Le mille città del Sud

Brevi considerazioni riguardanti l’urbanistica e la demografia di Capua Antica (odierna Santa Maria Capua Vetere, Caserta)

A cura di Raffaele Masucci

 

Capua si sviluppa in una delle zone più fertili della Campania Felix, e cioè in quella fascia di terra di lavoro racchiusa tra i fiumi Volturno e Clanio, (oggi regi lagni) ed il monte Tifata.

I rinvenimenti archeologici degli ultimi decenni, risultato dei numerosi scavi fatti sul territorio prima da Amedeo Maiuri e successivamente da Werner Johannowsky, hanno documentato insediamenti proto urbani, risalenti al X secolo a.C., e ciò è attestato dalle numerose sepolture ricche di corredi che illustrano le varie e successive fasi di sviluppo delle comunità locali si parte dalla ceramica di impasto del primo stile Italo-geometrico, alla figurazione antropomorfa e/o zoomorfa, all’orientalizzante, fino alla ceramica figurata sia nera che rossa.

Le sepolture sono presenti nell’intero circondario, vale la pena ricordare i rinvenimenti in località Cappuccini, Fornaci lungo la linea ferroviaria e verso Sant’Angelo in Formis.

Le sepolture arcaiche sono di rito crematorio con i resti del defunto custoditi in olle di terracotta.

Il processo di sviluppo della città può ricondursi a quello che ha interessato anche altri centri dell’antichità come la stessa Roma, i vari villaggi di tipo Villanoviano dislocati sul territorio, cito quelli della ex Italtel o della zona dell’Alveo Marotta, cominciarono a fondersi tra loro in fasi successive andando a formare il primo nucleo di quella che poi fu Capua. Il primo schema irregolare di urbanizzazione è da attribuire alle popolazioni Osche, ma bisogna attendere la dominazione Etrusca perché l’agglomerato incominci ad assumere le caratteristiche di una vera città, con schemi meditati e funzionali, l’edilizia con materiale laterizio, che si serviva della pietra tufacea caratteristica della zona, incominciò a sostituire progressivamente quella Osca più povera e fatta per la maggior parte di costruzioni con strutture lignee e capanne.

L’impianto viario Etrusco della città antica nella classica forma a scacchiera, affiancò quello preesistente del nucleo Osco ed è visibile ancora oggi in parte, esso viene ricalcato dalla struttura viaria dell’attuale centro storico (via Roberto D’Angiò, via Albana, via M. Fiore, via Torre ecc). Questo reticolo fu sicuramente tenuto in considerazione dai Romani in seguito e fu il punto di partenza per la Centuriazione del territorio circostante, non a caso le principali strade della città si sovrappongono in modo perfetto al reticolato della centuriazione e ne fanno parte integrante e ciò risulta chiaramente visibile dalla fotografia aerea relativa al territorio limitrofo. (vedi M. Rendina caratteri delle città dell’agro Capuano)”.

Già dalla fine del Settecento i vari A.S. Mazzocchi, F.M. Pratilli ecc., ed in seguito nell’ottocento gli studiosi Teutonici cercarono di individuare più dettagliatamente quale fosse la vera estensione della città antica, l’ubicazione degli edifici pubblici e dei numerosi templi, anche in virtù dei frequenti ritrovamenti che si susseguirono, tra i quali la scoperta del tempio sub-urbano della Mater Matuta nel fondo Patturelli verso la metà dell’ottocento.

La pianta della città viene individuata, da Juilus Beloch nella sua opera “Campanien”, con forma rettangolare considerando le aree di sepoltura esterne al perimetro urbano e tenendo conto che il suo impianto viario si fosse sviluppato intorno alla principale strada che tagliava l’intiera città, (l’attuale corso A. Moro) strada che sarà parte integrante del percorso dell’Appia (313 a.c.), in entrata ed uscita dalla città. L’ipotesi del Beloch, viene ricalcata nel novecento dall’Heurgon nella sua Recherches sur l'histoire, la religion et la civilisation de Capoue preromane”.

Osservando la fotografia aerea però, si può notare che la struttura viaria a scacchiera del centro storico, è circoscritta da una serie di strade che con il loro percorso delimitano l’antico abitato facendo assumere allo stesso una forma ortogonale allungata. Queste strade presenti e documentate già in epoca medievale, con il loro orientamento girano intorno alla città antica, come: la via del Gelso, (vie Avezzana -Togliatti,) la via dei sepolcri antichi (via Farias) o come nella zona nord il percorso del vecchio alveo Marotta (cloaca). A mio avviso queste ultime per la loro caratteristica si sono sviluppate molto probabilmente ricalcando in parte dei sentieri e dei terrapieni che seguivano il percorso delle mura, abbattute e ridimensionate in epoca Imperiale per consentire lo sviluppo dell’abitato oltre il vecchio perimetro urbano, non a caso Capua viene annoverata ancora nel V secolo come una delle otto città più popolose e grandi dell’impero.

Vicino a tale ipotesi è il Castagnoli “Ippodamo da Mileto e l’urbanistica a pianta ortogonale” inoltre, non può essere trascurata dall’essere tenuta in considerazione la veduta della pianta di Capua Antica a volo d’uccello dipinta in epoca rinascimentale nella sede Vescovile di Capua nuova, su commissione del Cardinale Cesare Costa e riportata in seguito nelle pubblicazioni dai vari storici Capuani, tra cui Michele Monaco e Francesco Granata.

