C’è un’insolita lettera che irrompe nella
vita di Fernando, un passato che ritorna, in qualche modo sopravvissuto
e che nella forma romanzo diviene presente stratificandosi in una
dimensione surreale. L’ideale di un amore che resiste e pertanto
sussiste, dilaniato dalla guerra ma non nelle sue percezioni, semmai
assopito anzi, paradossalmente alimentato da quella ineluttabile
separazione, un “tempo perduto” che si concretizza nel ricordo, presente
onirico che riveste di un’aura epidermica il protagonista, quella del
vivere l’ideale senza condividere una più accertabile quotidianità,
quanto più facilmente si adagia e compromette nel bivio di un binario
morto, di quel che avrebbe potuto essere e non è stato. Fernando e
Rossana, così diversi culturalmente e prossimi nel sentire,
probabilmente non avrebbero avuto altro da eternare se non quanto lo
stesso destino aveva loro riservato. Destino che ricorre nel romanzo,
tanto da assumere il ruolo portante di un invisibile demiurgo a cui
nulla serve opporre resistenza. Un fato che, alla soglia della terza
età, continua a riservare sorprese lasciando impresse le sue orme nella
comune necessità di dare un senso alla vita. Fernando ne verrà appieno
investito tramite l’inaspettata e tardiva missiva di Rossana, quella che
ne suggellerà la morte lasciando allo scoperto il frutto di una lontana
e mai appassita stagione dell’amore. Amore che diviene anche atto di
fede, “contadino che sparge sementi nel cuore”. Capitoli brevi,
scorrevoli ed essenziali. Strutturato con spaccati storici, che ciclici
ritornano assecondando il flusso di coscienza di Fernando nel percorso
formativo della sua esistenza. Dapprima velata e poi sempre più
manifesta e macchinosa, la sequenza dei provvedimenti antisemiti
accompagna le vicende amorose di Fernando e Rossana accrescendo paure
nelle loro coscienze già inorridite, fino all’epilogo della guerra per
arrivare oltre, alla tristemente nota occupazione nazista di Roma.
Emergono anche i germi dell’esaltazione del matrimonio e della “famiglia
unita e prole numerosa”, stereotipi mussoliniani reincarnati nel
bipolarismo catto-fasciocomunista, sottoposti alle falcidiate della
guerra prima e decodificati poi attraverso l’implosione della famiglia
nella cronaca odierna. Nei dialoghi compare anche Nietzsche, non solo
come modello educativo, teso ad immortalare il mito, ma anche come
oracolo della condizione sentimentale dei due protagonisti, poiché “ogni
cosa è già avvenuta e avverrà nel futuro”. Rossana, che è nata in
Italia, è anche figlia di un giornalista americano. Ambientato a Roma,
in un’epoca in cui si respira un’aria sempre più prossima alla guerra,
questo romanzo palesa l’identità culturale italiana rappresentando la
diversità dei costumi familiari della donna, così lontani dal nostro
provincialismo e, soprattutto, da Balilla e Azione Cattolica. Le
ferrovie fungono da collante tra narratore e protagonista visto che
anche Fernando verrà assunto, grazie allo zio Filippo, come casellante
(con la morte del padre carpentiere, la figura dello zio Filippo
sopperisce alla figura paterna vestendo i panni di allineato al regime
della prima ora). Lì, tra un treno e l’altro, si consumeranno gli ultimi
fugaci incontri tra i due innamorati, incluso un austero, ma intimo e
felice, capodanno trascorso insieme. In questo stesso luogo ricorre
ancora, in chiave evocativa, il ruolo paterno, quello di Carlo,
l’anziano ferroviere prossimo alla pensione. Libro che “nasce da un
incontro”, come chiarisce l’autore, dove si rilevano ascendenze
stilistiche americane ma prevale una prosa poetica che risente di un
registro monocorde, talvolta prossimo al sentimentalismo sebbene capace
di spessore e in grado di proiettare un’esistenza sullo schermo della
grande storia.
Nota di
Enrico Pietrangeli, 2008
Roberto
Pallocca Quando torna Robin Edizioni, 2007 € 11,00
La pagina
è stata realizzata con testi ed immagini inviatoci da
Enrico
Pietrangeli, giugno 2009 |