Numismatica

Le monete napoletane incuse

a cura di Francesco Di Rauso

fig. 1 Tornese in rame, incuso (1788-1792), regnante Ferdinando IV di Napoli

I napoletani, nel coniare monete incuse, non vollero certamente imitare gli antichi greci per renderle difficilmente falsificabili, né vollero coniare serie speciali a titolo di presentazione o prove. Non si tratta nemmeno di scherzi fatti dai coniatori o dagli incisori, ma si tratta di errori di coniazione estremamente rari. Capitava invece che nella fretta di coniare, il coniatore non effettuava i dovuti controlli sul lavoro appena compiuto; in alcuni casi i coniatori si accorsero degli errori, ma non diedero importanza, e le monete furono messe ugualmente in circolazione. D’altronde si trattava prevalentemente di monete in rame e non in argento od oro.

Come può accadere che vengono coniate monete incuse? La spiegazione è semplice: come già accennato prima, nella fretta di coniare, non ci si rendeva conto che rimaneva attaccata al conio una moneta, e se quest’ultima non veniva rimossa, è chiaro che imprimeva sul tondello successivo la sua immagine. È logico che nel momento in cui qualcuno veniva in possesso di una moneta del genere rideva alle spalle dei responsabili della Zecca, ma oggi grazie a queste distrazioni di due secoli fa, i collezionisti vengono in possesso di vere e proprie rarità. Le monete incuse sono oggi monete abbastanza ricercate, sia per la loro particolarità che per la loro rarità.

In questo articolo ho ritenuto opportuno illustrarle: la fig. 1 ci mostra una moneta in rame di Ferdinando IV di Borbone da un tornese, coniata senza ombra di dubbio nel periodo 1788-1792, dove al posto del consueto rovescio vi è incuso il dritto, per questo il tornese in questione porta due effigi, mentre la prima è in rilievo, la seconda è incusa.

fig. 1 Tornese in rame, incuso (1788-1792), regnante Ferdinando IV di Napoli

     

fig. 2 Moneta da 8 Tornesi in rame, incusa  del 1797, regnante Ferdinando IV di Napoli

La fig. 2 ci mostra una moneta sempre di Ferdinando IV ma da 8 tornesi datata 1797, stavolta però non è il dritto ad essere incuso ma il rovescio.

A questo punto c’è da fare una riflessione: vi siete chiesti perché il tornese qui illustrato è in ottima conservazione mentre l’8 tornesi presenta evidenti segni di usura? Semplice, perché mentre il possessore del primo, accortosi della particolarità, ha preferito conservarlo, il secondo invece ha ritenuto opportuno spenderlo per comprare un chilo di pane o bere un bicchiere di vino in qualche osteria.

Se si dovesse parlare di un prezzo di mercato per tali monete, ci troveremmo in una situazione imbarazzante, è difficile stabilire con precisione quanto pagare per una moneta del genere, ma una cosa è certa: vale sicuramente diverse volte in più di un esemplare dello stesso tipo, coniato perfettamente.


Articolo pubblicato nel Giugno 2001


Pubblicazione on-line del Maggio 2008

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