Nel 1860, Caiazzo, era il passaggio obbligato dei Regi
che da Capua (poderosa fortificazione simile alla
odierna città militare della Cecchigliola nei pressi di
Roma) avessero voluto raggiungere Caserta passando per i
ponti dell’acquedotto Carolino. La sua importanza
strategica era vitale, perché una volta raggiunta
Caserta sarebbe stato facile ributtare i Garibaldini a
mare.
Fatta questa breve premessa parliamo degli avvenimenti.
Il Tenente Colonnello Ferdinando La Rosa si era
acquartierato a Caiazzo proprio per la sua posizione
strategica. Già nei giorni 17 e 18 settembre si ebbero
delle scaramucce tra i Regi e i Garibaldini che fecero
da preludio a quella che sarebbe stata la 1a
battaglia di Caiazzo del 19 settembre 1860. Il giorno 17
vi furono movimenti di colonne di truppe garibaldine
sulla riva sinistra del Volturno e per impedirne il
passaggio, Ferdinando mandò sulla riva destra una
squadra di 80 uomini per distruggere le scafe
di Alvignanello, Campagnano e
Squille. Nel frattempo i Garibaldini avevano già guadato
il fiume nei pressi della cittadina di Amorosi, ma i
Regi condotti dal capitano Laus ed affiancati dai
contadini della zona li respinsero. Ferdinando mandò
truppe di rincalzo per assicurarsi la tenuta da un
eventuale nuovo attacco dei Garibaldini e nello stesso
tempo informò il Generale Ritucci che si sospettava un
assalto del nemico per impadronirsi di Caiazzo
.
Il 18 ci furono spostamenti di colonne avanzate di
truppe borboniche verso San Leucio, ciò stava a
dimostrare come da un momento all’altro si era pronti a
scontrarsi. Il giorno 19 si ebbero scontri violentissimi
a Roccaromana, Gradilli, San Leucio, Capua e Caiazzo.
Per quanto concerne la città di Caiazzo, il giorno 19 il
comandante garibaldino Turr, per contrastare il
prevedibile attacco dei Regi che volevano stanare i
volontari da Caserta, mandò il Cattabeni a Caiazzo e,
per facilitare l’occupazione della città, simulò un
attacco diversivo contro Capua, e come diceva Garibaldi:
“non disperava mai della sua arma principale il
tradimento”
, come appresso si vedrà.
Come si è detto, a difesa di Caiazzo c’era il Tenente
Colonnello Ferdinando La Rosa con il 6° Cacciatori, più
due squadroni dell’8° Cacciatori a Cavallo con due
obici. Il Cattabeni, informato delle forze Regie che
ammontavano in tutto a 600 uomini, pensò di attaccare il
paese verso le
4.30
a.m.
. Poiché non poteva affrontare i
Regi in campo aperto - come egli stesso diceva:
“[Caiazzo è] posizione formidabile per imboscate”
, agì con l’inganno, sfruttando il
tradimento di un fiorentino abitante in Caiazzo di nome
Manetti – ex agente di Casa Corsi, i signori di Caiazzo
di discendenza toscana ed anti borbonici. Questi alle
ore 5.30 a.m. introdusse i Garibaldini nel giardino di
casa Corsi
, ancor oggi esistente, che
dilagarono in paese. Ferdinando, colto di sorpresa,
ripiegò verso la località di Piana per impedire ai
Garibaldini di immettersi per la strada che dalla
collina, salendo, portava a Caiazzo, attestandosi a
Gradillo e comunque bloccando l’accesso ad ogni strada
che potesse portare al paese
.
Nel frattempo in paese furono innalzare barricate un po’
dappertutto: a Porta Pace, Porta Anzia di fianco al
palazzo Corsi – da dove erano entrati i garibaldini - al
palazzo Maturi che si trovava sulla strada per Capua e
quindi per Caserta
. In questo infuriare la
popolazione, devota ai Borbone, disgustata dal repentino
voltagabbana della nobiltà caiatina che già acclamava i
garibaldini, si ribellò e dopo aver disarmato la Guardia
Nazionale assalì le case dei notabili traditori. Tra i
più ardimentosi vi fu Nicola Santacroce, ex caporale
delle Guardie Regie.
