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Cose di Sicilia e di siciliani

Giorgio Frasca Polara

Sellerio editore

Se andate  nel Greenwich Village, a New York, troverete , in una via che si chiama Bleecker street, vicino alla sesta strada un panettiere di nome Zito. Fa il pane migliore d'America, ed una pizza con la cipolla che è una goduria. Il vecchio Zito riconoscerà la vostra pronuncia quando chiedete il pane, e vi domanderà: "Italiani siete?". Provate a dirgli di si e a chiedergli se lo è anche lui. Risponderà: "No, io sono siciliano" Non è una battuta, non sto scherzando: dice davvero così Zito ... sostiene che la Sicilia è una nazione. E forse ha ragione ...

Inizia così il libro di Frasca Polara, una serie di racconti che in cui vengono narrati cronache fatti ed episodi  svoltisi in Sicilia e sconosciuti ai più, a cominciare da "Palermo 1944" storia di una strage prima negata e poi dimenticata. In quella occasione vengono uccisi 26 cittadini e ne vengono feriti 158. La strage fu perpetrata  dai soldati della divisione "Sabauda" nell'ottobre del '44 per disperdere una folla di affamati che manifestava davanti la prefettura di Palermo ...

Ne consigliamo a lettura a tutti coloro che credono nella sicilianità/sicilitudine...


A terra vicino all’abbeveratoio delle bestie, c’è una coppola e alcune gocce di sangue, e nell’aria un grido nero: “l’ammazzàstivu”, un ululato lungo quanto può essere un’unica parola che contiene azione accusa e condanna. Il cadavere non c’è, ma gli indizi sono sufficienti al giudice per comminare l’ergastolo al fratello del presunto assassinato e al di lui figlio. In seguito il morto appare a un numero imprecisato di persone che in tutta innocenza e tranquillità ne parlano come di persona viva. Ma il giudice è irremovibile e le porte delle galere si rinserrano sui presunti assassini. Il 30 marzo del ’ 60, che già scende la sera, il capo della squadra mobile agrigentina Cataldo Tandoy, un poliziotto che “non risolveva un caso uno” e che denunciava o spediva in galera” altro che scartine” (tuttavia mediatore nella vendita di fondi), viene ucciso mentre è a passeggio con Leila Motta, la bella giovane moglie, e chiacchierata. Ma scava, scava, dietro al delitto passionale c’è un’accorta regia di mafia. Queste sono alcune delle storie che Frasca Polara – cronista di gran classe per cinquanta anni - racconta nel suo libro insieme alle stragi che sono state consumate in Sicilia su un popolo che reclama pane, o acqua, o lavoro, come in una tragedia senza alcuna sfumatura, senza quello sbaffo di farsa che sempre fa capolino nelle storie del Sud. Come è stata, ed è ancora, culla della lingua italiana, così l’Isola lo è delle prime stragi di Stato (nel senso che è il Governo a ordinare di sparare sulla folla o usa la mafia) consumate nel secondo dopoguerra e corredate da granitiche bugie , alcune della quali ancora in attesa di essere ufficialmente smascherate. Tra le bugie più offensive c’è sempre la promessa di aprire un’inchiesta per far luce sui fatti, si tratti di frane agrigentine o di ricostruire le case nella Valle del Belice. Tuttavia anche nel mezzo delle stragi tanto più feroci, quanto più si abbattono su innocenti, può accadere che si risvegli una profonda umanità, che si produca una presa di coscienza individuale - “l’indomani di quel maledetto giorno diventai comunista, non sarei potuto più restare pastore. Volevo studiare” – oppure un sussulto di spirito civile come quello scattato dopo la strage di Ciaculli con la richiesta (portata avanti dalla Sinistra sin dal 1948) della istituzione della la Commissione antimafia (1963). Il filo conduttore dei circa 15 racconti che costituiscono il libro, gira attorno al quesito se la separatezza geografica (e non solo) potrebbe fare della Sicilia una nazione (ma l’Unità d’Italia è talmente recente che il regionalismo facilmente rivendica un antico spirito nazionale), e quale ne è lo spirito pubblico, se esiste. Uno spirito pubblico messo a dura prova anche dalla Chiesa Cattolica con il cardinale Ernesto Ruffini, un ferrarese che all’invito del Vaticano a separare la mentalità religiosa da quella mafiosa, risponde che glielo ha spiegato un funzionario di polizia abilissimo, che mafia è delinquenza comune e non associazione a largo raggio; non diversamente da quelli che ancor oggi sostengono che a parlare di mafia si offendono i siciliani.

Se è vero che si mantiene sempre un rapporto di odio amore con il proprio Paese di origine, in Frasca Polara prevale, tuttavia, un profondo attaccamento verso la Trinacria, un amore che si sostanzia in un bel racconto del rapporto tra l’apparire e l’essere, la forma e la sostanza dell’isola mediterranea e dell’innocenza di quegli sguardi contadini fissi sulla saga dei Paladini di Francia, dai quali primieramente essi imparano il rispetto dell’onore e della condanna del male, superbamente interpretato da Gano di Magonza.

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