Ungaretti, somma sintesi della poesia
italiana del Novecento, viene qui riproposto in un lavoro interpretativo
che conduce il lettore tanto nella sua affascinante e lunga esistenza
quanto nei risvolti cognitivi della sua ricerca artistica. Mauro, ex
allievo, ci svela il suo verso in modo organico e compiuto rendendo
molto bene l’air du temps e non rinunciando all’espediente
narrativo innestato sulla stesura critica. Si parte dall’infanzia, dal
deserto egiziano; il primo impatto è con Leopardi, una formazione nel
segno dell’infinito e del mistero che già si palesa tra la sabbia nel
tarlo dell’ineffabile. Sono radici, queste, onnipresenti e che cementano
nella parola la rivelazione poetica. “Segreto che mi è tutt’oggi
segreto”, così lo definiva lo stesso Ungaretti riferendosi a Mallarmè.
Durante il primo viaggio del poeta in Europa, si suicida Mohammed Sceab,
l’amico che lo aveva raggiunto in Francia, segnandolo in una catena di
lutti. Parigi è il pulsante centro di cultura e avanguardie all’apice di
ragguardevoli presenze e fenomeni. Lì nasce l’amicizia con Apollinaire,
segue i seminari di Bergson e, soprattutto attraverso la figura di
Prezzolini, verrà aiutato ad introdursi in quel folto e variegato mondo
artistico. Poi la guerra, la focosità anarco-interventista e il
pietrificante orrore delle trincee: “Si sta come/d’autunno/sugli
alberi/le foglie”. L’oltralpe resta a portata di mano, vi ritornerà in
licenza anche dopo l’armistizio, quando verrà meno anche l’amico
Guillaume. Nella douce France conosce anche Jeanne Dupoix,
compagna di una vita deceduta nel ’58. A partire dal ’20, Ungaretti si
trasferisce a Roma. Qui avviene “l’assimilazione del barocco”, del
“senso tragico della vita che risiede e persiste” in quest’arte.
Attraverso La Ronda, sopraggiungono anche opportuni stimoli nell’humus
della rilettura della tradizione con la modernità. Si avvia quel
“processo di recupero leopardiano” che lo vedrà protagonista in Brasile,
terra in cui troverà tutta “l’esuberanza della natura” ma anche la
prematura scomparsa del figlio Antonietto ed un più incisivo impatto col
barocco. Poi il rientro a Roma, l’occupazione e la conseguente
liberazione con “facinorosi che accusano il poeta di fascismo”. Con
Piazza Remunia s’intravedono i contatti più diretti dell’autore col
poeta, l’entourage universitario e la ricerca accademica. Vico nel tempo
storico e Bergson in quello psicologico innescano la “fusione” e la
“rivelazione” di quegli anni. Infine la vecchiaia, dove “la memoria
filtra il deserto”, “la scarna essenzialità” del verso. L’amore
ritrovato in Brasile per la giovane Bruna Bianco alla quale scrive di un
Natale che ai suoi occhi splende di ”luce olandese”, quella scoperta
approdando ad Amsterdam ed osservando Vermeer nel lontano ‘33.
L’innamoramento lo galvanizza e si rigenererà, successivamente, con “una
capricciosa croata”. Morirà, quel “bimbo di ottant’anni”, come lui
stesso amava definirsi, inquieto per un “progresso spaventoso e
fulmineo”. Sarà attento e determinato nel commentare: “il mistero
s’infittisce sempre di più” davanti al televisore che mostra il primo
uomo sulla luna. Sempre a proposito di TV, storica è la sua chiosa
all’Odissea in un impegno che non ha mai abbandonato come traduttore.
“L’asse Petrarca-Leopardi”, “il reperimento della linea pura” gettando
un ponte tra umanesimo e romanticismo (consolidato con la docenza in
Brasile), caratterizzeranno l’analisi della nostra letteratura con
Ungaretti che, passando attraverso tutte le avanguardie del ventesimo
secolo, ha sempre rielaborato la tradizione nei canoni più consoni ai
tempi. Non citati nel libro, a 33 giri restano solchi con Endrigo e le
poesie di Vinicius de Moraes. Mauro, grande estimatore di jazz,
preferisce riportare aneddoti con Tom Jobim e Baden Powell, figure che
riconducono a Stan Getz ed i gloriosi tempi del jazz samba.
Illustrazioni di Dragutescu che ritraggono il poeta compaiono sulla
copertina, complici nella sottostante didascalia olografa di Ungaretti.
Nota di Enrico Pietrangeli, 2007
La pagina
è stata realizzata con testi ed immagini inviatoci da
Enrico
Pietrangeli ottobre 2008 |