La pianta, che illustra dislocazioni immaginarie di edifici pubblici e privati, non è attendibile sotto questo aspetto ne l’impianto viario corrisponde a quanto è emerso dai vari ritrovamenti, ma può essere vicina alla realtà riguardo alla struttura del perimetro della città che riporta, se pur con le dovute cautele.

Nel cinquecento poteva essere ancora visibile parte di un tracciato perimetrale che, nonostante le trasformazioni di epoca medioevale, conservava ancora tangibilmente i segni di un passato che non era stato cancellato del tutto. E’ documentato infatti che all’epoca erano ben visibili numerose vestigia ora scomparse tra cui vale la pena ricordare parte dei resti del percorso dell’acquedotto.

Anche Giacomo Rucca nella sua “Capua Antica ecc” nel descrivere il perimetro della città antica se pur inglobando erroneamente l’anfiteatro all’interno delle mura si avvicina alla ipotesi di una struttura a forma ortogonale.

Anfiteatro veduta d'insieme

Altra osservazione riguardo il tracciato viario, va fatta in relazione al rinvenimento fatto alcuni anni fa presso la vecchia pesa alla via Galatina di parte di un’insula attraversata da una strada che per il suo orientamento sud-ovest/ nord-est ha sconvolto le ipotesi di tracciato viario regolare fatto dagli archeologi in virtù dei precedenti rinvenimenti che fino ad allora confermavano questa tesi.

Anfiteatro archi superstiti

Tale scoperta attesta che la rete viaria di Capua pur essendo per la maggior parte a scacchiera come Pompei conservava delle zone più vecchie dove lo schema urbanistico precedente alla dominazione Etrusca era presente e rimasto fuori da successivi schemi preordinati più regolari.

Durante il periodo Romano, Capua conserva lo schema viario Etrusco che fu sviluppato ulteriormente con la creazione di nuove insule. All’interno della cinta muraria sono presenti molto probabilmente delle aree libere da costruzioni dislocate nelle zone periferiche e destinate forse a fungere da orti utili anche alla coltivazione delle rose utilizzate in grande quantità per la produzione dei profumi; sono presenti inoltre ben due fori che corrispondono l’uno all’attuale piazza Mazzini (foro del popolo o Seplasia) e l’altro alla piazza San Francesco (foro dei nobili o Capitolium). Alla luce di recenti ritrovamenti di strutture riconducibili forse ad un edificio termale nella zona nord, e più precisamente sull’area della abbattuta villa dei Vetta, si è avuta conferma che l’abitato urbano si estendeva oltre il vecchio fondo Tirone, ritenuto in passato il limite nord della città. Lo sviluppo che Capua ebbe sotto la dominazione Romana fu conseguenza delle necessità abitative della crescente popolazione, solo la prima colonia portata da Cesare a Capua era composta da ben 20.000 unità ed altre si susseguirono nel corso di un secolo, è attestata inoltre in città, la presenza di ben 40.000 gladiatori presso scuola di Lentulo.

Anfiteatro particolare protome

Altro dato che ci fa capire quanto si fosse sviluppata la città in epoca Imperiale, sta nel fatto che nel II secolo d.C. la popolazione di Capua viene calcolata dagli storici dell’epoca in numero di circa 300.000 abitanti, cifra sicuramente non esatta ma molto vicina a quella reale.

A Capua sono attestati ben due circhi ed un teatro di notevoli dimensioni, di quest’ultimo erano visibili ancora consistenti resti alla fine dell’ottocento abbattuti per allargare l’Appia.

Uno dei parametri sicuri al quale poter fare riferimento per quantificare la popolazione di Capua è la capienza dell’anfiteatro che poteva contenere oltre 40.000 spettatori, considerato che l’unico edificio dell’impero superiore ad esso se non uguale come capienza era quello di Roma con 50.000 posti, si può dedurre facilmente che l’Anfiteatro Capuano avesse i numeri necessari a soddisfare le esigenze di una delle poche città se non l’unica grande quanto Roma, (che contava oltre 500.000 abitanti) con una popolazione che presumibilmente poteva avvicinarsi alle 200.000 unità.

La necessità di costruire una struttura così colossale, conferma l’enorme sviluppo demografico che Capua aveva raggiunto in epoca imperiale andando a colmare le carenze del vecchio anfiteatro di epoca Repubblicana molto più modesto che sorgeva nelle immediate vicinanze e del quale recentemente sono emersi gli avanzi delle fondamenta nella piazza Adriano ancora in fase di scavo. Il fatto stesso che il precedente edificio ludico fosse in muratura a differenza di quelli coevi in legno, l’altro era quello di Pompei con 15.000 posti a sedere, conferma che già in epoca Repubblicana Capua era una della città più estese e popolose d’Italia.

Capua resiste anche alla crisi demografica del tardo impero quando le città si svuotavano e dovette arrendersi solo al saccheggio dei Vandali, ma ebbe ancora la forza di risollevarsi se nell’alto medioevo risultano ancora coltivate le sue terre quando tutto intorno veniva abbandonato ed ancora attivo il suo artigianato. Toccò qualche anno dopo l’ottocento ai Saraceni di Calfore a porre fine definitivamente alla meravigliosa e feconda storia di una città durata sino ad allora mille anni.

A cura di Raffaele Masucci

di Santa Maria Capua Vetere (CE)

3 marzo 2008


Medaglia 1860 in bronzo  27 mm. coniata a Roma per la campagna di settembre-ottobre 1860. Collezione di Rauso. Clicca sull'immagine per ingrandire.


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