All'alba, lo Stretto
uno scrigno di meraviglie
Pino
Toscano
Budapest. Inizio autunno, fine pomeriggio, dentro un bar del centro
davanti al panorama del Lungodanubio. Ma la vita è a chilometri e
chilometri di distanza, slanciata sul mare, in quel mare dello Stretto
suscitatore di mille brividi intensi. Brividi che corrono lungo le
pagine del libro di Achille Fulfaro "All'alba, lo Stretto" attraverso i
ricordi degli anni della ricostruzione post-bellica sulla spiaggia di
Catona, tra Scilla e Reggio, davanti Messina, dove «il cielo è
prevalentemente azzurro e ogni cosa ti sembra familiare, i colori, i
suoni, gli odori, mentre l'acqua cristallina riflette i colori del
sole». Su quella spiagga camminava Carmelo, per tutti lo zio Memmo.
Camminava trascinando le ciabatte, i rampini.
Sei
del mattino. Inizio di una giornata e di una stagione estiva tutta da
scoprire, alba che avanza come in nessun altro posto del mondo, il sole
sorge dal lato terra e irraggia di luce le montagne che si affacciano
dalla parte opposta fino a colpire l’acqua. Lo zio Memmo si ferma,
guarda lo Stretto, poi abbassa lo sguardo sulla linea dei detriti e
delle alghe sulla battigia: ci fu mari vecchiu, stanotti.
Il
mare è sempre la sorpresa più grande. Come la notte in cui tutta la
costa si era ricoperta di gamberetti, come il giorno dell'onda lunga che
aveva raggiunto la provinciale, come il momento magico della Fata
Morgana, l’aria rarefatta e immobile, il miraggio assoluto. Morgana: la
fata medievale della visione oltre la realtà, abitante della costa che
andava dall'Etna a Messina dove era giunta col suo vascello, la fata che
per consolare il re Ruggero, il Normanno che cavalcava solitario sulla
spiaggia calabrese meditando su come fosse difficile conquistare la
Sicilia non avendo neppure una barca, gli fece vedere il miraggio. «Era
un pomeriggio d'autunno, il cielo e il mare senza un filo di vento: il
re vide a un tratto sull'acqua i monti, le spiagge dell'isola, il porto
di Messina proprio a pochi metri da lui. Allora balzò giù da cavallo e,
preda di tanta visione, si tuffò nel mare facendo però sparire l’incanto
come chi vuole raggiungere la realtà sognata dagli angeli e invece cola
a picco con tutta la sua pesante armatura».
Il
racconto di Fulfaro naviga sull'onda della favola. Ma è proprio sulla
capacità di farsi favola che il mare di Ulisse rappresenta un luogo
unico al mondo. Descrivendo un momento condiviso con Memmo, l'autore
ricorda verso la fine del libro la sconvolgente bellezza della "canneda"
che precede la burrasca. Ricorda «la purezza, l’ingenuità, la libertà e
la spensieratezza negli occhi dello zio: viristi chi culuri...»
Budapest. «Ci siamo alzati dal tavolo del bar quando ormai i frastuoni
del giorno si sono dileguati. Oggi mio zio avrebbe compiuto gli anni...»
(tratto dalla Gazzetta del Sud, 13 maggio 2008)
Achille Fulfaro
All’alba, lo Stretto
L'Autore Libri Firenze (MEF - Maremmi Editori Firenze, Collana:
Biblioteca 80 - Narratori)
www.firenzelibri.com
ISBN
9788851714895
Pagine: 108, Prezzo: Euro 9,00
Una storia di emigrazione italiana
Le
vicende di trent’anni di vita di Carmelo R. dall’infanzia nel suo paese
nativo alla vita nel “mondo”, tra aneddoti e richiami storici, tra
immigrazione e “ritorno a Itaca”. Quante persone hanno lasciato la loro
terra cercando di ricostruirsi un futuro? Quante persone hanno stravolto
le proprie radici per sopravvivere? Quante persone hanno cercato di
dimenticarsi e di dimenticare? Un racconto che appassiona per il suo
essere storia di tutti, per la capacità di affondare con la mano leggera
del sogno nelle speranze, nelle aspirazioni e nelle illusioni di intere
generazioni di uomini e donne italiani.
Achille Fulfaro è nato a Palermo e vive a Genova. |