Nel
1713, con il trattato di Utrecht termina in Sicilia il dominio spagnolo. Con questo trattato Sua Maestà Cattolica il re di Spagna perde il regno di Sicilia che viene assegnato, soprattutto per insistenza degli inglesi che vedevano di mal'occhio sia Borbone che Austriaci, a Vittorio Amedeo duca di Savoja.
Il governo sabaudo non lasciò un buon ricordo per il suo fiscalismo esagerato; ancora oggi, di fronte ad uno spettacolo disastroso la gente del popolo esclama: "pari ca ci passò casa Savoia!" Appena insediato infatti Vittorio Amedeo oltre alle tasse ordinarie, fece pagare alla Sicilia un "donativo" straordinario per i bisogni del regno ed un altro per la lista civile del re, e in ricompensa, affidò tutti gli incarichi di governo a Piemontesi, abbandonando la Sicilia dopo neppure un anno di permanenza, il 3 dicembre 1714 e lasciando a Palermo come
viceré il piemontese Annibale Maffei.
Non solo, ma privò il regno di Sicilia, chiamandoli in Piemonte, parecchi tra i migliori ingegni del tempo tra cui l'architetto messinese Filippo Juvara che arricchì Torino di splendidi monumenti quali la Basilica di Superga ed il castello di caccia di Stupinigi; il Conte salernitano Francesco d'Aguirre, che nel 1719 riformò l'università di Torino europeizzandola; il giurista palermitano Nicolò Pensabene e tanti altri.
Ad aggravare la già pesante situazione si aggiunse in questo periodo una controversia giurisdizionale tra il Regno di Sicilia e la Santa Sede, da sempre desiderosa di abolire la prerogativa dell' "apostolica legatia". Era questo un privilegio concesso da Papa Urbano II nel lontano 1097 a Ruggero, che riconosceva al re e a tutti i suoi successori giurisdizione su tutte le faccende ecclesiastiche purché non si infrangesse il dogma di fede o la salute dell'anima e per la quale tutti i vescovi siciliani (tranne quello di Lipari) erano direttamente nominati dal Re di Sicilia.
Già durante la guerra dei novant'anni (1282 - 1372, durante il periodo aragonese) i Papi avevano tentato di abolire questo privilegio siciliano senza riuscirvi ma l'occasione si ripresentò il 22 gennaio del 1711, ancora in periodo spagnolo, per un incidente probabilmente voluto dalla curia pontificia, che accadde a Lipari, unica diocesi siciliana appunto che dipendeva direttamente da Roma. Il vescovo di Lipari, monsignor Tedesco, aveva dato da vendere ad un bottegaio una partita di ceci, frutto di decime, ma due guardie di annona esigettero da costui l'imposta dovuta, "un rotolo" di ceci (circa 800 gr). Il vescovo di Lipari ravvisandovi una violazione dei privilegi ecclesiastici comminò contro gli ufficiali regi la "scomunica maggiore" per violazione della bolla pontificia "In coena domini" ma siccome, secondo il privilegio della "Apostolica legatia", in Sicilia per lanciare una scomunica occorreva l'approvazione regia, il
viceré spagnolo, Marchese di Balbases, ne dispose l'annullamento.
Non domo, il vescovo di Lipari ricorse al Papa Clemente XI il quale confermò l' operato vescovile ed il 18 luglio 1712 inviò una lettera a tutti i vescovi della Sicilia, ingiungendo loro di rendere pubblica la decisione. Ma neanche un ordine di questo genere si poteva eseguire nell'Isola, senza la regia approvazione; pertanto il
viceré Balbases destituì i vescovi che avevano obbedito al Papa e quest'ultimo in risposta, emise l' "interdetto" sulla Sicilia.
Era nata così per un pugno di ceci "la controversia liparitana" che continuò per tutto il dominio sabaudo a colpi di scomuniche e controscomuniche con grave danno per l'economia del Regno e si concluse solo nel 1729. Un canto popolare ricorda questo periodo:
Lu Santu Patri ni livau la missa,
lu Re conza la furca a li parrini,
la Sicilia è fatta carni di sasizza,
cca c'è la liggi di li saracini.
Divenuto generale il malcontento antisabaudo, nel 1718 l'isola fu facilmente riconquistata dagli spagnoli, ma in seguito al trattato dell'Aja che pose fine alla guerra della Quadruplice Alleanza, passò agli austriaci. Anche costoro tuttavia pretesero "donativi" straordinari dissanguando ancor più la Sicilia e non lasciarono un buon ricordo tanto che ancora oggi per dire "scroccone" a qualcuno si dice "lapardero", da hellebardier (soldato con l'alabarda). Razziarono anche l'argento che si estraeva dalle miniere in provincia di Messina. L'unico punto a favore della dominazione austriaca fu la conclusione della "controversia liparitana", in quanto Papa Benedetto XIII riconobbe finalmente il diritto dei siciliani all' "apostolica legatia" e abolì l'interdetto.
Fara Misuraca |