In questo articolo cercherò di non prolungarmi sulla
descrizione e la storia del bacino di carenaggio (o bacino di raddobbo
),
già abbondantemente documentati due decenni fa da Michele Pannuti in un
suo articolo (cfr. Bollettino del C.N.N.
1987-1990 – La medaglia commemorativa per il bacino di raddobbo di
Napoli
),
cercherò, piuttosto, di evidenziare la medaglia nella sua particolarità
artistica e decifrare un misterioso logo al rovescio passato inosservato
agli occhi di tanti studiosi e collezionisti.
Il mio primo approccio con questa medaglia lo ebbi
qualche anno fa quando mi capitò di studiare da vicino gli unici
esemplari in oro ed in argento provenienti tutti dallo stesso
proprietario, nell’osservare (meglio se con un occhio chiuso) il dritto
quasi di taglio, anziché di profilo, vidi un qualcosa difficilmente
riscontrabile su altre medaglie, per non dire unico ……… il riflesso
dell’effigie in altorilievo rispecchiando sui fondi antistanti, forma
un’immagine frontale (a tutto tondo) del volto del Principe d’Ischitella.
Qui di seguito un’immagine del taglio inclinato della medaglia (cfr.
immagine 1). L’effetto tridimensionale è sorprendente!
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Il fatto di aver creato una medaglia che con il solo
riflesso sulla propria superficie producesse un intero volto non fu una
banale casualità, bensì una rara espressione artistica, in grado di
sbalordire i numismatici nei secoli avvenire. Agli artisti napoletani
dell’epoca, si sa, non mancava certamente una buona dose di originalità
ma, in particolare, nella medaglia sub judice, l’armonia delle linee e
dei rilievi sono dimostrazioni della grande abilità del Catenacci……
riuscito a dare qui il meglio di se stesso. Egli non ebbe nulla da
invidiare agli “scultori” dell’epoca, fu un artista al passo con i
tempi. Si noti al dritto una certa semplicità intorno all’effigie del
Principe, in pratica ….. tutto ciò che non riguarda il volto non risulta
enfatizzato, basta una semplice scritta…. “FRANCESCO PINTO PRINCIPE DI
ISCHITELLA”. Tutta l’attenzione deve essere per il volto del
protagonista. Sul petto un semplice mantello, come descritto dal D’Auria
nella didascalia … busto ammantato…
A conferma di quanto appena accennato sulla semplicità
del dritto si noti la totale assenza delle tante decorazioni sul petto
(decisamente meritate), presenti invece nell’immagine ottocentesca dell’Ischitella
(cfr. immagine A).
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A. Immagine
ottocentesca raffigurante il Principe d’Ischitella. Sulla divisa sono
presenti le onorificenze e le decorazioni militari menzionate nella
seguente biografia. |
Il busto venne raffigurato a sinistra e non
diversamente per mettere in risalto la fila nei capelli dove realmente
posizionata e precisamente alla sua sinistra, proprio come risulta
nell’immagine A.
Dulcis in fundo, si noti l’esasperante precisione con
la quale vennero incisi capelli, barba e baffi …… è facile riuscire a
contare ogni loro singolo componente.
2A |
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Spostiamo ora la nostra attenzione sulla figura
storica del protagonista di questa medaglia ….. Per quale motivo venne
coniata una medaglia con l’effigie di un ministro e non del sovrano per
commemorare un’opera di tale importanza? Quest’ultima, costata all’epoca
ben 300.000 Ducati e l’impiego di 1600 operai! Chi era costui, ritenuto
così importante tale da essere “scolpito” al dritto al posto di
Ferdinando II?
Il Generale Francesco Pinto y Mendosa Principe d’Ischitella
era il ministro della Guerra e della Marina del governo del Regno di
Ferdinando II e proprio come recita il motto al rovescio della medaglia,
l’opera venne portata a termine (dopo numerosi problemi tecnici ed
accanito ostruzionismo) con VOLONTA’ E FERMEZZA nell’Agosto del
1852 (l’opera
fu iniziata nell’Aprile del 1850, dopo la tragica rottura della prima
struttura a causa di una mareggiata venne ripresa il 12 Maggio del 1851
e portata ugualmente a termine). Al Principe d’Ischitella quindi, va il
merito di aver capito più di tutti l’importanza strategica dell’opera e
la tenacia con la quale portò a termine l’opera fu notevole. Il Regno
delle Due Sicilie disponeva all’epoca della quarta flotta mondiale e
soprattutto, ai fini militari, era necessaria la costruzione di una
struttura in grado di effettuare le riparazioni alle navi da guerra a
vapore, fino a quel momento sottoposte a costose manutenzioni, queste
ultime, per forza di cose, effettuate all’estero.
