Note e Versi Meridiani

 

 

 

Signorinella

1931. Parole di Libero Bovio, musica di Nicola Valente

Gaetano Esposito "Tentazione", 1883, olio su tela cm 72x45. Napoli, museo Pignatelli

 

Il testo della canzone “Signorinella”, una bella poesia del grande poeta Libero Bovio, è scritta in lingua italiana, ma pensata in napoletano, per sintassi e costruzione delle strofe, quindi da considerare una vera Poesia Napoletana, nata per essere musicata. Inoltre, ci presenta un aspetto del tessuto umano di Napoli che oggi non esiste più. È composta di 9 quartine, di un esametro e tre endecasillabi, con rima solo tra i versi pari. Ogni terza strofa ha un quinto verso settenario in rima con il terzo.

Signorinella pallida,

dolce dirimpettaia del quinto piano,

non v'è una notte ch'io non sogni Napoli,

e son vent'anni che ne sto' lontano!

 

Al mio paese nevica,

e il campanile della chiesa è bianco,

tutta la legna è diventata cenere,

io ho sempre freddo e sono triste e stanco!

 

Lenta e lontana,

mentre ti penso suona la campana

della piccola chiesa del Gesù

e nevica, vedessi come nevica ....

ma tu, dove sei tu?

 

Bei tempi di baldoria,

dolce felicità fatta di niente:

Brindisi coi bicchieri colmi d'acqua

al nostro amore povero e innocente.

 

Negli occhi tuoi passavano

una speranza, un sogno, una carezza ....

avevi un nome che non si dimentica,

un nome lungo e breve: giovinezza!

 

Amore mio!

Non ti ricordi che, nel dirmi addio,

mi mettesti all'occhiello una pansè

e mi dicesti, con la voce tremula:

"Non ti scordar di me!"

 

E gli anni e i giorni passano,

uguali e grigi, con monotonia,

le nostre foglie più non rinverdiscono,

signorinella, che malinconia!

 

Tu innamorata e pallida

più non ricami innanzi al tuo telaio,

io qui son diventato il buon don Cesare,

porto il mantello a ruota e fo' il notaio.

 

Il mio piccino,

sfogliando un vecchio libro di latino,

ha trovato, indovina, una pansè ....

perchè negli occhi mi spuntò una lacrima?

Chissà, chissà perchè!

 

Lenta e lontana,

mentre ti penso, suona la campana

della piccola chiesa del Gesù ....

e nevica, vedessi come nevica ....

ma tu .... dove sei tu?

“Signorinella” è stata scritta, come già accennato, da Libero Bovio per essere musicata da Nicola Valente ed interpretata da Pasquariello, cose che non diminuiscono la bellezza della poesia, anche se sacrificata alle esigenze della musica.

Ma, esattamente, chi è la Signorinella pallida? Chi è lo studente divenuto notaio? Chi ha una certa età ed ha abitato nel quadrilatero della Neapolis, la città nuova o greca, che insieme a Palepolis, città vecchia, costituisce Partenope (Parthenopes in greco, il vero nome di Napoli), ricorda i numerosi studenti che frequentavano la nostra antica e gloriosa Università, provenienti dalle regioni dell’ex Regno di Napoli, nonché le ragazze che lavoravano in casa come sarte, stiratrici, guantaie, o altro. Oggi vi trovate solo le ragazze, dedite al loro lavoro. Gli studenti hanno cento università da poter frequentare. Quelli che frequentano l’Università di Napoli, con soggiorno per interi mesi, come Cesare il notaio, ormai sono rari.

Prima, invece, erano tanti! Soggiornavano stabilmente a Napoli (la Neapolis greca) per poter studiare; le Scuole Superiori e le Università erano solo nei centri principali della Penisola Italiana, salvo qualche eccezione “storica”, ed i mezzi di trasporto non consentivano il rientro frequente alle proprie residenze. Questi studenti erano di due categorie: i figli del popolo, che studiavano grazie a borse di studio o ad elargizioni di mecenati, ed i figli di benestanti. I primi pensavano a trovare un buon partito, visto che la borghesia mercantile napoletana era propensa a far sposare per le proprie figlie  con i futuri laureati “’e fora”. Oltre ad accoglierli, ancora studenti, come “innamorati ufficiali” in famiglia, provvedeva anche al loro mantenimento.

Gli altri, invece, pensavano sempre di tornare al loro nido ma, nel frattempo, faceva loro comodo conoscere una ragazza dei vicoli, corteggiarla per ottenere gratis dei favori, come un pranzetto, una lavata alla biancheria ed altro che si poteva supporre. La ragazza si illudeva, perché anche lei stima “o giovene ‘e fora” più del coetaneo che conosce, perché “spera” di andar via dai vicoli, mentre difficilmente il ragazzo napoletano uscirà dallo status sociale cui appartiene. Finiti gli studi, regolarmente “o giovene ‘e fora” sparisce, insalutato ospite, e si farà una posizione con un matrimonio con benestante, mentre la ragazza, se non resta nubile “zitella”, sposerà il giovane che aveva messo da parte.

