Sud Illustre

 


 

Luigi Sturzo

di Fara Misuraca e Alfonso Grasso

Nato nel 1871 a Caltagirone, in provincia di Catania, Luigi Sturzo frequenta il ginnasio ad Acireale, per trasferirsi poi in quello di Noto e infine, dal 1888, frequenta in qualità di alunno esterno il Seminario di Caltagirone. Ordinato sacerdote nel 1894, per approfondire gli studi si trasferisce a Roma dove frequenta l'Università Gregoriana, laureandosi nel 1898.

Il soggiorno romano gli permette di fare nuovi incontri, di conoscere Romolo Murri [1], entrare in contatto con l'Opera dei Congressi [2] e di interessarsi attivamente alla questione sociale.

La pubblicazione della Rerum novarum (1891), prima enciclica papale sulla condizione operaia, e lo scoppio delle rivolte dei contadini e degli operai delle zolfare siciliane, i cosiddetti Fasci, convincono Sturzo ad orientare i suoi studi filosofici verso l'impegno sociale.

Partecipa del fervore culturale dei giovani cattolici romani ed è entusiasta nei confronti di Leone XIII, il papa della sopracitata Rerum novarum. Allo stesso tempo si mostra assai critico rispetto al centralismo dello Stato, alla pratica diffusa (e mai dismessa) del trasformismo elettorale ed all'assenza di una politica per il Mezzogiorno.

Già nel 1895, interessato alla spinosa questione della condizione operaia e contadina del Meridione, Sturzo fonda il suo primo comitato parrocchiale ed una sezione operaia nella parrocchia di San Giorgio. Nel 1897 fonda a Caltagirone una cassa rurale e una mutua cooperativa, che diede un gran fastidio ai liberali conservatori, e fondò il giornale di orientamento politico-sociale "La croce di Costantino". Oltre ai consensi dei socialisti, il giornale suscitò tuttavia le ire dei massoni, a causa del metodo diretto e coraggioso che Luigi Sturzo utilizzava per comunicare e divulgare le proprie idee. Il 20 settembre 1897, per intimidirlo, bruciarono pubblicamente una copia del giornale nella piazza principale di Caltagirone.

Sturzo continuò a dedicarsi pienamente al lavoro politico-organizzativo, nell’ambito del movimento dei democratici cristiani, divenendone un portabandiera. A seguito ai fatti del maggio del 1898, le repressioni antioperaie a suon di cannonate di Bava Beccaris, gli stati d'assedio nelle principali città, il processo a Davide Albertario [3], cominciò a delinearsi l'impossibilità della convivenza all'interno dell'Opera dei Congressi fra conservatori e democratici cristiani.

L’unità dei cattolici, auspicata da Leone XIII, si rivelava un’utopia, sia nell’impegno politico che nella visione della giustizia sociale. Luigi Sturzo, ormai noto come Don Sturzo, si adoperò, ma invano, per indurre l'Opera ad una riflessione sui problemi del Mezzogiorno, di cui egli aveva diretta conoscenza per l’esperienza maturata del mondo contadino negli anni della crisi agraria. "Pochi - scrive Gabriele De Rosa - ebbero, come Sturzo, la conoscenza specifica della struttura agraria e artigianale siciliana e la sua capacità di analisi degli effetti negativi del processo di espansione del capitalismo industriale sui fragili mercati del Sud e sulla piccola e media borghesia agricola e artigiana locale, che si sfaldava sotto i colpi di una impossibile concorrenza. Tra le cause della disgregazione dei vari ceti artigianali in Sicilia, Sturzo indicava la 'forte concorrenza delle grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime'; la lotta 'rovinosa' che si facevano gli artigiani locali, la mancanza di capitali, l'indebitamento, l'impoverimento delle campagne dovuto alla crisi agraria" (De Rosa 1982, p. 616).

I primi del Novecento sono anni particolarmente importanti per il sacerdote di Caltagirone. La formazione culturale di Sturzo, poliedrica e profonda, si amplia ulteriormente estendendo i propri orizzonti alla sociologia e all'economia moderna. In questa prospettiva, ad esempio nel commentare l'opera "Principi di economia politica" del teologo salernitano Matteo Liberatore [4] avanza l’ipotesi che in assenza di capitali, ogni produzione di ricchezza cesserebbe lasciando molte persone nella miseria.