Francesco Pinto y Mendosa (Napoli 8-7-1788, ivi
1-4-1875) era figlio del Principe Pasquale direttore nel 1798
della Scrivania di Razione della corte di Ferdinando IV. Francesco Pinto
y Mendosa fu con Carlo Filangieri il più noto esponente dei militari
murattiani passati nell’esercito borbonico…… Capitano degli ussari della
Guardia Reale del 1809 e caposquadrone nel 1810, fu nominato nel 1812
aiutante di campo di Murat. Nella Campagna di Russia come ufficiale del
reggimento comandato da Lucio Caracciolo di Roccaromana, fu ferito nella
battaglia della Moscova e decorato con
la
Legione d’Onore. Promosso colonnello nel Settembre 1812, fu
nominato nel Gennaio 1813 comandante in seconda dei cavalleggeri della
Guardia Reale, con i quali partecipò alle battaglie di Dresda e di
Lipsia, meritando il Gran Cordone dell’Ordine delle Due Sicilie e la
promozione a ufficiale della Legione d’Onore. ….. I Borbone lo
considerarono infatti, per il suo attaccamento a Murat, indesiderabile
come il Roccaromana e non gli permisero di lasciare Roma. Ma nel 1818
Ferdinando I incontratolo a Roma, gli concesse, come al Roccaromana, il
ritorno e il reintegro nel grado. Nel 1821, gli fu affidata la brigata
di cavalleria formata dal I e II Dragoni. La caduta, in seguito
all’invasione austriaca, del governo costituzionale imposto dai
carbonari gli costò nel Luglio del 1822 una seconda epurazione. A
differenza degli altri più compromessi, Ischitella riuscì a rimanere nel
regno dedicandosi all’amministrazione dei suoi beni. Era entrato in
possesso di una grande estensione di terreno paludoso, l’attuale
Villaggio Ischitella,
a quindici miglia da Napoli, e si dedicò con passione alla sua
bonifica………. Nel Gennaio del 1840 gli fu concesso finalmente il grado di
maresciallo di campo onorario e nel 1843 il Gran Cordone dell’Ordine di
S.Giorgio della Riunione. Quando nel Gennaio 1848 Ferdinando II concesse
la costituzione il Principe d’Ischitella era al suo seguito nella
passeggiata a cavallo che il re fece per la città per ricevere gli
omaggi della folla festante. Questi contatti con il Re gli procurarono,
il 27 Gennaio 1848, il riconoscimento del grado effettivo e il 20
Febbraio la nomina a suo aiutante generale. Si trovò così, vicino al Re
il 15 Maggio 1848, sostenendo nei propositi di resistenza alle richieste
dei deputati sul giuramento e nella decisione di far demolire le
barricate. Fu uno dei generali che con più decisioni diresse le
operazioni per reprimere la rivolta, meritando la riconoscenza del Re
che lo ricompensò in vari modi. Ministro della Guerra e della Marina nel
nuovo governo del Principe di Cariati il 16 Maggio; commendatore di San
Ferdinando il 27 dello stesso mese; il 26 Giugno 1848 il Principe fu
nominato come pari del Regno. ….... Un’altra realizzazione del Principe
fu la costruzione alla darsena di Napoli del bacino di raddobbo, opera
che consentiva alla Marina napoletana di essere autosufficiente per le
riparazioni delle navi a vapore. La costruzione del bacino fu decisa nel
1851 e terminata nell’Agosto 1852 con una spesa di trecentomila Ducati,
e il ministro per tale realizzazione fu insignito dell’Ordine di San
Gennaro……... dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie mantenne sempre
i contatti con la corte borbonica e si affermò sempre fedele ai Borbone,
pur polemizzando duramente con Pietro Calà Ulloa, che aveva criticato il
suo operato nella crisi finale del regno. Rientrato a Napoli dopo il
1870 si spense in una sua villa a Capodimonte e la notizia della sua
scomparsa non ebbe alcun rilievo sui giornali del tempo.