Naturalmente a perdere è stato lo studente divenuto, in questa poesia, notaio. Avrà pure potere, soldi, mezzi economici, ma gli manca qualcosa. Quel qualcosa che il quotidiano della vita gli ha portato via, e dal quale non si può fuggire. Allora ripensa al lontano amore, alle rose che non colse, alla Signorinella Pallida.

L’inizio è immediato, le prime tre strofe esprimono il rimpianto, “il notaio” parla alla Signorinella, le dice che sogna sempre il tempo trascorso a Napoli, 20 anni prima in un clima diverso, mentre al paese nevica, il caminetto si è spento e la sua vita è vuota e monotona. Dice di essere stanco di quella vita, che è come una condanna, inesorabile, mentre suona la campana della chiesetta del Gesù. Forse ricorda la campana della Chiesa del Gesù Vecchio a Napoli, che sentivano allora insieme? Nelle tre strofe seguenti dimentica la neve ed il freddo del presente, pensa al passato che si fa più nitido, ricorda i bei tempi di baldoria, la felicità di due giovani fatte di niente, i brindisi con i bicchieri colmi d'acqua ad un amore povero e innocente.

Di Signorinella ricorda gli occhi, in cui brillava una luce di speranza e del sogno di sfuggire alla vita grama dei vicoli, una carezza rubata, ma non ricorda il nome, ricorda solo il tempo, quel tempo che non si dimentica, che ha un nome lungo e breve: giovinezza! Ricorda però bene che nel giorno dell’addio, con la promessa di ritornare per restare, all'asola del paltò Signorinella gli mise una pansè, dicendogli, commossa, "Non ti scordar di me!", quasi sicura di non rivederlo più.

Nelle altre strofe parla del “suo” presente, parla di sé e pensa che anche Signorinella viva come lui, di rimpianto e di malinconia. Parla degli anni e i giorni che scorrono uguali e grigi, con monotonia. Ignora che quella è la vita del notaio di paese, non certo di chi deve lavorare per vivere. Dice “le foglie più non rinverdiscono, signorinella, che malinconia!”, parla di sé e basta! “Tu innamorata e pallida più non ricami innanzi al tuo telaio”, ed allora come vive? “io qui son diventato il buon don Cesare, porto il mantello a ruota e fo' il notaio”, questo è sicuro! “Il mio piccino, sfogliando un vecchio libro di latino, ha trovato, indovina, una pansè” e se non l’avesse trovata, non ci sarebbe stato il ricordo....“perché negli occhi mi spuntò una lacrima? Chissà, chissà perché!” forse anche il Notaio ha una coscienza!

Achille Togliani interpreta "Signorinella"

Libero Bovio nacque a Napoli l’8 giugno 1883. Insieme a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo ed E.A. Mario è stato un artefice della cosiddetta epoca d'oro della canzone napoletana, componendo testi di molte celebri canzoni.

Bovio iniziò a lavorare prima in un giornale locale e poi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove ebbe l'opportunità di scrivere molto, anche se non smise mai di dedicarsi alle sue vere passioni che erano la musica ed il teatro. Riscosse il suo primo successo nel 1910 con Surdate, musicata da Evemero Nardella. Terminato il periodo bellico, sposò, nel 1919, Maria Di Furia che gli darà due figli.

Grazie alle collaborazioni con i musicisti più in voga del momento, intorno al 1915 confezionò canzoni come Tu ca nun chiagne (musica di Ernesto De Curtis), Reginella (musica di Gaetano Lama), Zappatore, Guapparia, Cara piccina, 'O Paese d' 'o sole e Lacreme napulitane, queste ultime due composte intorno al 1925 e legate al tema dell'emigrazione. Il pessimismo sentimentale di Bovio si espresse anche con due importanti canzoni d'amore, quali L'addio (musica di Nicola Valente) e Chiove (musica di Evemero Nardella). Tra i testi in italiano deve essere ricordato quello della famosa canzone Signorinella, musicata da Valente.

Il suo talento di scrittore di testi di canzoni napoletane malinconiche e ricche di disinganno si espresse ai massimi livelli quando divenne direttore di case editrici musicali, come La Canzonetta, dal 1917 al 1923 e dall'anno seguente alla Santa Lucia. Nel 1934 fondò una nuova casa editrice musicale, La Bottega dei 4, assieme a Nicola Valente, Ernesto Tagliaferri e Gaetano Lama.

Morì il 26 maggio 1942 morì nella sua casa di Via Duomo, nel centro storico di quella Napoli che tanto amò dando lustro al suo dialetto ed alla sua tradizione musicale.

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