Le Pagine di Storia

 

 

 

 

 

 

Giovanni d'Angiò e la battaglia di Ischia

a cura di Alfonso Grasso

 

Il 17 giugno 1458 moriva Alfonso il Magnanimo senza coronare il sogno di conquistare anche Genova, governata, per ordine del re di Francia, da Giovanni d'Angiò, figlio di Renato, che s'era fatto incoronare come legittimo re di Napoli.

Il regno di Napoli passò a Ferdinando I (1431 - 1494), figlio naturale del re, detto Ferrante; il resto dei domini di Alfonso furono concessi ai parenti del ramo spagnolo. Il nuovo re di Napoli, considerato da tutti l'erede bastardo, non incontrò i favori del papa  e dei baroni. Questi ultimi, in modo particolare, offrirono la corona di Napoli a Giovanni d'Angiò. Ferrante sconfisse pesantemente il rivale a Troia, nel 1462, ed infine ad Ischia nel 1463.

Precedentemente, il 20 ottobre 1459, la flotta angiona, allestita anche con l'aiuto dei Genovesi, era comparsa nelle acque tra Ischia e Ponza. Molti marinai erano sbarcati ad Ischia per fare incetta di carne ed altre vettovaglie; trovarono delle botti di vino incustodite e si ubriacarono. Gli ischitani avevano quindi colto l'occasione per disarmarli e rispedirli al principe angioino. Il Castello Aragonese dell'isola, in quel frangente, restò saldamente nelle mani di Giovanni Torella, cognato di Lucrezia d'Alagni, la favorita di Alfonso a cui era stata concessa l'isola in feudo. Torella, come riferisce lo storico Pontano, era uomo ambizioso, doppiogiochista e calunniatore. Fece diffondere ad arte la notizia che Lucrezia si fosse alleata segretamente con Giovanni d'Angiò, al fine di renderla invisa agli occhi di Ferdinando ed ottenere da lui la concessione diretta del comando sul Castello. Lucrezia dovette fuggire.

Ottenuto in premio il feudo d'Ischia, Torella sperò che il re gli donasse anche l'isola di Procida, appartenente alla famiglia Cossa. Dopo aver atteso invano e sollecitato dall’ingordigia, s'affrettò a conquistare con le armi la vicina isola, difesa ostinatamente da Pietro Cossa, fedele suddito aragonese. Indispettito per l'atto di ribellione, Ferdinando gli ordinò di abbandonare l'impresa. Per tutta risposta Torella si alleò con gli Angioini. La sicurezza dello stato veniva minacciata proprio da chi aveva avuto maggiori benefici. Ferdinando d'Aragona, allora, incaricò Alessandro Sforza di conquistare il Castello.

Espugnata la fortezza, Torella ebbe il tempo di rifugiarsi nei boschi che coprivano l'interno dell'isola d'Ischia, mentre il fratello Carlo con navi corsare infestava le acque del golfo. Giovanni d'Angiò, già sconfitto pesantemente, come detto, dagli Aragonesi nel 1462, l'anno seguente, su invito dei fratelli Torella, sbarcò ad Ischia con un esercito di fedelissimi.

Ferdinando affidò all'ammiraglio Giovanni Poo il compito di liberare l'isola dagli ultimi focolai di resistenza. Il Poo sconfisse in mare la flotta angioina, quindi colpì le truppe sbarcate: a notte fonda sbarcò con 300 veterani sulla spiaggia di Forio, raggiungendo per impervi sentieri il Monte Epomeo. Il grosso delle forze angioine, in quel momento, si trovava nelle campagne intorno al Borgo di Celza, pronto a sferrare l'attacco contro il Castello, roccaforte delle truppe aragonesi sull'isola. Furono colti di sorpresa. Anche i soldati aragonesi asserragliati nel Castello sortirono in gran numero in aiuto ai veterani del Poo. Il nemico, così, si trovò in mezzo a due fuochi. Le truppe comandate dal Torella e gli Angioini subirono perdite gravissime. Lo stesso Giovanni d'Angiò si diede ad una precipitosa fuga.

Il figlio di Torella ed il fratello Carlo furono fatti prigionieri dai Napoletani e giustiziati.


Bibliografia

  • Giovanni Di Meglio, Storie e Leggende del Castello Aragonese, Valentino Editore

  • Vittorio Gleijeses, La Storia di Napoli, Società Editrice Napoletana, 1977

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