Capua si sviluppa in una delle zone più fertili della Campania Felix,
e cioè in quella fascia di terra di lavoro racchiusa tra i fiumi
Volturno e Clanio, (oggi regi lagni) ed il monte Tifata.
I rinvenimenti archeologici degli ultimi decenni, risultato dei
numerosi scavi fatti sul territorio prima da Amedeo Maiuri e
successivamente da Werner Johannowsky, hanno documentato
insediamenti proto urbani, risalenti al X secolo a.C., e ciò è
attestato dalle numerose sepolture ricche di corredi che illustrano
le varie e successive fasi di sviluppo delle comunità locali si
parte dalla ceramica di impasto del primo stile Italo-geometrico,
alla figurazione antropomorfa e/o zoomorfa, all’orientalizzante,
fino alla ceramica figurata sia nera che rossa.
Le sepolture sono presenti nell’intero circondario, vale la pena
ricordare i rinvenimenti in località Cappuccini, Fornaci lungo la
linea ferroviaria e verso Sant’Angelo in Formis.
Le sepolture arcaiche sono di rito crematorio con i resti del
defunto custoditi in olle di terracotta.
Il processo di sviluppo della città può ricondursi a quello che ha
interessato anche altri centri dell’antichità come la stessa Roma, i
vari villaggi di tipo Villanoviano dislocati sul territorio, cito
quelli della ex Italtel o della zona dell’Alveo Marotta,
cominciarono a fondersi tra loro in fasi successive andando a
formare il primo nucleo di quella che poi fu Capua. Il primo schema
irregolare di urbanizzazione è da attribuire alle popolazioni Osche,
ma bisogna attendere la dominazione Etrusca perché l’agglomerato
incominci ad assumere le caratteristiche di una vera città, con
schemi meditati e funzionali, l’edilizia con materiale laterizio,
che si serviva della pietra tufacea caratteristica della zona,
incominciò a sostituire progressivamente quella Osca più povera e
fatta per la maggior parte di costruzioni con strutture lignee e
capanne.
L’impianto viario Etrusco della città antica nella classica forma a
scacchiera, affiancò quello preesistente del nucleo Osco ed è
visibile ancora oggi in parte, esso viene ricalcato dalla struttura
viaria dell’attuale centro storico (via Roberto D’Angiò, via Albana,
via M. Fiore, via Torre ecc). Questo reticolo fu sicuramente tenuto
in considerazione dai Romani in seguito e fu il punto di partenza
per la Centuriazione del territorio circostante, non a caso le
principali strade della città si sovrappongono in modo perfetto al
reticolato della centuriazione e ne fanno parte integrante e ciò
risulta chiaramente visibile dalla fotografia aerea relativa al
territorio limitrofo. (vedi M. Rendina caratteri delle città
dell’agro Capuano)”.
Già dalla fine del Settecento i vari A.S. Mazzocchi, F.M. Pratilli
ecc., ed in seguito nell’ottocento gli studiosi Teutonici cercarono
di individuare più dettagliatamente quale fosse la vera estensione
della città antica, l’ubicazione degli edifici pubblici e dei
numerosi templi, anche in virtù dei frequenti ritrovamenti che si
susseguirono, tra i quali la scoperta del tempio sub-urbano della
Mater Matuta nel fondo Patturelli verso la metà dell’ottocento.
La pianta della città viene individuata, da Juilus Beloch nella sua
opera “Campanien”, con forma rettangolare considerando le aree di
sepoltura esterne al perimetro urbano e tenendo conto che il suo
impianto viario si fosse sviluppato intorno alla principale strada
che tagliava l’intiera città, (l’attuale corso A. Moro) strada che
sarà parte integrante del percorso dell’Appia (313 a.c.), in entrata
ed uscita dalla città. L’ipotesi del Beloch, viene ricalcata nel
novecento dall’Heurgon nella sua “Recherches
sur l'histoire, la religion et la civilisation de Capoue preromane”.
Osservando la fotografia aerea però, si può notare che la struttura
viaria a scacchiera del centro storico, è circoscritta da una serie
di strade che con il loro percorso delimitano l’antico abitato
facendo assumere allo stesso una forma ortogonale allungata. Queste
strade presenti e documentate già in epoca medievale, con il loro
orientamento girano intorno alla città antica, come: la via del
Gelso, (vie Avezzana -Togliatti,) la via dei sepolcri antichi (via
Farias) o come nella zona nord il percorso del vecchio alveo Marotta
(cloaca). A mio avviso queste ultime per la loro caratteristica si
sono sviluppate molto probabilmente ricalcando in parte dei sentieri
e dei terrapieni che seguivano il percorso delle mura, abbattute e
ridimensionate in epoca Imperiale per consentire lo sviluppo
dell’abitato oltre il vecchio perimetro urbano, non a caso Capua
viene annoverata ancora nel V secolo come una delle otto città più
popolose e grandi dell’impero.
Vicino a tale ipotesi è il Castagnoli “Ippodamo da Mileto e
l’urbanistica a pianta ortogonale” inoltre, non può essere
trascurata dall’essere tenuta in considerazione la veduta della
pianta di Capua Antica a volo d’uccello dipinta in epoca
rinascimentale nella sede Vescovile di Capua nuova, su commissione
del Cardinale Cesare Costa e riportata in seguito nelle
pubblicazioni dai vari storici Capuani, tra cui Michele Monaco e
Francesco Granata.
La pianta, che illustra dislocazioni immaginarie di edifici pubblici
e privati, non è attendibile sotto questo aspetto ne l’impianto
viario corrisponde a quanto è emerso dai vari ritrovamenti, ma può
essere vicina alla realtà riguardo alla struttura del perimetro
della città che riporta, se pur con le dovute cautele.
