E’ il 10 luglio 1943, ha
inizio l’operazione Husky. Gli Alleati sono sbarcati in Sicilia
e incontrano una scarsa resistenza sulle spiagge tra Gela,
Licata e Siracusa. Le truppe che invadono il suolo italiano
incontrano in prevalenza i soldati italiani della 6a
armata, male armati e ancor peggio equipaggiati, supportate da
un numero esiguo di forze tedesche. Nello stato maggiore tedesco
e, ancora di più, in Adolf Hitler prevaleva la convinzione che
le truppe americani e inglesi sarebbero sbarcate in Sardegna e
in Grecia. Addirittura la Luftflotte 2, comandata dal
feldmaresciallo Von Richthofen era stata spostata dalla Sicilia
in Sardegna, proprio in virtù di questa errata valutazione
strategica. E tutto ciò nonostante i ripetuti appelli dello
stato maggiore italiano a quello tedesco per rinforzare il
presidio siciliano. L’isola sarebbe stato l’obiettivo principale
delle armate americane e inglesi per colpire immediatamente il "ventre
molle dell’Asse", definizione ironica degli Alleati
dell’Italia di Mussolini, fatta a pezzi da tre anni di guerra e
prostrata dai continui bombardamenti aerei. Ma quali sono i
perché di un errore così grossolano, che distrusse tutte le
speranze di resistenza di italiani e tedeschi?
Per avere una risposta a questo interrogativo, bisogna fare un
passo indietro e ritornare agli ultimi mesi del 1942, quando un
giovane e sconosciuto ufficiale della sezione di sicurezza del
Marine Intellegence Service, Ewen Montagu, ideò
l’operazione Mincemeat (Carnetrita). Tale progetto
consisteva nel preparare una serie di documenti falsi da far
pervenire ai tedeschi su un possibile sbarco Alleato in Sardegna
e in Grecia. In quelle carte si lasciava credere che tali
obiettivi fossero solo coperture e che il vero oggetto
dell’invasione fosse la Sicilia. Un piano contorto, con cui
americani e inglesi speravano che lo stato maggiore del Terzo
Reich distogliesse l’attenzione proprio dalla Sicilia: i
tedeschi avrebbero dovuto essere tratti in inganno proprio
dall’evidenza dell’obiettivo. Per raggiungere lo scopo,
bisognava organizzare un’astuta messa in scena. infatti, i
documenti sarebbero dovuti pervenire ai tedeschi in modo del
tutto casuale: solo così avrebbero potuto cadere nella trappola
preparata scientificamente dai servizi segreti britannici. Ma
c’era anche un motivo logico che supportava l’operazione
Carnetrita: Sardegna e Grecia erano due obiettivi plausibili
per un eventuale sbarco, per motivi strategici. La prima non è
molto distante dalle coste dell’Algeria, dove erano presenti le
truppe Alleate, e poteva essere raggiunta abbastanza agevolmente
dalle navi. La Sardegna poteva essere un eventuale buon
trampolino di lancio per la Corsica e successivamente per la
Francia. Analogamente la Grecia poteva essere invasa per creare
un nuovo fronte nel Balcani: quest’ultimo avrebbe potuto essere
una minaccia alle spalle dell’esercito tedesco impegnato in
Unione Sovietica. Ma c’era anche un alto motivo di pericolo per
la Germania: dalla penisola greca le armate americane e inglesi
avrebbero potuto penetrare in Romania, paese vitale per
l’approvvigionamento energetico dell’esercito del Terzo Reich.
In caso di occupazione del paese balcanico, i tedeschi avrebbero
perso i pozzi petroliferi, pregiudicando così il corso della
guerra.
Montagu prese spunto da un
episodio accaduto nel settembre del 1942. Un aereo inglese,
diretto a Gibilterra, con alcuni ufficiali di stato maggiore era
precipitato in mare non lontano dalle coste spagnole.
Fortunatamente per gli Alleati, nessuno dei militari a bordo era
in possesso di documenti segreti. I cadaveri furono gettati dal
mare sulle coste spagnole e furono sepolti dalle autorità
locali. L’incidente fu chiuso senza alcuno strascico
diplomatico. Tuttavia questa vicenda ispirò la beffa di Montagu,
che pensò di vestire di tutto punto un cadavere con gli abiti di
un ufficiale di sua Maestà britannica e di abbandonarlo in mare,
proprio in prossimità delle coste della Spagna, allora governata
dal dittatore Francisco Franco, amico delle potenze dell’Asse.
Il falso ufficiale avrebbe dovuto portare con sé i falsi
documenti dei piani dei piani di sbarco.
