Le pagine di Napoli


Napoli

Itinerari della Napoli antica

Sant’Aniello a Caponapoli

di Ciro La Rosa

La Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli. Foto Ciro La Rosa

Il toponimo della zona è dovuto alla chiesa di Sant’Agnello Maggiore nota appunto come Sant’Aniello a Caponapoli, era la parte più alta della “Neapolis” sorta nel V secolo a.c. quando gli antichi coloni si spostarono nell’attuale zona dopo che fu abbandonata Palepolis, l’antica Partenope, ubicata tra il Monte Echia e Pizzofalcone, da loro fondata nel VII secolo a.c. non più sicura dagli attacchi dei predoni che venivano dal mare.

La Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli, particolare. Foto Ciro La Rosa

Prima di parlare dei rinvenimenti archeologici passiamo a narrare la storia della chiesa e del luogo: lo descrive così il Canonico Carlo Celano vedesi una bellissima piazza detta S. Aniello che serve da delizia in estate per i Napoletani poiché oltre delle aure fresche che in essa si godono, le nostre amene colline formano alla vista un teatro molto dilettoso, e la sera in questo luogo si vedono adunanze di uomini eruditi e letterati” [1], infatti l’aria di questa collina era ritenuta la più salubre di Napoli, e diede luogo al detto: Coppole pè cappielle, e case ‘a sant’Aniello, ossia contentarsi di vivere modestamente, ma respirare l’aria di Sant’Aniello.

Mura Greche, Piazza Bellini. Foto Ciro La Rosa

Sant’Agnello, o Sant’Aniello, era un vescovo di Napoli del VI secolo ed aveva salvato più di una volta la città dalle invasioni barbariche. Proclamato santo, divenne il settimo patrono della città, molto venerato dai napoletani, e nel 1628 fu assurto a protettore del Regno di Napoli. Si narra che i suoi genitori venissero in questo luogo a pregar la Vergine Maria affinché concedesse loro la grazia di avere un erede che poi fu Sant'Agnello e per grazia ricevuta fecero costruire la chiesa di Santa Maria Intercede a Caponapoli – ora non più esistente - dove furono raccolti i resti mortali dello stesso Santo.

Via Anticaglia particolare mura teatro romano. Foto Ciro La Rosa

Le prime notizie certe della chiesa di Sant’Agnello Maggiore e del convento risalgono al 1058. Nel 1517 essa inglobò anche quel che restava della chiesa dove era sepolto il Santo. La sua decadenza iniziò nel 1914 quando venne spostata la sede della parrocchia e le sue opere d’arte trasferite presso la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, ma il suo attuale stato di abbandono e di devastazione è conseguenza dell’indiscriminato e gratuito bombardamento alleato del 1943 che polverizzò tutta la zona antica della città, priva di obiettivi militari, e poi dai consueti furti vandalici e da un interminabile cantiere di scavi archeologici iniziati nel 1962 e terminati solo pochi anni fa. Oggi vi rimane (ma fino a quando?) solo il grande altare opera di Girolamo Santacroce, capolavoro del rinascimento napoletano del 1524, straziato e sfregiato dai furti.

Via Anticaglia, teatro romano. Foto Ciro La Rosa

La zona è ricca di reperti archeologici ai quali solo oggi è stata ridata valenza culturale; era la collina su cui sorgeva “l’Acropoli” a nord ovest della Neapolis, con destinazione religiosa che si riempì di templi in marmo, tanto da meritare l’appellativo di Regio Marmorata che le rimase fino al Medioevo quando ancora erano visibili i resti di alcuni templi: quello del Dio Sole, di Demetra, di Apollo e di Diana, quest’ultimo, identificato con l’attuale chiesa di Santa Maria della Pietrasanta. Qui si svolgevano i fondamentali riti religiosi, si veneravano le divinità della città, si svolgevano i sacrifici e le processioni che si inerpicavano sulla via “Sacra” probabilmente corrispondente all’attuale via del Sole, oggi delimitata dalla caserma dei Vigili del Fuoco e dalla sede del vecchio Policlinico.

Ruderi greco-romani, Via Sant'Aniello a Caponapoli. Foto Ciro La Rosa

La conformazione del terreno in questa zona è molto cambiata nel corso dei secoli: l’antico calpestio era di circa 10/15 metri più sotto dell’attuale e quelle che allora erano colline ora sono come tratti in leggera salita, i vari terremoti e alluvioni hanno consumato ed eroso la sommità della collina le cui alte pareti scendevano a picco verso la vallata, formando una difesa naturale contro ogni attacco, ed a nord ove ora è via Foria si estendeva un vallone dove confluivano le acque pluviali che rafforzavano le sue difese, isolando e proteggendo in maniera naturale “l’Acropoli”.

resti altare maggiore chiesa Sant'Aniello a Caponapoli. Archivio Ciro La Rosa

La particolarità del sito, e del resto di tutta Napoli antica, è che a differenza di altre città non “conserva” nella loro integrità grandi monumenti del passato ma li “ingloba” come se volesse difendere più il suo passato soprattutto nella sua cultura e nelle tradizioni che nella parte espositiva e museale delle sue pietre: sono esempio i resti in piazza Bellini scoperti nel 1954, in via Anticaglia, nella facciata del cinema Astra, nel cortile della Università in via Mezzocannone ex collina di Moterone dove sono visibili i resti del Palazzo Ducale, nel complesso archeologico della chiesa di San Lorenzo Maggiore e così via…

Colonna romana, angolo via San Gregorio Armeno via Figurari. Foto Ciro La Rosa

Prima di terminare la narrazione vorrei farvi intendere come certe usanze non sono mai cambiate nel corso dei millenni: nel 1933 vennero rinvenute numerosi oggetti raffiguranti particolari anatomici risalenti tra il V e III secolo a.c. simili ai nostri ex voto che raffigurano più o meno le stesse immagini. Come si vede che le pratiche religiose restano immutate!

Primitiva sistemazione della Capa 'e Napule in piazza Mercato. Archivio Ciro La Rosa

Ultima curiosità: si ritiene che proprio dall’antica Acropoli provenga la testa di donna detta Marianna ‘a capa ‘e Napule custodita all’interno di Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, forse reperto archeologico del tempio dedicato alla Sirena Partenope.

Ciro La Rosa

Vedi anche la pagina Reportage fotografico sulla chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli


Spaccanapoli

Note

[1] Tratto da Notizie del Bello dell’antico e del curioso della città di Napoli, edizione Floriana, anno 1856, volume II

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