(fonte della biografia e dell’immagine
precedente: Album della fine di un Regno – Carlo di Somma del
Colle – Electa Napoli, 2006 – pagg. 81/82)
Analizziamo ora la medaglia partendo dal dritto …..
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2. clicca sull'immagini per ingrandire |
Medaglia
1852 in Argento. Diametro 58 mm. Coniata a Napoli. Per l’inaugurazione
del bacino di carenaggio nel porto di Napoli. (Opus: Scipione Catenacci)
Al dr./
FRANCESCO PINTO PRINCIPE DI ISCHITELLA, busto ammantato a sinistra del
Ministro della guerra e della Marina.
Al rov./
FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE. Nave “Vesuvio”
nel bacino, in
fondo il palazzo Reale e Sant’Elmo. In basso SCIPIONE CATENACCI FECE.
All’esergo: VOLONTA E FERMEZZA / 15 AGOSTO 1852. Sotto: la lettera B
(eseguita con carattere calligrafico) sovrapposta da due “magugli”
(Ricciardi
201
. D’Auria 238)
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Va detto che ufficialmente la coniazione di una
medaglia non poteva aver luogo senza l’autorizzazione del sovrano,
solitamente quest’ultimo, dopo aver preso visione del disegno o del
progetto, poteva decidere se farla coniare o meno. Autorizzare la
coniazione di una medaglia che raffigurasse un ministro al dritto fu un
caso unico nella storia del Regno, ciò venne ritenuto il più grande
tributo che un uomo di governo potesse ricevere. Il Principe d’Ischitella
fu tra i migliori ufficiali dell’esercito di Gioacchino Murat e la
carica che ebbe successivamente durante il Regno dei Borbone ci fa
comprendere quanto questi sovrani furono monarchi illuminati e quanto
per loro fu importante, per il bene della società, inserire nel proprio
governo gli uomini migliori, questi ultimi scelti in base a criteri
meritocratici, mettendo da parte rancori e vendette.
Tuttavia in questa medaglia non c’è solo il Principe
d’Ischitella, il nome di FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE fa
da padrone sul lato dove ora sposteremo la nostra attenzione… al
rovescio…
La scena qui scolpita raffigura la poppa della nave
“Vesuvio” poggiata sulla platea
con una piccola struttura in muratura in basso. A prima vista potrebbe
sembrare il bacino di carenaggio nel momento in cui la barca porta
è in fase di apertura... in realtà la barca porta è sul lato opposto,
infatti, se quest’ultima fosse in fase di apertura si sarebbe verificato
l’immediato allagamento del bacino ed il conseguente galleggiamento
della nave. Ciò è evidente anche dalle diverse scene raffigurate sui
dipinti (cfr. immagini B e C)
3 |
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...La scena presente sul rovescio della medaglia (cfr. immagine
3) è tratta proprio da un celebre dipinto ad olio su tela del pittore
napoletano Salvatore Fergola, raffigurante il bacino di carenaggio nel
giorno dell’inaugurazione (15
Agosto 1852), un dipinto attualmente presente nel Museo di San Martino
(Napoli)……
B |
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c |
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…possiamo quindi ritenere che questa medaglia è
l’unica testimonianza del noto avvenimento scolpito in bassorilievo. Qui
di seguito il disegno originale della medaglia offerta dal Duca di
Rivera al Principe d’Ischitella.
4 |
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Nel disegno, come da sempre nella medaglia, si nota
una sorta di logo al rovescio e precisamente nella parte inferiore
dell’esergo (cfr. immagine 5) …
5 |
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La presenza della lettera “B” in carattere
calligrafico (cfr.immagine 5) è segnalata per la prima volta nella
didascalia di questa medaglia nell’opera “Il Medagliere” (S.D’Auria –
Napoli -2006) al numero 238. Ciò che però rende questa semplice sigla
ancor più interessante è la presenza di due linee con l’estremità
ricurve sovrapposte ad essa. Navigando sulla rete abbiamo notato su un
interessante sito di modellismo navale (http://ordigno-model.blogspot.com/)
che questi due attrezzi venivano usati dai calafati e sono noti
con il nome di “magugli”, strumenti che
servivano per il calafataggio
degli scafi delle imbarcazioni in legno. Il
verbo "calafatare" deriva dal latino "cala facere" che significa
fare calore….. per ripulire superfici incrostate da ripristinare; questa
operazione veniva fatta sulle carene delle navi per renderle stagne.
