Numismatica

Una straordinaria ed inedita medaglia napoletana

in argento della “Reale Armata Di Mare”

a cura di Francesco Di Rauso

 Medaglia in argento del 1849 (?) della Reale Armata di Mare (collezione Francesco di Rauso, Caserta)

 

Ho il piacere e l’onore di presentare a tutti i numismatici un’inedita medaglia in argento del Regno Delle Due Sicilie! Durante la lettura di questo scritto, ci renderemo conto come, grazie alla bravura e alla finezza degli incisori napoletani, sia stato messo a segno un altro punto a favore della splendida serie medaglistica borbonica. […]

L’arte della medaglia napoletana ebbe un ruolo importantissimo nel periodo borbonico, i progetti e i disegni dei conii venivano mostrati al sovrano in persona; solo lui poteva approvarli, modificarli o stabilirne la distruzione e gli incisori facevano quindi di tutto per apparire dei veri artisti agli occhi del re compiendo talvolta delle vere e proprie piccole opere d’arte di cesello.

Gli incisori, trovandosi di fronte dei conii di dimensioni nettamente superiori rispetto a quelli usati per battere le monete, poterono dimostrare la loro bravura e la loro incredibile fantasia, incidendo con particolare precisione e finezza alcune scene commemorative impossibili da riportare sulle monete. Dei veri capolavori d’arte che rispecchiano ancora oggi l’amore e la passione che avevano i sovrani napoletani per l’arte della medaglia, - un’arte questa che non era seconda in nessun altro paese europeo -.

Le medaglie avevano, per l’appunto, lo scopo di commemorare importanti episodi o avvenimenti e tali avvenimenti venivano raffigurati su “splendidi dischetti metallici” con lo scopo di tramandare e commemorare nei secoli azioni militari, costruzioni di splendidi edifici, onorificenze, matrimoni, premiazioni, nascite, morti, eccetera.

Per accelerare i tempi di incisione, i conii venivano incisi da due “artisti” diversi, infatti mentre uno era addetto all’incisione del dritto, ad un altro era affidato il compito di incidere il rovescio. A conferma di ciò basta dare un’occhiata alla ricchissima opera di Eduardo Ricciardi dedicata alle medaglie del Regno Delle Due Sicilie; si noterà come alcune medaglie abbiano in comune lo stesso dritto e in alcuni casi anche il rovescio, capitava infatti che quando non era reperibile un incisore dei dritti si utilizzava un conio già usato precedentemente.

Eduardo Ricciardi, che donò la sua raccolta al museo di San Martino di Napoli, scrisse un’opera negli anni ’30 nella quale vennero descritte e riprodotte le medaglie della sua collezione e quelle di cui era a conoscenza, (oltre 500 illustrazioni). In essa vennero menzionati anche esemplari di grande rarità presenti in raccolte di illustri personaggi e vennero elencati anche i vari metalli con cui quelle furono coniate (opera essenziale per chiunque voglia iniziare una raccolta di medaglie borboniche). Bisogna dire però che nell’arco dei decenni sono apparse sul mercato alcune medaglie coniate in metalli non noti prima d’allora.

Nel 1992 la celeberrima casa d’aste Christie’s vendette in blocco ad un solo acquirente una importantissima collezione di medaglie borboniche il cui valore fu stimato tra i 2 e i 2 miliardi e mezzo. Erano presenti nella suddetta collezione alcuni pezzi inediti, molti dei quali in oro; oggi infatti commercianti e numismatici affermano che il catalogo della vendita all’asta è da considerarsi una piccola opera di completamento a quelle del Ricciardi e del Siciliano (in quest’ultima però vi sono riportate e descritte solo ed esclusivamente le medaglie coniate durante il decennio napoleonico).

Oltre alle sopracitate opere sulle medaglie napoletane non esiste al momento alcun catalogo ove vengano riportati prezzi indicativi inerenti all’argomento; quindi per dare una stima attendibile bisogna tener conto dei prezzi di aggiudicazione delle aste svolte negli ultimi tre o quattro anni - ho avuto modo di constatare personalmente che, a partire dalla metà degli anni ’90, molti collezionisti sia italiani che stranieri stanno “aprendo i loro portafogli” verso questo genere di collezione. Il rapido incremento del numero di collezionisti ha determinato una scarsissima disponibilità di materiale sul mercato e un inevitabile balzo in avanti dei prezzi tanto da far raddoppiare o triplicare, in alcuni casi, il valore di quelle medaglie rispetto alle quotazioni dello scorso decennio-.

