Le Pagine di Storia

Il Bacino di Raddobbo

una preziosa eredità

di Ciro La Rosa

 Medaglia in argento del 1852 per l’inaugurazione del bacino di raddobbo a Napoli. Fronte: Francesco Pinto principe di Ischitella (collezione Francesco di Rauso, Caserta) clicca sull'immagine per ingrandire

Una realtà tra passato e futuro

Tra le varie novità apportate durante il Regno di Ferdinando II, vi fu l’ammodernamento ed ampliamento sia del cantiere di Castellammare di Stabia che dell’Arsenale di Napoli.

Nel 1843 il re dispose che una commissione tecnica guidata dal colonnello del “Genio Navale” Raffaele De Luca si recasse presso i più moderni arsenali europei. Motivo della missione, apprendere le tecniche più avanzate riguardo alla costruzione, manutenzione navale ed organizzazione di un moderno Arsenale navale. Era, infatti, molto sentita la necessità di creare bacini di carenaggio per procedere “all’asciutto” ai lavori di manutenzione, senza creare traumi alle strutture delle navi, cosa che accadeva puntualmente ogni volta che bisognava effettuare operazioni di pulizia o di riparazione della carena. I sistemi fino ad allora usati erano due: o tirare in secco il bastimento, o trasferirlo in bassi fondali dove si provocava lo “sbandamento” – l’inclinazione - della nave su di un fianco.

Il Bacino di Raddobbo, in un'immagine pittorica

Solo dopo il rientro della commissione tecnica del Genio Navale si pensò di dotare il Porto di Napoli di un “Bacino di Raddobbo”. La sua realizzazione si deve alla caparbietà di un ufficiale del “Genio Idraulico”, il maggiore Domenico Cervati, che iniziò degli studi preliminari per costruire un “Bacino Galleggiate” (floating dock) presentati al re Ferdinando II nel 1846. Il suo progetto venne esaminato dal “Consiglio Generale della Real Marina”.

Mentre la commissione stava ancora analizzando gli studi precedenti, il maggiore Cervati presentò un nuovo progetto che prevedeva un bacino stabile in muratura da costruirsi nel nuovo porto militare di Napoli, l’odierno “Molo San Vincenzo”. Il nuovo progetto ebbe il consenso del Re, che ne affidò la direzione tecnica allo stesso Cervati con la supervisione del Ministro della Marina, il Principe di Ischitella.

I lavori che iniziarono nei primi giorni di aprile del 1850, prevedevano la costruzione di un cassone di legno sul quale si sarebbero edificati dei muri di contenimento; man mano che il cassone affondava le infiltrazioni d’acqua aumentavano e, dovendo mantenerlo asciutto, fu necessario usare delle pompe idrovore a vapore, costruite nello stabilimento di Pietrarsa. Ma il 2 settembre a causa di una violenta burrasca, un “cavafondo” – battello usato per dragare i fondali – ruppe gli ormeggi e sfondò la porta del Bacino (chiamata tecnicamente “Tura”) provocando l’affondamento del cassone e di tutta la struttura di sostegno. Si progettò, quindi, di costruire una diga intorno al cassone e di recuperarlo, consolidando la struttura perduta. L’operazione ebbe inizio alla metà di maggio del 1851 e, dopo 4 mesi, a diga ultimata, si passò al prosciugamento del cassone. Successivamente iniziarono anche le operazioni di consolidamento e di “calafataggio” (impermeabilizzazione).

Inizio dei lavori di costruzione del bacino di Carenaggio, dipinto di Giovanni Serritelli 1850

Nella primavera dell’anno successivo si procedette alla compressione dell’opera sul fondo marino con versamento di terreno all’interno del Bacino, che venne solennemente inaugurato il 5 agosto 1852.

Il costo sostenuto fu di 300.000 ducati, furono impiegate come maestranza 1.600 persone tra civili e militari. Quest’opera fu la prima realizzata in Italia, concepita per essere usata sia da navi militari che mercantili.

Alla vigilia dell’unità d’Italia, Castellammare di Stabia per le costruzioni navali e Napoli per lo scalo marittimo e la manutenzione navale raggiunsero un livello così alto di specializzazione da arrivare a costituire il più grande e funzionale polo cantieristico esistente in Italia, grazie anche alla perizia e capacità del gruppo di industrie navali volute da Ferdinando II di Borbone durante il suo regno.

Il “Bacino di Raddobbo”, tuttora funzionante, è gestito dalla Marina Militare Italiana e, dal 1981, è stato dichiarato monumento nazionale, restaurato e riportato alle forme originali di 150 anni fa. Attualmente è usato per lavori di manutenzione e riparazione del naviglio militare e mercantile. E’ visitabile solo previa richiesta alle autorità militari della Marina.

Ciro La Rosa

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