Note e Versi Meridiani

 

 

Alfonso Gatto

La prosa, le poesie

a cura di Astrid Filangieri

 

Un veliero a Siracusa

Ho dormito una notte al fresco del mare di Siracusa, un mare calmo affatato di voci di pesca. Alla terrazza vicino alla fonte un ragazzo era rimasto a cantare so­lo, poi era scomparso verso la città ch'io la sera avevo attraversata in carrozza come in un sogno, udendo il fervore della sua passeggiata, le promesse d'appunta­mento al teatro in cui si dava Bellini. Era il lunedì dell'Angelo, l'aria era non solo tepida, ma minuta, contenta d'ogni uomo, e gloriosa di luce tra le case basse che quasi toccavano l'ombra del corteo serale. In una piccola osteria l'acciottolio delle stoviglie era così limpido da dare gioia, avevo mangiato in compagnia della strada ov'erano esposte le mense bianche già della luna che velava la città.

Ho visto per una notte un veliero nitido, esatto sul­l'immagine che gli rendeva il mare specchiandolo. Era immobile sulla spianata delle acque che non ave­vano vento per lui, ma solo profondo, memoria. Po­savo intatto sulla mia orma per raggiungere il lieve mormorio che appariva della notte: il bianco delle ca­se, più bianco: il silenzio, forte, un peso, eppure il tra­salire della città aderente a piombo sulla sua immagi­ne, come il veliero, tra due cieli.


Ombra

Nella povera nuca dei bambini com'è lasciato incolto il bisogno della pietà: io li guardo rassegnati alla testa, soli nello sguardo. Sbadati troveranno il primo pen­siero della morte e sarà un prato, verde del sole che li fa ridere. Così irrompono nella corsa, quasi assaliti dal dubbio di non potersi più muovere dalla propria statura.

Ma dov'è l'ombra del vento?


Sultana

Chiamava la donna morta a lettere grandi il suo nome,

l'argento è funebre e l'oro si spegne nel mare.

Chiamava la donna morta un faro di nebbia, il vapore,

la pioggia in furia e nel vento l'imposta che batte.

La porta è aperta, la stanza al lume del tavolo posa.

La sedia è vera, lo specchio illumina il marmo.

La carne è morta, si stanca, l'amore un ricordo di sere

chiuse e dischiuse nei baci, un bere a lungo la sete,

i venti caldi del mare...

Entrano bande nel sole e portano in gloria facciate

di case e d'uomini a specchio di tutti gli ottoni.

Chiamava la donna morta a lettere grandi il suo nome,

Sultana Sultana, stella di tutte le sere.


Alla mia terra

Io so che nulla potrà mutare il nero della mia gente,

il soliloquio scende come una sera di scirocco

e non ha ragioni, non ha patria.

 

Io so che nulla palla spiegare la testa dura dei bam­bini,

mia madre non sa calmarli, scende per i vicoli la stel­la,

e d'ogni casa pare che venga e sia lontano il mare.

 

Io so che nulla si consuma, e profumo di mura e vec­chie notti

un vento solitario come ardendo nelle donne trabocca.

Le rovescia nella polpa degli occhi il solleone.

Anneriscono ardendo, lo spiraglio delle notti festose, il brulichìo

dei gioielli di voto in un biroccio di sonagli dirupa.

Io so che il corpo ammala ove l'abbaglio d'un ritratto è funesto,

il fuochista d'argento stralunato nella stanza del porto.

 Il mare ventilava ì suoi capelli.

Io so che nulla potrà mutare il cuore della mia gente,

il pianto dentro i muri nella sera

di paesi violati da un respiro di vento appena.

I morti nuovi brucerà l'estate, fumerà l'azzurro

dai ruderi che l’afa slarga dal mare.

Ossessa ossessa, mia terra fedele al soliloquio

Che sale incontro ai monti e le gramaglie trascina, le sue colpe,

l’innocenza ferita come un figlio.


Maggio

 

Odore d'orfani odore di garofani

il fresco dei mugnai

sul carro in vetta al cielo.

 

D'ogni speranza la sera è vuota

nell'asino che zoccola sul selciato

grigio come la porta di bottega

che ha sui vetri il mare,

emporio dei dolci confetti di noia.

 


Poesia d'amore

 

Le grandi notti d' estate

che nulla muove oltre il chiaro

filtro dei baci, il tuo volto

un sogno nelle mie mani.

 

Lontana come i tuoi occhi

tu sei venuta dal mare

dal vento che pare l' anima.

 

E baci perdutamente

sino a che l' arida bocca

come la notte è dischiusa

portata via dal suo soffio.

 

Tu vivi allora, tu vivi

il sogno ch' esisti è vero.

Da quanto t' ho cercata.

 

Ti stringo per dirti che i sogni

son belli come il tuo volto,

lontani come i tuoi occhi.

 

E il bacio che cerco è l' anima.


Canto alle rondini

 

Questa verde serata ancora nuova

e la luna che sfiora calma il giorno

oltre la luce aperto con le rondini

daranno pace e fiume alla campagna

ed agli esuli morti un altro amore;

ci rimpiange monotono quel grido

brullo che spinge già l' inverno, è solo

l' uomo che porta la città lontano.

 

e nei treni che spuntano, e nell' ora

fonda che annotta, sperano le donne

ai freddi affissi d' un teatro, cuore

logoro nome che patimmo un giorno.

Centro Culturale e di Studi Storici "Brigantino- il Portale del Sud" - Napoli  e Palermo

admin@ilportaledelsud.org ®copyright 2005: tutti i diritti riservati. Webmaster: Brigantino.

Sito derattizzato e debossizzato