Nei primi anni del secolo collabora al quotidiano cattolico palermitano "Il Sole del Mezzogiorno" distinguendosi tra i meridionalisti più battaglieri, accanto a Salvemini ed a Nitti.

Sturzo è favorevole ad un decentramento regionale amministrativo e finanziario e ad una federazione tra regioni. È favorevole alla lotta sociale, ovvero all'organizzazione della resistenza contadina e del credito agrario attraverso le casse rurali e le cooperative, in vista della crescita di una piccola e media proprietà agricola, a fianco della quale deve svilupparsi anche la piccola e media industria. Il Comune rappresenta, secondo Sturzo, la vera base della vita civile, libero dalle ingerenze dello Stato, non più un ente burocratizzato con funzioni delegate, ma padrone e gestore delle proprie attività economiche, a cominciare dai servizi pubblici, autentica espressione di governo amministrativo locale.

Alle elezioni amministrative del 1902, la lista locale di centro da lui guidata riesce ad ottenere 7 seggi su 40. Nel 1905 ne conquista addirittura 37 e viene eletto consigliere provinciale: carica che, insieme a quella di pro-sindaco, Sturzo manterrà senza interruzioni fino al 1920.

Il 1905 è anche l'anno del discorso su "I problemi della vita nazionale dei cattolici", che segna uno spartiacque tra la vecchia posizione dei cattolici papalini militanti nell'Opera dei Congressi, obbedienti alla norma del non expedit (in italiano: non conviene, è una disposizione della Santa Sede con la quale, per la prima volta nel 1868, si consigliava ai cattolici italiani di non partecipare alle elezioni politiche nel Paese e quindi alla vita politica italiana) e la nuova fase storica, che prelude l'intenzione sturziana di costituire un partito di ispirazione cristiana ma perfettamente laico, privo di riserve o pregiudiziali clericalistiche. L'intenzione di fondo non è quella di costituire una sorta di "braccio secolare" della Chiesa, bensì quella di condurre i cattolici, nel modo più intelligente ed equilibrato possibile, all'interno dell'ambito politico italiano.

Nel 1912 Sturzo viene eletto vice presidente dell'Associazione Nazionale dei Comuni italiani. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Sturzo è tra i favorevoli all'intervento dell'Italia. Nel 1915 , diviene il segretario generale dell’Azione Cattolica, Italiana.

Il Partito Popolare Italiano

Alcuni mesi prima della fine della guerra, si appresta a fondare un partito nazionale; nel novembre del 1918 raduna nella sede dell'Associazione Unione Romana un gruppo di amici per gettare le basi del nuovo partito e, finalmente, il 18 gennaio 1919 viene diffuso l'appello A tutti gli uomini liberi e forti, con il quale nasce il Partito Popolare Italiano. In questa occasione il sacerdote diffonde il noto appello intitolato "A tutti i liberi e forti": un documento che Gabriele De Rosa definisce come "espressione singolare di una consapevolezza liberale dei problemi di un moderno stato democratico, uscito dal dramma del primo conflitto mondiale" ( Fabrizio Gualco, Profilo di Luigi Sturzo, 2000). L'Appello infatti accettava ed esaltava il ruolo della Società delle Nazioni, difendeva “le libertà religiose contro ogni attentato di setta”, il ruolo della famiglia, la libertà d'insegnamento, il ruolo dei sindacati. Poneva particolare attenzione a riforme democratiche come l'ampliamento del suffragio elettorale, compreso il voto alle donne, il decentramento amministrativo e il ruolo della piccola proprietà rurale contro il latifondismo. Molte di queste posizioni erano troppo avanti e non erano ancora ben accette dalla società di inizio '900. Basti pensare al ruolo delle donne nella società, od a quello dei sindacati. Soprattutto da parte della gerarchia ecclesiastica il ruolo dei sindacati, nonostante l'enciclica Rerum novarum, continuava ad essere poco gradito.

Nel primo Congresso, tenutosi a Bologna nel 1919, Sturzo ribadisce il carattere laico e aconfessionale del partito e precisa la sua concezione dello Stato, diversa da quella degli altri movimenti politici italiani fra cui il fascismo; "Siamo sorti - egli afferma - a combattere lo Stato laico e lo Stato panteista del liberalismo e della democrazia; combattiamo anche lo Stato quale primo etico e il concetto assoluto della nazione panteista o deificazione, che è lo stesso".

