Sud Illustre

 

 

Pietro da Eboli di Mariano Pastore

 

Presentazione volume "De Rebus Siculis Carmen ad honorem Augusti"


Pietro da Eboli “De balneis puteolanis”(I bagni di Pozzuoli) dedicato al “Sol Mundi” Federico II di Svevia.

di Mariano Pastore

Il componimento poetico di Pietro da Eboli sulle acque termo-minerali, ubicate tra Napoli e Baia e da lui genericamente detta “Terra di Lavoro”, scritto nella seconda decade del sec. XIII e conosciuto sotto il titolo De balneis Puteolanis, fu la fonte principale su tale argomento, alla quale hanno fatto capo scrittori e poeti posteriori. Se non conoscessimo tale opera, i reperti che riaffiorano appena si accenna ad uno sterramento o prosciugamento resterebbero privi di tutti i motivi che li riallacciano alla storia della medicina ed alla pratica terapeutica e balneare.

Il nome dell’autore del De balneis Puteolanis rimase nascosto dietro altri nomi fino alla metà del diciannovesimo secolo, quando A. Huillard-Bréholles identificò l’autore del trattato in un Pietro d’Eboli. Gli studiosi del tempo, attraverso le loro ricerche, conclusero che probabilmente era un medico della famosa Scuola Salernitana, non troppo fortunato poichè il suo poema più famoso, il “De Rebus Siculis Carmen…”, rimase ignoto per più di cinque secoli ed il “De balneis…” attribuito, quasi per altrettanti secoli, ad altri autori. Da documenti trovati dal prof. Siragusa alla mensa Arcivescovile di Salerno sappiamo che Pietro visse tra il 1150 ed il 1220. Fu sostenitore della Casa degli Hohenstaufen, nella corte sveva il suo estro poetico aveva trovato piena libertà di espressione e sostegno tanto da dedicare opere alla famosa casata.

Del “De balneis…”si conoscono almeno ventidue esemplari (copie) dei secoli XIII-XV, di questi dieci sono illustrati e dodici edizioni sono dei sec. XIV-XV a dimostrazione della grande attenzione per le cure termali. In quel tempo le cure termo-minerali costituivano un naturale interesse per combattere quasi ogni genere di dolore mancando di analgesici e sedativi. La maggiore opera di Pietro da Eboli è il “De Rebus Siculis Carmen…”, dedicato all’imperatore Enrico VI. Le notizie biografiche del poeta sono limitate a quanto ci ha rivelato di se stesso in tale opera ed alla notizia contenuta in un paio di documenti, che fa risalire la data della morte prima del luglio 1220. Pietro da Eboli probabilmente fu chierico, infatti, per due volte nelle miniature del De Rebus Siculis… è raffigurato con il saio e la tonsura. Egli stesso dà notizie circa la sua attività letteraria e proprio nel De balneis…, nella dedica all’Imperatore che conclude l’opera, risulta ch’egli fu poeta di corte ed in tale qualità scrisse tre opere. Inoltre, da questo poemetto offerto all’Imperatore Federico II, apostrofato come ”Sol Mundi”, Sole del mondo. Da cronache del tempo sappiamo con certezza che Federico II si servì dei bagni di Pozzuoli nel 1227 “Imperator de Apulia tunc venit ad Balnea Puzoli” come pretesto per non bandire una crociata o perché veramente infermo, si sottopose alla cura idroterapeutica per curare i mali che lo affligevano. Adottava comunque quotidianamente la pratica del bagno, senza esclusione dei giorni festivi come allora dettava la chiesa, unendo al senso di piacere che l’acqua gli dava, il fine di un’attenta cura del corpo. Quindi Pietro, che ha già al suo attivo tre opere scritte come poeta di corte, si compiace di enumerarle tutte: la prima è il “De rebus siculis Carmen…”, dedicato a Enrico VI padre dell’Imperatore, in cui dimostra tutta la sua adulazione verso la casata sveva, e particolarmente verso Enrico VI e i suoi partigiani, e malanimo con oltraggi e vituperi indirizzati agli avversari ed in special modo a Tancredi. La seconda cantava le gesta mirabili di Federico Barbarossa, padre di Enrico VI, ma, purtroppo, è andata perduta; la terza restituisce giusta fama alle acque termali di Pozzuoli, illustrandone i luoghi, le virtù ed i nomi dimenticati. Nella dedica del “De balneis…, Pietro chiede all’Imperatore Federico II di ricordarlo per le sue opere e proponendosi di far ancora di più cantando le gesta dell’augusto figliuolo da poco nato (il futuro Enrico VII).