Intanto il Turr capì che doveva necessariamente ritirare
i suoi da Caiazzo, sia per aver saggiato le forze e la
consistenza dei Regi, sia per la durissima opposizione
della popolazione che rendeva impossibile l’arroccamento
sulla posizione. Garibaldi però ordinò la resistenza,
pur sapendo di rischiare il massacro dei suoi. Le forze
del Cattabeni consistevano in 350 uomini, pochi per
presidiare il paese. Egli chiese rinforzi e da Caserta
fu mandato il reggimento del Vacchieri della divisione
Medici forte di 1.119 uomini, che arrivo a Caiazzo il
giorno 20 alle ore 11 a.m.
, che si attestò a difesa.
Il giorno 21, che si può a ragione definire la seconda
battaglia di Caiazzo, i Regi attestati a Gradillo furono
attaccati alle 5 del mattino dal reggimento del
Vacchieri che stava effettuando una perlustrazione sulle
colline di Caiazzo. Il Ten. Col. Ferdinando La Rosa
comunicò al generale Colonna, comandante della 2a
divisione sulla linea da Triflisco a Caiazzo “di
essere stato attaccato dal nemico in numero tale da
rendere impossibile la resistenza senza ripiegare”,
chiedendo nel contempo rinforzi.
Il Generale Colonna, senza attendere ordini dal
Maresciallo Ritucci
che già voleva riprendere la
cittadina il 19, mandò una colonna mobile composta dal
4° Cacciatori al comando del Tenente Colonnello Della
Rocca, una sezione d’artiglieria e uno squadrone di
Dragoni in aiuto della colonna La Rosa, attestatasi a
piana di Caiazzo.
Intanto il maresciallo Ritucci, che si era recato dal
generale Colonna per ordinargli di riprendere Caiazzo il
22, venne messo al corrente degli eventi e giudicò
insufficienti le forze impiegate e mandò di rincalzo il
Brigadiere De Mechel con l’intera Brigata di Carabinieri
Esteri (Svizzeri) con la batteria d’artiglieria da
campo; il battaglione dell’8° Cacciatori a cavallo
dell’aiutante maggiore Fondacaro venne spedito a marce
forzate perché lo scontro era già iniziato. Infatti la
colonna La Rosa aveva ingaggiato combattimenti con il
nemico tra Formicola e Triflisco ed aveva respinto i
Garibaldini.
Il generale Colonna, tramite l’aiutante di campo Andrea
Colonna del 1° Dragoni, comunicò a Ferdinando di
rioccupare immediatamente Caiazzo, e l’ordine venne
eseguito.
Ferdinando, che comandava la prima colonna, ordinò di
attaccare da tre lati; il 6° Cacciatori in ordine sparso
per arginare la collina San Giovanni dal lato destro, a
sinistra con una sezione d’artiglieria dell’alfiere
D’Agata e una compagnia del 6° Cacciatori, al centro il
4° Cacciatori sulla strada consolare
.
I Garibaldini situati negli avamposti iniziarono il
ripiegamento martellati dalle batterie dei Regi che
colpivano anche le barricate situate presso Porta
Venere. La cavalleria borbonica, che caricava su ordine
di Ferdinando, fu costretta a ripiegare presa dal fuoco
d’infilata di una barricata, ma rianimata dalla colonna
che li seguiva, si spinse nuovamente e con coraggio in
avanti per la strada Consolare, con alla testa lo stesso
Ferdinando che cadde colpito gravemente presso l’ex
convento dei Cappuccini, mentre iniziava una manovra di
sganciamento per evitare l’accerchiamento ed un inutile
massacro dei suoi uomini.
