Titivillus, diavoletto dello
spettacolo, si manifesta rendendo fruibili idee integre dalla censura di
“monaci medioevali” ed accoglie questo saggio di Petrini nella sua
collana Altre visioni, dove prendono forma ulteriori spunti per
la didattica del settore. Teatro totale è sintesi e strumento di
ricerca, momento d’intersezione delle arti e, al contempo, uno scorcio
rinascimentale, prospettiva verso il più antico e connaturato varco
predisposto a sincretismi e sinestesie, una pluralità del linguaggio che
non può rinnegare le origini, per ricalcare più direttamente il pensiero
dell’autore. Quella del teatro totale è, in ogni caso, un’esperienza che
vede coinvolto Petrini in un lungo percorso, di cui compare a tergo del
libro quella relativa al primo convegno internazionale svoltosi a Roma
nello scorso 2001. Attore, regista, drammaturgo, critico e redattore
della rivista INscena, l’autore, in questo libro, si avvale
dell’introduzione di Giancarlo Sammartano, empatica e gradevolmente
romantica nel rivendicare attraverso la scena “un volontario destino”;
forse un po’ più riduttiva nel rilevare le vesti di un “apprendista
proletario che si fa maestro aristocratico”, un interessante spunto di
dibattito s’intravede comunque nella chiusa: “salutare con-fusione di
Teatro e Vita”. Petrini guarda alla ricerca senza mai perdere di vista
la tradizione, fintanto da ravvisare “una necessità sociale” nella
“pluralità del teatro”. “L’unità nella diversità” è il dogma che ne
scaturisce. Nel complesso, risulta essere un ottimo compendio generale,
sviluppato con pathos e tesi originali che tendono a personalizzarne la
fattura. Ripercorrendo le varie strutturazioni del teatro, si approda in
maniera più incisiva verso le avanguardie ed il teatro futurista,
profondamente rivalutato attraverso la figura di Marinetti, sul quale il
silenzio imposto viene additato come preconcetto ideologico sul giudizio
artistico. Il paragrafo iniziale dedicato al teatro totale evidenzia
subito una prima grande figura, quella di Wagner, il teorizzatore, ma
anche quella di Artaud ed il suo “doppio” prende subito consistenza come
un inevitabile punto di riferimento per l’intero argomento trattato.
Naturalmente sia Stanislavskij che Grotowski sono imprescindibili come
eredità del teatro più moderno. Grande rilevanza è riservata alla poesia
o meglio a quel “valore aggiunto” inteso a sottolineare che teatro e
parole sono strettamente vincolate alla corporeità dell’azione, “parola
del non detto”. Se “l’opera d’arte esiste nel suo divenire”, il regista
non può far altro che tradirla per amore ed è un “fare poetico” che
racchiude il “favoloso possibile” a ricondurlo al nulla, ovvero allo
“spazio della creazione”. Beckett e Shakespeare sono quei “cattivi
pensieri” indispensabili per scavare oltre e specchiarci nelle nostre
eresie barbariche, tasselli pressoché fondamentali nell’espressione
della totalità. Un attento sguardo è rivolto alla panoramica
delle tecnologie digitali, alla multimedialità ma anche all’intermedialità
passando per la pop art, la performance, l’happening e quant’altro
ancora fino a reinventare “le regole della visione e della percezione”.
Da Fluxus, John Cage e gli anni Sessanta alla più prossima generazione
degli anni Novanta, così variegata e composita, sino a quel nuovo teatro
che ha tentato di forzare verso un “ritmo cinematografico o da
videoclip” giungendo, infine, alle forme cosiddette estreme o eXtreme,
quelle dove la crudeltà è esplicita nelle ferite come nel dolore
teatralizzati nella live art. Il paragrafo de L’attore me
stesso conclude il tutto in un personale riepilogo della diretta
esperienza dell’autore che poi è divenuto anche “maestro”. Teatro
totale, ovvero la vita e tutte le sue sfumature che, abbattendo la
barriera della scena, nel Novecento finiscono col coinvolgere il
pubblico in prima persona. Che il teatro si possa confondere nella vita
e viceversa, del resto, è cosa ben più remota. Il punto è determinare
un’etica che, indubbiamente, è più facilmente accertabile nella
rappresentazione, piuttosto che nella confusione. Magari anche in questo
caso, perché no, nasce l’esigenza di una “fusione” con quanto l’autore
vuole addurre alla luce come indispensabile aspettativa della vita.
Nota di Enrico Pietrangeli,
2007
Alfio Petrini,
Teatro totale,
Titivillus, 2006 14,00 Euro
La pagina
è stata realizzata con testi ed immagini inviatoci da
Enrico
Pietrangeli, dicembre 2007 |