È stato a lungo discusso s’egli fosse, oltre che poeta di corte, anche medico di professione: era nato a Eboli, non distante da Salerno, quando la Scuola Medica Salernitana da secoli godeva di prestigio e fama internazionale, pertanto, si potrebbe arguire che avesse contatti con quel mondo, ma gli studiosi sono divisi nel dare un giudizio in merito. La cosa certa è che questo poemetto ha un importante valore documentario per la pratica della balneoterapia. Il trattamento termale che durava generalmente tre settimane, aveva luogo principalmente in primavera o in autunno, al riparo degli eccessi del clima. Il bagno era alla base di ogni cura: nei primi giorni si cominciava con pochi minuti di immersione, per prolungare il tempo man mano che il paziente si abituava al calore delle acque. I bagni si associavano ad una serie di prescrizioni dietetiche e igieniche basate per la maggior parte, sui principi tradizionali codificati dal Regimen Sanitatis della Scuola Medica Salernitana.

Da poeta non si dimostra come uno dei tanti imitatori dei classici; ma, per la sveltezza della forma e la freschezza della rappresentazione, forse il migliore fra i verseggiatori del suo tempo (Siragusa). Il poema originale vergato dallo stesso Pietro è andato perduto, ma il codice 1474 della Biblioteca Angelica è la copia più antica che se ne conosca. Raccoglie ventisei carte comprendenti diciotto pagine miniate e venti pagine di testo in versi che descrivono altrettanti “bagni”termali con le virtù attribuite ad ogni tipo di acqua; ciascuna è accompagnata da una miniatura a piena pagina, che illustra e amplifica il contenuto del testo; il Codice [1] misura cm.15,7 x 19,6 è pergamenato e rilegato con una copertina di epoca posteriore al manoscritto, anch’essa di pergamena e chiusa da una bindella di pelle bruna. Come si legge a margine della prima carta, appartenne ad un certo Mario Guidarelli; tuttavia non si conoscono le vicende né la data in cui entrò a far parte della raccolta di manoscritti della Biblioteca Angelica. Il volumetto è databile verso la fine degli anni cinquanta del secolo XIII ed è attribuito ad una bottega napoletana impegnata attivamente per la corte sveva; è un esemplare eccellente di produzione libraria di lusso, di carattere scientifico-divulgativo. Pietro da Eboli lo scrisse tra il 1211 ed il 1220 ed è un’accurata descrizione dei luoghi e delle qualità delle acque; in tutto il lavoro traspare il tentativo di auspicare il recupero archeologico delle antiche strutture termali, maestose rovine che la tradizione medievale legava a miti e divinità pagane, infatti, gli epigrammi del poema sono il frutto di conoscenza degli antichi testi medici oltre che delle iscrizioni latine presenti negli stabilimenti flegrei. Non si hanno notizie dell’autore che eseguì le miniature del codice Angelicano, né se abbia tratto ispirazione dall’originale, anche se qualche studioso ipotizza che l’opera autentica fosse priva di illustrazioni. Altri sostengono che Pietro da Eboli non avrebbe mai donato all’Imperatore un’opera priva di qualsiasi apparato iconografico e solo una causa esterna avrebbe impedito a Pietro il completamento dell’opera: la sua morte.

