Articolo
a cura di Franco Valente, architetto (tratto dal
sito del Comune di Poggio Sannita)
Si chiama
Poggio Sannita, ma il nome antico é Caccavone. E Filippo
Moauro scrisse di Caccavone quelle memorie che consegnò
alle stampe a Napoli nel 1908 dopo aver compilato
altre due opere, di cui non si é più trovata traccia,
dedicate alla Valle del Danubio ed a
Carlo d’Angiò. Lo studio di Moauro é fondamentale
per capire cosa sia accaduto nei secoli in questa parte
interna del Molise che domina la valle del Verrino,
affluente del Trigno. Il documento più antico, in cui
viene chiamato Cacononem, é della fine del X secolo e da
esso si sa che i principi longobardi Landolfo e Pandolfo
cedevano il feudo a Radoisio, figlio del conte Berardo
di Isernia. Dal Catalogo normanno dei Baroni sappiamo
che alla metà del secolo XII Caccabonum era tenuto in
feudo da Raul de Petra per conto del conte Ugo di Molise
e che a malapena, per la povertà del territorio, era in
grado di contribuire a reggere un solo milite
nell’esercito. Sappiamo pure che un certo Jozzolino di
Caccavone nello stesso periodo teneva in feudo Agnone
per conto di Guglielmo di Agnone.
Nel 1269,
appena cominciata la dominazione
angioina, Caccavone passò in parte a Paolo Giga e
più tardi a Stefano di Agnone e poi a Rolando Gisulfo e,
al tempo di re Roberto d’Angiò, a Tommaso di Troyes.
Alla metà del Trecento apparteneva ai de Sabran che lo
tennero fino al 1363 quando passò a
Giovanna di Durazzo fino al 1382. Poi pervenne ai
Carafa, ai Carfagna, ai de Raho, e dalla metà del XVII
secolo tornò di nuovo ai de Petra che lo tennero fino
all’eversione della feudalità.
Per le
condizioni economiche, mai floride soprattutto a causa
dell’asprezza della sua terra, Caccavone ha avuto
inizialmente uno sviluppo urbano sofferto e il suo primo
nucleo si riduceva ad un piccolo gruppo di case
ristrette attorno ad un castello. Era posto in quella
parte del paese che ancora ne conserva il nome e che é,
topograficamente, la parte più alta dell’abitato.
Dell’antico castello non rimane praticamente nulla, ma
non é da escludere che esso, secondo il solito, si sia
trasformato, almeno in parte, nel cosiddetto palazzo
ducale, oggi di proprietà comunale.
Si tratta
di una struttura che ormai ha perso tutti i caratteri
originali pur conservando la sua utilità volumetrica che
accoglie al suo interno una mostra permanente di
immagini antiche del paese. E’ una sorta di luogo della
memoria dove foto sbiadite di emigrati in partenza per
l’America, o del sindaco che festeggia sventolando una
bandiera fatta in casa con la falce ed il martello, o di
momenti più o meno lieti di vita quotidiana,
costituiscono i fotogrammi di una storia che la comunità
non vuole dimenticare.
A pochi
metri é la chiesa dedicata a S. Vittoria. Una chiesa che
é strana perché non ha la facciata. Vi si arriva dalla
via principale salendo per una scalinata in pietra che
si infila nelle sue viscere, sottopassandola fino a
sbucare dalla parte opposta dove i gradini conquistano
la luce e finiscono su un portale settecentesco che ne
costituisce l’entrata principale, ma laterale. Entrando
si é costretti quasi naturalmente a mettere la mano
nell’acquasantiera da cui cerca di uscire la testa a
rilievo di un serpente che si annoda soffrendo
nell’acqua. Chi entra, bagnando la mano, bagna con
l’acqua santa anche la testa del serpente, e così
simbolicamente continua la sua pena.
L’interno
ripete l’impianto di una basilica a tre navate, ma tutto
in minori ed equilibrate proporzioni. Questa chiesa é
frutto di continue trasformazioni ed ampliamenti. La
forma attuale, salvo il prolungamento ottocentesco del
presbiterio, é del 1725 o giù di lì. Lo attesta una
lapide del vescovo benedettino Alfonso Mariconda che ne
consacrò l’altare il 13 settembre di quell’anno.
S.
Vittoria é la titolare, ma il protettore di Poggio
Sannita é S. Prospero la cui immagine fu scolpita nel
legno nel 1764, in grandezza quasi naturale, da Silverio
Giovannitto di Oratino per essere sistemata sull’altare
della navata di destra. Qui nel 1733 il cardinale Petra
fece riporre le reliquie del santo dopo averle prelevate
dalla catacomba romana di S. Calepodio.
E insieme
a S. Prospero, che viene invocato per avere il bello o
il cattivo tempo, per ottenere un buon raccolto o per
preservare il paese dai terremoti, altri santi sono sui
vari
altari. La notevole statua della Madonna delle Grazie,
S. Domenico di Cocullo con il serpente ed il cane ai
suoi piedi, S. Rocco con la gamba sanguinante ed il cane
che porta in bocca la pagnottella, l’Immacolata
Concezione, S. Antonio di Padova con il Bambino nuovo
(che ha sostituito quello antico che, come al solito, fu
rubato dalla sua mano), un piccolo S. Pasquale Baylon
sistemato quasi per caso sull’altare dove é una bella
tela con S. Antonio Abate e S. Antonio di Padova ai
piedi di un Santo apostolo, forse S. Pietro. Un gruppo
in cartapesta riproduce in dimensioni poco più che
presepistiche una S. Anna che insieme a S. Gioacchino
reggono per le mani una Madonna Bambina. Secondo alcuni
si tratterebbe di una Sacra Famiglia, ma io propendo per
la prima ipotesi. Dietro l’altare un grande riquadro
vuoto ricorda che vi era una tela del Montagano in
sostituzione dell’originale che, mandata a Napoli nel
1856 per il restauro, non fu più restituita.