La battaglia si concluse con una netta vittoria dei
Borbonici, si contarono 1.100 tra morti e feriti e 700
prigionieri garibaldini (gli effettivi di 4
battaglioni), mentre per i Napoletani si ebbero 300
morti, tra cui lo stesso comandante La Rosa, che morì
per le ferite riportate in Capua il giorno 22. La
vittoria non venne sfruttata adeguatamente: nel pieno
dello slancio si sarebbe potuto proseguire per Caserta,
forti dello sbandamento dei Garibaldino i quali avevano
per la prima volta assaggiato, stupefatti, il morso dei
Napoletani. Il Ritucci decise invece di restare sulle
posizioni acquisite. Da notare che i soldati borbonici,
con un vero senso di umanità e di cavalleria, aiutarono
molti garibaldini che rischiavano di affogare nel fiume
traendoli in salvo, evitando di sparargli alle spalle
nel momento di difficoltà.
“Con la vittoria di Caiazzo si infrangeva il mito di
Garibaldi eterno vincitore, ciò stava a dimostrare che
quando le battaglie non venivano condizionate dalla
corruzione e dal tradimento la vittoria non era dalla
parte di Garibaldi. Riuscì a vincere sempre corrompendo
le elites militari e politiche avversarie. Ma quando fu
costretto a misurare le sue forze, realmente, in campo
aperto, le sue azioni si risolsero in un disastro. Dopo
Caiazzo la campagna militare di Garibaldi divenne
difensiva e l’unica azione militare offensiva presso la
cittadina di Nullo in Molise, si concluse in un
disastro….”
Poi arrivarono i Piemontesi e tutti sappiamo come è
andata a finire. Concludo con una considerazione che non
mia, ma che faccio mia perché la sento nell’animo, che
venne espressa dal curatore dell’edizione del 1960 del
tomo “L’Alfiere” di Carlo Alianiello:
Erano anch’essi degli Italiani, coloro che servivano
lealmente casa Borbone delle Due Sicilie e morirono
combattendo per la loro Patria, perché le lapidi e i
monumenti ricordano e celebrano soltanto i garibaldini e
i soldati dell’Armata Sarda? Questi si e gli altri no?
Se molte cose, istituzioni, regni, repubbliche crollano
fatalmente e marciscono, la dignità dell’Essere,
l’Essere Umano, che è giustizia e carità resta sempre
più in alto delle cose terrene e delle vicende umane e
va difesa su tutto!”
Aggiungo: Perciò, mi chiedo, sarà possibile un giorno
erigere monumenti anche al Soldato Napoletano e
ristabilire le verità storica su quei tragici eventi e
chiamarli con il loro vero nome ossia conquista e
colonizzazione piemontese?
Saggio presentato da Ciro La Rosa al Convegno sulla
battaglia di Caiazzo, 20 settembre 2008
Note
Bibliografia
-
H. Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli –
1825 1861,
Edizioni Martello 1968, Milano
-
AA. VV. I Borbone di Napoli, Poligrafico dello Stato
1990, Roma
-
C. Agrati, Da Palermo al Volturno, Edizioni
Mondadori 1937, Milano
-
G. Buttà, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta,
Edizioni Berisio ristampa 1966, Napoli
-
G. Delli Franci, Cronica della campagna d’autunno
del 1860, 1870, Napoli
-
G. De Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al
1861, Edizioni Berisio ristampa 1969
-
F. M. Di Giovine, Gli eroi del Volturno: il Tenente
Colonnello Ferdinando La Rosa e il mito infranto di
Garibaldi, edito in proprio, 2006
-
A. Iodice, La battaglia del Volturno, Edizioni
Lauretane 1990, Napoli
-
G. Rodney Mundy, La fine delle Due Sicilie e la
Marina britannica, Edizioni Berisio ristampa 1966,
Napoli
-
A. Mangone, L’Armata Napoletana (dal Volturno a
Gaeta) 1860/61, Edizioni F. Fiorentino 1972, Napoli
-
G. Palmieri, Cenno storico militare dal 1859 al
1861, 1861.
-
G. Ritucci, Comenti confutatorii del ten. Gen.
Giosuè Ritucci, 1870, Napoli
-
R.M. Selvaggi, Nomi e volti di un esercito
dimenticato, Edizioni Grimaldi 1990, Napoli
-
L. Severino, Gli sfortunati prodromi della battaglia
del Volturno: Caiazzo, Edizioni Pro Loco 1950,
Piedimonte d’Alife
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