Il manoscritto dell’Angelica è un esemplare di poco più tardi rispetto all’originale, probabilmente dell’epoca di Manfredi (1232-1266), figlio di Federico II e, rispetto ai 35 epigrammi che descrivono altrettanti “bagni”della versione originale, ne riporta solo 18 di cui il primo è il proemio, gli altri epigrammi, fuorchè il primo, si trovano al verso d’ogni carta, mentre le illustrazioni al recto. Non tutti gli epigrammi si riferiscono all’illustrazione che hanno a fronte, a causa della mutilazione sofferta dal codice che ha perduto diciotto carte, compresa quella della miniatura dedicatoria, e per lo spostamento d’un foglio avvenuto all’atto della rilegatura. Dal suo apparire, il “De balneis…”, ebbe un grande successo editoriale e tra le tante edizioni a stampa si trovano molte copie volgarizzate sia in italiano che in francese. Nel commento che accompagna il manoscritto si apprende che “il miniatore del codice della Biblioteca Angelica sembra essere stato un artista operante nell’ambito dei soggetti sacri. E ciò ben si confà alle vivace scene che illustrano un testo come il “De balneis Puteolanis…, se pensiamo che la mitologia popolare medievale associava alle località termali, fra acque sulfuree e vapori, addirittura l’immagine inquietante del Purgatorio, scene nelle quali figure di uomini e donne, disposte quasi sempre in più di una fila, sono immerse nelle vasche e nelle pozze naturali fino al busto o alla cintola. Oppure sembrano figure che aspettano il Battesimo della moltitudine (il battesimo impartito da Giovanni alle folle che accorrevano presso le rive del Giordano), iconografia che nell’arte medievale si era andata affermando tra i scoli X e XI”. Il codice fu oggetto di intense ricerche soprattutto a partire dalla fine dell’Ottocento, oggi presenta una vasta documentazione bibliografica.

Le fonti da cui provengono la maggior parte di queste notizie sono: 1) A. Huillard-Bréholles –”Mémories de la Società des Antiquaries de France”, XXI,1852 pp. 334-353. Nel 1852 identificò con certezza l’autore del De balneis: Pietro da Eboli e non Alcadino Siciliano (XII sec.) o Eustazio da Matera (XIII-XIV sec.) come fino allora creduto. 2) E. Percopo – “I Bagni di Pozzuoli” poemetto napoletano del sec. XIV, “Archivio Storico per le Province Napoletane”, 1886 ristampa anastatica A. Forni Editore 1974. 3) “L’antica scienza campana del benessere: i Bagni di Pozzuoli e la Regola Salernitana”, dal Ms. XIII. C. 37 della Biblioteca Nazionale di Napoli. Supplemento alla rivista “La Provincia di Napoli” n. 5/6 – 1991. 4) Petrus de Ebulo – “Nomina et Virtutes Balneorum sev de Balneis Puteolorum et Baiarum”. Codice Angelico 1474, introduzione di Angela Daneu Lattanti, Istituto Poligrafico dello Stato – Roma, gennaio 1962.

Mariano Pastore


Note

[1] Il termine Codice, di etimologia incerta, deriva dal latino caudicem che inizialmente significava “tronco d’albero”, poi anche “tavoletta su cui scrivere”. Anche il termine liber (da cui il nostro libro) che, sempre in latino, definiva “lo strato posto sotto la corteccia dell’albero”, prende origine dai primitivi supporti scrittori.


Visualizza la galleria fotografica di Mariano Pastore su "I bagni di Pozzuoli" di Pietro da Eboli


Edizione Internet de Il Portale del Sud ®, novembre 2010.

Centro Culturale e di Studi Storici "Brigantino - il Portale del Sud" - Napoli e Palermo admin@ilportaledelsud.org ®copyright 2010: tutti i diritti riservati. Webmaster: Brigantino.

Sito derattizzato e debossizzato