Fin dalla fine del 1500 nella zona di Castellammare di Stabia erano presenti numerosi cantieri navali artigianali, già dotati di forme organizzative del lavoro ed in grado di realizzare imbarcazioni più complesse delle semplici barche da pescatori,
quest'ultime costruite un po’ dappertutto lungo le coste italiane. Lo sviluppo di tale concentrazione manifatturiera
fu favorita dall’abbondanza di materia prima nei vicini boschi demaniali,
e consolidò la competenza dei maestri d'ascia stabiesi, che si tramandavano il mestiere da padre in figlio.
Nel 1780 il ministro di
Ferdinando IV,
Giovanni Edoardo Acton,
a conclusione dell’indagine per individuare il sito dove far nascere il grande e moderno cantiere in grado di dotare la Regia Flotta di nuove navi, identificò in Castellammare la località dai requisiti ottimali. I boschi di proprietà demaniale di Quisisana,
alle pendici del Monte Faito, garantivano legname, le acque minerali permettevano un trattamento del legno altrove impossibile, i collegamenti con Napoli avvenivano su una strada larga e comoda, la consolidata competenza dei maestri d'ascia stabiesi assicurava disponibilità di maestranze qualificate. La realizzazione del Real Cantiere di Castellammare fu approvata da Ferdinando IV
di Borbone, e completata nel 1783 previa l’abolizione del
convento dei Carmelitani che sorgeva sul luogo.
Divenne in breve il maggiore stabilimento navale d’Italia
per grandezza, con 1.800 operai. Accanto alle maestranze qualificate costituita dagli stabiesi, furono utilizzati per i lavori più pesanti dei galeotti.
La materia prima era era conservata in enormi magazzini; le
abbondanti acque minerali erano convogliate in grandi vasche e
servivano a tenere a mollo il legname per accelerarne il
processo di stagionatura. Aveva uno scalo stabile per la
costruzione di vascelli e due provvisori adibiti alla
costruzione di corvette [1].
Nel 1843 fu impiantata una macchina a 10 argani per tirare a secco le navi da manutenere o riparare.
Così descrive il cantiere un osservatore del
tempo [Achille Gigante, “Viaggi artistici per le Due
Sicilie“, Napoli, 1845]: “Esso fu qui
stabilito da Re Ferdinando IV, fin da’ primi anni del suo regno,
occupandovi un vasto spazio di terreno, nonché l’abolito
monasterio de’ Padri Carmelitani. Di buone fabbriche il sussidiò
quel principe e di utensili e macchine necessarie quali a quei
tempi poteansi desiderare. Oggidì è il primo arsenale del regno,
e tale che fa invidia a quelli di parecchie regioni d’Europa.
Sonovi in esso vari magazzini di deposito, e conserve d’acqua
per mettere a mollo il legname, e sale per i lavori, e ferriere,
e macchine ed argani, secondo che dagli ultimi progressi della
scienza sono addimantati, e mercè dei quali abbiamo noialtri
veduto con poco di forza e di gente tirare a secco un vascello
nel più breve spazio di tempo“ [era il Capri di 1700
tonnellate, il cui alaggio impegnò agli argani, in turni
successivi, 2400 uomini: la grandiosità dell’impresa fu
immortalata in un acquerello].
Il
cantiere iniziò l'attività produttiva con la corvetta Stabia,
varata il 13 maggio 1786, seguita, il 16 agosto, dalla
Partenope, e procedette a ritmo serrato con molte altre costruzioni.
Le invasioni napoleoniche determinarono un
periodo di limitata attività. Sotto
Gioacchino Murat, furono costruiti i vascelli Capri (1810) e Gioacchino (1811), le fregate poi rinominate Amalia e Cristina ed impostato il Vesuvio, da 3.530 tonnellate e 84 cannoni.
Il vascello fu fatto completare da Ferdinando IV, che dal 1816 aveva assunto il titolo di
Ferdinando I
delle Due Sicilie, e fu per lungo tempo la nave ammiraglia della flotta napoletana.
