Il Mitreo di Capua
antica
(oggi Santa Maria Capua Vetere) di
Raffaele Masucci
La città di Capua non fu inferiore
a Roma per nulla, e se il suo colosso fu il più ricco e decorato del
mondo Romano, come Roma, annoverava tra i suoi monumenti di culto un
Mitreo, anch’esso riccamente decorato, il più bello di tutti quelli
presenti nell’impero forse.
Il culto di Mitra, di origini
orientali e specificamente di origini Persiane, fu portato a Roma
quasi sicuramente dai prigionieri di guerra poi destinati ad essere
dei gladiatori.
Decorato mirabilmente con un ciclo
di affreschi di pregevolissima fattura, ancora oggi nonostante
l’incuria del tempo, l’azione aggressiva dell’umidità poiché è
sottoposto al livello stradale di diversi metri e, la negligenza
dell’uomo nel custodirne l’integrità, lascia intravedere tutta la
freschezza della sua esecuzione.
Il suo ritrovamento fu frutto del
caso, esso fu rinvenuto durante il corso di uno scavo per la
costruzione di un edificio in un vicolo della via Pietro Morelli nel
1922 (a’ chiazza e Sant’ermo) vicolo che oggi porta il suo
nome.
La struttura sotterranea, è formata
da una camera, che misura circa m. 12 di lunghezza per 3 di
larghezza, soffitto con volta a botte e lucernai che lasciano
passare la luce che proviene dall’esterno, il Mitreo, era situato
nei pressi dell’antico Capitolium, foro principale della metropoli
Capuana.
Ai margini della struttura, vi sono
i posti a sedere per la collocazione degli adepti che partecipavano
alle funzioni, tutt’intorno sulle pareti laterali sono presenti
raffigurazioni illustranti i riti d'iniziazione degli adepti che,
per essere ammessi, erano sottoposti a prove dolorose per vari
gradi, concludevano le prove con una sorta di battesimo nel sangue
dell’animale sacrificato, (taurobolio) il soffitto è decorato
con un motivo di cielo stellato.
Il vero capolavoro dell'intera
struttura però è la raffigurazione del “Taurocedio”, posto sulla
parete centrale, su uno sfondo roccioso il dio Mitra raffigurato con
un vestito tipicamente orientale di colore rosso riccamente
decorato, cappellino frigio, brache attillate e mantello azzurro con
sette stelle rappresentanti i sette pianeti, con un gesto atletico
ma nel contempo senza mostrare fatica ne sforzo alcuno, premendo il
ginocchio sul dorso dell’animale, affonda nel collo del toro che
tiene con la testa tirata all’indietro un pugnale, tutt’intorno sei
figure che rappresentano: il sole, la luna, l’oceano, la terra e due
arcieri ministri del dio (Cautes e Cautopates).
Ai piedi del toro un serpente che
occupa l’intero spazio e un cane che si avventa sull’animale ferito
leccandone il sangue che sgorga copioso dalla ferita mortale.
L’entità e la bellezza di questo
santuario, ci lascia presupporre che i seguaci di Mitra, a Capua
fossero molto numerosi, e pur vero però che Capua fu la città dei
Gladiatori i quali, come detto in precedenza portarono il culto di
Mitra in occidente.
Il dio Persiano uccidendo il toro,
rinnova l’intera natura. La dottrina di Mitra riferisce che esso (come
Gesù), alla fine dei tempi ritornerà per salvare il mondo, e con
un nuovo taurocedio lo rinnoverà e con esso il genere umano.
Raffaele Masucci
Gennaio
2010
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