Nel
Luglio del 1738, esattamente 270 anni fa, Maria Amalia principessa
di Sassonia e Polonia, figlia di Federico Augusto II, giunse a
Napoli dopo aver sposato per procura qualche giorno prima il
giovane
Carlo di Borbone.
La sposa
aveva tredici anni, perciò occorrevano la dispensa del Papa per le
nozze ed il permesso per farle attraversare lo Stato Pontificio e
gli altri territori che la separavano dal Regno di Napoli:
l'occasione servì per dare pieno riconoscimento nel diritto
internazionale al nuovo regno, anche se i rapporti con lo Stato
Pontificio erano ancora tesi e si risolsero definitivamente solo
quando il Papa riconobbe la validità dell'investitura data da
Filippo V di Spagna al figlio Carlo. I festeggiamenti durarono tanto
e durante d’essi Maria Amalia fu colpita dal vaiolo che le deturpò
il viso: ciò non impedì allo sposo di continuare ad amarla, data la
forte affinità che li legò fin dall'inizio. La regina fu ammessa nel
Consiglio di Stato solo dopo la nascita dell'erede e cominciò ad
interessarsi ai tanti intrighi di corte cercando di esercitare la
sua influenza sul sovrano ma in modo non sempre corretto:
probabilmente, voleva imitare la dispotica suocera senza possederne
però le capacità e lo spessore politico. Maria Amalia, tipo
spiccatamente nordico, era alta, slanciata, bionda, occhi azzurri,
di temperamento lunatico, spesso irascibile, colta, vivace e
discorsiva.
Fra gli
oggetti di valore accuratamente custoditi in astucci di cuoio,
segnati dagli stemmi di Sassonia e Napoli, che costituivano il
corredo nuziale, Carlo notò alcuni oggetti provenienti dalle
fabbriche di Meissen che apprezzò tanto, a tal punto che da quel
momento prese l’iniziativa di avviare nel regno la lavorazione della
porcellana. S’intrapresero i primi esperimenti con mezzi e materiali
di fortuna nel cortile del palazzo reale senza perdersi di coraggio
ad ogni insuccesso. La Sassonia si guardò bene dall’incoraggiare
un’eventuale concorrenza, e rimase sorda alle richieste napoletane
d’informazioni, formule, magari dell’invio di esperti capaci di
istruire la manodopera locale. Lo stesso sovrano, il padre di Maria
Amalia, cui le fabbriche di Meissen appartenevano, non mosse un dito
per aiutare il genero. Quest’ultimo, soltanto nel 1743, essendo
riuscito a corrompere alcuni dipendenti delle manifatture di
porcellana di Vienna e con l’arrivo a Napoli di operai specializzati
pagati a peso d’oro, riuscì a fare impiantare una vera e propria
fabbrica nel parco di Capodimonte. Certo mancava la materia prima,
la terra bianca indispensabile se si voleva ottenere quella
particolare pasta bianca, ma per fortuna si scoprì a Fuscaldo, in
Calabria, una miniera di caolino che si avvicinava abbastanza alla
terra delle cave di Sassonia. Altre difficoltà si dovettero superare
durante il procedimento di cottura, tuttavia col tempo si raggiunse
quel grado di perfezione improntato, nelle forme e nei colori, a
caratteristiche particolari che della fabbrica di Capodimonte
costituirono il maggior pregio. Di questa porcellana se ne trova
ancora la testimonianza nei palazzi, nelle ville, nei musei
napoletani, dove si rimane incantati davanti ai rami fioriti, alle
piramidi, alle ghirlande di frutta, agli animali, putti, personaggi
da presepi.
Dalle
porcellane di Capodimonte agli splendori di Caserta. Filippo V di
Spagna costruì la Granja, don Filippo di Borbone, duca di Parma fece
di Colorno qualcosa del genere, e l’altro suo figlio, il re Carlo di
Napoli, ricorrendo al genio architettonico di Luigi Vanvitelli, creò
a Caserta quel capolavoro di cui, durante il suo breve regno,
Carolina Murat poteva ben scrivere: «E’ quanto di più bello si
possa immaginare. Versailles è niente a paragone di Caserta».
Il De
Brosses, durante un suo viaggio a Napoli, raccontò che i sovrani
amavano cenare in pubblico e quando avvicinò questi ultimi, notò Re
Carlo prestare un orecchio distratto alle parole che gli
rivolgevano, e sul suo volto lungo dal naso a lama di coltello si
stendeva intanto un’espressione di tedio. La regina si offriva al
baciamano, Carlo servito dal suo gentiluomo di camera, Maria Amalia
dalla contessa di Charny, la sua dama d’onore. I nobili officianti
sembravano assolutamente compresi dell’importanza del loro compito,
e per versare da bere ai sovrani rimanevano in ginocchio accanto a
loro e si rialzavano solo quando ne ricevevano l’autorizzazione,
riprendendo il calice vuoto.
Le nozze
del 1738 furono commemorate in ben quattro diverse
medaglie di pregevole fattura. La seconda tipologia venne coniata in
tre diversi moduli:
1° Tipo
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Opus:
Heinrich Peter Grosskurt Medaglia 1738 in ARGENTO Ø 41 mm. - RRR - (gr.