Tutto doveva sembrare frutto
di una sciagura aerea oppure di un naufragio: i pescatori
avrebbero dovuto scoprire il cadavere sulla spiaggia e portare
la valigia alla più vicina stazione di polizia.
Considerati gli ottimi
rapporti tra la Spagna Franchista e il Terzo Reich, Montagu
sperava che i falsi documenti, sigillati ad arte, cadessero
nelle mani dello spionaggio tedesco, l’Abwher.
Per rendere il più possibile
veritiero questo piano diabolico e beffardo, Montagu dovette
affrontare alcuni problemi tecnici. Bisognava innanzitutto
trovare un cadavere che rivelasse, nel momento in cui fosse
stato sottoposto ad autopsia, i sintomi di un decesso per
annegamento. L’ufficiale del Marine Intelligence Service
interpellò a tale proposito un illustre primario inglese, sir
Bernard Spilsbury, il quale gli spiegò che nei polmoni di un
uomo morto per polmonite rimane traccia di un liquido corporeo
simile all’acqua. Alla fine del mese di novembre del 1942,
quando gli inglesi avevano sfondato il fronte libico ad El
Alamein, fu segnalato a Montagu il decesso per polmonite di un
uomo di circa trent’anni.
Per l’ideatore di Carnetrita era l’occasione d’oro per dare il via a tutta la
messa in scena. Montagu non aveva perso tempo e già alcune
settimane prima del ritrovamento del cadavere che potesse essere
impiegato nell’operazione aveva costruito fin nei più minuziosi
dettagli la falsa vita del maggiore William Martin, Secondo la
sua fasulla Naval Identity Card (il documento di riconoscimento
dei marinai inglesi) numero 148228 del 2 febbraio 1943, il
fantomatico ufficiale era nato a Cardiff nel 1907 ed era
aggregato al quartiere generale delle Combined Operations.
Nulla fu lasciato al caso per far cadere nella trappola il
servizio segreto nazista: anche i dettagli della vita privata
furono curati nel più piccolo dettaglio. Pamela, una giovane e
bella dattilografa del ministero della Guerra inglese, accettò
di recitare la parte della fidanzata e scrisse un cospicuo
numero di appassionate lettere d’amore, inserite poi nella
valigia con i documenti. L’anello di fidanzamento fu acquistato
da Martin presso un gioielliere di Bond Street a Londra con un
assegno in parte scoperto. Ciò provocò un’immediata segnalazione
della banca a Martin.
Dopo i particolari della
falsa vita privata, Montagu ideò quelli dei finti documenti top
secret da allegare al cadavere dell’uomo morto per polmonite che
faceva al caso suo. La lettera più importante fu scritta da sir
Archibald Nye, sostituto capo dello stato maggiore imperiale
inglese, su carta intestata “War Office, Whitehall, London
S.W.I.”, recante la data del 23 aprile 1943, firmata da Lord
Louis Mountbatten, vice ammiraglio della Royal Navy, su
carta intestata del quartiere generale delle Combined
Operations, diretta all’ammiraglio sir Andrew B. Cunningham,
comandante in capo della flotta del Mediterraneo. Il 17 aprile
il cadavere fu prelevato dalla cella frigorifera dell’obitorio
di Londra in cui era custodito. Il corpo del finto maggiore
Martin fu vestito con gli abiti della Regia Marina britannica:
nelle tasche furono collocati oggetti ed effetti personali.
Tutto ciò doveva far sembrare veritiera la messa in scena
preparata da Montagu e doveva comprovare che il maggiore Martin
doveva essere stato sorpreso da un incidente mortale durante una
normale missione militare. Il cadavere fu sistemato in un
contenitore cilindrico di metallo riempito di ghiaccio secco,
posto su un furgoncino che lo portò sino a Holy Loch in Scozia.
Il contenitore fu imbarcato nel porto della località scozzese il
18 aprile sul sommergibile Seraph, al cui comando c’era
il tenente N.L.A. Jewell: dai libri di bordo risultava
ufficialmente il trasporto di una boa contenente apparecchi per
rilevamenti meteorologici. Ciò serviva a mantenere la massima
segretezza attorno all’operazione Carnetrita: solo il
comandante del sottomarino insieme a due ufficiali erano al
corrente degli scopi della missione e di ciò che stavano
trasportando.
