Come si legge
in ultima di copertina, questa è la storia di un assedio, una
guarnigione di 6000 uomini asserragliata dentro la città fortezza di
Famagosta, in Cipro allora Veneziana, che resiste per 10 mesi
all’assedio di 100.000 turchi.
Quello di
Famagosta è un assedio che potrebbe fare invidia all’assedio di Troia e
come quello si conclude tra saccheggi, massacri, stupri e la sadica
esecuzione dell’orgoglioso comandante della fortezza.
La narrazione
che ne fa Gigi Monello, l’autore, è pregevole. La lettura scorre
piacevole ed intrigante. La bibliografia è curatissima e le note
dettagliate ed esaurienti sono spesso tratte da fonti originali, da
resoconti di testimoni oculari.
In
particolare dalla lettura dei fatti emerge prepotente una domanda:
perché accadde Famagosta? Perché non fu evitato questo triste episodio
della storia mediterranea? Perché Venezia illuse così a lungo il
comandante Marcantonio Bragadin, incitandolo fino all’ultimo a resistere
e ad impegnare i Turchi senza però mai arrivare militarmente in suo
soccorso?
Si ha la
sensazione che Famagosta e i suoi abitanti siano stati la vittima
sacrificale in preparazione dell’attacco all’impero ottomano che la Lega
Santa sferrerà a Lepanto appena 51 giorni dopo la resa della fortezza
cipriota. Una tecnica, questa, che si perpetua ancora ai nostri giorni.
Meno
scandaloso, per il periodo in cui avviene (17 agosto 1571) è, a mio
parere, l’efferatezza e il sadismo con cui viene consumata la vendetta
personale di Lala Mustafà su Marcantonio Bragadin.
Squartamenti,
lapidazioni, roghi, mutilazioni, gogne, gabbie con teste o quarti di
cadaveri assortiti appese alle porte delle città, a putrefare a perenne
monito per il popolo, erano spettacolo normale in quel periodo. La Santa
Inquisizione, con i suoi orrori, ha poi dato un notevole contributo alla
spettacolarizzazione dell’orrore con i suoi “auto da fé”. Forse Lala
Mustafà aggiunge un tocco di “raffinatezza” e un “lusso” tipicamente
orientale al suo spettacolo ma non dimentichiamo che se l’inventore del
supplizio di Bragadin fu il turco Lala gli esecutori materiali furono
macellai genovesi.
Avrete modo,
leggendo il libro, di approfondire anche questo aspetto psicologico che
l’attento autore si preoccupa di evidenziare e sviscerare.
Un augurio va
infine alla giovane casa editrice, Scepsi & Mattana, che possa
continuare a curare i suoi testi sia dal punto di vista tipografico,
come in questo elegante volumetto, che nella scelta degli autori, come
nel caso di “Accadde a Famagosta”.
Fara
Misuraca
aprile 2007
Scepsi & Mattana Editori, € 15 |