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Itaca d’Inganno

di Achille Fulfaro

L'Autore Libri Firenze

Volevo dirti che intraprendo un lungo viaggio. Volevo che tu Io sapessi… Il tema del Viaggio e del Ritorno attraverso la narrazione di due vicende collocate in epoche diverse e solo apparentemente slegate tra di loro. Nel libro si parla del Viaggio inteso nella molteplicità dei suoi significati, oltre il proprio obiettivo di approdo finale, oltre i mille pericoli e gli ostacoli, al di là delle prove cui la realtà costantemente ci sottopone. Il Viaggio viene legato indissolubilmente al Ritorno se questo diventa maturazione di esperienza, prima interiore e poi fisica, volontà assoluta di sopravvivenza, ritrovando infine la via per arrivare a Casa.

Achille Fulfaro è nato a Palermo e vive a Genova. Anche autore di brani musicali e testi per canzoni, con questa Casa editrice ha pubblicato il racconto All'Alba sullo Stretto.

Itaca d’Inganno, un Libro in Musica

L’opera s’inserirà in un progetto “letterario musicale” che verrà proposto con riflessioni e tracce sonore attinenti ai temi trattati. L’obiettivo sarà quello di fondere la forza della parola ed il racconto delle storie con le linee melodiche delle Canzoni derivate dal Libro stesso ed eseguite dal vivo.

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http://itacadinganno.bloog.it

troverai le ultime notizie, le date ed i luoghi in cui saranno svolte le presentazioni del libro, l'elenco delle agenzie di promozione e distribuzione cui le librerie possono richiedere il volume.

Prefazione

Chi comincerà a leggere le prime pagine di questo racconto-romanzato si troverà quasi immediatamente senza punti di riferimento spazio-temporali e verrà travolto dal flusso di coscienza oscillante tra epoche e personaggi diversi. L’operazione di Achille Fulfaro è di destrutturazione della narrazione tradizionale con l’ambizioso tentativo di fondere insieme vari frammenti psichici, come ricomporre il riflesso di un vetro andato in frantumi. Il lettore deve portare un po’ di pazienza e sapere che il nostro Autore sta tessendo e disfacendo la tela come Penelope. Solo le ultime pagine sveleranno il senso di questa composizione picassiana, in cui non riusciamo più a distinguere la forma delle cose, ma ne avvertiamo la deliziosa melodia come un irresistibile canto di sirene. E infatti la narrazione è pura musica; non contano tanto gli eventi, i protagonisti, le lotte, i tradimenti. Si, abbiamo un Consigliere e il suo Re, il signor S, un viaggiatore su un treno, un navigante per mare: ma alla fine sono tutti personaggi che ritornano al nucleo neuropsichico che li ha generati.

Il percorso non è lineare o unidirezionale, piuttosto è  identificabile tra prologo ed epilogo una traiettoria circolare che si autorinnova come nella dialettica hegeliana; tesi, antitesi e infine sintesi. Come se l’iniziale impeto di ribellione giovanile trovasse la sua negazione nella placida autoriflessione della maturità, fino ad arrivare a un livello energeticamente superiore, con conseguente arrochimento “cardiospirituale”.

La mente dell’autore ripropone nel Nostos un patto di non belligeranza con sé stessi. Di fronte alla violenza cieca della Guerra, agli abusi di Potere, ai tradimenti, agli stermini razziali e alle vendette trasversali, le recessioni economiche e le false dichiarazioni d’indipendenza, il furore folle e i falsi ideali religiosi, si va affermando nel corso della narrazione, come in un crescendo rossiniano, una presa di coscienza che parte dalla ammissione dei limiti del proprio essere. In questa odissea nello spazio interiore si viene a determinare una operazione di recupero di tesori dispersi negli abissi della propria anima ma con un rigoroso filtro della ragione che attenua il materiale incandescente e difficilmente malleabile. Il segreto del successo di questa operazione ostetrica è nella memoria: ma non il recupero del già visto o sperimentato, ma il recupero di una sensazione di armonia con l’universo che abbiamo perso crescendo. Insomma sono più importanti le pause, il non detto, gli spazi bianchi tra le righe. Le cose che apparentemente dimentichiamo ma che sono fondamentali per risolvere il conflitto che ha generato il nostro allontanamento da Itaca. Cosi l’amore che vediamo disperso nei rivoli seminascosti delle varie storie riesce a traspirare tra gli ossi di seppia e le terre desolate, fino a diventare unico affluente dal provvidenziale impatto terapeutico rianimatorio. Ci si risveglia quando si prende atto del caos fuori e dentro di noi. Ma come ricordava saggiamente Nietzsche, “bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante…”. E questa stella danzante è, aggiungo io, la nostra Itaca.

Fabio Fulfaro

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