Prefazione di David Frati
La prima volta che ho letto un libro di Antonio Messina
non riuscivo a credere ai miei occhi. Perché il variegato panorama delle
piccole e piccolissime case editrici italiane – diciamolo - magari
ribollirà di energia e passione, ma di certo non abbonda in originalità.
Tipicamente, ci si inserisce sulla scia del grande bestseller di turno:
e allora piovono adolescenti che si spazzolano e si fanno spazzolare,
complotti esoterici nei quali chissà perché ci sono sempre di mezzo i
Templari, tortuose inchieste di poliziotti maudit e via citando. Nulla
di male, anzi, ma sorprese nemmeno a parlarne. Invece, quel libro – si
trattava de
“La memoria dell’acqua”, per la cronaca – era drasticamente,
eroicamente fuori sincrono rispetto alle tendenze e alle mode
letterarie: Messina infatti in quello smilzo volumetto dalla bella
copertina riscopriva la forma letteraria del racconto filosofico
tentando un'ardita commistione tra la fantascienza del “Solaris” di
Andreij Tarkowskij (più che quello di Stanislaw Lem), la rilettura della
classicità dei “Dialoghi con Leucò” di Cesare Pavese, la capacità
di raccontare filosofia del Friedrich Nietzsche di “Così parlò
Zarathustra”. Forse non la via maestra per raggiungere le Top 10 di
vendita, ma un metodo infallibile per conquistare il mio cuore di
lettore. Da allora seguo Antonio con affetto e ammirazione in ogni tappa
del suo percorso, una linea retta piena di coerenza e lealtà verso il
suo pubblico.
La stella polare di Messina è sempre la stessa, del
resto, e lui la insegue con costanza, come i Re Magi, come un gps: la
voglia bruciante di un altrove purchessia, il desiderio di non fermarsi
nemmeno un minuto alla superficie delle cose, il bisogno costante di
simboli. Il suo anelito verso l’assoluto, l’infinito, l’iperuranio però
se possibile con questo “Ofelia e la luna di paglia” che mi onoro
di presentarvi si fa più marcato, quasi doloroso. Il team di depressi
tabagisti del 2122 protagonista del romanzo tenta di sfuggire alla
miseria materialistica del proprio tempo (che, ahinoi, somiglia così
tanto al nostro) ‘scaricando’ le proprie nevrosi (e i propri sensi di
colpa, e i propri vuoti affettivi, e i propri sogni impossibili, e le
proprie voglie di fuga, e,e,e) nella creazione di un mondo virtuale,
l’ambientazione di un videogame di ultima generazione che si rivela più
reale del reale. Ma la freccia direzionale non va solo dalla realtà
verso Erasmus4 (questo il nome del gioco): anche i personaggi del
videogame, ormai dotati di autocoscienza e sensibilità, fanno sentire le
propria voce, che non è quella di semplici burattini senza anima, e
reclamano un posto nella realtà, nella vita ‘vera’. A proposito, che
cos’è la vita? Come di consueto, Antonio Messina utilizza come mero – ma
sublime – pretesto il genere fantastico-fantascientifico per porre
grandi questioni, indagare su temi profondi, scandagliare antichi
misteri. E di questo possiamo soltanto ringraziarlo.
David Frati, giornalista medico, è uno dei
curatori di Yahoo! Salute, portale dedicato all'informazione
sanitaria. Critico cinematografico per 35mm, è fondatore e direttore di
Mangialibri, una delle principali riviste sul web dedicate al mondo
dell'editoria. Come copywriter e sceneggiatore ha collaborato con le
emittenti televisive satellitari Studio Universal e Fox Crime e con la
Ferrero (ebbene sì, molti dei personaggi degli ovetti Kinder degli
ultimi anni sono farina del suo sacco). Vive a Roma.
Quarta di copertina
2122. La programmatrice, Nina, ha progettato un
videogioco di ultima generazione. Si chiama Erasmus4, ed è stato
commissionato da una potente multinazionale. Poi Nina, per una sorta di
incantesimo riesce ad entrare nel videogame. Si è ritrovata a viverci
dentro. Si sta orientando nel nuovo mondo. Altrove, un manager ha
assunto Isabel per perfezionare il programma, per cambiarlo. Nina si
accorge che qualcuno sta modificando il codice della programmazione,
capisce che sta rischiando la vita, perché il malvagio Julius, un
personaggio che doveva essere cancellato, la sta minacciando. Julius
,ora è vivo, agisce come un umano in carne ed ossa: il videogioco sta
uccidendo Nina. Il virtuale, adesso è soggetto al male, agli inganni,
all'errore. Avidità e prepotenza sporcano la fantasia. E così, come
fiammelle, le creature si spengono dopo aver lasciato un segno.
Nell'infinito.
Antonio Messina (Partanna 1958) ha pubblicato
l'Assurdo respiro delle cose tremule (2003) il fantasy - filosofico La
memoria dell'acqua (Il Foglio 2006), il romanzo di fantascienza Le vele
di Astrabat (Il Foglio 2007) e la siloge Dissolvenze (Il Foglio 2008).
Alcune sue liriche compaiono in antologie. Vive a Padova.
http://antmessina.altervista.org/
Prefazione di D. Frati. Postfazione di M. Monego.
Immagine di copertina: Angela Betta Casale. Realizzazione grafica: Sacha
Naspini. © Edizioni Il Foglio 2009. 1a Edizione, Marzo 2009. ISBN 978 -
88 - 7606 - 219 - 3. Collana: Autori Narrativa Contemporanea. Direttore:
Gordiano Lupi. Edizioni Il Foglio, Via Boccioni 28 - 57025 PIOMBINO (LI)
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