"Ieri alle 10 della mattina fu varato nel Cantiere di Castellammare il nuovo Real Vascello di linea il Vesuvio. L’operazione eseguita alla presenza delle LL.AA.RR.. il Duca di Calabria ed il Principe di Salerno non potea riuscire più felice. In men di mezz’ora tutti i lavori preparatorii vennero terminati, ed il Vascello fu varato in tre minuti incirca fra gli applausi de’ circostanti, ed al suono festevole della banda della real Marina.”
Cominciò quindi l'era della navigazione a vapore, e la prima nave a vapore costruita da uno Stato italiano fu il Ferdinando I, realizzato nel cantiere di Stanislao Filosa al Ponte di Vigliena, presso Napoli, varato il 24 giugno 1818.
Con Francesco I
furono costruite, in questo periodo, la fregata Isabella (50 cannoni) nel 1827, il brigantino da 18 cannoni Principe Carlo e la nave reale Francesco I nel 1828. Con l'ascesa al trono di
Ferdinando II,
ci fu un ampliamento e rimodernamento del cantiere e si portò
avanti lo sviluppo su larga scala del vapore. Furono realizzati i rimorchi a vapore Eolo, Furia ed Etna (1838), i cavafondi a vapore Finanza, Tantalo ed Erebo, gli avvisi Argonauta e Delfino (vapore, 26 maggio 1843), la fregata Regina (convertita a vapore, 27 settembre 1840), le piro-fregate da 10 cannoni (a ruota) Ercole (24 ottobre 1843), Archimede (3 ottobre 1844), Carlo III (1845), Sannita (7 agosto 1846) ed Ettore Fieramosca
(14 novembre 1850), la prima nave a possedere una
macchina da 300 cavalli costruita a Pietrarsa. Il 5 giugno 1850
fu varato il vascello Monarca da 70 cannoni, la più
grande nave da guerra costruita in Italia, convertita, dieci
anni dopo, ad elica. Seguirono altre unità, tra cui gli avvisi Maria Teresa (18 luglio 1854) e Sirena (9 novembre 1859) rispettivamente da 4 e 6 cannoni; i cavafanghi Vulcano e Finanza detto il Nuovo nel 1855, e la fregata Torquato Tasso (10 cannoni, 28 maggio 1856).
Le motrici provenivano non solo dalla Reale fabbrica di
Pietrarsa, ma anche da stabilimenti privati come la Zino.
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La pirofregata "Ettore Fieramosca" |
Con
Francesco II, il 18 gennaio 1860 fu varata la Borbone,
fregata ad elica di 3680 tonnellate, che chiuse l’era dei
pesanti vascelli di legno a poppa tonda, potenti ma non molto
veloci. La Borbone era lunga m 68 e larga m 15.
L’apparato motore, realizzato negli stabilimenti di Pietrarsa
erogava 457 cavalli per la motrice alternativa a grifo
oscillante. Aveva due ponti a batteria coperti, tre alberi a
vele quadre. La fregata era armata con 8 cannoni rigati da 160, per la prima volta usati nella Marina napoletana, 12 cannoni lisci da 72, 26 pezzi da 68 e 4 cannoni da 8 in bronzo, su affusto. Il suo equipaggio era composto da 24 ufficiali e 635 sottufficiali e comuni.
La gemella Farnese non fu completata a causa dell’invasione piemontese del 1860. Con i Borbone fu realizzato dal Cantiere di Castellammare, dal 1840 al 1860, naviglio per un totale di oltre 43.000 tonnellate.
Il cantiere di Castellammare di Stabia, al momento della conquista piemontese,
stava attrezzandosi per la lavorazione di scafi in ferro. Dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie, il
cantiere riuscì per alcuni anni a mantenere una posizione di
primaria importanza nelle costruzioni navali italiane. Passiamo in rassegna alcune delle realizzazioni più significative. |