Le Pagine di Storia

Una Storia da Riscrivere

Il tenente colonnello Ferdinando La Rosa (1806 – 1860)

di Ciro La Rosa

 

Ciro La Rosa ha voluto offrire questo contributo a Brigantino - il Portale del Sud: si tratta della biografia del suo collaterale, il t. col. Ferdinando La Rosa, caduto nella battaglia di Caiazzo, il 22 settembre 1860. Sul comportamento dell'ufficiale borbonico lo storico de' Sivo aveva all'epoca adombrato dubbi. Valoroso o traditore?

Ciro La Rosa ha ricostruito scenari e contesti, consultato fonti e documenti d'archivio, cosicché la sua opera non è solo una resa di giustizia alla memoria dell'antenato, ma una vera e propria ricerca storica, condotta su fonti e documenti oggettivi, sviluppata con tenacia e con rigore scientifico.

Il libro offre anche ricche illustrazioni ed immagini di documentazioni d'epoca.

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Per una migliore comprensione, trascriviamo di seguito la presentazione dell'opera del compianto Silvio Vitale, già direttore della rivista di Storia meridionale“L’Alfiere”.

Ferdinando La Rosa, comandante nel 1860 del 6° Battaglione Cacciatori Reali dell’Armata Napoletana del Regno delle Due Sicilie, cadde in combattimento durante la battaglia di Caiazzo contro i garibaldini nel settembre dello stesso anno. Il maggior storico napoletano, Giacinto de’ Sivo, nel suo famoso libro “Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861”, espresse dubbi sulla condotta dell’Ufficiale con queste parole: “del La Rosa fu detto che cadesse per mano dei suoi, per dispetto d’aversi a ripigliare con sangue la città da esso senza colpo abbandonata; onde restò dubbio se da prode o da traditore finisse”. Ciro La Rosa, con una puntigliosa ed esauriente ricerca storico archivistica, intende ristabilire la verità che rende pieno onore al suo antenato. In realtà già Roberto Maria Selvaggi nel suo “Nomi e volti di un esercito dimenticato” aveva spartanamente riconosciuto il comportamento eroico di Ferdinando La Rosa. Ma il discendente Ciro aggiunge una lettera inedita del Governatore Militare di Capua Giovanni Salzano de Luna, datata 24 settembre 1860, e diretta a S. E. il Cardinale Giuseppe Cosenza. In essa è testualmente detto: “devesi alla memoria di detto benemerito Uffiziale quella onoranza che gli è dovuta per aver con lo esempio nobile di sacrificar se stesso, contribuito alla vittoria per le regie truppe alle quali riuscì di discacciare e disperdere le masse nemiche colà fortificatesi”. Conclude giustamente Ciro La Rosa che, se il generale Salzano de Luna avesse avuto dubbi sul comportamento del comandante del 6° Cacciatori, non avrebbe mai scritto questa lettera.

la lettera del gen. Salzano


Ciro La Rosa ha anche scritto un altro libro, tuttora inedito, dove ha raccolto con documenti consultati presso l'archivio storico militare di Napoli, la biografia di soldati napoletani dell'Esercito delle Due sicilie, per la cui pubblicazione cerca "sponsor"

Riportiamo di seguito la Premessa dell'opera, con l'auspicio che attragga editori illuminati.

PREMESSA

La verità basata sui documenti degli archivi è al di sopra delle parti, non parteggia per nessuno, basta solo farla parlare.

E' sempre attuale il detto di Brenno "vae victis".

Nell'effettuare le mie ricerche che ho condotto in particolare presso la Sezione Militare dell'Archivio di Stato di Napoli ubicato nei locali siti sulla collina di Pizzofalcone,  sono arrivato ad una conclusione a dir poco sconcertante: ancor oggi per chi non approfondisce o non si interessa di Storia Meridionale, l'esercito delle Due Sicilie è sempre  l'esercito di "Franceschiello", senza sapere, o volutamente ignorando, le ragioni che portarono alla destabilizzazione e alla distruzione di tutte le istituzioni civili e militari delle Due Sicilie.

“Oggi tutto è dimenticato. La tragedia di un Esercito, perché è tale l’intera sua esistenza, si è trasformata in farsa. L’Italia unita respinse e disconobbe i tanti episodi di valore dell’Esercito Napoletano e valorizzò solamente quelli dell’Esercito vincitore”(1)

Se molti regni e repubbliche crollano fatalmente, la "dignità" dell'essere umano, che è giustizia e carità, resta sempre più in alto delle umane vicende e va difesa su tutto. Le lapidi e i monumenti ricordano e celebrano soltanto i garibaldini e i soldati dell'Armata Sarda, ma anche coloro che servivano lealmente Casa Borbone erano degli Italiani, ed è per loro che ho sentito il dovere di rendere un omaggio sincero, con questo mio lavoro, a tanti Napoletani, eroi misconosciuti, che hanno fatto parte dell'Esercito e dell'Armata di Mare del Regno delle Due Sicilie, servendo con fedeltà, dedizione e valore, sapendo combattere e morire mantenendo alta la fede nella "Patria Napolitana", Stato e Nazione di diritto dal 1734 erede delle tradizioni unitarie dei Normanni e degli Svevi.

Non potendo elencarli tutti, ho tentato di rappresentarli e farli rivivere con le  biografie essenziali di alcuni dai cognomi più comuni.

Spero con questo mio modesto lavoro, che non è una mera operazione di nostalgia, di aver testimoniato  che la conoscenza delle proprie radici è l'humus necessario per evitare errori ed avere slancio per un più sicuro avvenire.

Ho composto le biografie consultando i fasci "pensioni di reversibilità" del fondo "Ministero della Guerra" delle Due Sicilie dal numero 1 al numero 495,  e relativi "libretti di vita e costumi ". Purtroppo le mie indagini si fermano quasi del tutto ai dati precedenti il 1851, perché i carteggi concernenti il periodo successivo andarono dispersi o distrutti nel bombardamento "alleato" dell'agosto del 1943 della attuale sede dell'archivio militare. 


Note

1) T. Argiolas – Storia dell’Esercito Borbonico – pagina 143

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