Per
uscire da Caccavone si torna sulla via principale che
passa davanti alla chiesa di S. Rocco, ridotta male
sulla facciata e ancora peggio al suo interno. Una
piccola ma bella chiesa che una volta, come tutte le
cappelle dedicate al santo di Montpellier, era subito
fuori dell’abitato a proteggere il paese dal pericolo
della peste.
Meriterebbe un sostanziale restauro come la chiesa della
Madonna delle Grazie che si trova molto più in basso,
quando ormai si é lasciato il paese alle spalle. Qui, in
un caotico sistema di strade moderne, la colonna
circolare di una croce stazionaria, ormai quasi
dimenticata in una scarpata a lato del piazzale,
ammonisce chi ha voglia di farsi ammonire, che una volta
l’esterno della chiesa era sacro come il suo interno.
Il
Palazzo Ducale
Da
visitare a Poggio Sannita il Palazzo Ducale, edificato
verso la fine del 15° secolo e
dimora dei duchi di Caccavone, tra cui Nicola, Giuseppe
Maria e Raffaele Petra (1798 - 1873). Fu restaurato una
prima volta dal duca Nicola Petra nel 18° secolo, dopo
un lungo periodo di incuria, e fu abitato fino agli
inizi dell’ 800. Nel gergo poggese, è stato ribattezzato
"Palazzo reale" poiché si pensa (fra storia e leggenda)
che una delle regine borboniche del Regno delle due
Sicilie, in visita nella nostra zona, vi abbia
soggiornato per un breve periodo. Dopo un lungo periodo
di abbandono ed incuria che lo avevano ridotto a poco
più di un rudere, il Comune di Poggio Sannita lo ha
restaurato e riaperto al pubblico il 15 ottobre 1994. Il
Palazzo Ducale è caratterizzato da un’imponente facciata
interamente ricostruita in pietra locale a faccia vista,
esposta a nord-ovest sulla valle del Verrino con una
vista “mozzafiato” che arriva fino a Capracotta.
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Campana "Maria SS. delle Grazie" |
L’edificio situato in corso Garibaldi, nel cuore del
centro storico poggese, è strutturato su quattro piani
molto vasti, con tre ingressi oltre quello principale.
Dotato di un'attrezzatissima sala convegni, tra le
migliori della provincia, capace di ospitare fino a 200
persone comodamente sedute. E’ sede della biblioteca
comunale, vi si tengono numerosi meeting, e costituisce
il vero centro propulsore della cultura poggese. Al
terzo piano ospita una mostra fotografica permanente dal
tema: "Poggio Sannita: i luoghi e le persone" con
numerose foto d’epoca e recenti. Nello stesso piano si
segnalano locali arredati a sala lettura.
Al fine
di eliminare le barriere architettoniche presenti
nell’edificio è stato istallato un ascensore che dal
piano terra raggiunge il quarto piano, capace di
trasportare 12 persone.
Il
Centro Storico
Intorno
alla Chiesa Madre di S. Vittoria si dipana il centro
storico con vicoli, piazzette, stradine caratteristiche
e antiche. Fra queste si segnalano: via
Cosmo de Horatiis che
prende il nome dal cittadino più illustre di Poggio
insigne medico, chirurgo e omeopata che visse dal 1771
al 1850; il caratteristico larghetto Ospedale così
chiamato in quanto sembra sia stato effettiva sede di un
antico ospedale denominato Santa Caterina ove trovavano
riparo anche viandanti, mendicanti e gli indigenti del
tempo; la Salita Regina Margherita antica strada che
collega il centro storico con la chiesetta della Madonna
delle Grazie; S. via Castello, che è senz'altro la
strada più antica del paese, collega la chiesa madre al
palazzo ducale, in questa via si ergono: all'imbocco la
vecchia torre campanaria e all'estremità opposta la
torre dell'orologio da poco restaurata; la centralissima
piazza XVII Aprile che prende il nome dalla data del
sacrificio che vide la morte di 10 cittadini poggesi che
si batterono contro il brigantaggio nell’Italia
meridionale (anno 1862).
La piazza
costituisce anche una balconata naturale che scopre
tutta la valle del Verrino fino alla confluenza con il
vicino fiume Trigno tracciante il confine sud dell’agro
poggese; corso Umberto I è la strada principale del
paese su cui si affacciano tutte le maggiori attività
commerciali, dove ha sede il Municipio e che funge da
raccordo fra la periferia ed il centro storico; borgo
Calvario nei tempi andati è stato sede delle attività
artigianali del paese con particolare riferimento a
botteghe di calzolai e fabbri tanto che in gergo veniva
chiamato "porta ferraia"; inerpicandosi lungo la salita
del borgo si arriva sul Colle Calvario zona più alta del
paese e sede della villa comunale dalla quale si ammira
un suggestivo panorama.
La
panoramica delle strade si chiude con via Castellano
altra strada molto antica e caratteristica; mentre i
quartieri nuovi e più moderni del paese si stanno
sviluppando nella zona di Santa Lucia e nella zona PEEP
(piano di edilizia economica e popolare) a ridosso di
via Edifici Scolastici.
Fonti
http://www.comune.poggiosannita.is.it/paese_premessa.php
http://www.comune.poggiosannita.is.it/paese_visita.php
http://www.facebook.com/home.php? (gruppo: "Poggesi
in Italia e nel Mondo - Poggesi in the world". |