Siamo
all’alba del ‘600 e sul
vice-Regno di Napoli dominano gli Spagnoli. Filippo III regnerà
per ventitre anni fino al 1621 su un impero “dove il sole non
tramonta mai”. Filippo II, suo padre, soleva dire “Dio mi ha
donato tanti regni e mi ha negato un figlio che sappia governarli”.
Egli salì al trono all’età di diciannove anni e nonostante fosse di
animo buono dimostrò una notevole incapacità nel regnare, per questo
motivo preferì disinteressarsi dello stato ed affidare tutto nelle
mani dei suoi fedeli ministri, questi ultimi, una volta al potere
favorirono i propri interessi conducendo una politica decisamente
personale. Questa situazione di disinteressamento totale da parte
del sovrano non giovò certo alla propria immagine, egli era visto
infatti come una figura simbolica e rappresentativa con una mediocre
personalità e non come un grande condottiero quale suo nonno Carlo
V.
Nei
ventitre anni di regno di Filippo III (1598-1621), la Spagna non
dovette affrontare molti eventi bellici ma il sovrano non seppe
approfittare di questa situazione pacifica per risanare le piaghe
del suo reame, al contrario fu l’inizio di un periodo di totale
decadenza che vide la Spagna esser schiacciata dalle altre potenze
europee quali Francia ed Inghilterra. La crisi ebbe conseguenze
devastanti sulla popolazione, ed a pagarne le spese furono gli Stati
annessi, in particolar modo il Regno di Napoli, soggetto sempre di
più a continue ed assurde imposte che dovevano servire a far fronte
agli sprechi della corte spagnola.
La
decadenza si nota anche dalla situazione monetaria: le notevoli
quantità di metalli preziosi che arrivarono dalle Americhe andavano
a finire nelle mani dei nobili, e l’inflazione aumentava. La
popolazione, che non era in possesso di queste ricchezze, doveva
comunque affrontare i continui aumenti dei prezzi dei prodotti di
prima necessità, per cui la povertà aumentò in modo vertiginoso e
molte persone per sopravvivere si dedicarono al banditismo e al
brigantaggio.
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fig.2 Mezzo Ducato d'argento, periodo 1598-1621.
Filippo III di Spagna regnante. Clicca sull'immagine per
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Le monete
d’argento coniate a Napoli durante i periodi di regno di Filippo III
e Filippo IV sono da ritenersi tutte rare, per non parlare di quelle
di medio e grosso modulo che sono di grande rarità, alcune delle
quali conosciute in non più di dieci esemplari per tipo. Un fattore
molto importante è lo stato di conservazione: c’è da dire infatti
che oltre il novanta per cento di suddette monete presenti sul
mercato è composto da esemplari abbondantemente tosati e in alcuni
casi ci troviamo di fronte a monete che hanno assunto forme quadrate
o rettangolari. Inoltre, secondo alcune analisi fatte fare da me su
alcuni mezzi Ducati di Filippo III datati 1609, in numerosi
esemplari è stata individuata una notevole quantità di rame presente
nell’argento, atto fraudolento da parte dei coniatori che
sostituirono il metallo prezioso durante la produzione dei tondelli
con del rame; ho notato infatti sulla superficie dei mezzi Ducati,
dopo averli accuratamente ripuliti da alcune macchie di impurità,
delle chiazze di rame rosso. Se il tondello fosse stato di argento
quasi puro, la coniazione sarebbe riuscita senza alcun problema, ma
il rame presente induriva i tondelli e la coniazione risultava nel
novanta per cento dei casi difettosa.
Secondo
il metodo Gigante possiamo classificare questo tipo di moneta nella
terza classe, in pratica, i difetti sono un fattore comune e non un
eccezione, per questo motivo trovare una moneta di Filippo III o
Filippo IV perfetta è un impresa difficilissima per non dire
impossibile. I difetti maggiormente riscontrati in suddette monete
sono: fratture nel tondello (fig. 3), schiacciature di conio (fig.
4), debolezze di conio, conio scentrato e doppia ribattitura
scaturita da uno sbalzo di conio (fig. 5).
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fig.3 |
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fig. 4 |
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fig. 5 |
Durante
il periodo di regno di Filippo III, nella zecca partenopea si
susseguirono due maestri di zecca; il primo, Giovanni Antonio Fasulo
era attivo alla zecca già dal 1594 (durante il Regno di Filippo II),
il suo successore Giovanni Francesco Citarella lo successe nel 1611
e rimase in carica fino al 1621.
La
monetazione di Filippo III si divide in due fasi; la prima, dal 1598
al 1610 è caratterizzata dalla presenza dell’effige del giovane
sovrano con il collo nudo, nella seconda, invece, si nota l’effige
di quest’ultimo già in età matura con il classico collettone
seicentesco.
Abbastanza nota fu la coniazione del mezzo Ducato in questione a
ricordo di una importante riforma monetaria che ci fu nel 1609 (fig.1),
bisogna dire infatti che fino a questa data i pesi e la bontà del
metallo rimasero invariati rispetto a quelli del periodo di regno di
Filippo II. Nella maggior parte dei casi furono battuti con la data
1609, pochissimi con la data 1610, altrettanti pochi esemplari hanno
un piccolo castello al posto della data, per quanto riguarda gli
esemplari datati 1609 e 1610 c’è da dire che nella maggioranza dei
casi la data è poco leggibile in quanto il conio risultava esser
difettoso proprio in quel punto.
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fig. 6 |
In questo
articolo ho ritenuto opportuno illustrare le varie differenze dei
ritratti presenti su queste monete (fig. 6), si notino infatti le
diversità tra i vari componenti del ritratto (occhi, bocca, baffi,
sopracciglia, dimensione del capo e lunghezza del collo), sono tutte
varianti queste che le rendono molto interessanti.
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fig. 7 |
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fig. 8 |
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Nell’esemplare datato 1610, troviamo al dritto una doppia
perlinatura sottostante la leggenda (fig.11), esistono delle
varianti riguardanti anche il rovescio, al di sopra dello stemma a
forma di cuore, può esserci una palma (fig.7) o un fiore (fig.8),
esistono esemplari invece che portano un mascherone che può avere in
alcuni casi un’espressione normale (fig.9) o in alcuni casi
un’espressione “irritata” (fig.10).
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fig. 9 |
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fig. 10 |
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Esistono
inoltre alcuni esemplari con la data errata, 1909 anziché 1609, si
tratta ovviamente della seconda cifra della data capovolta (fig.
12).
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fig. 11 |
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fig. 12 |
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Articolo pubblicato nel Maggio 2002
Pubblicazione on-line del Maggio 2008 |