Nel congresso del PPI che si tiene a Venezia, Sturzo traccia le linee della riforma regionalista dello Stato.

All'inizio degli anni venti il Partito Popolare appoggia i liberali guidati da Nitti e successivamente quelli di Giolitti. Nel 1922 Sturzo si pronuncia in modo sfavorevole nei confronti di quest'ultimo, così come giudicherà negativamente i successivi governi Facta e Mussolini.

Il Meridionalismo

Tra il primo ministero Mussolini e il Congresso di Torino (1923) si colloca il più importante discorso di Sturzo sulla questione meridionale, pronunziato a Napoli il 18 gennaio 1923. In questo discorso Don Sturzo sostiene che il bacino del Mediterraneo è il naturale ambito di espansione dell'economia del Mezzogiorno. Dopo il Congresso di Torino, Sturzo prende posizione anche contro la legge elettorale maggioritaria, la legge Acerbo, molto simile a quella in vigore oggi in Italia, scatenando la reazione dei fascisti che si concretizza in una violenta campagna stampa contro di lui, come ancora oggi usano fare, tanto che il Segretario di Stato vaticano, cardinale Gasparri, lo invita a dimettersi dalla carica di segretario politico del PPI. Il suo gruppo parlamentare vota tuttavia a favore della legge, contravvenendo alla precedente delibera di astensione. Per nulla intimorito, e pur cagionevole di salute, Don Luigi Sturzo lavora comunque attivamente durante la campagna per le elezioni dell'aprile 1924, in qualità di membro della Direzione del PPI ed il partito, che si qualifica come il più forte per numero di suffragi, va all'opposizione.

L’esilio

Dopo il delitto Matteotti, Sturzo sostiene la tesi di De Gasperi, segretario politico del PPI, sulla possibilità di collaborazione con i socialisti, ma a questo punto, pesantemente minacciato dai fascisti, Sturzo viene invitato dal cardinale Gasparri a lasciare l'Italia, e, il 25 ottobre 1924, parte alla volta di Londra. Un soggiorno all'estero che inizialmente gli appare temporaneo, ma che in realtà si rivelerà un vero e proprio esilio, un espatrio forzato, destinato a durare ben ventidue anni.

L’antifascismo

Durante il soggiorno nella capitale inglese Sturzo dà inizio a una nuova fase politica, in cui pone l'accento sulla salvaguardia dei principi più che sulle formule politiche. Il sacerdote di Caltagirone si prodiga con le sue opere nella denuncia del fascismo, nazismo e di tutte le forme di totalitarismo, nelle quali vede un grande pericolo per la cultura democratica e la civile convivenza: il fascismo è visto come l'aspetto "più grave" di un turbamento e di un conflitto fra reazione e democrazia che coinvolge tutta l'Europa. Sturzo conduce la sua battaglia antifascista sulle pagine di "People and Freedom" e de l’"Aube". Critica duramente la guerra decisa da Mussolini contro l'Etiopia. “Intuì - scrive De Rosa - che se Mussolini non fosse stato fermato decisamente da Francia e Inghilterra dall'impresa contro l'Etiopia, sarebbe stato 'il disastro dell'Italia e quello dell'Europa'“ (De Rosa 1982, pp. 620-621), e prende posizione nella guerra civile spagnola contro l'insurrezione dei generali. Denuncia il pericolo del nazismo per la civiltà europea e la pace nel mondo, condanna la debolezza delle democrazie di fronte alla politica aggressiva di Hitler, vede nella Conferenza di Monaco le avvisaglie di una prossima guerra, si impegna affinché la Santa Sede prenda posizione contro il conflitto imminente. Sostiene infine la politica interventista di Roosevelt nella guerra contro Hitler accanto alle armate sovietiche. Pubblica opere come "Italy and Fascism" del 1926, "La comunità internazionale e il diritto di guerra" del 1929, "La società: sua natura e leggi" del 1936, "Politica e morale" del 1938, "Chiesa e Stato" del 1939.

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Sturzo è costretto ad abbandonare Londra e il 22 settembre 1940 si imbarca a Liverpool per New York, dove sbarca il 3 ottobre 1940.

