Amando con fin core e co speranza, di grande gioi fidanza donami Amor piu ch'eo non meritai, che mi 'nalzao coralmente d'amanza da la cui rimembranza lo meo coragio non diparto mai; e non poria partire per tutto il meo volire, sì m'è sua figura al core impressa, ancor mi sia partente da lei corporalmente, la morte amara, crudele ed ingressa. La morte m'este amara, che l'amore mutomi in amarore; crudele, chè punio senza penzare la sublimata stella de l'albore senza colpa a tuttore per cui servire mi credea salvare. Ingressa m'è la morte per afretosa sorte, non aspettando fine naturale di quella in cui natura mise tutta misura for che termin di morte corporale. Per tal termino mi compiango e doglio, perdo gioia e mi sfoglio quando sua conteza mi rimembra di quella ch'io amare e servir soglio. Di ciò viver non voglio ma dipartire l'alma da le membra; e faria ciò ch'eo dico, se non c'a lo nemico che m'à tolta madonna placeria: ciò è la morte fera, che non guarda cui fera, per lei podire aucire eo moriria. No la posso ucire, nè vengiamento prendere al meo talento, più che darmi conforto e bona voglia; ancora non mi sia a piacimento alcun confortamento, tanto conforto ch'io vivo in doglia. Dunqua vivendo eo vegio del danno meo servendo Amor cui la morte fa guerra, e a lui serviragio mentre ch'eo viveragio; in suo dimin rimembranza mi sera. Rimembranza mi sera in suo dimino, und'e ver lui mi 'nchino, merzè chiamando Amore che mi vaglia. Vagliami Amore per cui non rifino, ma senza spene afino, c'a lui servendo gioi m'è la travaglia; donimi alcuna spene; ma di cui mi sovene non voi' che men per morte mi sovegna, di quella in cui for mise tutte conteze assise, senza la quale Amore in me non regna. |