Infatti, il fasciame della zona immersa (opera viva) veniva impeciato
con bitume per proteggerlo e stagnarlo. Periodicamente, per rinnovarlo o
per eseguire riparazioni, doveva essere asportata la pece
precedentemente applicata con il calore, cioè a fuoco. Successivamente
alla cottura, si eseguiva la chiusura stagna delle commensure delle
tavole con stoppa pressata, ed in seguito la carena veniva ricoperta con
pece calda stesa con rudimentali pennelli, costruiti con pelli dl pecora
legate ad un bastone ed immersi nelle pece calda liquefatta in un paiolo
sopra un braciere.
Nei cantieri e negli arsenali i calafati erano maestranze tenute in
grande considerazione. Per la qualifica di stagnatore di vie d'acqua, il
calafato, insieme al carpentiere, veniva imbarcato in numero vario sulle
navi, soprattutto su quelle da guerra per intervenire prontamente a
chiudere le falle provocate dalle palle di cannone dei cannoni nemici.
Nelle navi durante il combattimento i calafati erano sempre pronti ad
affrontare tali emergenze ed a chiudere eventuali vie d' acqua (cfr
www.maestriasciaecalafati.com).
Per definizione, il
Calafataggio è "l'operazione atta a rendere stagno uno scafo in
legno, riempiendo ogni fessura tra i comenti del fasciame".Alla voce
"Calafato" il dizionario riporta "operaio specializzato nel
calafatare" cioè nello stoppare e incatramare le fessure di una
nave, per renderla impermeabile all'acqua. La presenza quindi dei due
magugli sovrapposti alla “B”, quest’ultima, iniziale di Bacino,
indica quindi che dopo tante vicissitudini e problemi tecnici, il bacino
venne impermeabilizzato e portato a termine con volontà e fermezza,
proprio come testimonia il motto nell’esergo del rovescio della medaglia
e le cronache dell’epoca.
D
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E
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Le due immagini precedenti (cfr.immagini D
ed E) rappresentano gli strumenti usati dal calafato.
F
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Giornale del Regno delle Due Sicilie del 16 Agosto 1852
n. 177
Era il mattino di Domenica 15 Agosto 1852, festività dell’Assunta. La lunghissima banchina
del porto militare fu trasformata in loggiato mentre dal grembo
ellittico del bacino sorgeva il Real Vascello “Vesuvio”, costruito nel
1824, per essere racconciato: sulla sua poppa la cappella per la
celebrazione del rito di propiziazione. Sulla banchina del molo
militare, sin dalle 10 antimeridiane era schierato un battaglione del
reggimento Real Marina e i distaccamenti di tutti i corpi della
guarnigione di Napoli, in gran tenuta, tutti con le rispettive bande. Il
Cappellano Maggiore ed il clero palatino erano dentro
la
Cappella eretta sul “Vesuvio”. Erano presenti i comandanti e
ufficiali della flotta francese, lo Stato Maggiore, il Corpo dei Ponti e
Strade, il Governatore di Napoli, i capi delle Direzioni di Artiglieria
e Genio, gli ufficiali Generali. Il palco a dritta della tribuna era
occupato dal Corpo Diplomatico, dal Conte D’Aquila Luigi Carlo Maria di
Borbone, fratello del Re, Vice Ammiraglio e Presidente del Consiglio
dell’Ammiragliato, dal Contrammiragliato, dai capi di Stato Maggiore
della Flotta francese, dai Ministri Segretari di Stato, dai capi di
corte, da dame e gentiluomini della Real Camera, dal Sindaco di Napoli,
dai componenti del Consiglio dell’Ammiragliato.
Alle ore 11 arrivarono le LL.MM. con la famiglia reale, mentre dai legni
da guerra partì una salva da 21 colpi di cannone.