Negli Stati Uniti rimane sei anni, ed anche stavolta non se ne sta con le mani in mano, fonda infatti l'American People and Freedom Group, un'associazione di cattolici democratici, stringe rapporti con gli esuli raccolti nella Mazzini Society, tra i quali Gaetano Salvemini, e con il mondo accademico degli USA e soprattutto si impegna in attività pubblicistiche, prima tra tutte quella, raccomandatagli da De Gasperi, di convincere cioè gli USA a distinguere fra fascismo e popolo italiano ed impegnarsi per un trattato "senza umiliazioni e vessazioni".

Benedetto Croce e Luigi Sturzo

Finita la guerra può finalmente rientrare in Italia. Sbarca a Napoli il 6 settembre 1946 e subito si trasferisce a Roma, nel Convento delle Canossiane. Il 1946 è anche l'anno della pubblicazione di "Nazionalismo e Internazionalismo", che sarà seguito dai volumi "La mia battaglia da New York", "La ragione della nazione" nel 1949 e dal saggio "Del metodo sociologico" uscito nel 1950.

Fuori dalla DC

Nel 1952 viene nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, "per altissimi meriti nel campo scientifico-sociale" ma pur mantenendo buoni rapporti con gli esponenti più importanti della Democrazia Cristiana non entra a farne parte e si iscrive al gruppo misto. Certamente poco soddisfatto del quadro politico italiano, Sturzo riprende la sua battaglia per la moralizzazione della vita pubblica e politica italiana. Presenta progetti di legge per l'abolizione del voto segreto alle Camere, per la riforma del Senato e per la pubblicità dei finanziamenti ai partiti. Nel 1953 pubblica "Coscienza e politica". In chiave anticomunista, don Sturzo propone addirittura un'apertura alla destra fascista dell’MSI, convinto che il centro-destra avesse in comune quei valori nazionali e spirituali che il comunismo negava.

Muore l'8 agosto del 1959, alla bella età di 88 anni, a dispetto della salute cagionevole che lo accompagnò tutta la vita. Inizialmente sepolto nella cripta di San Lorenzo al Verano, nel 1962 la sua salma venne trasferita e tumulata nella Chiesa del Santissimo Salvatore di Caltagirone.

Considerazioni

A conclusione di quanto fin qui esposto, possiamo dire che Luigi Sturzo fu indubbiamente un prete ed un uomo coraggioso, impegnato nel sociale, capace di interpretare al meglio quelle che erano le esigenze della società italiana in quel periodo. Non elaborò un pensiero che ce lo possa far collocare a sinistra o a destra. Fu sicuramente un coraggioso antifascista, intuendo prima di molti altri esponenti della sua stessa area politica, che accettando alleanze con Mussolini si sarebbe giocato con il fuoco. Cercò in tutti i modi un accordo in chiave anti-fascista con Filippo Turati. Ma l'opposizione delle frange massimaliste del Partito Socialista da una parte, e quelle delle gerarchie ecclesiastiche dall'altra, fecero saltare il progetto che avrebbe potuto forse evitare all'Italia l’umiliazione, la miseria ed i lutti del Ventennio.

Dopo l’esilio e l'esperienza americana, Sturzo ritornò in Italia come un convinto liberale e liberista. Il fondatore del Partito Popolare divenne un tenace anti-comunista, sia per ragioni religiose che per ragioni economiche, vedendo, lui reduce dall’esperienza americana, nel dirigismo e nello statalismo esasperato della sinistra, anche di quella cattolica, un grave danno per lo sviluppo economico. Sturzo polemizzò infatti non solo contro i comunisti, ma anche contro i fautori del futuro centro-sinistra. Sturzo però affrontò la questione non da economista, quale non era, ma da politico. Nell'eccessivo intervento dello Stato nell'economia intravedeva, prima di tutti, non tanto l’inefficienza dal punto di vista economico, ma i pericoli della corruzione legata alla spartizione dei posti nelle aziende pubbliche che di lì a poco, con Enrico Mattei, sarebbe dilagata in tutto il mondo politico italiano.

La sua avversione per il comunismo derivava infatti in massima parte da convinzioni religiose e dalla convinzione che il collante della nazione italiana fosse costituito soprattutto dalla religione cattolica, che il comunismo contrastava.