29,15) (conosciuta solo in argento) Coniata a Dresda. Al dr./ *CAROLUS
UTRIUSQUE SICILIÆ REX * MARIA AMALIA REGIA POLONIÆ PRINCEPS* Busti
affrontati di Carlo e Maria Amalia; all’esergo, H.P.GROSKURT. Al rov./
CAROLI / UTRIUSQUE / SICILIÆ REGIS / ET MARIÆ AMALIÆ RE / GIÆ
POLONIÆ PRINCIPIS / SPONSALIA / DRESDÆ / M.DCC.XXXVIII. (Ricciardi
4. - D’Auria 5)
2° Tipo
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Opus: ?
Moneta-Medaglia 1738. Oro Ø 21,5 mm. – RR - (gr. 3,43) (conosciuta
solo in oro per questo diametro) Coniata a Dresda. Al dr./ CORONAM
MERENTUR Due cuori fiammanti sopra ara votiva, coronati da braccio
che fuoriesce dalle nuvole; in alto, il sole raggiante. Al Rov./
CAROLI / UTRIUSQUE / SICILIÆ REGIS ET / MARIÆ AMALIÆ / REGIÆ POLONIÆ
/ PRINCIPIS SPON / SALIA DRESDÆ / ANNO / MDCCXXXVIII. (Ricciardi 7.
- D’Auria 6)
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Opus: ?
Moneta-Medaglia 1738. Argento Ø 34 mm. - Rara - . (conosciuta solo
in argento per questo diametro) Coniata a Dresda. Al dr./ CORONAM
MERENTUR Due cuori fiammanti sopra ara votiva, coronati da braccio
che fuoriesce dalle nuvole; in alto, il sole raggiante. Al Rov./
CAROLI / UTRIUSQUE / SICILIÆ REGIS ET / MARIÆ AMALIÆ / REGIÆ POLONIÆ
/ PRINCIPIS SPON / SALIA DRESDÆ / ANNO / MDCCXXXVIII. (Ricciardi 7.
- D’Auria 6)
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Opus: ?
Moneta-Medaglia 1738. Argento Ø 23 mm. .- Comune (conosciuta solo in
argento per questo diametro) Coniata a Dresda. Al dr./ CORONAM
MERENTUR Due cuori fiammanti sopra ara votiva, coronati da braccio
che fuoriesce dalle nuvole; in alto, il sole raggiante. Al Rov./
CAROLI / UTRIUSQUE / SICILIÆ REGIS ET / MARIÆ AMALIÆ / REGIÆ POLONIÆ
/ PRINCIPIS SPON / SALIA DRESDÆ / ANNO / MDCCXXXVIII. (Ricciardi 6.
- D’Auria 8)
3° Tipo
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Opus: ?
Medaglia 1738. Bronzo Ø 40 mm. - RRR (conosciuta anche in argento
RRRR) Coniata a Napoli. Al dr./ PERMIXIT HEROES MDCCXXXVIII Stemmi
accostati delle due Case, sormontati da corona reale. Al Rov./
SURGAT / GENS AUREA / MUNDO entro cartella ornata. (Ricciardi 8. D’Auria
9).
La
leggenda del rovescio è presa da un passo della Egloca IV delle
Bucoliche di Virgilio: “…tu modo nascenti puero; quo ferrea
primum desinet hac toto surget gens aurea mundo, (risorga al mondo
la nobile stirpe) casta fave lucina tuus iam regnat Apollo”.
Anche in Jacopo Sannazzaro (1458 -1530) riscontriamo un passo
simile: “Silicet haec virgo, haec sunt Saturnia regna: haec nova
progenies caelo descendit ab alto, progenies, per quam toto gens
aurea mundo surget, et in mediis palmes florebit artistis”.
4° Tipo
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Opus: ?
Medaglia 1738. Ø 40,2 mm. Bronzo – RR - (conosciuta anche in oro –
Unica? - e in argento RRR) Coniata a Napoli. Al dr./ CAROLVS AMALIA
V.S.RR.P.P.FF. Busti affrontati di Carlo e Maria Amalia. Al Rov./
VENTURO | LÆTENTUR UT | OMNIA | SECLO | M.DCC.XXX. VIII. (Ricciardi
9. D’Auria 10). La leggenda del rovescio è presa da un passo della
Egloca IV delle Bucoliche di Virgilio: ”Aspice, venturo laetentur
ut omnia saeculo …(guarda come tutte le cose si allietino nel secolo
che verrà)”.
I primi
due tipi vennero coniati a Dresda in quanto città natale di Maria
Amalia. Il secondo tipo, sia in oro che in argento, avendo lo stesso
valore intrinseco delle monete sassoni, andarono in circolazione
insieme a queste ultime, tanto da essere nominate, sia da Ricciardi
che da D’Auria, monete-medaglie.
Carlo di Borbone, Re di Napoli e di Sicilia, è ricordato nella
storia come un liberatore e non come conquistatore…
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Piastra 1735 clicca sull'immagine per ingrandire |
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Mezza Piastra 1735 clicca sull'immagine per ingrandire |
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...vennero
coniate monete in argento da 120 e 60 Grana con il motto DE SOCIO
PRINCEPS (da alleato a sovrano). Diede ai suoi popoli libertà e
indipendenza dopo oltre due secoli di sfruttamento coloniale,
facendoli sentire orgogliosi di appartenere ad una nazione europea e
non ad una provincia.
Articolo pubblicato nell’Ottobre 2008
Pubblicazione on-line dell'Ottobre 2008 |