Note e Versi Meridiani

 

 

 

Salvatore Armando Santoro

Poesie, pag.1

Salvatore Armando Santoro è nato a Reggio Calabria il 16 Marzo 1938 ed è laureato in Scienze politico-sociali presso l'Università di Torino. E' l'amministratore del portale www.circolocultu-raleluzi.net, specializzato in letteratura italiana e straniera. Le sue poesie ed i suoi racconti sono presenti in http://www.poetare.it/santoro.html. Nel Novembre 2006 ha stampato il suo primo libro di poesie, "La sabbia negli occhi", edito dalla casa editrice Pubblidea di Massa Marittima. In agosto 2010 ho pubblicato il secondo libro di poesie "Ad Occhi Chiusi - Poesie d'Amore", per i tipi di EditSantoro di Galatina (Lecce) http://www.modulazioni.it/...

Evviva Garibaldi

 

Evviva Garibaldi il grande seduttore

del mezzogiorno un dì liberatore

 

con suoi soldati male equipaggiati

che Rubattino a Quarto ha foraggiati

 

Non penso fosse sponsor naturale

forse qualcuno s'é informato male.

 

Infatti, anche Vittorio Emanuele

già sapeva del furto delle vele,

 

visto che Farini già era informato

che Rubattino voleva esser pagato!

 

Insomma il via da Quarto genovese

era come il segreto del marchese

 

che aveva scritto anche sulla scala

che i Mille andavano a Marsala.

 

In gran silenzio insomma son partiti

mentre gli inglesi stampavano gli inviti:

 

"A giorni spettacolo dei pupi

prendere posto in spiaggia sui dirupi".

 

"Per vedere arrivare gli invasori

con Garibaldi e i suoi liberatori".

 

Arrivati laggiù, è facile intuire,

che i Borboni dovessero fuggire.

 

Invero come accade molte volte

è uno scherzo far riuscire le rivolte.

 

Difatti se i comandanti son pagati

e facile poi dire: "son scappati!".

 

A parte qualche finta scaramuccia

a Palermo si trovò soltanto "ciuccia" (*)

 

per la felicità dei giovani invasori,

accolti dalla mafia e dai signori

 

al suono della banda e dei tromboni

agitando le drappelle ed i blasoni.

 

Così poi si concluse l'invasione

finita in sesso e grande libagione.

 

Ma appena Garibaldi salpò via

riprese la manfrina e cosi sia.

 

L'arruolamento divenne obbligatorio

e il contadino messo in purgatorio

 

con quasi trenta tasse da pagare,

le industrie della seta da smontare

 

e coi soldati fedeli a "Franceschielle"

da farsi massacrare a Fenestrelle.

 

Davvero un bell'inzio siciliano

e a tanti scassò non solo l'ano.

 

Della strage del Bronte sorvoliamo

ma a investigare bene vi invitiamo

 

come sarebbe da guardare a fondo

la lotta dei braccianti al latifondo.

 

La verità la sa il liberatore:

ma fu un eroe oppure un predatore?

 

Salvatore Armando Santoro (Boccheggiano 18.1.2011 - 21.25)

(*) Ciuccia - chiedete agli Abruzzesi cosa sia. Benigni la chiamerebbe la "susina", ma penso che l'abbiate capito tutti. L'attore Antonio Albanese in siciliano direbbe: "U pilu"!

Mare Jonio

 

Questo mare

che m’allaga il cuore,

che non ha prezzo per poter toccare,

bello e pauroso alla memoria antica

con l’onda lieve

che la sponda sfiora,

con l’onda immane

che gli uomini travolge

e case e strade affonda

nel terrore.

Questo mare,

che mi suona in mente,

che la pupilla ridisegna a volte

e strozza gola e cuore,

m’addormenta.

Questo mare

ancora m’appartiene,

mi sciacqua dentro l’anima

ed all’olfatto invia

profumi antichi e odori mai scordati,

mi spezza il passo,

che ondeggia tra i sassi della riva,

che scivola impietoso sopra l’alghe.

Questo mare

m’abbraccia,

mi culla dolcemente nel ricordo

degli affetti mai dimenticati,

delle gioie che tornano spietate

a schiaffeggiare le scelte un po’ affrettate

a cui non posso più porre riparo.

Questo mare

m’aspetta e si domanda

fino a qual punto l’amore suo mi manca.

Mi parla nel silenzio delle notti,

quando la luna gli accarezza l’onde,

messaggi d’affetto e di rancore invia

per non lasciarlo in pace riposare.

Questo mare

mi circola nel sangue,

impetuoso spacca i sentimenti

e la salsedine m’attacca sopra il viso,

gli occhi mi brucia

e sulle labbra lascia

un sapore di sale

sempre uguale.

 

Salvatore Armando Santoro (Boccheggiano 15/09/2006 13.17)

Il Piave mormorava

 

Scorre il Piave, a Nervesa pianeggiante,

ma il passato non potrà dimenticare

quando misto al sangue rosseggiante

impotente fluiva verso il mare.

E trasportava tanti cadaveri d’alpini,

insieme a migliaia di fanti massacrati

per difendere in guerra quei confini

che con la pace son stati cancellati.

Penosa ovunque è la vita delle genti,

di chi vuol vivere in pace col vicino

costretto a subir gli intrighi dei potenti

assetati del misero sangue contadino.