Indescrivibili le scene di giubilo della folla, calcolata in circa
20mila persone fra cui 599 forzati, che avevano contribuito alla
realizzazione dell’opera, ai quali veniva notevolmente ridotta la pena
da espiare. Terminata la Messa, il Cappellano Maggiore benedisse il bacino, mentre
una salva delle batterie del Corpo Militare annunciava che S.M. il Re si
allontanava per prendere posto sul “Tancredi”. Su tale vascello era
stato approntato un banchetto di cento coperti cui presero parte il Re,
la
Regina Maria Teresa, il Vice Ammiraglio Conte D’Aquila, il
Contrammiraglio, Il Generale Filangieri Duca di Taormina, Francesco
Pinto Principe d’Ischitella…
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Concludo l’articolo dedicando queste mie ricerche alla
memoria dei 1600 protagonisti sconosciuti, che portarono a termine la
costruzione di questa opera e tante parole d’elogio alla memoria
dell’incisore di questa medaglia, vera e propria opera d’arte.
Bibliografia
-
Eduardo Ricciardi – Medaglie del Regno delle Due
Sicilie
1735-1861 – Napoli – 1930
-
Michele Pannuti - Bollettino del Circolo Numismatico
Napoletano anno LXXII
1987-1990
-
Salvatore D’Auria – Il Medagliere, avvenimenti al
Regno delle Due Sicilie, già Regno di Napoli e Regno di Sicilia
1735-1861 – Napoli – 2006.
-
Ischitella e il Varano. Dai primi insediamenti agli ultimi feudatari
- di Teresa Maria Rauzino e Giuseppe Raganella - 3° volume, collana
editoriale I Luoghi della Memoria del Centro Studi Giuseppe
Martella di Peschici, Cannarsa – Vasto - 2003
-
Carlo di Somma del Colle Album della fine di un Regno
– Electa Napoli, 2006.
Note
[1] Il termine "raddobbo" è
caduto in disuso, o utilizzato con significati diversi. Oggi si
definirebbe "bacino di carenaggio": anche le navi di oggi, in acciaio,
hanno bisogno di cicli periodici (messa a secco), per il ripristino dei
trattamenti di antiruggine e antivegetativo all'opera viva (la parte
della carena normalmente immersa). All'epoca, lo scopo precipuo cui era
destinata l'installazione, era quello di permettere il ripristino dello
stagno del fasciame in legno dell'opera viva, attraverso le operazioni
di calafataggio. Con l'occasione, venivano eseguite altre attività di
manutenzione, quali verifica e sostituzione del sartiame (attrezzature
in corda per le vele).
Nell’articolo di Michele Pannuti apparso sul Bollettino del Circolo Numismatico
Napoletano anno LXXII 1987-1990, e consultabile su
questo sito
cliccando qui, viene descritto il bacino di raddobbo ed il suo
funzionamento nei minimi dettagli. Questo articolo è basato sulle notizie
estrapolate da cronache ed illustrazioni d’epoca come ad esempio G.V. Curcio,
B. Quaranta e D. Cervati – Napoli, Tipografia Militare, 1852 ed il Giornale del
Regno delle Due Sicilie del 16 Agosto del 1852 n°177.
Il nome della città presente nel titolo del Principe Francesco Pinto
y Mendosa si riferisce alla città di Ischitella, storica cittadina
sul Gargano (odierna provincia di Foggia), da non confondere quindi
con la località di Ischitella (all’epoca zona paludosa) nell’odierna
provincia di Caserta. Il Dizionario storico-geografico di
Lorenzo Giustiniani, edito nel 1806, alla voce “Ischitella” recita:
“Terra in provincia di Capitanata, in
diocesi di Manfredonia, distante da Lucera miglia 48 circa. Ella
vedesi edificata in una collina a vista dell’Adriatico, che l’è a
poca distanza, e che forma alla medesima un ameno e vasto orizzonte.
Alle radici della sua collina sonovi delle picciole valli, e di là,
delle altre collinette, e guarda pure il Gran Sasso d’Italia. L’aria
che vi si respira è salubre in tutto il corso dell’anno per quanto
attestano i suoi naturali”.
Articolo pubblicato su Cronaca
Numismatica, Novembre 2009
Pubblicazione Internet del Portale
del Sud, Maggio 2010