La
splendida medaglia del diametro di 74 mm è l’unica, nella serie di
medaglie delle Due Sicilie del periodo borbonico, a raffigurare una
“principessa del Sacro Romano Impero”. Essa venne coniata nel 1784,
in memoria della giovane principessa Livia Doria Carafa di Roccella,
morta nel 1779 all’età di 33 anni. La sua creazione è dovuta
all’opera del maestro incisore Bernardo Perger, di origine tedesca,
attivo alla zecca di Napoli dal 1767 al 1789.
Eduardo
Ricciardi, probabilmente, conosceva questa medaglia, ma non ritenne
opportuno inserirla nella sua opera sulle medaglie delle Due Sicilie
(Napoli 1930), credendola, coniata in ambito privato e per questo da
escluderla dalla medaglistica borbonica. In realtà, si tratta di una
medaglia borbonica a tutti gli effetti, commissionata dal marito
Vincenzo Maria Carafa di Roccella ed approvata da Ferdinando IV di
Borbone, studiata a fondo da Salvatore D’Auria autore dell’opera
“Il Medagliere”
ed inserita e classificata giustamente al n° 41 del suo libro.
Quest’ultimo ha potuto aggiungerla alla serie delle medaglie delle
Due Sicilie solo grazie alla collaborazione con Massimo Pisani,
autore del libro “I Carafa di Roccella” nonché appassionato studioso
e proprietario dei coni, delle lamine, del busto, del dipinto e
delle documentazioni di Livia Doria Carafa di Roccella.
Al
dritto: LIVIA . AB . AURIA . KARAFA . S . R . I . ET .
AMPHISSIENSIUM . PRINC . Busto a destra della Principessa, con un
velo sulla pettinatura e annodato sul petto. In basso: RAPTA . IV .
KAL . FEB . / CI)I)CCLXXVIIII . AN . N . XXXIIII • “AMPHISSIENSIUM”
sta ad indicare che era anche principessa di Roccella, infatti,
Roccella Jonica (Reggio Calabria) sarebbe l’antica Amphisya
ricordata da Ovidio. Nel X secolo la città si chiamava già “Rupella”,
quindi “Arocella” ed ora Roccella, per essere fondata sulla rocca.
Nel 1479 Ferdinando I d’Aragona assegnò il feudo a Jacopo Carafa, di
discendenza polacca ed imparentato con gli Stuart d'Inghilterra.
Al
rovescio: Nel campo: DILEXIT La carità, seduta stringe
Imeneo e dona ai poveri presso di lei delle monete. Al suo fianco,
in piedi la Religione le indica nel cielo un’aquila con due
aquilotti fra gli artigli, in alto tre stelle e l’emblema del sole.
Ai suoi piedi: una face accesa, una lira, il giogo, B.P.F. (Bernardo
Perger Fecit) In basso: CONIUGALIS MONUMENTUM / AMORIS
Il
maestro Bernardo Perger incise i coni della medaglia nel 1784 dopo
aver studiato attentamente il busto in marmo della principessa,
scolpito da
Giuseppe Sammartino (Napoli 1720 – 1793), intorno al 1781-1782.
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Busto in marmo della principessa, Livia
Doria Carafa, 1781-2 ca. Clicca sull'immagine per
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Va detto
inoltre che, quando il famoso pittore Fedele Fischetti (Napoli
1734-1789) verso il 30 Agosto del 1784, esegue il ritratto di Livia
Doria inciso da Raffaello Morghen per il volume “Prose e versi per
onorare la memoria di Livia Doria Caraffa Principessa del Sacro
Romano Impero della Roccella” (G.B.Bodoni – Parma 1784-1785), già si
era a conoscenza della medaglia commemorativa.
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Il testo
che segue è tratto dal volume “I Carafa di Roccella” di Massimo
Pisani “Electa – Napoli – 1992”, dove c’è un intero paragrafo
dedicato alla medaglia.
La
medaglia commemorativa del Perger, voluta dal Principe di Roccella
dopo la morte della adorata moglie Livia, è puntualmente ricordata
dal Sigismondo: “il tenero principe, dopo il di lei ultimo acerbo
fato che avvenne il Febbraio 1779, nulla ha tralasciato onde
dimostrare al mondo il suo estremo cordoglio, ed alla bell’anima
indelebile sua riconoscenza. Fe coniarle una medaglia in rame ed in
argento, nella quale da una parte sta espresso al vivo il di lei
ritratto e vi si legge d’intorno: Livia ab Auria Karapha, S.R.I.,
Amphissiensium princ.”, sotto: Rapta IV. Kal. Feb . CI)I)CCLXXVIIII.