E’ triste che la traccia d’un pennino

su una carta, mi divida da un amico

e, stabilisca, che quel mio vicino

per legge diventi un mio nemico;

e in nome e per conto del governo

esser costretti ad una folle guerra,

in trincea passar più d’un inverno

per difendere quella stessa terra

che insieme abbiamo sempre lavorato,

dove il grano abbiamo un dì raccolto

senza l’intralcio d’un filo spinato

che la libertà di transito ci ha tolto.

Oggi per legge di nuovo siamo amici:

io una gamba sul Piave ci ho lasciato

e il mio vicino ha perso, tra i nemici,

i fanti che le figlie avean sposato.

Ma la lezione non sembra mai servire!

I morti stan lì, schierati nei sacrari,

eppur qualcuno continua a costruire

nuovi steccati per chiuder gli avversari.

Ed in funzione di effimeri profitti

si alimenta nei cuor l’antagonismo

utile per fare esplodere i conflitti

e far crescere l’odio ed il razzismo.

 

Salvatore Armando Santoro (Lillianes 28/02/2000 - 0.27)

Padania

 

Lungo la scalinata dell'Ossario di Vittorio Veneto

un'infinità di lapidi, coi nomi scolpiti e coi lumini accessi,

di notte gelano il sangue al  pellegrino che s'affaccia  ai cancelli.

Ma nelle trincee del Carso quelle anime andate,

di gelo e freddo

ne hanno sofferto per mesi lungo i camminamenti

nelle interminabili nottate di veglia e di guerra.

Risuonano ancora gli urli dei soldati austriaci

e gli spari dei cecchini lungo le siepi di filo spinato,

ancor oggi affiorante in qualche vecchia trincea.

E tra quei giovani morti,

anche i contadini dell’Italia meridionale,

immaturamente strappati al calor della vita

e agli affetti più cari,

sono tutti lì, allineati ancor oggi

a difesa di una Patria che non li vuole più.

E' vero, il problema si pone:

per poter costruire la nuova Padania

quell'Ossario di inutili testimoni va proprio spostato

oltre la nuova linea gotica di demarcazione tra Sud e Nord.

Ma il sangue di quei morti

ha inzuppato le zolle del Carso verdeggiante.

Gli alberi l'hanno intriso alla linfa e nelle giornate ventose

restituiscono il lamento dei corpi martirizzati

dalle bombarde avversarie.

E quell'urlo risuona ancor'oggi nella coscienza di un popolo

e a  nessuno è concesso di spazzar via

quell'unità antica d'un popolo,

imposta con la forza della ragion di stato

ma rinsaldata dal sangue di tanti innocenti

che non possono essere stati sacrificati

per nulla.

 

Salvatore Armando Santoro (Lillianes  27.4.97 - h. 15,30)

Carso

 

Scavando il proprio campo,

e non per caso,

una mandibola scorse tra la terra

con quattro denti,

una tibia , una rotula, tre costole consunte

un cranio con un buco nella fronte.

“Nel prato mio?”

sbottò indispettito.

Ed affondò la zappa nella terra

ed altre cose trovò:

una boraccia, una gavetta

delle posate consunte d’alluminio,

una fibbia, una baionetta

e un elmo forato e mezzo arrugginito.

“E’ gente nostra – pensò –

che morta è in guerra”.

Ma tra le zolle v’era una medaglia,

quasi consunta e sempre d’alluminio,

come quella dei cani per l’appunto,

con inciso un cognome non padano,

un nome d’un terrone: Antonio Catalano.

 

Salvatore Armando Santoro (Boccheggiano 11.1.2009 12,43)

Mezzogiorno

 

Attorno a te il silenzio,

mentre una bolgia di rumori

ti avvolge.

Le tue piaghe sanguinano sempre  più,

mentre i monti si sfasciano,

sprofondano a valle,

e i tuoi villaggi si sgretolano

per i terremoti.

Rovine intorno a te e silenzio;

silenzio rotto dal riso della gente

e dall'indifferenza

intorno alle tue valigie di cartone.

Mentre le Casse non bastano mai,

diventano "abissi per il Mezzogiorno",

ed i villaggi si svuotano

delle forze migliori,

si trasformano in tombe di vecchi,

nidi di bambini,

uomini precocemente cresciuti,

e pronti a spiccare il volo,

sale d'attesa di vedove bianche

senza sesso.

Appare anche oziosa

la visita d'un Presidente,

attorniato da becchini di stato

in livrea nera,

dal viso mesto ma dal cuore d'avvoltoio,

pronti a scarnare ogni nuovo cadavere

d'investimento.

Piango con Levi su questo mondo

senza più storia e Stato,

dove l'antica civiltà

è un simulacro

che onora solo la morte.

 

Santoro Salvatore Armando (Aosta  3.1.1982). Pubblicata su “La Vallée Notizie” nel 1983

Monumento ai Caduti

 

Quelle liste di nomi,

tutti uguali,

allineati,

distesi,

protesi,

col dito pungente

che guardano in basso,

che urlan dolore,

paura,

che sommessi chiamano “mamma”;

quelle liste anagrafiche,

morte,

sepolte nel cuor della gente

che insegue la morte da sempre,

a cui la lezione non serve;

quelle liste di figli, nipoti, parenti,

di semplici amici

che più non giocano a carte,

la sera,

nel bar di Morena,

nel bar della “Tana”,

ci dicono forte:

- a terra buttate

questi inutili ceppi

che ancor’oggi  inneggiano,

ricordano,

invano,

l’enorme stoltezza

del genere umano -.

 

Salvatore Armando Santoro (Boccheggiano 24/03/2008 12.03)

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