Un veliero
a Siracusa
Ho dormito una notte al
fresco del mare di Siracusa, un mare calmo affatato di voci di
pesca. Alla terrazza vicino alla fonte un ragazzo era rimasto a
cantare solo, poi era scomparso verso la città ch'io la sera
avevo attraversata in carrozza come in un sogno, udendo il
fervore della sua passeggiata, le promesse d'appuntamento al
teatro in cui si dava Bellini. Era il lunedì dell'Angelo, l'aria
era non solo tepida, ma minuta, contenta d'ogni uomo, e gloriosa
di luce tra le case basse che quasi toccavano l'ombra del corteo
serale. In una piccola osteria l'acciottolio delle stoviglie era
così limpido da dare gioia, avevo mangiato in compagnia della
strada ov'erano esposte le mense bianche già della luna che
velava la città.
Ho visto per una notte un
veliero nitido, esatto sull'immagine che gli rendeva il mare
specchiandolo. Era immobile sulla spianata delle acque che non
avevano vento per lui, ma solo profondo, memoria. Posavo
intatto sulla mia orma per raggiungere il lieve mormorio che
appariva della notte: il bianco delle case, più bianco: il
silenzio, forte, un peso, eppure il trasalire della città
aderente a piombo sulla sua immagine, come il veliero, tra due
cieli.
Ombra
Nella povera nuca dei bambini
com'è lasciato incolto il bisogno della pietà: io li guardo
rassegnati alla testa, soli nello sguardo. Sbadati troveranno il
primo pensiero della morte e sarà un prato, verde del sole che
li fa ridere. Così irrompono nella corsa, quasi assaliti dal
dubbio di non potersi più muovere dalla propria statura.
Ma dov'è l'ombra del vento?
Sultana
Chiamava la donna morta a
lettere grandi il suo nome,
l'argento è funebre e l'oro
si spegne nel mare.
Chiamava la donna morta un
faro di nebbia, il vapore,
la pioggia in furia e nel
vento l'imposta che batte.
La porta è aperta, la stanza
al lume del tavolo posa.
La sedia è vera, lo specchio
illumina il marmo.
La carne è morta, si stanca,
l'amore un ricordo di sere
chiuse e dischiuse nei baci,
un bere a lungo la sete,
i venti caldi del mare...
Entrano bande nel sole e
portano in gloria facciate
di case e d'uomini a specchio
di tutti gli ottoni.
Chiamava la donna morta a
lettere grandi il suo nome,
Sultana Sultana, stella di
tutte le sere.
Alla mia
terra
Io so che nulla potrà mutare
il nero della mia gente,
il soliloquio scende come una
sera di scirocco
e non ha ragioni, non ha
patria.
Io so che nulla palla
spiegare la testa dura dei bambini,
mia madre non sa calmarli,
scende per i vicoli la stella,
e d'ogni casa pare che venga
e sia lontano il mare.
Io so che nulla si consuma, e
profumo di mura e vecchie notti
un vento solitario come
ardendo nelle donne trabocca.
Le rovescia nella polpa degli
occhi il solleone.
Anneriscono ardendo, lo
spiraglio delle notti festose, il brulichìo
dei gioielli di voto in un
biroccio di sonagli dirupa.
Io so che il corpo ammala ove
l'abbaglio d'un ritratto è funesto,
il fuochista d'argento
stralunato nella stanza del porto.
Il mare ventilava ì suoi
capelli.
Io so che nulla potrà mutare
il cuore della mia gente,
il pianto dentro i muri nella
sera
di paesi violati da un
respiro di vento appena.
I morti nuovi brucerà
l'estate, fumerà l'azzurro
dai ruderi che l’afa slarga
dal mare.
Ossessa ossessa, mia terra
fedele al soliloquio
Che sale incontro ai monti e
le gramaglie trascina, le sue colpe,
l’innocenza ferita come un
figlio.
Maggio
Odore d'orfani odore di
garofani
il fresco dei mugnai
sul carro in vetta al cielo.
D'ogni speranza la sera è
vuota
nell'asino che zoccola sul
selciato
grigio come la porta di
bottega
che ha sui vetri il mare,
emporio dei dolci confetti di
noia.
Poesia d'amore
Le grandi notti d' estate
che nulla muove oltre il chiaro
filtro dei baci, il tuo volto
un sogno nelle mie mani.
Lontana come i tuoi occhi
tu sei venuta dal mare
dal vento che pare l' anima.
E baci perdutamente
sino a che l' arida bocca
come la notte è dischiusa
portata via dal suo soffio.
Tu vivi allora, tu vivi
il sogno ch' esisti è vero.
Da quanto t' ho cercata.
Ti stringo per dirti che i sogni
son belli come il tuo volto,
lontani come i tuoi occhi.
E il bacio che cerco è l' anima.
Canto alle
rondini
Questa verde serata ancora nuova
e la luna che sfiora calma il
giorno
oltre la luce aperto con le
rondini
daranno pace e fiume alla
campagna
ed agli esuli morti un altro
amore;
ci rimpiange monotono quel grido
brullo che spinge già l' inverno,
è solo
l' uomo che porta la città
lontano.
e nei treni che spuntano, e nell'
ora
fonda che annotta, sperano le
donne
ai freddi affissi d' un teatro,
cuore
logoro nome che patimmo un
giorno. |