Democrazia incompiuta

L’arroccamento finale di Don Sturzo su posizioni tradizionaliste e clericali, così come quello del PCI - sul fronte opposto – sull’ortodossia filosovietica, pesarono non poco sulla vita politica italiana del dopoguerra, che non sviluppò, a causa di questa irrisolta contrapposizione preconcetta, una democrazia compiuta ed un adeguato ricambio della classe dirigente. Mentre le vicende storiche e politiche porteranno il PCI a profonde e significative evoluzioni di pensiero in senso pragmatico e nazionale, sembra restare intatta la propensione “viscerale” degli ambienti clericali di appoggiarsi alla reazione fascistoide o populista, anche se è sempre stata quest’ultima in Italia a portare sempre miseria, lacrime e morte.

Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Gennaio 2010


Bibliografia

  • De Rosa, G., Sturzo, Torino, Utet, 1977.

  • Bedeschi, L., L’Idea del partito nazionale fra i cattolici italiani. Da Murri a Sturzo, Quattroventi, 2006

  • Barbieri, L., Persona, Chiesa e Stato nel pensiero di Luigi Sturzo, Rubettino, 2002

  • Wikipedia

Per chi fosse interessato ad approfondire, è disponibile inoltre la pubblicazione della Bibliografia degli scritti di e su Luigi Sturzo a cura di Gennaro Cassiani, Vittorio De Marco e Giampaolo Malgeri, presso l'Editore Gangemi.


Note

[1] Romolo Murri fu tra i promotori della fondazione della FUCI e della Democrazia cristiana italiana. Luigi Sturzo nel 1900 fu visto tra i fondatori della Democrazia Cristiana Italiana, in realtà non prese mai la tessera del partito guidato da Romolo Murri

[2] L'Opera dei Congressi fu un'organizzazione cattolica italiana nata nel 1874. Si basava sull'osservanza delle posizioni della Chiesa cattolica, in particolare riferendosi al non expedit il suo scopo era quello di tutelare i diritti della Chiesa, ridotti ai minimi termini dopo l'unificazione italiana, promuovere le opere caritative cristiane (dopo il loro scioglimento imposto dalla legislazione antiecclesiastica), coordinando le attività promosse dalle associazioni cattoliche. (cfr: http://it.wikipedia.org/wiki/Opera_dei_Congressi)

[3] Sacerdote e scrittore nato a Filighera (Pavia) nel 1846 morto a Carenno (Ber­gamo) il 12 settembre 1902. Il suo nome e la sua attività sono legate al l’Osservatore Cattolico, quotidiano milanese, del quale era direttore. Nel 1870 il motto del suo giornale era “col Papa e per il Papa” a difesa del potere temporale dei Papi; negli anni successivi egli combatté contro le teorie rosminiane a favore del tomismo (questa sua posizione fu così confermata dall’enciclica Æterni Patris del 1879) e soprattutto contro il liberalismo politico e la massoneria. Albertario fu un deciso fautore dell’Opera dei congressi e dei comitati cattolici, ispirata agli stessi motivi di lotta continua e aperta al liberalismo. Quando nel 1898 il ministro dell’Interno Di Rudinì sciolse oltre seimila associazioni cattoliche sotto l’accusa di sovversivismo, anche i giornali cattolici che le difendevano furono colpiti e i direttori processati. Albertario, in seguito ai moti del maggio 1898 a Milano fu arrestato nella sua casa e condannato dalla Corte marziale a tre anni di reclusione e mille lire di multa. Quest’esperienza dolorosa dal quale uscì con l’animo fiero ma esausto, accrebbe la sua grande popolarità, ma ne minò gravemente la salute. Per le forze più giovani del cattolicesimo militante il quotidiano milanese ed il suo valoroso direttore divennero una bandiera. (cfr: http://www.davidealbertario.it/index.php?pid=7)

[4] Liberatore (Salerno 1810 –Roma 1892) è stato un gesuita, teologo, filosofo e scrittore. Nel 1841 fondò a Napoli, con Gaetano Sanseverino il periodico cattolico La Scienza e la Fede con lo scopo di criticare le nuove idee del razionalismo, dell’idealismo e del liberalismo e dalle pagine del quale veniva sostenuta una strenua battaglia in favore del brigantaggio, interpretandolo come movimento politico contrario all'unità d'Italia, ovvero: "La cagione del brigantaggio è politica, cioè l'odio al nuovo governo".


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