il santo rispose: “Non aliam
nisi te” (Tommaso, tu hai scritto bene di me, che ricompensa
vuoi? Niente altro che te, Signore)
Nella basilica di San Domenico
Maggiore, San Tommaso d’Aquino insegnò Teologia e, in seguito,
compose la terza parte della Summa Theologiae. San Tommaso, nelle
prediche, si rivolgeva al popolo usando il volgare e non il latino.
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La tomba di Ettore Carafa |
A lato della controfacciata si
apre la rinascimentale Cappella Salluzzo, fondata dai Carafa nel
1508, mentre all’ingresso della chiesa, vi sono due cappelle
laterali, la cappella di destra è dei Carafa, a sinistra abbiamo
quella dei Muscettola, in ambedue sono conservate opere
straordinarie. Nella cappella Carafa, dedicata a san Martino, si
trovano la tomba di Galeotto Carafa di Romolo Balsimelli e la tomba
di Filippo Saluzzo di Giuseppe Vaccà, sull’altare una tela
attribuita al fiammingo Cornelius Smet. Quattro tele del De Vivo
(primi ‘800) adornano la cappella.
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La tomba di Luigi Carafa,
principe di Stigliano |
Il feretro di Luigi Carafa,
principe di Stigliano, è nella sagrestia, celebre per la presenza,
oltre alla lapide sepolcrale di Richard Luke Concanen, (primo
vescovo cattolico di New York, morto a Napoli nel 1810), di illustri
feretri di reali che contengono i corpi imbalsamati, fra i quali,
Ferrante I re di
Napoli, marito di Isabella di Chiaromonte, (Taranto 1424 – Napoli
1465), principessa di Taranto, figlia di Tristan Clermont – Lodeve,
conte di Copertino - Puglia; Isabella d’Aragona, ducissa di Bari e
Milano; Ferdinando Orsini, duca di Gravina (Puglia)…
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Feretri nella sagrestia,
con il mantello verde, Isabella D'Aragona, ducissa di
Bari e Milano |
Il convento fu sede dal 1515 al
1615 dello
Studium, l’istituzione fondata da Federico II, dalla quale
ebbe origine l’attuale Università.
Volta della sagrestia,
affresco Trionfo della Fede nell’Ordine Domenicano di
Francesco Solimena.
Le pareti della sagrestia sono decorate da stalli in
legno di noce intagliate. Il luogo conserva 45 feretri.
I corpi imbalsamati sono stati oggetto di studi da parte
della Divisione di Paleopatologia dell’Università di
Pisa (anni 1980). |
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Emilia Carafa |
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Margherita Carafa |
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