A differenza delle monete (coniate in numero elevato per favorire una giusta ed adeguata circolazione monetaria), questi piccoli capolavori d’arte venivano realizzati in numero ristrettissimo di pezzi al solo scopo di omaggiare o premiare pochi fortunati, gli esemplari in oro, ad esempio, venivano coniati esclusivamente per esser donati a qualche membro della famiglia reale o qualche illustre personaggio - difatti i pochissimi pezzi in oro esistenti ancora oggi e sfuggiti alla spietata fusione, sono praticamente irreperibili sul mercato e per acquistarne uno di grosso modulo bisogna staccare assegni di importo superiore ai 100 milioni -.

Per la coniazione delle medaglie venivano impiegati diversi tipi di metalli; il bronzo, ad esempio, era quello utilizzato maggiormente. Per quanto riguarda invece le medaglie in argento, c’è da dire che possono essere considerate rarissime. Esistono anche medaglie coniate in metalli meno nobili, come il ferro e il piombo, impiegati per le prove di conio. Esistono anche esemplari in galvano (medaglie composte da una sfoglia di metallo e quindi cave all’interno) o in metalli successivamente dorati o argentati.

Il “pezzo da novanta” protagonista di questo articolo è una medaglia coniata su un tondello d’argento del peso di ben 110 grammi, avente un diametro di 47 millimetri ed uno spessore superiore al centimetro. Deve considerarsi un piccolo capolavoro d’arte incisoria, mai apparsa prima d’ora in nessuna vendita all’asta o catalogo di vendita a prezzi fissi, non è presente in nessuna opera o altro tipo di pubblicazione numismatica; inoltre, ad esclusione di un altro esemplare del peso di circa 90 grammi presente nella raccolta di un importante collezionista, manca in tutti i musei e collezioni sia pubbliche che private da me osservate negli ultimi anni.

Al dritto vi è il volto adulto e barbuto di Ferdinando II di Borbone e intorno, la seguente leggenda: “FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE E DI GERUSALEMME”, sotto il taglio del collo: “L. ARNAUD FECE” e “CICCARELLI D.C.” [1] - osservando il dritto ho avuto modo di constatare che il tipo di ritratto, fermo restando qualche impercettibile variante nella peluria della barba di Ferdinando, è già noto su alcune medaglie di premiazione in bronzo del periodo 1850 – 1855.

Al rovescio vediamo la leggenda intorno, in caratteri grandi, “REALE ARMATA DI MARE”, al centro vi è una bellissima “colonna rostrata” [2] (colonna celebrativa che veniva posta dai romani in prossimità di porti o zone costiere in ricordo di vittorie e battaglie marittime), sulla parte superiore di quest’ultima vi è posta una magnifica nave romana, nota con il nome di “Liburna”[3]. Molto probabilmente quest’ultima (simbolo della Marina Militare Romana) venne considerata simbolo dell’Armata di Mare delle Due Sicilie.

In materia di navigazione il Regno Delle Due Sicilie vanta una serie di primati come ad esempio: la prima flotta mercantile in Italia (seconda in Europa dopo quella inglese), prima compagnia di navigazione del mediterraneo, terza flotta da guerra in Europa, primo battello a vapore del mediterraneo (varato nel 1818), il primo bacino navale di carenaggio d’Europa ed il primo telegrafo sottomarino dell’Europa continentale; a tutto ciò va aggiunto, a titolo di cronaca, che Ferdinando II era un grande esperto e appassionato di meccanica, favorì nel suo regno lo sviluppo industriale, la costruzione in Campania della prima ferrovia d’Italia (chiamata anche strada ferrata), il primo ponte di ferro in Italia sospeso su un fiume e la creazione di avanzatissime industrie belliche (tra le più importanti d’Europa).

Ritornando ora alla medaglia argentea in questione c’è da chiedersi come mai non sia stato coniato prima qualche esemplare in piombo o bronzo prima di giungere all’argento? La risposta è semplice! Si tratta senza dubbio di un’emissione straordinaria.

Osservando il rovescio, ci renderemo conto che manca qualcosa di molto importante: la data! A causa della mancanza di un fattore così importante non possiamo collegare con certezza la coniazione di questa medaglia a qualche celebre avvenimento o episodio che ebbe luogo sui mari in quel periodo.

Un vero rompicapo che mi ha fatto trascorrere mesi interi immerso ad esplorare enciclopedie, vecchi libri, documenti d’epoca e siti interne senza ottenere alcuna notizia sui disegni ed i progetti della medaglia in questione.