Nel cinquecento poteva essere ancora visibile parte di un tracciato
perimetrale che, nonostante le trasformazioni di epoca medioevale,
conservava ancora tangibilmente i segni di un passato che non era
stato cancellato del tutto. E’ documentato infatti che all’epoca
erano ben visibili numerose vestigia ora scomparse tra cui vale la
pena ricordare parte dei resti del percorso dell’acquedotto.
Anche Giacomo Rucca nella sua “Capua Antica ecc” nel descrivere il
perimetro della città antica se pur inglobando erroneamente
l’anfiteatro all’interno delle mura si avvicina alla ipotesi di una
struttura a forma ortogonale.
|
|
Anfiteatro veduta d'insieme |
Altra osservazione riguardo il tracciato viario, va fatta in
relazione al rinvenimento fatto alcuni anni fa presso la vecchia
pesa alla via Galatina di parte di un’insula attraversata da una
strada che per il suo orientamento sud-ovest/ nord-est ha sconvolto
le ipotesi di tracciato viario regolare fatto dagli archeologi in
virtù dei precedenti rinvenimenti che fino ad allora confermavano
questa tesi.
|
Anfiteatro archi superstiti |
Tale scoperta attesta che la rete viaria di Capua pur essendo per la
maggior parte a scacchiera come Pompei conservava delle zone più
vecchie dove lo schema urbanistico precedente alla dominazione
Etrusca era presente e rimasto fuori da successivi schemi
preordinati più regolari.
Durante il periodo Romano, Capua conserva lo schema viario Etrusco
che fu sviluppato ulteriormente con la creazione di nuove insule.
All’interno della cinta muraria sono presenti molto probabilmente
delle aree libere da costruzioni dislocate nelle zone periferiche e
destinate forse a fungere da orti utili anche alla coltivazione
delle rose utilizzate in grande quantità per la produzione dei
profumi; sono presenti inoltre ben due fori che corrispondono l’uno
all’attuale piazza Mazzini (foro del popolo o Seplasia) e l’altro
alla piazza San Francesco (foro dei nobili o Capitolium). Alla luce
di recenti ritrovamenti di strutture riconducibili forse ad un
edificio termale nella zona nord, e più precisamente sull’area della
abbattuta villa dei Vetta, si è avuta conferma che l’abitato urbano
si estendeva oltre il vecchio fondo Tirone, ritenuto in passato il
limite nord della città. Lo sviluppo che Capua ebbe sotto la
dominazione Romana fu conseguenza delle necessità abitative della
crescente popolazione, solo la prima colonia portata da Cesare a
Capua era composta da ben 20.000 unità ed altre si susseguirono nel
corso di un secolo, è attestata inoltre in città, la presenza di ben
40.000 gladiatori presso scuola di Lentulo.
|
|
|
Anfiteatro particolare protome |
Altro dato che ci fa capire quanto si fosse sviluppata la città in
epoca Imperiale, sta nel fatto che nel II secolo d.C. la popolazione
di Capua viene calcolata dagli storici dell’epoca in numero di circa
300.000 abitanti, cifra sicuramente non esatta ma molto vicina a
quella reale.
A Capua sono attestati ben due circhi ed un teatro di notevoli
dimensioni, di quest’ultimo erano visibili ancora consistenti resti
alla fine dell’ottocento abbattuti per allargare l’Appia.
Uno dei parametri sicuri al quale poter fare riferimento per
quantificare la popolazione di Capua è la capienza dell’anfiteatro
che poteva contenere oltre 40.000 spettatori, considerato che
l’unico edificio dell’impero superiore ad esso se non uguale come
capienza era quello di Roma con 50.000 posti, si può dedurre
facilmente che l’Anfiteatro Capuano avesse i numeri necessari a
soddisfare le esigenze di una delle poche città se non l’unica
grande quanto Roma, (che contava oltre 500.000 abitanti) con una
popolazione che presumibilmente poteva avvicinarsi alle 200.000
unità.
La necessità di costruire una struttura così colossale, conferma
l’enorme sviluppo demografico che Capua aveva raggiunto in epoca
imperiale andando a colmare le carenze del vecchio anfiteatro di
epoca Repubblicana molto più modesto che sorgeva nelle immediate
vicinanze e del quale recentemente sono emersi gli avanzi delle
fondamenta nella piazza Adriano ancora in fase di scavo. Il fatto
stesso che il precedente edificio ludico fosse in muratura a
differenza di quelli coevi in legno, l’altro era quello di Pompei
con 15.000 posti a sedere, conferma che già in epoca Repubblicana
Capua era una della città più estese e popolose d’Italia.
Capua resiste anche alla crisi demografica del tardo impero quando
le città si svuotavano e dovette arrendersi solo al saccheggio dei
Vandali, ma ebbe ancora la forza di risollevarsi se nell’alto
medioevo risultano ancora coltivate le sue terre quando tutto
intorno veniva abbandonato ed ancora attivo il suo artigianato.
Toccò qualche anno dopo l’ottocento ai Saraceni di Calfore a porre
fine definitivamente alla meravigliosa e feconda storia di una città
durata sino ad allora mille anni.
A cura di Raffaele Masucci
di Santa Maria Capua Vetere (CE)
3 marzo 2008
Medaglia 1860 in bronzo 27 mm. coniata a
Roma per la campagna di settembre-ottobre 1860.
Collezione di Rauso. Clicca sull'immagine per ingrandire. |
Pagine correlate
|