I
napoletani, nel coniare monete incuse, non vollero certamente
imitare gli antichi greci per renderle difficilmente falsificabili,
né vollero coniare serie speciali a titolo di presentazione o prove.
Non si tratta nemmeno di scherzi fatti dai coniatori o dagli
incisori, ma si tratta di errori di coniazione estremamente rari.
Capitava invece che nella fretta di coniare, il coniatore non
effettuava i dovuti controlli sul lavoro appena compiuto; in alcuni
casi i coniatori si accorsero degli errori, ma non diedero
importanza, e le monete furono messe ugualmente in circolazione.
D’altronde si trattava prevalentemente di monete in rame e non in
argento od oro.
Come può
accadere che vengono coniate monete incuse? La spiegazione è
semplice: come già accennato prima, nella fretta di coniare, non ci
si rendeva conto che rimaneva attaccata al conio una moneta, e se
quest’ultima non veniva rimossa, è chiaro che imprimeva sul tondello
successivo la sua immagine. È logico che nel momento in cui qualcuno
veniva in possesso di una moneta del genere rideva alle spalle dei
responsabili della Zecca, ma oggi grazie a queste distrazioni di due
secoli fa, i collezionisti vengono in possesso di vere e proprie
rarità. Le monete incuse sono oggi monete abbastanza ricercate, sia
per la loro particolarità che per la loro rarità.
In questo
articolo ho ritenuto opportuno illustrarle: la fig. 1 ci mostra una
moneta in rame di Ferdinando IV di Borbone da un tornese, coniata
senza ombra di dubbio nel periodo 1788-1792, dove al posto del
consueto rovescio vi è incuso il dritto, per questo il tornese in
questione porta due effigi, mentre la prima è in rilievo, la seconda
è incusa.
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fig. 1 Tornese in rame, incuso (1788-1792),
regnante Ferdinando IV di Napoli |
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fig. 2 Moneta da 8 Tornesi in rame, incusa
del 1797, regnante Ferdinando IV di Napoli |
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La fig. 2
ci mostra una moneta sempre di Ferdinando IV ma da 8 tornesi datata
1797, stavolta però non è il dritto ad essere incuso ma il rovescio.
A questo
punto c’è da fare una riflessione: vi siete chiesti perché il
tornese qui illustrato è in ottima conservazione mentre l’8 tornesi
presenta evidenti segni di usura? Semplice, perché mentre il
possessore del primo, accortosi della particolarità, ha preferito
conservarlo, il secondo invece ha ritenuto opportuno spenderlo per
comprare un chilo di pane o bere un bicchiere di vino in qualche
osteria.
Se si
dovesse parlare di un prezzo di mercato per tali monete, ci
troveremmo in una situazione imbarazzante, è difficile stabilire con
precisione quanto pagare per una moneta del genere, ma una cosa è
certa: vale sicuramente diverse volte in più di un esemplare dello
stesso tipo, coniato perfettamente.
Articolo pubblicato nel Giugno 2001
Pubblicazione on-line del Maggio 2008 |