Sul rovescio e precisamente sulla colonna in prossimità della “Liburna”, c’è la probabile chiave del mistero; un numero in caratteri romani “XX”! Ciò sta ad indicare verosimilmente il ventesimo anniversario del periodo di regno di Ferdinando II di Borbone. Il sovrano era amato e rispettato dall’esercito; già da principe ereditario amava stare a contatto con i militari, organizzò l’esercito in ogni minimo particolare riuscendo a migliorarne le condizioni logistiche e operative. Fu questo atteggiamento di reciproca collaborazione che, così, spinse con ogni probabilità i supremi comandanti dell’Armata Di Mare a dedicare al sovrano una medaglia in ricordo del ventennale di magnanimo regno (1830-1850).

A conferma - si noti per l’appunto lo stile del ritratto del sovrano presente già su alcune medaglie in bronzo di premiazione datate negli anni 1850-1855 – c’è anche da considerare che il sovrano assunse il trono alla morte del padre nel 1830; vedremo quindi, che la medaglia è databile intorno al 1850.

Ma cosa era l’Armata di Mare e, soprattutto, chi erano coloro che facevano parte di questo corpo militare? Frugando tra libri d’epoca ho notato, tra alcune pagine riguardanti l’Armata di Mare, una citazione riferita al “Regio Decreto del 7 Ottobre 1823”; validamente aiutato nelle ricerche presso l’Archivio storico municipale di Napoli ho preso visione del documento originale composto da quattro pagine (in questo articolo è stato ritenuto opportuno illustrare, per motivi di spazio, solo la prima pagina - figura successiva). In esso vi è un elenco di vari tipi di imbarcazioni che componevano l’Armata di Mare: 2 vascelli, 6 fregate, 1 corvetta, 2 brigantini, 2 golette, 3 pachetti, 60 tra lance, cannoniere e bombardiere, 20 scorridoie e 2 trasporti.

Sempre nel Regio decreto sono elencate e descritte le spese, suddivise in tre classi, per il mantenimento di questo corpo: nelle spese di prima classe vengono regolamentate quelle sostenute per il personale con un elenco dei vari compensi; nelle spese di seconda classe vengono regolamentate quelle sostenute per i materiali bellici e materiali di consumo, nella terza classe invece, vengono regolamentate in generale le eventuali spese impreviste riguardanti anche i passeggeri civili.

Per un ulteriore arricchimento del presente articolo, ho ritenuto opportuno riportare nella pagina accanto alcune bellissime immagini di litografie a colori tratte dall’opera di Antonio Zezon, stesa nel 1850 e riprodotta nel 1970, intitolata “TIPI MILITARI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE”; in quest’ultima sono stati rappresentati tutti i tipi di divise militari riguardanti il “REALE ESERCITO” e l’”ARMATA DI MARE”, costituendo un’opera davvero straordinaria arricchita da diverse pagine dedicate alla storia dell’esercito delle Due Sicilie a partire dal 1734.


Note

[1] Citazione ai realizzatori dei coni e dei punzoni.

[2] Chiamata così in quanto oltre ad riportare scolpite delle iscrizioni, venivano raffigurati anche dei Rostri (parti integranti delle prue delle navi da guerra che dovevano servire a speronare gli scafi delle imbarcazioni nemiche).

[3] La “Liburna” poteva contenere fino ad un massimo di 25 guerrieri armati ed era spinta da due file di remi manovrati da 52 rematori complessivamente. Grazie a queste formidabili navi da guerra, che secondo alcuni studi e fonti storiche pesavano non più di 18 tonnellate, i romani poterono vantare le più grandi vittorie navali della storia, basta citare la storica battaglia di Azio del 31 a.C., in quell’occasione la flotta di Agrippa e Cesare Ottaviano, (quest’ultimo futuro imperatore Augusto), riuscì a sconfiggere le flotte unite di Marc’Antonio e Cleopatra; la flotta dei primi due, partita da Misero (nei pressi di Napoli), era composta in prevalenza da velocissime “Liburne”, mentre quelle di Antonio e Cleopatra erano composte da pesanti navi “Trireme” (Triere), (quest’ultima di origine greca. Fu da allora, dopo questa fortunata battaglia, che si affidò il controllo dei mari d’Occidente alla flotta di Misero, mentre l’Oriente fu affidato alla flotta di Ravenna.


L’autore ringrazia, per la gentile collaborazione necessaria alla stesura del presente articolo, i sigg. Bernardo Leonardi - funzionario dell’Archivio Storico Municipale di Napoli - e Alessandro Tuzza di Milano.


Articolo pubblicato in:

Centro Culturale e di Studi Storici "Brigantino- il Portale del Sud" - Napoli e Palermo

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