A rimirarlo oggi a stento si riesce a credere che un
anonimo edificio ottocentesco dal portale in piperno
sito in via Toledo, sede di una banca, sia stato la sede
della Nunziatura Apostolica, la sede diplomatica dello
Stato Pontificio che inoltre esercitava un controllo
sulla Curia Napoletana, con un suo tribunale
Ecclesiastico, ed aveva la piena giurisdizione su tutti
gli ordini monastici del Regno di Napoli.
L'iscrizione esterna sul portale di piperno ci rende
nota la storia dell'edificio:
“Giulio Rossinio, Arcivescovo di Amalfi e Nunzio
Apostolico, per volere di Sisto V, nel 1585, primo anno
del suo pontificato, fece costruire il Palazzo dei
Nunzii acquistando e ingrandendo il vecchio edificio”.
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La Nunziatura da un'incisione del XVIII
secolo |
Il palazzo, che doveva essere di prestigio e ben
strutturato, sorse su quel che era il giardino delle
“Celze o Ceveze” (la pianta di Gelso) di proprietà dei
Monaci della Certosa di San Martino. La memoria del
luogo è conservata nel nome della strada parallela alle
spalle dell'edificio denominata vico Lungo Gelso. La
prima edificazione avvenne nel 1537 e consisteva in un
solo piano, e come recita l'iscrizione esterna, il
palazzo venne ingrandito nel 1585, innalzandolo di un
altro piano. Subì danni statici nel 1656 per un problema
di cedimento della rete fognaria e di conseguenza la
sede della Nunziatura fu spostata in altro luogo.
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L'ingresso |
Restò disabitato e preda dell'incuria per ben 11 anni,
finché papa Alessandro VII, nel 1667, lo ricostruì più
splendente di prima, avvenimento narrato da un'altra
iscrizione che dovrebbe essere conservata nell'atrio
dell'edificio (dove sarà?). Per il suo rifacimento venne
chiamato un “maestro artigiano” di nome Bonaventura
Presti, i fondi per la ricostruzione ricavati dalla
vendita del Monastero dei Frati Minori ai Miracoli.
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L'iscrizione della fondazione della
Nunziatura |
Di impianto barocco ricco di decorazioni, stucchi
policromi floreali e di emblemi araldici pontifici, il
palazzo si faceva notare proprio per questa sua
particolarità, articolato da un cortile centrale e da un
loggiato ad archi su colonne di pietra, ora la facciata
è ricordata solo da un incisione del Petrini.
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Lo stemma della Nunziatura conservato
nell'atrio della banca |
Nei secoli succedutisi la Nunziatura subì consistenti
modifiche, sino all'ultima del 1826 su progetto di
Vincenzo Lecci che uniformò tutti i palazzi di via
Toledo, abolendo le decorazioni barocche e portandolo
all’odierno aspetto anonimo.
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Lo stemma della Nunziatura |
Dopo gli avvenimenti tragici della conquista piemontese
e la scomparsa del Regno delle Due Sicilie nel 1861,
(Napoli divenne una città anonima, declassata a
provincia del Regno d’Italia, governata da prefetti che
parlavano francese) il palazzo perse la sua funzione, e
fu adibito in parte ad albergo ed i locali attigui in
cinematografo: la “Sala Roma”, stravolgendo tutta la
struttura interna dell'edificio. Venne poi acquistato
dal Banco di Santo Spirito, nell’ultimo ventennio del
secolo scorso, che lo restaurò e lo modificò nella
struttura attuale.
Ciro La Rosa (ego sum)
Maggio 2011