La chiesa di Santa Caterina o
della Spina Corona, caduta anch’essa nell’oblio con
l’attigua fontana “delle Zizze”, è ubicata in via G.
Nobile, una traversa parallela al Corso Umberto nelle
adiacenze dell’Università Federico II, zona che tra XIII
ed il XVI secolo ospitava una numerosa comunità ebraica
e perciò detta della “Giudecca”.
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Chiesa |
Venne edificata con le offerte
in denaro dei nobili del Sedile di Nilo nel 1354, per un
periodo di tempo venne adibita a Sinagoga, poi ridiventò
di nuovo chiesa, venne restaura nel 1623 come ben si
legge da una epigrafe posta a destra dell’ingresso.
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Lapide |
È detta della “Spina Corona”
perché si crede che custodisse, fin dai tempi degli
Angioini, una spina della Corona di Cristo. La chiesa è
chiamata anche dei “Trinettari” poiché in quella strada
vi erano mercanti di nastri (trine).
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Arciconfraternita |
Nell’edificio aveva sede la
Congregazione del Corpo di Cristo, e fino al 1968
l’Arciconfraternita di Santa Maria della Purificazione,
sorta nel 1621, la cui amministrazione è passata presso
la Chiesa di San Giuseppe dei Ruffi, in via Duomo.
Restaurata nel XIX secolo,
della struttura originaria non rimane più nulla.
L’interno è a pianta quadrata con tre navate,
sull’altare vi era un dipinto del Cristo Crocefisso, ai
lati i quadri di Santa Caterina e San Francesco, in alto
i simboli della prima Congrega: il calice e l’ostia ed
un drappo raffigurante Santa Caterina. Interessante il
portale marmoreo medievale.
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Particolare del portale |
La chiesa venne sconsacrata ed
adibita fino ad un decennio fa a tipografia. Oggi è un
deposito della Parrocchia.
Accanto, ora abitazione civile,
sorgeva un convento di suore Benedettine, poi abolito e
trasferito in altra sede per volere del Cardinale
Alfonso Carafa. Venne qui fondato un “Conservatorio” per
donne di origine ebraiche divenute cristiane (dette
“converse” dal verbo convertire) “S. Caterina
monistero fatto alla Giudecca de’ Giudei fatti
Cristiani, essendo
Vicerè Don Pedro de Toledo et essendo circa 30
orfanelle et non essendo più il luogo capace di più,
furon ridotte in Sant’Eligio, onde quel luogo fu estinto”
(da memorie del frate Gesuita G.F. Araldo, secolo XVI)
ed in fine un ostello per giovani orfane trasferito in
Sant’Eligio dal vicerè Don Pedro da Toledo.
Ciro La Rosa (ego sum)