All’alba del 30 aprile, il
Seraph aveva raggiunto le immediate vicinanze della costa
spagnola in prossimità del porto di Huelva. Jewell, con l’aiuto
di due suoi fidati ufficiali, tirò fuori il cadavere dal
contenitore e, dopo aver controllato minuziosamente la borsa con
i documenti falsi, gonfiò la giacca di sicurezza e lo lasciò
scivolare in mare. Poche ore dopo il cadavere fu ritrovato da
alcuni pescatori sulla spiaggia di Huelva e successivamente
prelevato dai carabineros spagnoli. Il referto
dell’autopsia riferì che il militare inglese era morto per
«asfissia da annegamento». In questo modo, il piano di Montagu
aveva incassato il primo punto a favore: nessuno si era quindi
mai accorto dell’inganno. Il 3 maggio arrivò a Londra un
messaggio dell’addetto navale dell’ambasciata britannica a
Madrid, con cui si comunicava che il corpo di un certo maggiore
Martin, trovato da alcuni pescatori sulla spiaggia di Huelva,
era stato sepolto nel cimitero della cittadina spagnola. Nei
giorni seguenti, lo stesso addetto navale ricevette tutti gli
oggetti ritrovati addosso al maggiore Martin, compresa anche la
valigetta con i documenti falsi. Gli uomini del Secret
Service esaminarono attentamente le buste sigillate, che
apparentemente sembravano intatte: in realtà, erano state aperte
con cura dagli agenti dell’Abwher. Questi ultimi, (con la
complicità delle autorità giudiziarie e di polizia spagnole) ne
avevano copiati tutti i contenuti e avevano risistemato i
documenti nei plichi.
Dopo quei frenetici primi
giorni del maggio ’43 gli inglesi attendevano impazienti di
capire se i tedeschi avevano abboccato all’amo oppure no. I
falsi documenti riposti nella valigetta di Martin erano stati
consegnati al comando centrale dell’Abwehr, per poi
arrivare sulla scrivania personale di Hitler. Il dittatore
cercava dei documenti che sostenessero la sua tesi che gli
Alleati sarebbero sbarcati in Sardegna e in Grecia: la Sicilia
era un obiettivo secondario. Malgrado il parere contrario dello
stato maggiore italiano e del comandante delle forze tedesche in
Italia, Albert Kesserling, il Fuhrer ordinò che fosse rinforzato
il numero di divisioni nei Balcani e in Sardegna. A metà maggio
fu infatti spostata dalla Bretagna la 1a divisione
corazzata: i suoi movimenti furono seguiti da Ultra, la macchina
del Secret Service che decrittava tutti i messaggi della
"collega" tedesca Enigma. Il 12 maggio la
Wermacht-Fuhrungsstab (servizio segreto militare) trasmise un
avvertimento generale a tutti i comandi del Mediterraneo perché
preparassero le difese contro possibili sbarchi degli Alleati,
in particolare in Sardegna e nel Peloponneso. Non a caso, il
numero delle divisioni tedesche nei Balcani fu aumentato da 8 a
18 e ben 7 furono assegnate alla Grecia. Nello stesso periodo
una divisione fu inviata in Corsica e un’altra fu trasferita in
Sardegna. Ma ci fu un altro gravissimo errore di valutazione da
parte tedesca. Il comandante in capo della Luftflotte 2, il
feldmaresciallo von Richtofen (nipote del celebre asso della
prima guerra mondiale), spostò gran parte dei propri reparti
aerei dalla Sicilia in Sardegna, nella convinzione che quest’ultima
fosse il vero obiettivo di un eventuale sbarco nemico. La strada
per l’occupazione della Sicilia era stata così aperta
grossolanamente dall’alto comando tedesco, che aveva creduto ai
falsi documenti del maggiore Martin. Lo stratagemma di Montagu
aveva fatto centro: il 10 luglio, giorno dello sbarco sulle
spiagge di Gela, Licata e Siracusa, erano presenti solo due
divisioni tedesche. Gli Alleati ebbero partita vinta contro le
deboli divisioni italiane comandate dal generale Guzzoni,
prossimo al pensionamento. Le uniche due reazioni di rilievo
furono abbozzate dall’Asse sulla spiaggia di Gela, dove fu
tentato un contrattacco, e sul ponte di Primasole presso
Catania.
La vera identità del maggiore
Martin è tuttora rimasta segreta. Questo sconosciuto personaggio
ha contribuito paradossalmente da morto alle decisione errate
del comando tedesco, diventando così un eroe di guerra. Sulla
tomba dell’uomo che non è mai esistito è stato posto il
seguente epitaffio: «William Martin, nato il 25 marzo 1907,
morto il 24 aprile 1943. Figlio adorato di John Glydwyr Martin e
della defunta Antonia Martin di Cardiff, Galles. Dulce et
decorum est pro patria mori. Requiescat in pace».
Marco Liguori
Tratto da
www.storiainrete.com |