AN. N. XXXIIII.(sic). Nell’esergo (al rovescio) poi vi è impresso un
bel simbolo dell’amore coniugale col motto: DILEXIT, e sotto
Coniugalis Monumentum amoris. Il principe consorte volle affidare
l’incisione al tedesco Bernardo Perger che siglò la medaglia, in
basso a destra con le iniziali, BPF (Bernardo Perger Fecit).
Questo
rinomato artista si era trasferito alla zecca di Napoli nel 1767(2)
su richiesta del ministro Tanucci al quale era stato presentato
dall’agente napoletano Centomani come un artista addirittura
superiore all’Amerani, colui che aveva coniato la medaglia per la
fondazione della Reggia di Caserta su disegno del Vanvitelli.
Il complesso quanto interessante programma iconologico, che affiora
dallo sbalzo della medaglia e dal “frontespizio delle prose” (la
stampa del Fischetti e del Morghen), è completamente decodificato
nella “spiegazionedei rami significanti alcuna allegoria” contenuta
nel volume di prose e versi in memoria di Livia: “Nella donna
sedente ed alata, che scrive, e che poggiata con un piede sopra un
sasso quadrato ai suoi piedi vari volumi di carte, si è indicata la
storia. E’ alata perché la medesima è una memoria delle seguite
cose, e scorre in questo tempo ai posteri. E’ poggiata sopra un
sasso quadrato, perché la Storia deè star sempre salda sopra
fondamento di verità, ed i volumi à suoi piedi di carte sono i
veridici documenti, con i quali tesse le sue narrazioni. E’ in
atteggiamento di scrivere perché le storie scritte sono la memoria
degli animi e le statue dei corpi”. Così il citato autore, tomo V
pag. 234 “Stà quindi attenta a mirare una lapide posta nella base di
un grande obelisco egizio (simbolo della più grande perpetuità),
nella quale vi è un bassorilievo della medaglia pubblicatasi a
gloria dell’Eroina. La matrona sedente con maestà sopra di una
lapide quadrata simbolo della Verità, viene assistita dalla
Religione, che conforta a mirar sempre in Cielo. Ivi in campo
luminoso vi è l’emblema della Divinità, e vicino a quel Sole di
Giustizia sta collocate tre stelle significanti le tre Figlie Volate
al Cielo. L’Aquila, che avvezza i due Aquilotti, sostenuti cò
suoi artigli, a mirare fissamente il Sole, non solo esprime l’Arme (Doria)
gentilizia della Eroina, ma ben anco la forza del suo esempio, col
quale educava i Figli e gli assuefaceva alla pietà. Colla man
sinistra (ch’è dalla parte del cuore) tiene abbracciato un
Giovanetto esprimente Imeneo, che tiene due Cuori concatenati fra le
sue mani: à suoi piedi veggonsi la face accesa, il giogo e la lira
(emblemi del concorde accordo coniugale). Colla man destra sparge
monete, senza mirare, ad un gruppo d’indigenti modesti, nascosti
dietro a Lei per raccoglierle. Per l’Imeneo s’intende il tenerissimo
e santo amor suo verso il Consorte. Per quell’atto generoso s’indica
la sua carità verso i poveri, e come profusamente l’esercitava, ma
colla circospezione evangelica. Nel motto “DILEXIT” è compresa la
più compiuta spiegazione di tutti i descritti emblemi, trovandosi lo
stesso usato dalla Incerata Sapienza per esprimere la perfezione
dell’amore della sua discepola Maddalena; siccome nella epigrafe à
piè delle Figure Coniugalis Monumentum Amoris si palesa il promotore
di una tale onorifica memoria.
La
Testa finalmente della medaglia esprime il ritratto della Eroina.
Nel 1784, data di pubblicazione del volume bodoniano, l’incisione
della medaglia risultava già “pubblicatasi”, come possiamo rilevare
dalla rilettura della citata “Spiegazione dè Rami Significanti
alcuna Allegoria”: lapide posta nella base di un grande Obelisco
Egizio.
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I conii in acciaio temperato dell'incisore
Bernardo Perger per la coniazione delle medaglie |
Si ringrazia per la gentile collaborazione il dr. Salvatore D’Auria
Alcune delle immagini presenti in questo articolo sono tratte dal
libro “I Carafa di Roccella” di Massimo Pisani - Electa - Napoli
1992
Articolo pubblicato nel Giugno 2008
Pubblicazione on-line del Giugno 2008 |